Is 55,1-11
Is 12
1Gv 5,1-9
Mc 1,7-11

Riflettere sul senso del battesimo è quanto mai opportuno, soprattutto per chi lo ha ricevuto ancora in fasce, senza una matura coscienza della propria scelta. La crisi odierna della fede, poi, rende questo passaggio assolutamente necessario, perché il battesimo – quello di Gesù e il nostro – non è una sorta di abbellimento o di ornamento della vita cristiana, ma dice qualcosa di decisivo su chi siamo e su cosa siamo chiamati ad essere. Le letture di questo giorno, con il fascino di evocazioni e di simboli che racchiudono, sono particolarmente adatte a immergerci nel mistero profondo di Dio e dell’uomo.

Gli eventi che accadono nel battesimo di Gesù rappresentano la risposta di Dio alla sete dell’uomo, alla ricerca di senso, l’adempimento della promessa, la manifestazione del senso della storia. Che questo episodio abbia un significato così profondo e importante, lo si comprende fin dalle battute iniziali, che riportano una formula introduttiva piuttosto ridondante: «e avvenne che in quei giorni Gesù venne da Nazareth…».

L’evento del battesimo viene appena accennato, mentre vengono messi in forte rilievo i fatti che lo accompagnano: la lacerazione dei cieli, la discesa dello Spirito e la voce dall’alto. In questi segni si manifesta l’inaugurazione di una nuova fase della storia di salvezza, in cui Dio si impegna personalmente ad aprire la promessa per farla germogliare. Il verbo schizô / lacerare, che il solo Marco utilizza per l’apertura dei cieli ricorda la suggestiva supplica di Isaia, letta nella prima domenica di avvento: «oh, squarciassi tu i cieli e scendessi!».

Il silenzio di Dio è sempre terribile, ma in alcuni momenti diventa insopportabile. Ed ecco che Dio, gratuitamente, ancora una volta, fa il suo ingresso nella storia dell’uomo. Uno scrittore delle origini cristiane – forse Ippolito di Roma – commenta: «Pensa, mio caro, quali e quanti beni avremmo perso se il Signore non avesse ricevuto il battesimo. Prima di questo evento le porte del cielo rimanevano chiuse e le regioni dell’alto erano inaccessibili. Potevamo discendere più in basso, ma non potevamo salire più in alto… In quel momento “i cieli si aprirono…”, furono guarite le malattie della terra e furono rivelate le verità misteriose».

Questa volta, però, l’ingresso di Dio nella storia non è commensurabile con altre venute, perché Dio si impegna nel suo figlio diletto. Il termine ebraico yahid / diletto, più che la predilezione di un figlio rispetto ad altri, esprime l’unicità del rapporto. Gesù è il Figlio, e non ce ne sono altri. È questa, dunque, la risposta di Dio a una storia di infedeltà e di caligine: ancora una volta Dio entra in dialogo con Adamo, lo cerca e apre così la strada a chiunque voglia cercarlo.

È singolare che Marco – a differenza di Matteo – personalizzi gli eventi, lasciando comprendere che il solo Gesù vede l’apertura dei cieli e la discesa dello Spirito. La voce dal cielo non si rivolge ai presenti, ma a lui, esprimendosi in termini di relazione “io”-“tu”: «Tu sei il mio figlio, il diletto; in te mi sono compiaciuto».

Quanto accade sembra essere un’esperienza personale di Gesù, mentre il Battista e le folle vedono solo un uomo che si mette in fila con i peccatori per ricevere il battesimo di conversione. Ma non è proprio qui la sfida della fede? Il Figlio, che ha una peculiare relazione con il Padre, e che viene insediato con una solenne formula di intronizzazione regale («Tu sei mio figlio» del Sal 2,7) si presenta al mondo nelle spoglie di un uomo, in fila con i peccatori. È la logica di Dio. Chi vuole incontrare Dio, ormai, deve discendere nel cuore della terra, lì dove si trova Adamo, ogni Adamo, perché – lo ha scritto Origene – «il Signore nostro non è sceso solo fino alla terra, ma fino nelle profondità della terra (cf. Ef 4,9), e là ci ha trovati inghiottiti e seduti nell’ombra della morte (cf. Lc 1,79). Tirandoci fuori ci prepara un posto, non sulla terra, per timore che siamo di nuovo inghiottiti, ma nel regno dei cieli». Si potrebbe esprimere meglio il senso del nostro battesimo?

Don Massimo Grilli è docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana. Fonte: www.diocesitivoliepalestrina.it

Dal 3 luglio al 4 agosto ho partecipato ad un corso intensivo di lingua greca ad Atene, Grecia. 

Il corso è organizzato da una borsa dall' "Apostoliki diaconia" della Chiesa Ortodossa per i studenti nelle università pontificie a Roma.  Questo programma estivo ha come finalità l'apprendimento della lingua Greca, frequentando un corso specialistico ma comporta anche una significativa dimensione ecumenica promovendo una maggiore conoscenza dell'oriente cristiano. Tutta l'organizzazione viene fatta dalla "Apostoliki diaconia" in collaborazione con il comitato cattolico per la collaborazione culturale con le chiese ortodosse (Dicastero per la promozione dell'unita dei Cristiani).

Fra i trentaquattro partecipanti quest'anno, cinque venivamo dal Biblicum. Abitavamo nel collegio ortodosso della "Apostiki diaconia" di Atene. Li ricevevamo lezioni di lingua Greca quattro ore ogni giorno. Abbiamo finito il livello A2 e tutte le spese di vitto e alloggio erano generosamente offerte dai nostri anfitrioni; sono rimasto molto colpito dalla buona ospitalità che ci è stata dada.

Ci hanno accompagnato anche in visite culturali: musei e siti archeologici importanti di Atene. Abbiamo anche visitato varie Chiese Ortodosse e avuto l'opportunità di visitare il sacro sinodo dove ci è stata spiegata la natura della chiesa Greco-Ortodossa.  

In visite un po' più lunghe siamo stati a Corinto, Delfi e Salonicco; questo mi ha aiutato molto a localizzare i fatti storici della missione di Paolo in Grecia e spero possa anche essere di aiuto nei miei studi biblici. È stata anche l'occasione di dare una buona spolverata agli studi di  filosofia antica perché ho visitato i siti archeologici legati agli antichi filosofi greci.

Sono molto grato al Biblicum e al Dicastero per la promozione dell'unita dei Cristiani che mi hanno offerto la possibilità di questa bella esperienza estiva. Ringrazio anche p. James Lengarin, Superiore Generale, che ha permesso e facilitato la mia partecipazione.

* Geoffrey Ongera IMC è studente del Biblicum di Roma

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L’inganno alla comunità e a Dio

  • , Apr 19, 2023
  • Published in Notizie

Pagina neobibblica a partire da Atti 4,34-37; 5,1-11

Secondo il carisma i Missionari della Consolata vivevano come fratelli, tutto lo mettevano nella cassa comune, tranne le eccezioni riportate dalle costituzioni. Nessuno mancava di niente. Tutti i soldi, i beni come donazioni eredità od altro, che riceveva ogni missionario, lo consegnava all’Amministratore per l’usufrutto di tutti. Cosí in quei giorni un missionario ricevette una forte somma e la consegnò.

Capitò invece che due missionari incaricati delle relazioni con i benefattori, soprattutto con gli anziani pensionati, ebbero come donazione in eredità una proprietà di grande valore. Si misero d’accordo tra di loro, fecero la vendita, ed una parte la consegnarono in banca a loro nome mentre il rimanente andarono a metterlo a disposizione dell’amministratore.

Como non c’è niente nascosto sotto il sole, all’amministratore era già pervenuta la notizia di quella manovra sleale contro il voto di povertà. 

All’arrivo del missionario questi gli domando se fosse quella la somma in cui avevano venduto la proprietà, e lui rispose di si. 

L’amministratore all’ora gli disse di non aver ingannato solo ai confratelli ma anche a Dio e gli diede il decreto di esclaustrazione preparato e firmato dal Superiore Generale, decretando cosí la morte di quel religioso falso per l’Istituto. 

Poco dopo arriva l’altro missionario, senza sapere cosa era capitato al suo compagno. L’Amministratore domanda anche a questo la cifra per la quale era stata venduta la proprietà. Il religioso, d’accordo con l’altro, cita lo stesso valore della supposta vendita, mentendo anche lui. 

L’Amministratore gli dice allora: sappi che per il vostro inganno il tuo compagno è stato esclaustrato e tu avrai la stessa sorte. Gli consegno poi il decreto corrispondente nel quale si certificava, anche per lui, la sua morte per l’Istituto.

Tutti i confratelli rimasero stupefatti e approvarono la decisione dei superiori.

Da Gerusalemme…

... Pace e Consolazione dal Principe della Pace di cui celebriamo la natività in questi giorni. 

Sono passati davvero tre mesi da quando ho raggiunto Gerusalemme e sono fuori dalla mia comunità. Oggi sono nella nuova comunità accademica e abito con i gesuiti poiché frequentiamo gli studi all'Università Ebraica e alcuni corsi all’École biblique et archéologique française de Jérusalem.  Stiamo facendo corsi intensivi di ebraico biblico, archeologia, storia e geografia sia del Nuovo sia dell'Antico Testamento e altri seminari riguardanti la Bibbia.

Abbiamo anche fatto molte visite archeologiche e alcune devono ancora essere fatte prima di completare il nostro programma che dura fino alla prima settimana di febbraio. Io tornerò a Roma a principio di febbraio del nuovo anno prossimo a cominciare. 

Che cosa posso dire del programma? È bello essere qui, imparare dalle fonti. Mi offre anche diversi approcci all'esegesi, perché riceviamo anche qualche lezione di professori ebrei. Tutto va bene ma molto impegnativo, io sto facendo del mio meglio.

Ringrazio l'Istituto per avermi dato l’opportunità di far parte di questa esperienza accademica. Sabato scorso è stato per me un momento davvero commovente perché ho celebrato la Santa messa della vigilia di Natale a Betlemme con la processione alla grotta della Natività. L'anno 2022 volge al termine, vorrei ringraziare ogni membro della comunità di Casa generalizia per tutti i bei momenti che abbiamo vissuto insieme. Possa lo stesso continuare mentre inauguriamo il nuovo anno 2023. Che quest’anno sia per tutti noi un anno di grazia. Auguri a tutti e rimaniamo sempre uniti nella preghiera e nella missione. Un abbraccio e buon anno a tutti voi! Caritas in veritate…

Pe. Geoffrey Boriga, IMC.

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