Sostenere i popoli indigeni nel loro impegno di prendersi cura della nostra casa comune. Motivata da questa causa urgente, l’Associazione “Il mondo di Tommaso” ha organizzato il 5 e 6 aprile 2025 la terza edizione del Convegno “Un grido dall’Amazonia”. 

“Ringrazio ‘Il mondo di Tommaso’ e voi tutti presenti per il sostegno che date al Popolo Yanomami di Roraima. Ringrazio in particolare per il sostegno da voi offerto per la promozione di una scuola per i nostri ragazzi e per la formazione dei professori bilingue. Se gli Yanomami, e in modo speciale, i giovani, si reimpossesseranno della loro cultura ancestrale, il nostro Popolo avrà più forza per fare fronte ai continui attacchi dei non-indigeni che vogliono cancellarci dalla nostra casa-foresta”. 

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Era un Davi Kopenawa sorridente e appassionato quello che parlava da Boa Vista, nel corso di un collegamento internet con Vittorio Veneto (Italia) dove, negli stessi giorni di aprile dello scorso anno, aveva partecipato di persona a un grande incontro con diverse associazioni e tanta gente per dare voce al grido della foresta amazzonica. Anche quest’anno l’appuntamento si è riprodotto, e l’intervento del grande sciamano e portavoce dei popoli originari del Brasile ne ha costituto il momento più alto.

Seduto accanto al missionario della Consolata, fratel Carlo Zacquini, che da ben 60 anni vive con gli Yanomami in Roraima, Kopenawa ha ricordato anche l’impegno de “Il mondo di Tommaso” per garantire il controllo dei confini del Territorio Indigeno, un’area estesa oltre 9 milioni di ettari ratifica dal Governo federale nel 1992.

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  Claudio Corazza, fondatore dell’Associazione “Il mondo di Tommaso"

Aprendo il Convegno, sabato 5 aprile, al parco Fenderl di Vittorio Veneto, il fondatore dell’Associazione “Il mondo di Tommaso”, Claudio Corazza, ha rimarcato con vigore il grande impegno dei numerosi aderenti a favore del progetto sostenuto dai Missionari della Consolata, di un Centro di Documentazione Indigena (CDI) sulla storia e la cultura dei popoli indigeni di cui fratel Carlo Zacquini, 87 anni, ha raccolto più di seimila documenti ed oggetti. Un progetto prezioso, sul quale ha parlato all’incontro il padre brasiliano, Jaime C. Patias, direttore dell’Ufficio per la comunicazione dell’Istituto Missioni Consolata, congregazione presente nell’Amazzonia dal 1948, sottolineandone il grande valore educativo e storico, in un orizzonte che va ben oltre i confini del Brasile.

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Padre Jaime C. Patias: "tutto è interconnesso e se gli indigeni muoiono, la foresta scomparirà, e quindi anche noi"

Il popolo Yanomami conta circa 30mila individui sparsi nei territori di Brasile e Venezuela. Si stima che nel 2023 fossero oltre 20 mila i cercatori d’oro (garimpeiros) illegalmente presenti nelle loro terre. “Questo popolo subisce una violenza totale perché, oltre alla degradazione della foresta e all' avvelenamento dei fiumi, aumenta anche la diffusione di malattie, l’epidemia di malaria, la denutrizione, le violenze sulle donne, l'introduzione di armi di fuoco, della droga, ecc. Quindi, è una violenza totale, violenza sociale, ma anche una violenza spirituale” - ha ricordato padre Patias - “questo perché, tutto è interconnesso e se gli indigeni muoiono, la foresta scomparirà, e quindi anche noi”.

Attualmente almeno 15 missionari e missionarie della Consolata sono impegnati nell'accompagnamento delle comunità nella Terra Indigena Raposa Serra do Sol (con circa 1,7 milioni di ettari) e nella Missione Catrimani fondata nel 1965 tra gli Yanomami.

Documentario "La Nuvola" realizzato dall'Associazione "Il mondo di Tommaso"

E proprio a Roraima, Claudio Corazza e altri membri dell’associazione si sono recati lo scorso gennaio per incontrare Carlo Zacquini e l’associazione Hutukara Yanomami (fonda nel 2004 e presieduta da Kopenawa), oltre al vescovo di Boa Vista, don Evaristo Spengler. Un viaggio che ha dato vita a un bel Documentario, che è stato proiettato nel corso del recente Convegno.

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Il giornalista e vaticanista, Raffaele Luise durante il Convegno a Vittorio Veneto

Nel suo intervento, Raffaele Luise (autore del libro “Amazzonia. Viaggio al tempo della fine”), ha riassunto il drammatico quadro geopolitico che sconvolge il mondo, tra guerre guerreggiate, guerre commerciali e aggressione generalizzata all’ambiente, per denunciare come tutte queste dinamiche perverse confluiscano nel peggiorare enormemente l’integrità e la salute della Madre Terra e a rendere sempre più incerta la sopravvivenza dell’umanità. “Un’umanità che, attentando alla vita del pianeta, sta pericolosamente tagliando il ramo sul quale essa stessa è appoggiata”, ha detto Luise. Che ha poi voluto sottolineare l’importanza, tanto più grande in questa temperie drammatica, di un incontro che per il terzo anno consecutivo (nell’aprile del 2023 era presente il portavoce del popolo Mayuruna, Marcos Goncalves; l’anno scorso il portavoce degli Yanomami, Davi Kopenawa; quest’anno, ancora Kopenawa, ma a distanza) sta come tracciando il solco prezioso di una memoria e di un impegno generoso a difesa dei popoli indigeni e dell’Amazzonia. 

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Un concetto questo, ripreso, nelle conclusioni, dall’ambientalista Toio de Savorgnani e dal direttore dell’Ecoistituto Veneto, Michele Boato. E sottolineato a più voci, il giorno successivo, nel “plein air” di una suggestiva camminata dialogata nel cuore della foresta del Cansiglio. Secondo l’agroecologo, Luis J. Carlos Barbato, “la velocità con cui si sta deforestando genera la ‘grande accelerazione’ del cambiamento climatico che spinge la popolazione mondiale a dei capovolgimenti di comportamento: guerre, migrazioni, nazionalismi, autarchie se non ‘dittature’, lotte sociali, abbrutimento e degrado psicologico, ad esempio, sono il ‘campanello d’allarme’ dell’emarginazione dell’homo sapiens verso il ‘collasso’ e la foresta ne è l’attenta antenna”.

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L'intervento dell’agroecologo, Luis J. Carlos Barbato durante la passeggiata nella Foresta del Cansiglio

La forestale e scrittrice, Paola Favero, autrice del libro “La foresta racconta”, ha sottolineato la necessità di “essere ben informati, cercare di sapere da dove vengono le informazioni e capire cosa sta succedendo; intervenire nei processi politici e rimanere uniti lavorando in rete perché la base ha un grande potere. La coscienza si crea dal basso, e quindi bisogna lavorare e protestare per cambiare le decisioni. Abbiamo forza anche se pensiamo di non averne più”, ha avvertito. 

È stata una vera immersione in un incantevole mare verde, molto partecipata, che in cinque tappe ha visto le riflessioni di diversi scienziati della natura, e l’affascinante esecuzione di musiche e danze dall’intenso sapore “ecologico integrale”. Per dirla con Papa Francesco, che lo scorso aprile ha ricevuto in udienza privata Kopenawa e fratel Carlo, accompagnati da Raffaele Luise. I quali hanno poi condiviso quell’ emozionante esperienza con i missionari della Consolata, nella loro casa generalizia a Roma.

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Tutto converge e contribuisce al sostegno dei popoli indigeni che sono i più colpiti dal sistema capitalistico predatorio. In questo senso, il Convegno era in sintonia piena con la 21esima edizione dell'Accampamento Terra Livre, la più grande assemblea di comunità indigene del Brasile, che quest’anno ha mobilitato, dal 7 al 13 aprile, circa 10.000 partecipanti, compresi i leader di nove Paesi del bacino amazzonico. Tra gli obiettivi c'era l'articolazione di un'alleanza internazionale per difendere i diritti dei popoli indigeni durante la COP 30, la conferenza sui Cambiamenti Climatici, che si terrà a Belém in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025.

* Raffaele Luise e padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la comunicazione.

Documentario Convegno "Un Grido dall'Amazzonia", aprile 2024

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“La Terra ha la febbre. E si sente male”, dice Francesco, e chiede “risposte non solo ecologiche, ma anche sociali, economiche e politiche”.

Nel videomessaggio pubblicato oggi 30 agosto con le intenzioni di preghiera per il mese di settembre, periodo che si incrocia con il Tempo del Creato, il Papa invita ciascuno a impegnarsi in prima persona a custodire il pianeta.

L'evocazione della condizione di un vero e proprio malato è quella a cui il Papa fa ricorso per sensibilizzare su un tema diventato pilastro del suo Magistero: la custodia del pianeta. Un'azione che deve vedere ciascuno impegnato "in prima persona".

Pubblichiamo di seguito il Video del Papa con l’intenzione di preghiera per il mese di settembre diffusa attraverso la Rete Mondiale di Preghiera del Papa sul tema “Per il grido della Terra”. Preghiamo perché ciascuno di noi ascolti con il cuore il grido della Terra e delle vittime dei disastri ambientali e della crisi climatica, impegnandosi in prima persona a custodire il mondo che abitiamo.

La Terra ha la febbre

Nel videomessaggio la voce di Francesco si incastra con le immagini uragani, siccità, incendi, maremoti: persone in fuga dalle catastrofi ambientali, migranti ambientali, c'è un bambino che cammina sulle crepe profonde del terreno in cerca di un poco d'acqua. Con le intenzioni di preghiera, Papa Francesco scandisce un forte appello chiedendosi innanzitutto, di fronte alle evidenze, se l'umanità non sia diventata sorda, anestetizzata.

Nel suo videomessaggio, che la Rete Mondiale di Preghiera del Papa ha realizzato questo mese con il sostegno del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Francesco si chiede se “ascoltiamo” il dolore della Terra, “il dolore dei milioni di vittime dei disastri ambientali”, e chiede all’umanità “risposte non solo ecologiche, ma anche sociali, economiche e politiche“.

Le preoccupazioni del Papa sono confermate da studi autorevoli: secondo il Forum Economico Mondiale, i Paesi a basso reddito producono un decimo delle emissioni, ma sono i più colpiti dal cambiamento climatico. Si stima che, entro il 2050, il cambiamento climatico incontrollato costringerà oltre 200 milioni di persone a migrare all’interno dei propri Paesi e spingerà 130 milioni di persone nella povertà.

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“Lotta contro la povertà” e “protezione della natura”, per Francesco, sono due cammini paralleli, che vanno percorsi allo stesso modo: “cambiando le nostre abitudini personali e quelle della nostra comunità”. L’essere umano, vittima della crisi ambientale, può essere dunque anche l’artefice del cambiamento, e le immagini del Video del Papa lo mostrano: dalla gestione dei rifiuti alla mobilità, passando per l’agricoltura e la stessa politica, c’è molto da fare e dipende tutto da noi. Perché il destino dell’uomo e quello della creazione – come ha ribadito Francesco nel suo Pontificato, prima con l’enciclica Laudato si’ (2015) e poi con l’esortazione apostolica Laudate Deum (2023) – non possono essere separati.

Sperare e agire con il Creato

Queste riflessioni sono in linea anche con il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato 2024, il cui tema quest’anno è una riflessione teologica ispirata alla Lettera di San Paolo ai Romani: “Spera e agisci con il creato”. “La salvaguardia del creato è dunque una questione, oltre che etica, eminentemente teologica: riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio”, dice il Papa nel suo messaggio, e aggiunge: “in gioco non c’è solo la vita terrena dell’uomo in questa storia, c’è soprattutto il suo destino nell’eternità”.

Il Tempo del Creato – un’iniziativa del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che promuove la celebrazione della vita e la protezione della creazione di Dio – inizierà il prossimo 1° settembre e si concluderà il 4 ottobre, giorno della festa di San Francesco d’Assisi, patrono dell’ecologia.

* Con informazioni della Rete Mondiale di Preghiera del Papa.

Messaggio per la ricorrenza mondiale di preghiera del 1° settembre. Francesco denuncia le ingiustizie, gli abusi umani sulla natura e le guerre “fratricide” che uccidono e distruggono. Esorta poi a porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che potrebbe essere utilizzata per “il dominio sull’uomo e sulla natura” invece che per la pace e lo sviluppo

È la speranza la strada che Papa Francesco indica per ritrovare l'armonia con natura nel suo Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato che ricorre il 1° settembre, dedicato al tema scelto per l’edizione 2024 della ricorrenza “Spera e agisci con il creato”. Speranza per non rimanere schiacciati davanti al “male nel mondo”, all’ingiustizia, alle “tante guerre fratricide che fanno morire i bambini, distruggono le città, inquinano l’ambiente vitale dell’uomo”, e alla “madre terra, violentata e devastata”, perché rende consapevoli del fatto che “tutto il cosmo ed ogni creatura gemono e anelano impazientemente” al superamento della condizione presente e al ristabilirsi di quella originaria, ossia quella antecedente al peccato di Adamo.

Anche la creazione è soggetta alla schiavitù della corruzione

Pure il creato “è soggetto alla dissoluzione e alla morte, aggravate dagli abusi umani sulla natura”, evidenzia Francesco nel documento, pubblicato oggi 27 giugno, ma anche la “creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”, dunque “nella redenzione di Cristo” si può “contemplare in speranza il legame di solidarietà tra gli esseri uomini e tutte le altre creature”.

La pericolosità del potere umano

È una speranza, sottolinea ancora il Pontefice, da coltivare rendendosi conto dei pericoli che l’uomo può generare, perché, come già ribadito nella Laudate Deum, nonostante i “progressi tecnologici” compiuti, “non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza”. Il potere umano, infatti, è ormai “incontrollato, genera mostri e si ritorce contro noi stessi”. Per tale motivo, afferma Francesco, “oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura” e non a “servizio della pace e dello sviluppo integrale”.

 

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Lo Spirito Santo guida i passi dell’uomo

Bisogna comprendere che “lo Spirito Santo ci accompagna nella vita”, come “hanno capito bene i bambini e le bambine riuniti in Piazza San Pietro per la loro prima Giornata Mondiale”, rimarca il Papa, spiegando che Dio “è Padre amorevole, Figlio amico e redentore di ogni uomo e Spirito Santo che guida i nostri passi sulla via della carità”, perciò obbedire allo Spirito porta l’uomo a cambiare “radicalmente”, ad essere “coltivatore del giardino” e non “predatore”. “La terra è affidata all’uomo, ma resta di Dio. Questo è l’antropocentrismo teologale della tradizione ebraico-cristiana”, chiarisce Francesco, aggiungendo che, invece, “pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria” e che “l’uomo prometeico, ubriaco del proprio potere tecnocratico”, in maniera arrogante, “priva” la terra “della grazia di Dio”.

La salvaguardia del creato questione etica e teologica

Ma “oggi, anche grazie alle scoperte della fisica contemporanea, il legame tra materia e spirito” non ci è del tutto ignoto e questo aiuta a comprendere che “la salvaguardia del creato” è “una questione, oltre che etica, eminentemente teologica: riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio”, fa notare il Papa, intreccio che “risale all’atto d’amore con cui Dio crea l’essere umano in Cristo”, e allora “c’è una motivazione trascendente (teologico-etica) che impegna il cristiano a promuovere la giustizia e la pace nel mondo, anche attraverso la destinazione universale dei beni”.

Vivere la speranza nei drammi dell’umanità e nel dolore della natura

Il Messaggio di Francesco invita a vivere concretamente la speranza, perché “l’esistenza del cristiano è vita di fede” che è “operosa nella carità”, mentre attende il “ritorno del Signore nella sua gloria”. E allora questa speranza i credenti devono testimoniarla “dentro i drammi della carne umana sofferente”, “animati da visioni di amore, di fratellanza, di amicizia e di giustizia per tutti”, facendo sì che “la salvezza cristiana” entri “nello spessore del dolore del mondo”, che è quello dell’uomo e della natura, che è il suo “ambiente vitale”. Poiché tale speranza “sa che tutto tende alla gloria di Dio, alla consumazione finale nella sua pace”, anche se nel tempo che scorre “condividiamo dolore e sofferenza”. E se “la creazione intera geme”, ricorda il Papa, resta fiduciosa “in Dio” e si affida a Lui, “in vista della realizzazione del suo disegno, che è gioia, amore e pace nello Spirito Santo”.

Una lettura alternativa della storia

In pratica, “la speranza è la possibilità di rimanere saldi in mezzo alle avversità, di non scoraggiarsi nel tempo delle tribolazioni o davanti alla barbarie umana”, sintetizza Francesco, “è una lettura alternativa della storia e delle vicende umane” che non è “illusoria, ma realista, del realismo della fede che vede l’invisibile”, è “attesa paziente”. In tale attesa, come Gioacchino da Fiore, che “in un tempo di lotte sanguinose, di conflitti tra papato e impero, di crociate, di eresie e di mondanizzazione della Chiesa” ha indicato “l’ideale di un nuovo spirito di convivenza tra gli uomini, improntata alla fraternità universale e alla pace cristiana”, il Papa esorta a quello “spirito di amicizia sociale e di fratellanza universale” proposto nella Fratelli tutti e auspica che “questa armonia tra umani” si estenda “anche al creato” e che ci sia una “responsabilità per un’ecologia umana e integrale, via di salvezza della nostra casa comune e di noi che vi abitiamo”.

L’uomo ristabilisca le relazioni con Dio, gli altri e il cosmo

Per affrontare la realtà attuale, “nell’attesa speranzosa” del ritorno di Cristo, ci viene in aiuto lo Spirito Santo, che “tiene vigile la comunità credente e la istruisce continuamente”, conclude il Papa, ispira “conversione negli stili di vita” affinché venga meno l’“arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura” e ci si prenda “cura degli altri e del creato”. Perché c’è da ristabilire la relazione “con Dio”, quella “con sé stesso e gli altri esseri umani e quella con il cosmo” che “il peccato di Adamo ha distrutto”. “Tutte queste relazioni devono essere, sinergicamente, ristabilite, salvate”, avverte Francesco, poiché “se ne manca una tutto fallisce”.

* Fonte: Vatican News. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

Sei mai stato in un deserto e hai sofferto una sete terribile? Forse no. Oggi non è necessario essere o vivere in un deserto per sapere cosa siano la sete e la crisi idrica. Milioni di persone in tutto il mondo non hanno accesso all'acqua potabile, che è uno dei requisiti essenziali della vita. Tu e io siamo forse tra i pochi fortunati che non devono lottare o fare la fila per questo bene essenziale. Ecco perché forse non ricordiamo che il 22 marzo 2024 è stata proclamata la Giornata Mondiale dell'Acqua.

Naturalmente, la scarsità d'acqua si verifica quando la domanda di acqua potabile in una determinata area è superiore all'offerta. Dato che la disponibilità d'acqua è sinonimo di vita, la mancanza d'acqua non significa solo mancanza di approvvigionamento alimentare sostenibile, ma anche condizioni di vita precarie che non significano solo mancanza di manodopera per la produzione agricola e industriale, ma anche la fine di una società. Infatti, mentre il mondo è alle prese con il problema delle migrazioni, è evidente che la maggior parte delle persone che sono costrette a lasciare la propria terra per cercare nazioni più sicure sono in realtà sono spinte da condizioni climatiche avverse, tra le quali spicca la mancanza di acqua potabile e di acqua per le attività agricole.

Mentre il mondo viene sommerso da guerre senza fine giustificate dalla competizione tra le nazioni, dall'avidità di denaro del commercio di armi e dall'egoismo politico, va notato che presto le guerre saranno combattute per accaparrarsi le sorgenti oppure i bacini di acqua potabile. Mentre i governi più potenti continuano a partecipare alle conferenze internazionali sul cambiamento climatico senza poi fare nulla, il problema della scarsità d'acqua continua a peggiorare al punto che si arriverà alla militarizzazione dei bacini idrici. In realtà, esiste una relazione molto stretta, complessa e intricata tra la gestione sostenibile dell'acqua, la prosperità e la pace.

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Bambini trasportano l'acqua nella regione di Loyangallani, nord del Kenya.  Foto: Jaime C. Patias

Non è difficile capire che i progressi in una dimensione possono avere ripercussioni positive sulle altre e che, di conseguenza, un declino in una dimensione si ripercuote sulle altre in un modo o nell'altro. Secondo il World Water Development Report (WWDR) 2024 delle Nazioni Unite, lo sviluppo e il mantenimento di un futuro idrico sicuro ed equo rafforza la prosperità e la pace per tutti. La relazione sottolinea anche come la povertà e la disuguaglianza, le tensioni sociali e i conflitti possano amplificare l'insicurezza idrica. Il rapporto UNWWR 2024 sarà presentato ufficialmente presso la sede dell'UNESCO a Parigi il 22 marzo 2024, dai copresidenti della campagna per la Giornata mondiale dell'acqua 2024, per conto di UN-Water che sono l'UNESCO e la Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite.

Mentre celebriamo la Giornata Mondiale dell'Acqua, e gli organismi competenti fanno la loro parte per sensibilizzare le persone sulla crisi dell'acqua e sulla necessità di utilizzare bene questo bene prezioso, è fondamentale che ognuno di noi si lasci interpellare dalle questioni sollevate da questa importante ricorrenza. Non possiamo dimenticare che anche dal punto di vista spirituale l'acqua ha un significato essenziale. È segno di vita, capacità di ringiovanimento e potere di trasformazione. Ecco perché l'acqua e la sua potenza purificante sono collegate a tante tematiche presenti nelle Sacre Scritture. Quindi, mentre celebriamo questo giorno, come seguaci di Cristo chiamati a essere e vivere come lui, non dobbiamo dimenticare il nostro dovere di aiutare coloro che sono vulnerabili. Almeno, guardando a ciò che Gesù ha fatto ogni volta che si è trovato di fronte a persone a cui mancava qualcosa di essenziale, non dovremmo dimenticare ciò che Lui avrebbe fatto se fosse stato nei nostri panni oggi. Tuttavia, non abbiamo bisogno di immaginare cosa avrebbe fatto il nostro Signore. Possiamo intuire perché.

Il Signore ci ha insegnato, con l'episodio dei cinque pani e dei due pesci (Mt 14, 17-21), che qualsiasi cosa venga presentata a Dio in preghiera, ne risulta un potere di trasformazione. Forse non abbiamo il potere di “moltiplicare” l'acqua, ma di certo abbiamo bisogno che il Signore tocchi il cuore di molte persone che stanno distruggendo le nostre foreste e i nostri bacini idrici, affinché fermino questa follia che rischia di distruggere il Pianeta. Ma soprattutto, nello stesso episodio, Gesù ci ha mostrato come la generosità di singole persone e il loro amore per l'unità della comunità possano trasformare la condizione di molte altre persone. Come il ragazzo che offrì i pochi pani e i pesci, anche noi dobbiamo imparare a condividere le risorse essenziali.

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Questo è quindi un invito per tutti noi, a superare l'egoismo e l'individualismo nella cui logica alcuni individui e potentati economici si sono impossessati di alcuni bacini idrici trasformandoli in proprietà privata per i loro interessi commerciali, lasciando milioni di persone a languire nella sete e nella fame.

Preghiamo per i Missionari della Consolata nel mondo, che nelle loro attività pastorali includono la fornitura di acqua potabile al popolo di Dio, perché nella gente che servano possano ascoltare ogni giorno la richiesta di Gesù: "Ho sete" (Gv 19,28).  Che il Signore aiuti anche noi, affinché attraverso il grido dei poveri, la loro richiesta di amore, comprensione e misericordia, possiamo ascoltare la sua richiesta di Gesù alla Samaritana: "dammi da bere" (Gv 4,7).

* Padre Jonah M. Makau, IMC, Casa Generalizia a Roma, frequenta il corso in Cause dei Santi.

Missione, e cura del Creato, nel cuore del foresta congolese

«Qui davanti alla missione c’è la piccola piantagione di caffè che coltivo con i pigmei. È in piena fioritura, un esercito di api nella gioia e un profumo immenso. Come quello che si fa con il cuore e profuma la nostra vita». Flavio Pante, missionario della Consolata, ci manda le foto degli arbusti nel verde. Considera la natura una preziosa collaboratrice nel lavoro a Bayenga.

Le api ronzanti sui fiori a grappoli sono una benedizione. Per il miele? Quanto al miele, «ancora non ci siamo. I pigmei lo raccolgono in foresta sugli alberi e non pensano agli alveari. Con il tempo, troveremo un apicoltore che ci introduca un po’ alla volta. Ma la funzione di questi insetti è importantissima già di per sé: garantiscono l’impollinazione, delle papaie, degli avocado, di altre piante nutrienti».

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Alcuni Pigmei alle prese con il lavoro agricolo, a Bayenga, Rdc.  Foto: Flavio Pante 

Nell’ottica delle produzioni locali, la piantagione di caffè che qui chiameremmo «a chilometro zero» è una buona idea: «La bevanda serve alla missione, ma anche alla gente del posto. La tostatura è artigianale, su griglie con la brace sotto. Per i bantu il caffè mattutino, senza zucchero (non lo hanno), è normale. Anche i pigmei lo bevono, ma meno; forse per loro è un’usanza acquisita».

Padre Flavio precisa che le piantagioni commerciali in zona sono sparite: «Con tutte le guerre e invasioni degli ultimi decenni si è verificata una situazione di instabilità e insicurezza. Così gli investitori, soprattutto greci e ciprioti, che tenevano le piantagioni con la collaborazione di congolesi, hanno pensato che questo settore non fosse più sicuro. Aggiungiamo la svalutazione e altri fattori economici. Le piantagioni (di caffè e altro) non più curate, sono state “conquistate” dalla foresta. E le strade, cessato il traffico dei camion, si sono ristrette a piste».

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Bambini Pigmei... con le loro bambole. Foto Flavio Pante

Quale è il rapporto dei pigmei, popolo della foresta, con gli alberi, che padre Flavio chiama «verdi fratelli silenziosi che regalano frutti e ombra»? Ecco: «I pigmei non piantano gli alberi, non è nella loro cultura; è la foresta stessa che si rigenera. E allora, è importante avviarli (con un compenso per quanto piccolo) a queste attività. Per esempio, un vivaio in cui pianti i semi di caffè, poi li trapianti, e quando crescono gli arbusti devi togliere l’erba sottostante – sennò le piante ingialliscono e non producono. Coinvolgiamo le persone in tutte le fasi, nell’ottica della pedagogia del fare».

Fra le attività della missione, con le popolazioni bantu e i pigmei, padre Flavio spiega di aver introdotto un’altra pratica: «Procurare loro piccole piantine o semi, di papaie, di avocado che piantano non lontano dalla loro capanna per avere con il tempo i frutti. Anche solo due o tre alberi per famiglia. Ma è l’inizio di un cammino che magari ci porterà in futuro ad avere un frutteto in comune».

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Piante di caffè piantate dai pigmei di Bayenga. In questo periodo sono in piena fioritura.

Padre Flavio illustra i numerosi altri servizi dei «grandi e silenziosi fratelli verdi»: «Per noi, almeno nella mia zona, dove non c’è la segnaletica, gli alberi secolari sono un riferimento negli spostamenti. C’è anche un’altra funzione. La nostra zona è molto soggetta a fulmini. Ebbene sono questi grandi alberi a proteggerci, sono loro che pagano e si bruciano sotto i fulmini…» Non solo: «Attenuano la forza del vento – qui la pioggia viene sempre portata dal vento – proteggendo i tetti delle nostre case e capanne. Ci aiutano veramente». Infine, «nella foresta i tronchi caduti possono fare da ponte sui torrenti tumultuosi e fangosi».

Marinella Correggia. Pubblicato nel sito  www.rivistamissioniconsolata.it

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