L'arcivescovo di Cuiabá, mons. Mário Antônio da Silva, ha inviato un messaggio ai missionari e alle missionarie della Consolata, esprimendo la sua gioia per la canonizzazione del Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, che avverrà a Roma il 20 ottobre 2024.
Mons. Mario Antonio era allora il vescovo di Roraima e fu lui a nominare i membri del Tribunale Ecclesiastico su richiesta dei missionari della Consolata il 29 luglio 2020, per accompagnare il processo della canonizzazione nella fase diocesana che avrebbe dovuto provare il miracolo attribuito all'intercessione del Beato Giuseppe Allamano.
All'epoca, il Tribunale era composto da padre Lucio Nicoletto, vicario generale della diocesi, come delegato episcopale (oggi vescovo di San Félix do Araguaia – Mato Grosso); padre Raimundo Vanthuy Neto, cancelliere della Curia (oggi vescovo di San Gabriel da Cachoeira – Amazzonia), come pubblico ministero, padre Michelangelo Piovano, IMC, protonotario (oggi Vice Superiore Generale IMC), Elizabeth Sales de Lucena Vida, assistente notarile e la dottoressa Roberta Barbaro, come esperta medica. Il Tribunale si è riunito a Boa Vista dal 7 al 15 marzo 2021, ha studiato la veridicità della guarigione miracolosa di Sorino Yanomami, attribuita all'intercessione dell'Allamano, e ha inviato le sue conclusioni e relazioni al Dicastero per le Cause dei Santi in Vaticano.
Fotomontaggio: Francisco Martínez
La grazia ricevuta dall’indigeno Sorino Yanomami attraverso il Beato Allamano è simbolica e fonte di speranza per i missionari e le missionarie della Consolata che hanno sempre avuto il popolo Yanomami al centro delle loro priorità pastorali.
Nel suo messaggio, Mons. Mario sottolinea l'importanza della presenza dei missionari in Amazzonia, che arrivarono nel 1948 e fin dall'inizio si dedicarono all'accompagnamento delle comunità di questo territorio, facendo un'opzione preferenziale per le popolazioni indigene delle attuali Terre Indigene Raposa Serra do Sol e Yanomami. Nel corso degli anni, la coesistenza di Yanomami con i missionari ha contribuito a rafforzare un modello di missione basata sul rispetto e il dialogo, nella difesa della vita, della cultura, del territorio e della foresta. Tre missionari e quattro missionarie della Consolata sono attualmente impegnati nella Missione Catrimani.
José Allamano è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990. La sua festa liturgica si celebra il 16 febbraio. Secondo Mons. Mário, la sua canonizzazione il prossimo ottobre “è una gioia per i missionari e le missionarie della Consolata, ma anche per tutta la Chiesa”.
* Maria Emerenciana Raia è redattrice della rivista Missões in Brasile. Video: Júlio Caldeira.
Il miracolo attribuito al Beato Giuseppe Allamano è avvenuto nella Missione Catrimani, appartenente alla diocesi di Roraima, nel nord del Brasile
In un Concistoro pubblico, il primo luglio 2024, Papa Francesco ha annunciato che la canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, fondatore degli Istituti Missionari della Consolata, si terrà domenica 20 ottobre 2024 a Roma, giornata missionaria Mondiale.
Di fronte a questo annuncio, il vescovo della diocesi di Roraima, mons. Evaristo Pascoal Spengler, ha pubblicato una nota indirizzata al popolo di Dio della sua diocesi e alla famiglia Consolata, in cui esprime la sua gioia per il "lieto annuncio della canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata, presenti nella nostra Chiesa di Roraima dal 1948".
Celebrazione nella cattedrale di Boa Vista, Roraima. Foto: Luis Miguel Modino
Secondo il vescovo, "questo è il Dio misericordioso ancora una volta all'opera nella nostra storia. Dio non si stanca mai di sorprenderci con il suo amore e la sua bontà". Questo miracolo è motivo di gioia per i missionari e le missionarie, ma lo è anche per la chiesa di Roraima "perché si riconosce l’intercessione del Beato Allamano, a favore dell'indigeno Yanomami Sorino, che vive nella nostra diocesi, nella Missione Catrimani, nel territorio indigena del popolo Yanomami di Roraima. La guarigione miracolosa dell'indigeno, in un momento in cui le cure tradizionali e la scienza medica potevano solo attendere la sua morte, è stata il frutto della fervente preghiera delle Missionarie della Consolata, che hanno chiesto aiuto al loro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, nel primo giorno della novena a lui dedicata".
Mons. Evaristo Spengler ricorda che, "l'indigeno Yanomami Sorino era stato attaccato da un giaguaro che lo aveva gravemente ferito alla testa, aprendogli il cranio. Era il 7 febbraio 1996, primo giorno della novena al Beato Allamano. Fu accudito dalle Missionarie della Consolata che lavoravano nella missione di Catrimani e portato all'ospedale di Boa Vista. Le Missionarie offrirono la novena per questa intenzione e, per intercessione del Padre Fondatore, Sorino recuperò miracolosamente la salute in pochi mesi e vive ancora oggi nella sua comunità indigena".
Assemblea dei giovani delle comunità Yanomami. Foto: Missione Catrimani
Il messaggio ricorda i passi compiuti durante il processo, prima nella fase diocesana, e racconta come si è svolto. Si sottolinea inoltre che "l'annuncio della canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano è un momento di gioia per la famiglia Consolata, di consolidamento dell'opzione evangelizzatrice della Missione Catrimani, di conferma della storia dell'alleanza della nostra Diocesi di Roraima con i popoli indigeni e un motivo di benedizione e di speranza per la nostra Diocesi, che celebra 300 anni di evangelizzazione in queste terre di Macunaíma".
Infine, il vescovo di Roraima ha annunciato che "istituiremo una commissione nella nostra diocesi per celebrare il dono della fecondità dell'annuncio del Vangelo tra noi, confermato dal miracolo operato sul nostro fratello Sorino, per intercessione del Beato, fra poco ‘San’ Giuseppe Allamano".
* Padre Luis Miguel Modino, comunicazione della CNBB Norte1.
Stiamo vivendo la novena della Consolata in un clima molto speciale, quest’anno: dopo aver ricevuto la splendida notizia del decreto che riconosce il miracolo attribuito all’intercessione del Beato Giuseppe Allamano, siamo in attesa della comunicazione, da parte di Papa Francesco, della data della canonizzazione del nostro caro Padre Fondatore. Un tempo lieto di attesa, che vogliamo vivere, come Famiglia, riunita attorno a Lui.
Le due Direzioni generali IMC e MC, riunitesi a Roma il 12 giugno, hanno pensato di proporre alla Famiglia Consolata - padri, fratelli, suore, laici e laiche - un PERCORSO SPIRITUALE che ci prepari a questo evento così significativo, da vivere proprio come sempre è piaciuto a Padre Fondatore: ascoltando un Padre che ama i suoi figli e figlie, seduti attorno a Lui, sentendolo vicino e presente nelle nostre vite e nei cammini della missione.
Ogni 16 del mese, da giugno fino alla canonizzazione, vi proponiamo quindi una piccola riflessione sul Fondatore, che speriamo possa aiutare a entrare in dialogo con Lui, sia nella preghiera personale che in spazi di condivisione e preghiera comunitaria.
Che Padre Fondatore continui a benedire ciascuno, ciascuna, insieme a nostra Madre, Maria Consolata.
* Madre Lucia Bortolomasi, MC, Superiora Generale e Padre James Bhola Lengarin, IMC, Superiore Generale
Il Superiore dei Missionari della Consolata esprime la gioia dell'Istituto per la prossima canonizzazione del Fondatore. I 900 religiosi sparsi alle frontiere della nuova evangelizzazione sono impegnati in via prioritaria nell'educazione e nella promozione umana di gruppi etnici ancora non integrati appieno nelle società. È il caso, per esempio, degli afrodiscendenti, dei Pigmei, degli indigeni nelle Americhe. "Abbiamo un'età media di 53 anni ma possiamo fare ancora tanto"
"È un momento di grazia". Così il keniano padre James Lengarin IMC, Superiore Generale dei Missionari della Consolata, commenta la notizia della imminente canonizzazione del fondatore, il beato Giuseppe Allamano. Con 900 religiosi sparsi nel mondo, con una età media di 53 anni, la congregazione nata poco più di un secolo fa può contare su molti anziani i quali, tuttavia, "ancora possono fare tanto", portando avanti il carisma di andare alle frontiere, con entusiasmo, dedizione e creatività.
Ci risponde dall'Argentina, il Superiore: "Mi trovavo in Colombia per la XIII Conferenza regionale con una sessantina di padri, quando è giunta la notizia: è una gioia immensa perché l'abbiamo attesa per tanti anni. È un momento di grazia". Padre Lengarin ricorda l'origine della costituzione di questa famiglia di consacrati: "Noi siamo stati fondati soprattutto per i non cristiani. Il nostro fondatore fu ispirato molto dall'attività missionaria dei sacerdoti di Don Bosco. Per lui la massima preoccupazione è sempre stata quella di andare a portare il Vangelo a coloro che non conoscono Dio. Inoltre, la promozione umana è stata un aspetto molto importante che lui ha sempre sottolineato".
Cresciuto fra i salesiani, Allamano a 22 anni è sacerdote e coltiva il sogno di partire in missione, ma la salute cagionevole non glielo permette. All'età di 29 anni lo mandano a dirigere il più grande Santuario mariano di Torino dedicato alla Madonna Consolata che riporta agli splendori di un tempo. Il fuoco per la missione lo trasmette a giovani preti che, formati alla scuola del loro rettore, si preparano a salpare per le terre lontane. Così si gettano le basi per l’Istituto Missioni Consolata (IMC), che fonda nel 1901 costituendo, su richiesta di Pio X, anche un ramo femminile con le Suore Missionarie della Consolata (MC) nel 1910. Il miracolo che porterà alla canonizzazione ci riporta in Brasile, nello Stato di Roraima, in piena foresta amazzonica, che resta dal 1948 una delle mete dell'impegno missionario.
Beato Giuseppe Allamano
Padre James racconta come nel tempo, soprattutto dalla fine degli anni Novanta, l'evangelizzazione sia cambiata moltissimo. E ricorda quando, dopo la prima parte della sua formazione in Inghilterra, venne in Italia:"Erano tempi difficili poiché noi eravamo stati formati per la missione 'ad gentes' e l'epoca ci imponeva di restare in missione in Europa, cosa che non ci saremmo aspettati. Perché, ci dicevano, la missione ora è ovunque". Del resto, è evidente che sia l'Africa a maturare oggi tante vocazioni e che i bacini delle vocazioni stesse si siano quasi completamente ribaltati rispetto ai secoli scorsi. "Io ricordo che quando sono entrato nella congregazione desideravo andare in Amazzonia, la cosa infatti che mi attraeva di più era lavorare con gli Indios. Invece mi hanno detto che sarei dovuto restare in Italia. L'allora Superiore mi disse che l'Italia era terra di missione e che dovevo rimanere qua. Non ci ho dormito tutta la notte. Sono stato mandato al Sud, vicino Lecce, a Galatina". Racconta che all'inizio la gente del posto lo guardava con sospetto rivendicando il fatto che loro non erano come le persone "che non conoscevano Dio". Ci restò cinque anni, scoprendo poi che quella esperienza era stata inaspettatamente bella e capace di cambiargli la vita.
Quanto contano i numeri? Contano, spiega padre Lengarin, perché quando si può contare su un numero consistente di giovani energie si può progettare di "aprire nuovi luoghi di sfida". Accenna, per esempio, alla condizione degli afro-discendenti tra i quali, osserva, ci sarebbe molto da fare perché generalmente "siamo portati ancora a non riconoscere i loro valori". Precisa che in diverse regioni essi non hanno ancora avuto una piena integrazione: accade, per esempio, in Brasile, Colombia, Venezuela, Nicaragua. In Africa, i Pigmei della foresta tropicale del Congo, destano molta attenzione da parte dei Missionari della Consolata che avrebbero in animo di operare maggiormente in loro favore anche per promuovere una sana e non traumatica attivazione di collegamenti tra i loro gruppi chiusi e il resto della società. Proprio dall'Africa, peraltro, "prevediamo che nasceranno ancora vocazioni, se si segue la tendenza attuale, una decina o una ventina l'anno". Le priorità apostoliche dell'Istituto restano gli indigeni d'America, gli abitanti nella vasta regione amazzonica, i centri urbani con le parrocchie e, attività ritenuta fondamentale, i centri educativi.
Fonte: Pubblicato originalmente in Vatican News
Il Beato Giuseppe Allamano, nato a Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo Don Bosco) il 12 gennaio 1851, morì a Torino il 16 febbraio 1926.
Della figura e del carisma del fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, sorti rispettivamente nel 1901 e nel 1910, ci ha parlato padre Giacomo Mazzotti (Istituto Missioni Consolata), postulatore generale della causa di canonizzazione.
Siamo ormai alle ultime battute di un percorso iniziato a Torino nel 1944 e proseguito con la beatificazione di Giuseppe Allamano celebrata in Piazza San Pietro il 7 ottobre 1990 da Giovanni Paolo II. Il secondo miracolo, che porta al processo in corso, fu un evento “strano” capitato pochi anni dopo nella foresta amazzonica brasiliana.
P. Giacomo Mazzotti, IMC, Postulatore Generale
La mattina del 7 febbraio 1996 un indigeno dell’etnia Yanomami, di nome Sorino, mentre si recava a caccia, fu aggredito da un giaguaro che gli perforò il cranio, riducendolo in fin di vita.
Soccorso dalle suore missionarie presenti in un piccolo dispensario nei pressi del villaggio, venne trasportato d’urgenza in città e immediatamente operato, pur essendo flebili le speranze di salvarlo. Superati i primi giorni tra la vita e la morte, sostenuto dall’invocazione accorata e fiduciosa al fondatore, Sorino non solo scampò alla morte ma ritornò alla sua vita consueta di “abitante della foresta”, senza alcuna conseguenza dell’incidente. L’inchiesta diocesana si svolse nel 2021 nello stato brasiliano di Roraima, in piena pandemia.
Gli atti del processo giunsero a Roma e lo scoglio più difficile venne superato quando i membri della commissione medica diedero il loro riscontro positivo circa la guarigione di Sorino, dichiarandola «scientificamente inspiegabile». Ora aspettiamo il giudizio dei consultori teologi e quello dei cardinali e dei vescovi del Dicastero delle cause dei santi. Dovranno riconoscere la guarigione dell’indigeno come un vero miracolo attribuito all’intercessione del nostro Beato.
Queste caratteristiche si possono leggere in un volume che le missionarie della Consolata hanno di recente pubblicato: Il tesoro del nostro carisma. Il titolo rimanda alle parabole di Gesù, dove si parla proprio di tesori e perle. La “perla preziosa” per cui Giuseppe Allamano si appassionò e cercò finché non riuscì a trovarla, cesellarla e custodirla, affidandola ai suoi figli e figlie, è la missione, anzi la missione ad gentes, cioè rivolta a tutti, in particolare a coloro che non sono ancora stati raggiunti dalla Buona Notizia. Altro aspetto a lui caro sta nel desiderio che i missionari realizzino la loro vocazione con uno “squarcio di azzurro” nel cuore, ossia con la Vergine Consolata, del cui santuario torinese Allamano fu per quarantasei anni il rettore e che lui chiamava “la Fondatrice”.
Infine sognava dei missionari di qualità, che avessero cioè come ideale la santità, realizzata e vissuta secondo il suo spirito: con un ardore missionario nel cuore e che non si spaventassero delle fragilità riscontrate in sé e negli altri, non si demoralizzassero per gli insuccessi e non guardassero al futuro con perplessità o paura. Insomma, diciamo noi: gente come lui.
Siamo presenti in circa una trentina di nazioni sparse in Africa, Europa, America e Asia. Dall’Angola al Kenya, all’Uganda, per esempio, dall’Argentina alla Colombia, al Venezuela, dalla Gran Bretagna alla Spagna, alla Polonia, dalla Corea del Sud a Taiwan, alla Mongolia. Credo che la presenza discreta, paziente e lungimirante del Papa e il suo magistero non abbiano lasciato “indenni” i due istituti. L’esortazione apostolica Evangelii gaudium e l’enciclica Fratelli tutti hanno spinto gli ultimi capitoli generali a ripensare la missione nello stile nuovo con cui realizzarla.
Partendo dal “tesoro” carismatico di Giuseppe Allamano non possiamo non rispecchiarci nel volto nuovo di una Chiesa “in uscita, sinodale e che abbraccia tutti”. Sulla traccia del fondatore continuiamo ad annunciare il Vangelo nel servizio compassionevole di consolazione verso i popoli bisognosi (profughi, rifugiati, migranti, indigeni) tramite processi capaci di generare accoglienza, cura pastorale e promozione della dignità umana.
* Nicola Di Mauro è goirnalista dell'Osservatore Romano. Pubblicato nell’Osservatore Romano, del 19 febbraio 2024, pagina 9.