Torino, 25 ottobre. È una mattina piovosa, ma il cortile della Casa Madre si sta già animando con i primi gruppi di pellegrini, reduci delle tre giornate di Roma e delle due piemontesi. Oggi il ritrovo è il santuario di san Giuseppe Allamano a «casa sua», in corso Ferrucci. Nella chiesa fervono i preparativi.

Incontriamo il gruppo giunto da Oujda, in Marocco, quello della Costa d’Avorio, del Congo Rd, i mozambicani, i laici del Brasile e della Colombia. Ma anche padre Jasper, kenyano arrivato da Taiwan, padre Dieudonné, congolese dalla Mongolia, e la signora Lina, dal Kazakistan insieme a una suora che lavora nel paese dell’Asia centrale. Solo per citarne alcuni. Poi gli europei, e molti amici dei missionari e delle missionarie di Torino e del quartiere. Tutto il mondo è qui.

Padre Antonio e padre Sandro, i responsabili dell’organizzazione di accoglienza dei pellegrini a Roma e Piemonte, corrono indaffarati per gli ultimi dettagli.

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Allo scoccare delle 10,30 fanno il loro ingresso nella chiesa affollata le danzatrici: sono le novizie delle suore, vestite con abiti africani a dominante verde intenso. Danzano e cantano fino all’altare seguite dai cinque vescovi e dai sacerdoti che celebreranno la messa. Alle ali dell’altare siedono almeno un centinaio di preti nei loro abiti bianchi, la maggior parte missionari della Consolata. Altrettante sono le missionarie o forse di più.

Padre Gianni Treglia prende la parola ed esordisce arringando i presenti: «Allamano!». E tutti rispondono:«Viva!». E ancora padre Gianni «Viva!» e tutti «Allamano!». E poi, tutti insieme: «Grazie per averci dato Giuseppe Allamano!».

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Il superiore della Regione Europa ringrazia il Signore per il dono di san Giuseppe Allamano: «Questo è anche il luogo del suo sogno missionario che, non potendolo realizzare personalmente lo ha realizzato con la fondazione di due istituti missionari. [...] Il sogno stesso di Dio che vuole che tutta l'umanità abbia la salvezza. Giuseppe Allamano l’ha affidato a noi, suoi figli e figlie missionari».

La celebrazione è presieduta da monsignor Francisco Múnera Correa, IMC, arcivescovo di Cartagena e presidente della Conferenza episcopale colombiana.

Le letture vengono fatte in italiano e kiswahili.

È poi monsignor Osório Citora Afonso, mozambicano e neo vescovo ausiliario della capitale Maputo, che affronta l’omelia: «Dopo i fasti di piazza san Pietro […] ci siamo recati nei paesi che videro la vita quotidiana di san Giuseppe Allamano, prima a Castelnuovo don Bosco, quindi al santuario della Consolata, e oggi qui in Casa Madre, dove si trova il suo sepolcro. È un luogo che ci invita a sostare, in preghiera, in meditazione. Un luogo che è anche un’oasi di relazione. È una casa. È la sua dimora dalla quale continua a spandere benedizione, incoraggiamento e consolazione».

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Riferendosi al Vangelo appena letto (Marco 16,14) monsignor Osorio dice: «Gesù, l’ultimo gesto, quello del mandato missionario, lo fa in una casa, un luogo di relazione, così non è casuale che anche noi veniamo nella casa di Allamano per riascoltare il mandato missionario. È in questa casa che si sente ancora: “Andate e predicate”».

«Perché una casa è un luogo di vita, di incontri, dove i religiosi e i laici cercano di vivere e testimoniare la passione per la missione. Parlando dello spirito di famiglia, Allamano parlava della casa dove si sta insieme, dove si vive il quotidiano. Casa come luogo di invio missionario: è da casa che si parte. […]».

Ritorna poi su una famosa frase del santo: «Allamano diceva: “Siate straordinari nell’ordinario”.

Per vivere questa santità, ripartiamo dalle nostre case, ripartiamo dalle relazioni, dalle piccole cose.

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Sono partiti da Torino tanti anni fa, erano quasi tutti piemontesi, e per questo motivo adesso siamo qua in tanti, e veniamo da molte parti del mondo».

E per evidenziare questa «mondialità» chiede: «Dove è avvenuto il miracolo? Non a Torino, Roma, o in una grande città, ma tra il popolo dell’Amazzonia».

Un aspetto del popolo di Giuseppe Allamano che ci ricorda anche la preghiera dei fedeli, letta in tante lingue: inglese, portoghese, francese, kiswahili, italiano e spagnolo.

La celebrazione continua, si canta seguendo il coro italiano diretto da padre Sergio. L’atmosfera è quella delle grandi feste. C’è gioia, c’è voglia di viverla tutti insieme, provenienti da tante nazioni e da popoli dei quattro continenti, ma in sintonia.20241025Allamano5

Suor Lucia Bortolomasi, madre generale delle missionarie dalla Consolata, prende infine la parola, con la sua voce dolce, ma ferma: «È qui che vogliamo esprimere il nostro grazie a Dio e alla Consolata, per questo immenso dono, che è san Giuseppe Allamano. Vogliamo ringraziare tutti voi, amiche e amici, perché ci siete stati vicino in questi giorni di festa, e anche perché, in diversi modi, ci accompagnate nella nostra missione. Un grazie tutto speciale alle nostre missionarie e missionari e alle persone che sono ammalate, ma che ogni giorno offrono la loro preghiera e la loro sofferenza a Dio per l’annuncio del Vangelo, e per sostenerci. Ci danno forza».

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Poi aggiunge: «Vogliamo fare un regalo speciale a san Giuseppe Allamano. Vogliamo regalargli il nostro impegno di vivere quella santità che lui ci ha sempre indicato. Essere presenze umili, semplici di consolazione, nella vita di tutti i giorni».

Padre James Lengarin, superiore generale dei missionari, visibilmente contento, quasi euforico, esprime il suo ringraziamento: «Sono qui per dire grazie a tutte le persone che hanno fatto partire questa macchina organizzativa. Tutto è andato bene vero?». E parte un applauso alla commissione organizzatrice.

«Tutti i 35 paesi del mondo in cui siamo presenti, erano rappresentati in questo momento speciale. Siamo una famiglia grande, che si vuole bene».

Ringrazia l’arcidiocesi di Torino, «dove siamo nati e da dove siamo partiti. E anche per gli aiuti concreti che sono arrivati da qui» alle missioni.

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Ricorda poi i missionari e le missionarie defunte: «Fanno parte di questa grande famiglia. Loro ci hanno aiutato a essere ciò che siamo oggi. Anche in cielo sono tutti in festa».

Ringrazia la Regione Europa e la Casa Madre e tutti «fratelli vescovi che hanno partecipato».

Conclude con un grazie caloroso «a tutti i pellegrini che sono venuti. Siamo tutti membri di questa famiglia. Ripartiamo da questo santo. Portiamo la consolazione nel mondo e siamo seminatori di speranza».

Con le parole di padre James, si chiude la celebrazione, ma la festa continua, e i pellegrini si accalcano presso la tomba di san Giuseppe Allamano, per un saluto, una preghiera, ma anche per portare a casa una foto con lui, perché da oggi c’è un santo in famiglia.

* Marco Bello, rivista Missioni Consolata.

HIGHLIGHTS (Video realizzato da Fr. Adolphe Mulengezi)

Preghiera nella tomba di San Giuseppe Allamano (Video: Suor Stefania Raspo)

Messa di ringraziamento presso il Santuario San Giuseppe Allamano - Casa Madre a Torino

La varietà e la bellezza della missione di Dio adorna il santuario della Consolata

Con il cuore pieno di gratitudine e di gioia, oggi 24 ottobre i pellegrini di San Giuseppe Allamano hanno riempito il Santuario della Consolata di Torino dove il nuovo santo ha lavorato per 46 anni e ha fondato due congregazioni al servizio della missione ad gentes.

Il rettore del Santuario, canonico Giacomo Martinacci, ha dato il benvenuto ai presenti sottolineando una delle virtù di San Giuseppe Allamano da mettere in pratica nella nostra vita e nella vita della Chiesa: la “fiducia” in Dio e nella Consolata a cui ha consegnato tutto il suo lavoro.

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Gli spazi del santuario erano ricolmi di fervore e preghiera ma anche di festa, colori e musicalità, quella del coro che provava i suoi canti. Una chiesa proveniente da tutto il mondo lo abbelliva e accoglieva anche quelle persone che da lontano ci seguivano grazie alla connessione in Streaming che ha accompagnato tutte le celebrazioni di questi giorni festivi.

Da questa casa della Consolata San Giuseppe Allamano inviò i suoi primi missionari nel mondo e oggi questa stessa casa riceve i frutti abbondanti della diversità culturale rappresentanti da missionari, fedeli e pellegrini provenienti dai più diversi contesti geografici. Il Santuario, luogo di partenza per i missionari e le missionarie della Consolata, si è riempito della bellezza della missione di Dio.

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Prende la parola padre Gianni Treglia, superiore della Regione Europa e in diverse lingue introduce la celebrazione: “In questo Santuario, Giuseppe Allamano ha speso tutta la sua vita e da questo Santuario è stato lampada che fa luce per molti: sacerdoti, religiosi, laici, ricchi e poveri. Giuseppe Allamano è stato un sacerdote pieno di zelo: sempre pronto a donare a ciascuno una giusta parola, un sorriso di conforto o uno sguardo pieno di tenerezza. Due amori hanno rapito e plasmato la sua vita – sottolinea padre Treglia – l'amore per Gesù Eucaristia e l'amore per la Vergine Maria con il titolo di Consolata nostre Madre tenerissima. Oggi noi lo possiamo nominare santo tra i santi e per questo ringraziamo il Signore”.

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I canti in diverse lingue, animati dallo splendido coro di missionari e missionarie della Consolata, armonizza la celebrazione presieduta da mons. Alessandro Giraudo, vescovo ausiliare di Torino. Nella sua omelia invita a seguire l’esempio di San Giuseppe Allamano nell’ascolto della Parola de Dio e nel mettere Cristo al centro della nostra vita e missione. “Lui –ci ricorda il vescovo– continua a indicarci di non smarrire la consapevolezza che se il Signore non è il protagonista allora la nostra vita finisce per riempirsi di tante cose, magari anche opere buone e zelo apostolico, ma rischiamo disperdici. La santità di Giuseppe Allamano risplende perché è rimasto profondamente unito a Cristo e ha vissuto sempre fidandosi di Dio; ha desiderato che altri potessero conoscere il Vangelo e innamorarsi della sua parola di vita; ha sperimentato la dolcezza della consolazione di Maria e con Lei ci invia all’incontro della vita e del cuore delle persone vicine e lontane”.

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Mons. Alessandro ha spiegato che “il Vangelo continua a compiersi ogni volta che diventiamo anche noi strumenti nelle mani di Cristo; siamo portatori della sua parola e della sua presenza; usciamo da noi stessi per entrare nella vita di coloro che Dio ci mette sul cammino”. Secondo il vescovo, “San Giuseppe Allamano ha saputo far partire gli altri ed essere padre senza sostituirsi o confondersi con i figli e le figlie”.

Per continuare a portare la luce del Vangelo al mondo dobbiamo far tesoro e moltiplicare il suo insegnamento. Il miracolo che la Chiesa ha riconosciuto come segno di santità, la prodigiosa guarigione di Sorino Yanomami, è il miracolo che avviene quando, lasciandoci condurre da Dio, impariamo a prenderci cura degli altri.

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In san Giuseppe Allamano la Chiesa di Torino riceve ancora un grandissimo dono: un concreto cammino di santità offerto a tutti e alla portata di ciascuno. Questo dono, per mezzo dei suoi figli e delle sue figlie, raggiunge anche i popoli di ogni parte del mondo.

Il canto finale esprime appropriatamente il momento di festa e l’impegno che scaturisce da questa celebrazione: “la tua luce, oh Consolata, illumini il nostro lungo cammino, vogliamo seguire le tue orme… Regina caeli laetare”. Ai piedi della Consolata, nutriti dalla Parola e dell’eucaristia, anche noi come pellegrini, animati dalla santità di Giuseppe Allamano, ripartiamo alla volta del mondo per mostrare la luce del Vangelo fino agli estremi confini della terra.

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Dopo la celebrazione, tutti si sono riuniti nel cortile del Santuario dove hanno potuto vedere una Mostra sulla vita di San Giuseppe Allamano. Poi, organizzati in gruppi linguistici, si sono recati all'Ospiteria del Servizio Missionario Giovani (SERMIG) per pranzo e una visita alle strutture.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Comunicazione Generale.

San Giuseppe Allamano vive (Video realizzato da Fr. Adolphe Mulengezi)

Messa nel Santuario della Consolata di Torino

Messa di ringraziamento per San Giuseppe Allamano (Video: Suor Stefania Raspo)

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Gruppo di pellegrini provenienti da Roraima nel Brasile.

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Castelnuovo don Bosco il paese dei santi

Il paese sulla collina dell’alto astigiano oggi è tirato a festa. Bandierine di tutte le nazioni attraversano le sue vie arroccate. Alle finestre e ai balconi è stato appeso il foulard con l’immagine del nuovo santo. I bambini della scuola elementare hanno affisso sulla via i loro disegni: ritraggono un Giuseppe Allamano del tutto originale. Hanno anche preparato un canto per l’occasione.

Nella chiesa di sant’Andrea, dove il santo ha celebrato la sua prima messa, nel 1873 all’età di 22 anni, fervono i preparativi. All’esterno due pannelli: quello a sinistra dell’ingresso, ritrae san Giuseppe Allamano e quello a destra i quattro santi del paese: san Giuseppe Cafasso, san Giovanni Bosco, san Domenico Savio, oltre a colui che si festeggia oggi. Il giovane sindaco di Castelnuovo, Umberto Musso, dirà, alla fine della messa, in italiano e in inglese: «Abbiamo un record del mondo, siamo l’unico comune ad aver dato la nascita a quattro santi!».

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I pellegrini si ritrovano in piazza e piano salgono sul colle. Una volontaria con la pettorina gialla spiega, in francese, a un gruppo di congolesi, alcuni aspetti storici del piccolo comune. Allo stesso modo altri accompagnano alla chiesa i mozambicani, gli ivoriani, i colombiani, parlando loro, nelle diverse lingue, francese, inglese, spagnolo.

Alle 10 sant’Andrea è già piena e mezz’ora dopo parte puntuale la celebrazione. La musica del coro del Colle don Bosco accoglie i celebranti. Prende quindi la parola padre Gianni Treglia, superiore della Regione Europa, che in diverse lingue introduce la celebrazione: «Quattro giorni fa è stato canonizzato Giuseppe Allamano. Adesso la sua vita è riconosciuta dalla Chiesa universale. […] Oggi esprimiamo la nostra gratitudine per quest’uomo, figlio di Castelnuovo. “Ho portato con me il mondo contadino e la vita tra queste colline, una comunità di relazioni e di speranze”, diceva, “In mezzo ai miei figli e figlie missionari, mi sono sempre sentito come in famiglia”. Essere famiglia, essere insieme, dare testimonianza di unità e di amore vicendevole. Questa esperienza lui l’aveva dentro fino dall’infanzia, vissuta in questa terra».

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La chiesa di sant’Andrea è colma e sono state messe pure alcune panche all’esterno. Oltre ai pellegrini da diversi paesi, Congo Rd, Mozambico, Marocco, Costa d’Avorio, Colombia, Brasile, Kazakistan, e altri ancora, ci sono gli abitanti di Castelnuovo, che testimoniano il loro sentire verso il nuovo santo uno di loro.

«Siamo qui per ringraziare il Signore per questa canonizzazione. Qui Giuseppe ha mosso i primi passi. […] Ringraziamo gli abitanti di questa terra speciale, per la loro grande accoglienza», così esordisce nella sua omelia padre James Lengarin, superiore generale dei Missionari della Consolata nono successore di Allamano e primo di origine africana. Ricorda poi la giovinezza del fondatore dei due istituti, che è cresciuto, anche spiritualmente, in questo paese del Piemonte. E di come abbia vissuto un clima missionario alla «scuola di don Giovanni Bosco». Ma dice anche che Allamano è riuscito ad andare al di là, a «interpretare queste situazioni per andare oltre Torino, il Piemonte, per aprirsi alle persone più lontane, nelle periferie del mondo», perché ha compreso che «la salvezza è per tutti».

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E continua: «La festa di oggi non è soltanto nostra, ma è di tantissime persone nel mondo che hanno conosciuto i missionari della Consolata». Parla a un pubblico variopinto, padre James: «Siamo tutti cittadini del mondo, e sappiamo che purtroppo milioni di persone soffrono, sperimentano le devastazioni della guerra, le malattie, la fame, l’umiliazione della povertà. Oltre alle condizioni fisiche, molti vivono in povertà spirituale [...]». Il fatto di avere tante persone a Castelnuovo, di differente origine, vuol dire che «la missione continua».

Padre James ricorda pure «tante nostre sorelle e fratelli hanno anche perso la vita, mentre erano missionari in paesi lontani, e sono stati sepolti laggiù». Una Chiesa feconda quella del Piemonte, «di missionari e missionarie, anche di laici e laiche, che sono andati in missione dappertutto. Il mondo era pieno di missionari piemontesi. [...]

Questo ringraziamento alla santità non ci faccia abbandonare l’apertura. Preghiamo perché Castelnuovo e l’Italia tornino a essere fonte di buoni e santi missionari che aprano il cuore al mondo intero».

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Chiede dell’intercessione del «beato Giuseppe Allamano», ma si ferma. «Non siamo ancora abituati: del santo Allamano!», e dal pubblico si leva una risatina di compiacimento. «Chiediamo di avere la forza e il coraggio di vivere anche lontani, anche quando le energie umane sono poche, e la speranza sarà l’unica cosa che ci salverà».

Dopo la messa e le foto di rito, i pellegrini si raggruppano per lingua. Ogni gruppo segue un volontario che regge un cartello colorato, e tutti invadono pacificamente il paese, prima le sue locande e poi alcuni luoghi storici. Sono visitate, in particolare, la casa natale di san Giuseppe Allamano e quella di suo zio, san Giuseppe Cafasso.

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Dopo le nuvole del mattino, il sole è comparso e pare di vivere in una splendida giornata primaverile che ben si adatta al momento di festa.

Verso le cinque tutti si ritrovano in piazza don Bosco. È il momento dei saluti. Suor Lucia Bortolomasi, madre superiore delle Missionarie della Consolata ringrazia le autorità presenti, poi ricorda una frase di Allamano, appena letta nella sua casa natale: «A Casteluovo ho incontrato tante persone che hanno preso a cuore la mia vita». Suor Lucia riprende: «Vogliamo dire grazie, perché è stato un giorno speciale, un giorno bellissimo. Voi di Castelnuovo avete vissuto le parole di Allamano quando dice che il bene bisogna farlo bene. Abbiamo visto ogni cosa, ogni dettaglio, fatto bene con il tocco speciale dell’amore». Inoltre, continua: «Abbiamo visto da parte vostra un lavoro di squadra. Il fondatore ci ha sempre detto: “Mai missionari solitari in missione, ma vivere insieme, in comunione, perché l’unione fa la forza”. Per realizzare la santità delle piccole cose, nella vita ordinaria».

* Marco Bello, rivista Missioni Consolata.

 Highlights della messa e visita a Castelnuovo don Bosco. (Video realizzato da Fr. Adolphe Mulengezi)

I pellegrini di San Giuseppe Allamano sono stato accolti dalla gente di Castelnuovo in modo splendido. Ecco le parole del Sindaco Umberto Musso e alcune immagini dell'accoglienza. (Video realizzato da Suor Stefania Raspo)

Messa di ringraziamento "Le radici" a Castelnuovo don Bosco

Il popolo di San Giuseppe Allamano in festa

Roma, 21 ottobre. «Questa mattina, alla sessione del sinodo, sono andato a ringraziare il Santo Padre, che era lì con noi, per il dono della canonizzazione», racconta il cardinale Giorgio Marengo, in chiusura alla sua omelia della messa di ringraziamento per il santo Fondatore.

Nella splendida cornice della basilica di San Paolo Fuori le Mura, si ritrovano i missionari, le missionarie e centinaia di pellegrini, che il giorno prima hanno partecipato alla canonizzazione di Giuseppe Allamano. «Mi ha colpito - continua Marengo -, perché, sedutomi davanti a lui, mi ha preso le mani e mi ha detto “Coraggio, avanti”. Quello che ci diceva sempre San Giuseppe Allamano».

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La celebrazione inizia con una danza africana realizzata da suore e novizie, che scalda subito l’atmosfera. Sfilano vestite con colori africani, a dominante azzurra. Dietro alle danzatrici, fanno il loro ingresso centodieci sacerdoti vestiti di bianco, due fratelli missionari, seguiti da ventidue vescovi e, in ultimo, dal cardinale Marengo. È lui che, con la sua solita semplicità, ma al tempo stesso profondità, prende la parola: «Oggi è un giorno di ringraziamento per san Giuseppe Allamano. È il primo giorno nel quale possiamo chiamarlo così». Le sue parole, quasi emozionate, scatenano l’euforia dei presenti.

HIGHLIGHTS MESSA DI RINGRAZIAMENTO (Fr. Adolphe Mulenguzi)

Sono di tanti Paesi, svariate lingue e culture a ritrovarsi, oggi pomeriggio, nell’abside della basilica.

Spicca una folta delegazione di fedeli di Roraima, lo stato del Brasile dove è avvenuto il miracolo della guarigione dell’indigeno yanomami Sorino. Sono riconoscibili da una maglietta fatta fare per l’occasione, con la scritta in portoghese: «Annunziate la mia gloria alle nazioni» (Is 66,19), e con i loghi della diocesi di Roraima e quello ufficiale della canonizzazione. Poi tante fedeli africane, con vestiti dai tipici colori sgargianti, e moltissime religiose. Ci sono anche i laici missionari della Consolata, e i tanti amici del nuovo santo venuti da quattro continenti. Quasi tutti hanno al collo il foulard realizzato per la canonizzazione.

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Iniziano le letture. Poi il salmo viene recitato da uno studente e una studentessa missionari, e il coro risponde cantando in maniera delicata «Popoli tutti, lodate il Signore».

Dopo la seconda lettura, parte di nuovo il coro, diretto dall’accalorato Douglas Lukunza del Kenya. I musici - tastiera, batteria, due djembé (tamburi africani) e pure un bravo violino - sono altri studenti missionari, tutti africani. Il coro variegato segue i movimenti del direttore, che non si limita a muovere le braccia, ma praticamente balla. Una danza contagiosa, che in pochi secondi prende tutti i presenti che, chi più chi meno, si muovono a ritmo di musica. E parte l’entusiasmo della grande festa.

 

Con la preghiera dei fedeli torna la calma. Alcuni lettori e lettrici si alternano nelle diverse lingue: italiano, inglese, portoghese, spagnolo, coreano, swahili e francese. A leggere quest’ultima è una ragazza migrante del Burkina Faso, attualmente a Oujda in Marocco (dove c’è una missione della Consolata). La sua è una supplica toccante, forse perché nasce dall’esperienza personale: chiede di pregare affinché i governi rendano più vivibili i Paesi del mondo, in modo tale che i giovani non siano più costretti a partire.

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Nella cerimonia di ringraziamento, come nei giorni precedenti, il collegamento con l’Amazzonia è forte: all’offertorio, oltre al pane e al vino, viene portato anche un tipico copricapo indigeno, fatto di piume blu e gialle del grande pappagallo ara, mandato da coloro, spiega la voce di commento, «che sono assetati di fede e di giustizia».

Ma oltre alla festa, il ringraziamento è pure un momento di riflessione, stimolata dalle parole, talvolta provocatorie, del cardinale Marengo che nella sua omelia si è soffermato sull’importanza della contemporaneità: l’impegno deve essere «una successione continua di oggi e qui», e occorre «attingere la forza per la missione dalla contemplazione».

«Dobbiamo dircelo: la sua santità (di Allamano, ndr) ci deve scuotere, altrimenti non ci gioverà. I nostri istituti attraversano un momento delicato della loro storia, con incertezze nei cammini del mondo. Oggi non è solo un punto di arrivo, deve essere anche un punto di ripartenza».

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Card. Giorgio Marengo, IMC, Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar (Mongolia)

Considerando il percorso e gli sforzi fatti per arrivare a questa canonizzazione, «tutto sarà ripagato se prenderemo sul serio questo oggi, l’avere gli occhi fissi sul Signore, teneramente amato e servito da san Giuseppe Allamano, e realizzeremo davvero il suo desiderio di vederci famiglia della Consolata che si vuole bene e che arde di zelo apostolico».

La cerimonia si avvia alla conclusione con il canto del Magnificat in versione africana, danzato e cantato da tutti i presenti. Il cardinale incensa lo stendardo con il volto di Giuseppe Allamano, che pare sorridente come non mai. Anche lui, oramai coinvolto nella festa per il nuovo santo.

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La messa di ringraziamento conclude la fase romana delle celebrazioni, composte da veglia, canonizzazione in piazza san Pietro e, appunto, ringraziamento.

Nei prossimi giorni seguiranno eventi e celebrazioni a Castelnuovo don Bosco (At), paese natale di Allamano (il 23 ottobre) e a Torino, alla Consolata (il 24) e nella chiesa del santo in corso Ferrucci 18 (il 25).

* Marco Bello, rivista Missioni Consolata.

TESTIMONIANZA DEI PELLEGRINI (Video: Fr. Adolphe Mulengezi

Messa di ringraziamento presso la Basilica di San Paolo Fuori le Mura (Lunedì 21 ottobre 2024)

MAGNIFICAT! Per il dono di SAN GIUSEPPE ALLAMANO! (Video: Suor Stefania Raspo)

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Le due Direzioni Generali IMC e MC con il card. Marengo,

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 I vescovi presenti alla celebrazione Eucaristica

Il fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata sarà tra i nuovi santi proclamati da Papa Francesco nella mattinata di domenica 20 ottobre. L'arcivescovo di Manaus: il suo desiderio di condividere il Vangelo è un'ispirazione. Madre Bortolomasi: il suo stile missionario era di vicinanza alla gente. Padre Lengarin: nella "società dei TikTok", riscopriamo la meditazione

"Ci aiuta tantissimo nel volere essere sempre in cammino. Sempre imparando, ma imparando ascoltando". Così il cardinale Leonardo Ulrich Steiner, arcivescovo di Manaus in Amazzonia, traccia un ritratto dell'eredità lasciata dal beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, e tra coloro che Papa Francesco canonizzerà domenica 20 ottobre sul sagrato della basilica di San Pietro, insieme a Manuel Ruiz López e sette Compagni e Francesco, Mooti e Raffaele Massabki, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra.

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Il beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata

Gli ospiti del "Meeting point"

L'occasione per inquadrare la figura di Allamano è stata il "Meeting point" organizzato presso la Sala Stampa della Santa Sede in vista delle canonizzazioni. Presenti, oltre al cardinale Steiner, anche Júlio Ye’kwana presidente dell’Associazione Wanasseduume Ye’kwana (Seduunme) e leader indigeno del territorio Yanomami nello Stato di Roraima; monsignor Evaristo Pascoal Spengler, vescovo di Roraima e presidente della Rete Ecclesiale Pan-amazzonica (Repam Brasile); madre Lucia Bortolomasi, superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata dal 2023; padre James Bhola Lengarin superiore generale dei Missionari della Consolata.

La fondazione delle missioni

In una serie di brevi interventi iniziali, gli ospiti hanno ricordato la storia della missione di Allamano, concretizzatasi nella fondazione dell'Istituto Missioni Consolata, risalente al 1901, e quello successivo delle Missionarie della Consolata nel 1910. Successivamente, i relatori si sono messi a disposizione dei giornalisti per rispondere alle loro domande e presentare la figura del missionario originario di Castelnuovo d'Asti.

Troppe sofisticazioni nella predicazione del Vangelo

Intervistato dai media vaticani, il cardinale Steiner ha individuato l'eredità lasciataci dal beato Allamano in relazione all'area geografica nella quale è chiamato ad operare oggi. "Il nostro contesto non è complicato, è semplice", ha affermato l'arcivescovo di Manaus. "E per questo tante volte è difficile, perché noi siamo troppo sofisticati, anche nel modo di voler trasmettere il Vangelo". Per fare fronte alle presenti complicazioni, il cardinale Steiner ha richiamato proprio la figura di "padre Giuseppe", dal quale "possiamo imparare tantissimo". Specialmente, dal suo "desiderio di portare il Vangelo" a tutti coloro che "non hanno ancora ascoltato Gesù."

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Ascolta l'intervista al cardinale Steiner, arcivescovo di Manaus

Il Regno di Dio è "semplice"

Una figura, quella del beato Allamano, dalla quale secondo l'arcivescovo di Manaus si può trarre ispirazione per "uscire da noi stessi". "Il bene fa poco rumore", era una delle frasi che amava ripetere, eppure il cardinale Steiner ha notato una necessità di fare rumore "quando si tratta delle ingiustizie" subite, ad esempio, dalle popolazioni indigene residenti in Amazzonia. "Vogliamo fare rumore perché la giustizia venga alla luce. Vogliamo fare rumore quando non c'è fraternità, perché la fraternità sia la nostra luce. Vogliamo fare rumore dove Dio è dimenticato, perché Lui è la nostra luce. Vogliamo fare rumore quando le nostre relazioni sono diventate troppe sofisticate". Un invito ribadito con fervore, per condividere il "modo di vivere del Vangelo" e fare esperienza di quel Regno di Dio che in fondo è "semplice". "Semplice come gli uccelli, semplice come I fiori del campo".

Il futuro della Chiesa amazzone

La futura canonizzazione del beato fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata è un'occasione per riflettere anche sull'avvenire della Chiesa amazzone. L'auspicio del cardinale Steiner è quello di potere fare esperienza di comunità "sinodali" ed "in missione". Quest'ultima caratteristica, così bene compresa ed attuata dal beato Allamano "è molto importante" nella regione sudamericana. "Quando ci riuniamo nelle diverse diocesi, anche con i laici", ha raccontato l'arcivescovo di Manaus, "la questione riguarda sempre il come evangelizzare". 

Vicinanza alle comunità

"Ci voleva sante, sante prima che missionarie", è invece l'affermazione e la vocazione percepita da madre Bortolomasi nel descrivere il beato Allamano. Il suo stile missionario viene riassunto in un'intensa "comunione con Dio" e una vicinanza alla gente caratterizzata da tanta "umiltà" quanta "semplicità". "Esserci. Essere veramente vicino al popolo e alla gente". Un concetto che può suonare contradditorio, per una persona che "non amava le grandi assemblee", ma che tuttavia amava "il rapporto persona a persona". In relazione ai carismi del beato Allamano, madre Bortolomasi evidenzia la costanza nell'annuncio del Vangelo "ai popoli che ancora non conoscono Gesù". Sulla scia delle affermazioni del cardinale Steiner, viene ribadito come attraverso l'evangelizzazione si può "uscire da noi stessi" per incontrare il prossimo e portare ad egli l'annuncio della Parola.

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Ascolta l'intervista a madre Lucia Bortolomasi

Il miracolo attribuito al beato Allamano

La conversazione con la superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata è stata anche l'occasione per ricordare il miracolo ricevuto dall'indigeno Sorino Yanomami, nato nella comunità di Maimasik (Roraima-Brasile), presumibilmente nel 1955. Assalito alla testa da un giaguaro, Yanomami viene soccorso da "una nostra sorella", chiamata dai locali e accortasi immediatamente della "gravità della situazione". L'assistenza arriva dalla vicina città di Boa Vista, dove l'idigeno viene soccorso dai medici. Nel frattempo Suor Felicita, questo il nome della soccorritrice, inizia a pregare insieme a tutta la comunità il beato Allamano per ottenere un miracolo. Un segno prodigioso, il risveglio di Yanomami, che si registra il 16 febbraio, data non casuale in quanto proprio in quel giorno ricorre "la festa del nostro fondatore", come ricordato da madre Bortolomasi. Inizialmente "non l'abbiamo preso in mano", ha ammesso la superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata in relazione al miracolo, "e adesso il Papa l'ha riconosciuto santo".

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Il indigeno Sorino Yanomami, la cui miracolosa guarigione è attribuita al beato Giuseppe Allamano

Ascolto e costruzione di scuole e centri medici

Il dialogo con padre Lengarin ha invece rappresentato l'opportunità per riflettere sulla "spiritualità" del beato Allamano, così celebre da attrarre cardinali da tutte le parti del mondo, fino dal sud dell'Etiopia. La sua testimonianza di sofferenza e di mancata conoscenza della Parola di Dio da parte del suo popolo fu l'input che fece scattare nel beato Allamano "l'idea di diventare missionario". Nonostante le sue fragili condizioni di salute non glielo permettessero in prima persona, egli elaborò comunque una sorta di vademecum sul tema, predicando l'ascolto delle persone ma anche la concreta costruzione di scuole e centri medici.

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"Innamorato" della Parola

Padre Lengarin ha ricordato i contatti decennali con il popolo Yoruba, originario dell'Africa occidentale. Inizialmente "non volevamo nemmeno celebrare i battesimi", ha spiegato, poiché il metodo di lavoro prevedeva che fossero le persone stesse a notare "qualcosa di diverso" nei missionari e farsi avanti in prima persona, domandando "cosa c'è di diverso in voi? Perché siete qui con noi?" Una domanda che ha rappresentato l'inizio di tante conversazioni che non tralasciavano, tuttavia, i bisogni materiali e spirituali dei locali. Questo poiché "siamo noi a volere dare la nostra vita" per loro. Tra i valori ancora oggi attuali che caratterizzavano il beato Allamano, il superiore generale dei Missionari della Consolata ha individuato innanzitutto quello della "fedeltà". Il missionario era prima di tutto "un brav'uomo" che "seguiva ciò che gli era richiesto di fare". Tale pregio si rifletteva soprattutto nell'ascolto della Parola, di cui era "innamorato", "alla lettera", mettendosi in cammino sulla "strada" da essa indicata.

Meditare, nella "società dei TikTok"

Lasciarsi conquistare dal Vangelo significa ritrovare quei valori fondamentali, spesso ricercati "dentro di noi", quando in realtà essi "si ritrovano dentro di noi". Padre Lengarin ha ricordato l'importanza che il beato Allamano attribuiva all'istruzione e alla formazione. Un tratto rilevante più che mai al giorno d'oggi, immersi in una società che "non legge" e che "non si informa". La società "dei TikTok", dove le cose si muovono "veloci", spesso anche troppo, mentre invece sarebbe importante riscoprire la "meditazione sulle cose" per trovare "ciò che è davvero importante".  In ultimo, il superiore generale dei Missionari della Consolata ha riconosciuto la saggezza e il rispetto, provato dal beato Allamano verso il prossimo, "nel modo in cui egli o ella è". "A volte scherzo e dico che Dio è cieco perché non conosce i colori", ha concluso con un sorriso padre Lengarin, "e ci crea così come siamo, così che il nostro cuore possa aprirsi e ognuno di noi possa pensare al prossimo".

* Edoardo Giribaldi - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-10/canonizzazione-beato-allamano-steiner-missionari-consolata.html

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