Il Papa Francesco ha nominato il missionario della Consolata, mons. Lisandro Alirio Rivas Durán, finora vescovo ausiliare dell'arcidiocesi Metropolitana di Caracas, vescovo di San Cristóbal de Venezuela (Venezuela). In un'intervista al nostro Ufficio per la Comunicazione a Roma, il vescovo parla sulla missione della Chiesa di fronte la grave situazione sociale e politica del Venezuela.

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Cristóbal de Venezuela, presentata dal vescovo Mario del Valle Moronta Rodríguez, il 10 febbraio, in occasione del suo 75° compleanno, come riferisce la Sala Stampa della Santa Sede nel bollettino del 31 ottobre 2024. Contemporaneamente, mons. Lisandro Rivas, finora vescovo titolare di Dardano e vescovo Ausiliare di Caracas, è stato nominato vescovo della stessa diocesi.

Pochi giorni fa, mons. Lisandro Rivas era a Roma per partecipare alla canonizzazione di San Giuseppe Allamano e ha parlato della situazione sociale e politica del Venezuela e della missione della Chiesa in un Paese che negli ultimi anni vive una grave crisi economica, sociale e politica. Ascoltiamo l'intervista in spagnolo.

“In questo momento sto accompagnando la gente più povera nei quartieri della periferia di Caracas. Quando il Santo Padre mi ha nominato vescovo, ho cominciato a entrare in questa realtà complessa, difficile e impegnativa”, spiega mons. Lisandro Rivas. “Dopo il 28 luglio 2024, quando si sono svolte le elezioni presidenziali, abbiamo una Venezuela diverso, soprattutto per la situazione di violenza, la violazione dei diritti umani, della dignità della persona umana nei suoi diritti fondamentali alla vita, all'educazione, alla libertà di espressione e al diritto di scegliere liberamente il destino del Paese”. 

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Quartiere nella periferia di Caracas, la capitale venezuelana.

Mons. Lisandro dice che le elezioni sono state “un'esperienza straordinaria di democrazia, perché tante persone hanno espresso le loro preferenze, ma quello che abbiamo sperimentato dopo il ballottaggio è stato un grande broglio elettorale”. Il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha dichiarato la vittoria del presidente Nicolás Maduro, lasciando fuori Edmundo González Urrutia, che per la maggioranza sarebbe stato eletto”.

Anche di fronte alle pressioni internazionali, il regime di Nicolás Maduro non ha ancora presentato i verbali che attestano i risultati delle elezioni. Poiché il principio di trasparenza non è stato rispettato, molti Paesi non riconoscono la vittoria proclamata dell'attuale presidente con il 51,2% dei voti. L'opposizione non ha riconosciuto il risultato e parla di irregolarità.

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Manifestazioni dopo le elezioni del 28 luglio 2024 a Caracas. Foto: Brasil de Fato

“Ciò ha avuto gravi conseguenze – spiega il vescovo -. In primo luogo, c'è una persecuzione di tutti coloro che si sono opposti a questa decisione: molti giovani, più di 1.200, soprattutto minorenni, sono stati arrestati dalla polizia. Allo stesso tempo, sono stati perseguitati coloro che hanno partecipato delle manifestazioni. Questo ha avuto conseguenze a livello economico, politico e sociale, e soprattutto in termini di migrazione, che entro la fine di quest'anno si prevede sarà di oltre 9 milioni di venezuelani che lasceranno il Paese in cerca di opportunità, lasciando un vuoto enorme. Rimangano nel Paese soltanto i bambini, gli adolescenti e gli anziani. La forza lavoratrice se n'è andata”.

Mons. Lisandro Rivas ha parlato inoltre, delle sfide per la missione della Chiesa. “La Chiesa, che ha sempre accompagnato il popolo, è dalla parte di chi soffre ed è anche espressione di speranza con azioni concrete. Di fronte alla fame, la Chiesa cerca di sfamare rafforzando la solidarietà in modo che le persone possano portare a casa un piatto di minestra. La Caritas si occupa anche della salute con la distribuzione di medicinali e giornate di assistenza medica”.

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Immigrati venezuelani ricevono cibo a Boa Vista, Stato di Roraima, Brasile

La voce dei vescovi Venezolani

“La Chiesa si è sempre pronunciata attraverso comunicati, soprattutto dopo le ultime elezioni, facendo sentire la sua missione profetica da un punto di vista morale ed etico”, sottolinea il vescovo Lisandro. “La Chiesa sta anche cercando di riflettere su come affrontare questa realtà. Una cosa che ci è chiara come pastori è che dobbiamo accompagnare le persone che gridano al cielo implorando giustizia in termini di dignità umana e di diritti fondamentali. Come Chiesa, siamo parte di questo popolo e siamo un segno di speranza. Come pastori, dobbiamo essere con il popolo nei luoghi in cui gridano, a volte davanti alla gente, a volte in mezzo, a volte dietro, per non permettere a nessuno di prendere la strada sbagliata”, ribadisce il vescovo.

Mons. Lisandro vede il futuro del Venezuela incerto e non si sa quando ci sarà un cambiamento nella presidenza. “La missione della Chiesa nei diversi scenari è continuare ad accompagnare le persone che vogliono un'alternativa alla situazione attuale. Le persone che escono a manifestare sono quelle che vivono nelle periferie di Caracas e che prima appoggiavano il ‘chavismo’, ma che oggi stanno subendo le maggiori conseguenze di quanto sta accadendo. Come Chiesa, siamo chiamati a essere discepoli missionari nelle periferie esistenziale come segno di speranza che accompagna il popolo nella ricerca di soluzioni per il bene del Venezuela”, conclude il vescovo.

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Distribuzione di minestra comunitaria a Carapita nella periferia di Caracas.

Ringraziamenti e preghiere

L'ufficio stampa della diocesi di San Cristóbal ha condiviso le parole del vescovo Mario del Valle, che ha incoraggiato la comunità a ricevere il vescovo Lisandro Rivas con affetto e preghiere: “Accoglietelo con affetto, entusiasmo e come figlio di Táchira... Vi chiedo di cuore di pregare per lui e per il suo ministero in questo momento”.

Mons. Lisandro Rivas è il sesto vescovo della diocesi e ha espresso gratitudine al Papa Francesco per la sua nomina: “Il Santo Padre mi ha veramente sorpreso con questa notizia, che mi fa andare incontro alle persone che sono in pellegrinaggio a San Cristóbal”.

Diocesi de San Cristábal

Eretta da Papa Pio XI il 12 ottobre 1922, la diocesi di San Cristobal si trova nello Stato di Táchira, al confine con la Colombia, ed è suffraganea dell'arcidiocesi di Mérida. Durante questi 100 anni di storia ha fondato il Giornale Cattolico, il Seminario San Tommaso d'Aquino, l'Università Cattolica di Táchira, diverse scuole cattoliche e di tre chiese sono state elevate a basiliche minori e 94 parrocchie. Attualmente, la diocesi conta 173 sacerdoti, tra cui diversi religiosi Redentoristi, Agostiniani, Francescani e Domenicani, tra gli altri, e 225 seminaristi. Mons. Juan Alberto Ramírez, è il vescovo ausiliare, dal 2020.

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La celebrazione del centenario della diocesi di San Cristobal nel 2022. Foto: Archivio diocesano

Breve biografia del nuovo vescovo di San Cristóbal

20241103Lisandro2Mons. Lisandro Alirio Rivas, IMC, è nato il 17 luglio 1969 a Boconó, nello Stato di Trujillo. Nel 1985 è entrato nel Seminario Filosofico della Consolata. Al termine del noviziato, ha emesso la professione religiosa il 7 gennaio 1990 a Bucaramanga (Colombia) e il 3 dicembre 1994 la professione perpetua. Nel 1990 ha studiato teologia a Londra (Regno Unito) e il 19 agosto 1995 è stato ordinato sacerdote nella sua città natale ed è partito in missione per il Kenya dove ha lavorato fino 2000; al ritorno in Venezuela è stato responsabile della formazione e rettore del Seminario Filosofico; vice superiore e superiore della propria congregazione; rettore del Seminario Teologico di Bogotá in Colombia; dal 2014 rettore del Pontificio Collegio San Paolo a Roma.

Il 23 dicembre 2021 è stato nominato vescovo titolare di Dardano e ausiliare dell'arcidiocesi metropolitana di Caracas e ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 12 marzo 2022.

Nella Conferenza episcopale venezuelana è direttore dell'Istituto Nazionale di Pastorale (INPAS), membro della Commissione episcopale per la vita consacrata e della Commissione per le missioni, l'indigenismo e gli afroamericani.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Comunicazione Generale, Roma.

La recente canonizzazione di San Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata, è stata motivo di gioia per il mondo missionario. La cerimonia si è svolta il 20 ottobre in Piazza San Pietro in Vaticano, mentre la celebrazione di ringraziamento in Venezuela si è tenuta domenica 27 ottobre nell'archidiocesi di Caracas.

La giornata è stata organizzata congiuntamente dalle Pontificie Opere Missionarie del Venezuela, dal Segretariato di Pastorale Giovanile di Caracas e dai Missionari della Consolata.

Di buon mattino, circa 400 giovani provenienti da varie parrocchie e scuole della capitale si sono riuniti per la 23 Camminata della Gioventù Missionaria, che quest'anno ha cambiato il suo tradizionale percorso –lungo la strada della Montagna di Avila che circonda Caracas– per spostarsi in Plaza Washington del Paraíso e da lì unirsi alla celebrazione della Santa Messa nella parrocchia di Sant’Alfonso Maria de Liguori, El Paraíso, presieduta da Mons. Lisandro Rivas IMC, vescovo ausiliare di Caracas, alla presenza di numerosi parrocchiani. La quantità di persone che hanno seguito la celebrazione era davvero impressionante: pieno fino alla massima capienza perfino il secondo piano della chiesa.

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Intorno alla tavola

La celebrazione ha incluso tradizioni ed elementi che hanno permesso di mostrare il modo di celebrare e vivere la liturgia in altri continenti dove i membri della famiglia fondata dall'Allamano portano il Vangelo.

Alcuni momenti sono stati accompagnati da danze liturgiche, il Padre Nostro è stato recitato in diverse lingue: warao, portoghese, inglese, lingala, swahili e spagnolo, mentre anche i canti erano rappresentativi dei cinque continenti.

Un modello di santità

20241030Venezuela5Il vescovo ha esordito condividendo con i presenti la gioia, la gratitudine e l'entusiasmo “per questo modello di santità. Questo è un giorno di festa perché la consolazione di Dio ha toccato e continua a toccare l'umanità attraverso il sogno dell'Allamano di inviare missionari per evangelizzare fino ai confini della terra”.

Il presule ha ricordato l'importanza di chiedersi cosa chiede oggi la Chiesa a noi battezzati: discernere per aprire il nostro cuore all'universalità seguendo l'esempio e il pensiero dell'Allamano, che ci ricorda di essere prima santi e poi missionari. Dobbiamo “trasformare l'ordinario in straordinario e risplendere come discepoli missionari del Signore”, ha detto.

Il vescovo ha anche parlato del carattere simbolico del miracolo che ha portato Giuseppe Allamano alla santità a favore dell'indio Sorino Yanomami dell'Amazzonia brasiliana. Lui ci ricorda “la predilezione di Dio per i poveri e per coloro che il mondo considera scartati. Loro sono e devono essere l'opzione dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Anche nel Venezuela di oggi i Missionari devono essere testimoni di speranza”.

Per concludere ha fatto riferimento al mese delle missioni; al lavoro di animazione delle Pontificie Opere Missionarie e all'importanza della cooperazione missionaria. Ha sottolineato che la priorità è l'annuncio dove nessuno vuole andare, cioè alle periferie esistenziali.

Con un cuore missionario

Il piemontese Giuseppe Allamano visse dal 1851 al 1926. Da giovane crebbe nell’oratorio di Don Bosco ma a solo ventidue anni era già un giovane sacerdote diocesano con il sogno di andare in missione. Purtroppo la sua salute non era perfetta e, senza mai dimenticare il sogno, dovette impegnarsi in altre cose.

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A 29 anni fu mandato a dirigere il più grande santuario mariano di Torino dedicato alla Madonna Consolata. Lo riportò all'antico splendore e precisamente a partire da lì l’antico sogno delle missioni si trasformò in una grande opera: i Missionari della Consolata, che fondò nel 1901 e, su richiesta di Pio X, nel 1910, anche le Missionarie della Consolata. Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 7 ottobre 1990.

“La sua testimonianza ci ricorda l'attenzione che dobbiamo prestare alle popolazioni più fragili e vulnerabili. Penso in particolare al popolo Yanomami della foresta amazzonica brasiliana, tra i cui membri è avvenuto il miracolo legato all'odierna canonizzazione”, ha detto Papa Francesco parlando dell'Allamano.

La Messa è stata seguita da una condivisione fraterna.

Fonte: PPOOMM Venezuela con informazioni di José Luis Andrade

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Nel paese latinoamericano, tra repressione e commedia

La trasmissione si chiama Con Maduro+ e viene trasmessa tutti i lunedì alle cinque del pomeriggio. Il conduttore è lo stesso Nicolás Maduro, il controverso presidente del Venezuela.

Nella puntata dello scorso 2 settembre Maduro ha fatto un annuncio importante (ma non sorprendente per il personaggio): l’anticipo del Natale 2024 al primo di ottobre. Non è la prima volta che Maduro gioca la carta dell’anticipo delle festività del Natale. Lo aveva fatto anche nel 2020 anticipandole al 15 ottobre e nel 2021, al 4 ottobre.

La mossa ha una doppia valenza: politica (ingraziarsi la popolazione) ed economica (dare una scossa al sistema). Nelle settimane che precedono il Natale, il governo venezuelano è, infatti, solito aumentare aiuti e bonus, ai dipendenti statali attraverso il cosiddetto «aguinaldo» (una sorta di tredicesima), ai più poveri tramite le «cajas Clap», le scatole di alimenti essenziali.

L’annuncio sul Natale è stato dato poche ore dopo un altro, quello del mandato di cattura per Edmundo González Urrutia, il candidato dell’opposizione nelle elezioni dello scorso 28 luglio.

Secondo il Consiglio elettorale nazionale (Cne), le elezioni sarebbero state vinte da Maduro, mentre secondo l’opposizione e gran parte della comunità internazionale il vincitore (con ben il 67 per cento dei voti) è Edmundo González. Questi, lo scorso 7 settembre, ha lasciato il Paese latinoamericano e chiesto asilo politico in Spagna.

«Particolarmente preoccupante – ha scritto in uno dei suoi messaggi la Conferenza episcopale venezuelana (Cev) – è la persecuzione a cui sono sottoposti i rappresentanti dei seggi elettorali, comunicatori sociali, il candidato più votato e leader dell’opposizione, in palese contraddizione con i principi di pluralismo politico e di indipendenza dei poteri pubblici garantiti dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica».

Nelle settimane successive alle elezioni il governo ha represso con forza le proteste mettendo in carcere almeno duemila persone, tra cui anche molti minori. Le aspettative sono diventate più cupe con la nomina, lo scorso 27 agosto, di Diosdado Cabello Rondón, politico potente e temuto, a ministro dell’Interno (della Giustizia e della Pace, secondo la denominazione completa).

Il suo operato è iniziato con la scoperta di un presunto complotto straniero per assassinare Maduro e rovesciare il regime. L’operazione ha comportato l’arresto – lo scorso 14 settembre – di sei persone: tre statunitensi, due spagnoli e un ceco. Il ministro venezuelano ha accusato i servizi segreti degli Stati Uniti (la Cia) e della Spagna (il Cni).

È in questo clima avvelenato che Maduro ha anticipato il Natale: «È arrivato per tutti e tutte con pace, felicità e sicurezza», ha detto il presidente. I suoi (tanti) oppositori hanno risposto con amara ironia: «Por una Navidad sin Maduro». Al momento, un Natale senza Maduro sembra, però, nulla più che una mera speranza.

* Paolo Moiola è giornalista, rivista Missioni Consolata. Pubblicato  originalmente in: www.rivistamissioniconsolata.it

Il Consiglio elettorale nazionale (Cne), organo presieduto da un alleato del presidente del Paese, ha riferito che Nicolás Maduro ha vinto le elezioni tenutesi domenica, 28 luglio, ed è stato rieletto con il 51,2 per cento dei voti, contro il 44 per cento del suo avversario, Edmundo González. L'opposizione, tuttavia, contesta i risultati, denuncia i brogli e sostiene che González ha vinto con il 70 per cento.

I Paesi latinoamericani annunciano una riunione di emergenza dell'OSA (Organizzazione degli Stati Americani), mentre Stati Uniti e UE chiedono i tabulati dei voti per il sospetto che i voti non rispecchino la vera volontà del popolo venezuelano. Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha chiesto un incontro con il Presidente Luiz Inácio Lula da Silva per discutere sull’elezioni in Venezuela.

Una vittoria e una rielezione contestate, quelle di Nicolás Maduro, al terzo mandato consecutivo della presidenza del Venezuela, secondo i dati comunicati dal Consiglio elettorale nazionale (Cne), ha ottenuto il 51,2 % dei voti. Immediata la reazione dell’opposizione, che confidava di porre fine a 25 anni di governo chavista, e che ha denunciato irregolarità e intimidazioni. La leader dell’opposizione, María Corina Machado, interdetta a ricoprire incarichi pubblici e politici per i prossimi 15 anni, afferma che il proprio candidato, Edmundo González Urrutia, accreditato ufficialmente al 44,02 per cento, ha in realtà ottenuto il 70 per cento delle preferenze.

Manifestazioni

Lunedì, 29 luglio, i manifestanti anti-Maduro sono scesi in piazza per protestare contro i risultati delle elezioni. Decine di persone sono state arrestate nelle ultime ore per aver partecipato ad azioni "criminali" e "terroristiche" in Venezuela, ha dichiarato il presidente Nicolas Maduro, che ha attribuito la responsabilità di questi eventi al maggior partito di opposizione.

Per questo, Maduro ha annunciato la sospensione temporanea dei voli commerciali tra il Venezuela e Panama e la Repubblica Dominicana a partire dalla serata di mercoledì. Lo rende noto l'Istituto nazionale venezuelano di aeronautica civile, indicando che la decisione è stata presa contro "l'ingerenza di questi Paesi nella sovranità venezuelana".

Espulsione del corpo diplomatico di sette Paesi

Sempre nella giornata di lunedì 29 luglio, il governo di Nicolás Maduro ha espulso l'intero corpo diplomatico di sette Paesi: Argentina, Cile, Costa Rica, Perù, Panama, Repubblica Dominicana e Uruguay.

La lettera di espulsione è stata pubblicata dal ministro degli Esteri venezuelano, Yván Gil Pinto. Egli afferma che il Paese “rifiuta le azioni e le dichiarazioni di un gruppo di governi di destra, subordinati a Washington e apertamente impegnati nelle sordide ideologie del fascismo internazionale” e che questo gruppo vuole ignorare il risultato delle elezioni tenutesi domenica, 28 luglio.

Finora, tra i paesi che hanno contestato i risultati elettorali ci sono Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Spagna, Italia, Ecuador, Perù, Colombia, Guatemala e Portogallo.

Invece, tra i Paesi che si sono congratulati con Nicolás Maduro per il risultato elettorale figurano Russia, Cina, Iran, Honduras, Bolivia, Qatar, Cuba e Nicaragua.

Considerato un attore chiave nel processo di monitoraggio delle elezioni, il Brasile farà una dichiarazione ufficiale in una nota congiunta con Messico e Colombia. Il governo brasiliano ha difeso la divulgazione dei dati suddivisi per seggio elettorale come “un passo indispensabile per la trasparenza, la credibilità e la legittimità dei risultati elettorali”. Se i verbali elettorali non saranno resi noti, il governo brasiliano si troverà di fronte a un “impasse” per decidere se riconoscere o meno l'elezione di Maduro.

L'opposizione ha accusato l'ente elettorale nazionale di aver nascosto i verbali per truccare i risultati delle elezioni. Il gruppo di opposizione, che si è riunito intorno alla candidatura di Edmundo González, ha sostenuto che gli exit poll hanno mostrato che González ha battuto Maduro in maniera netta.

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I Paesi latino americani chiedono una riunione urgente

Richieste di trasparenza sui risultati elettorali sono pervenute anche da molti altri leader di Paesi latinoamericani, dal Cile all’Argentina al Costa Rica, con il Perú che ha richiamato il proprio ambasciatore da Caracas. Nove i Paesi del centro e sud America che, in una dichiarazione congiunta, hanno espresso la loro profonda preoccupazione per lo svolgimento delle elezioni presidenziali in Venezuela, e chiesto una revisione completa dei risultati elettorali nonché una riunione urgente dell'Organizzazione degli Stati Americani.

Le reazioni di Usa e Unione Europea

“Serie preoccupazioni” che il risultato annunciato non rifletta la volontà del popolo venezuelano sono state manifestate anche per gli Stati Uniti, nelle parole del segretario di Stato, Antony Blinken e del portavoce della sicurezza nazionale americana John Kirby, che ha chiesto al governo di Caracas di diffondere i tabulati delle elezioni. Un aspetto messo in risalto anche dall’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera, Josep Borrell, che sui propri canali social ha chiesto che venga assicurata “piena trasparenza” sull’esito del voto: “Il conteggio dettagliato dei voti" e "l’accesso" ai registri elettorali dei seggi sono "di vitale importanza”, ha evidenziato.

Nota della Presidenza della Conferenza Episcopale Venezuelana

“Questo 28 luglio è stato caratterizzato dalla partecipazione massiccia, attiva e civica di tutti i venezuelani al processo elettorale. In questo modo abbiamo ratificato la nostra vocazione democratica.

Come pastori del Popolo di Dio, stiamo seguendo con attenzione lo sviluppo degli ultimi eventi e vogliamo esprimere a tutti la nostra vicinanza e la nostra disponibilità a fornire un accompagnamento pastorale in questi momenti di preoccupazione. Restiamo saldi nella speranza.

Le nostre riflessioni e le nostre giuste richieste devono essere fatte con gli atteggiamenti pacifici di rispetto e tolleranza che hanno prevalso finora. Uniamo la nostra voce a quella di tutti coloro che, all'interno e all'esterno del Venezuela, chiedono un processo di verifica dei registri di voto, a cui partecipino attivamente e pienamente tutti gli attori politici coinvolti”, dichiarano i vescovi.

L'Organizzazione degli Stati americani (OSA) ha dichiarato martedì (30) di non riconoscere il risultato delle elezioni presidenziali annunciato dalla giustizia elettorale venezuelana, che indica la vittoria del presidente del Paese, Nicolás Maduro. In un rapporto redatto dagli osservatori che hanno monitorato le elezioni, l'OSA afferma che ci sono prove che il governo di Maduro ha falsato il risultato.

I sospetti di brogli circondano ancora una volta le elezioni venezuelane, come nel 2018. L'organizzazione di queste elezioni presidenziali è stata concordata segretamente tra gli Stati Uniti e il chavismo in Qatar come un modo per riportare il Paese alla normalità democratica. In cambio della revoca delle sanzioni da parte di Washington e del rilascio di alcuni prigionieri, Maduro si è impegnato a organizzare elezioni libere e competitive alle quali l'opposizione avrebbe potuto partecipare in condizioni di parità.

* Segretariato per la Comunicazione IMC con informazioni dei media internazionali.

Prima di tutto vogliamo essere grati a Dio, alla Chiesa e ai Missionari della Consolata; la gratitudine è la nostra prima parola a Dio e alla Chiesa per aver suscitato e sostenuto la Famiglia Missionaria della Consolata, poiché, grazie alla presenza di padri e sorelle, è stato possibile questo processo semplice ma profondo dei Missionari Laici.

Grazie anche per la vostra permanenza in Venezuela, quando molti hanno deciso di prendere altre strade la Famiglia della Consolata ha scelto invece di rimanere nel Paese, al servizio di settori più vulnerabili. Il Signore e la storia lo riconosceranno.

Storia di un cammino

I Missionari Laici della Consolata hanno le loro origini nel lavoro di Animazione Missionaria, che entrambi gli istituti hanno intrapreso negli anni '80, attraverso l'animazione dei movimenti giovanili nelle parrocchie, nelle scuole e nel servizio di accompagnamento all'interno delle Opere Missionarie Pontificie, da cui sono nati il servizio giovani e la staffetta missionaria. La maggior parte di noi proviene da questo processo e ha conosciuto così la missione e la Consolata nel suo carisma missionario ad gentes.

Nel 1987, nel loro VIII Capitolo Generale, questi hanno aperto ai laici la possibilità di condividere la missione nei territori loro affidati, e allo stesso tempo le Suore della Consolata hanno aperto la strada per condividere la loro spiritualità. Per i laici venezuelani era giunto il momento di fare una sintesi di entrambe le visioni e così è nata la Comunità dei Missionari Laici della Consolata del Venezuela.

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Gruppo di LMC durante la visita canonica con il padre James Lengarin a Caracas nel dicembre 2022

Al servizio della missione ad gentes

Storicamente le nostre comunità hanno voluto rispondere alla chiamata di annunciare il Vangelo nei luoghi dove questo annuncio è necessario. Così abbiamo avuto la grazia di servire in diverse destinazioni missionarie. Ci sono state esperienza nella Repubblica Democratica del Congo, in poi anche in Mozambico, Messico, Ecuador, oltre a territori dello stesso Venezuela come a Barquisimeto e Caracas e nell’Amazzonia (Tencua, Puerto Ayacucho, Alto Orinoco, Tucupita e Nabasanuka).

La nostra disposizione rimane aperta nella misura in cui le nostre comunità possono rinnovarsi con nuovi membri, e per questo è fondamentale dare nuovamente risalto alla pastorale giovanile e ad altre attività pastorali di carattere missionario e che mettono in evidenza il carisma.

In questo momento possiamo dire che stiamo facendo piccoli passi per stabilire una struttura di base e un rinnovamento che ci guiderà attraverso un progetto formativo e pastorale aggiornato con una attenzione tanto verso coloro che hanno espresso il loro impegno di diventare una famiglia di 17 Missionari Laici della Consolata, come verso coloro che sono in un cammino di animazione, accompagnamento e formazione.

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 "Sogniamo di promuovere la nostra vocazione laicale in tutte le presenze missionarie della Consolata in Venezuela"

Il lavoro ecclesiale è ampliato e unificato dalle tante persone, giovani e amici della Consolata che vivono nelle diverse missioni IMC, e che sono una fonte di grazia per lo sviluppo e l'arricchimento della famiglia della Consolata.

Cooperare con l'Animazione Missionaria

Fin dall'inizio, la nostra comunità è stata motivata a collaborare con le presenze IMC e con altre istanze come:

  1. Animazione missionaria a Caracas e Barquisimeto. Nelle scuole e nelle parrocchie.
  2. Nei media con il programma Ondas misioneras (Onde missionarie).
  3. Nelle Scuole del Perdono e della Riconciliazione (ESPERE).
  4. In collaborazione con gli amici della Consolata.

Altri impegni

A livello personale e professionale siamo impegnati individualmente in vari ambiti ecclesiali in cui cerchiamo di essere presenti con il nostro carisma della Consolata come nell’Associazione Venezuelana di Educazione Cattolica (AVEC); nella Associazione per la Promozione dell'Educazione Popolare (APEP); e nella Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM).

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 La participazione dei LMC alla IX Conferenza: Fátima Contreras, Roger Quiñones e Damari Mujica. Fonto: Beni Kapala

Sogni dei laici per il futuro

L'opportunità di partecipare alla IX Conferenza della Delegazione dei Missionari della Consolata in Venezuela (Barquisimeto, dal 8 al 12 luglio) è stata una occasione per sognare il futuro che è nelle mani di Dio e nel cuore di tutti. Sogniamo di poterci incontrare a livello nazionale per rinnovare e progettare il nostro cammino di famiglia laica in Venezuela.

Sogniamo di promuovere la nostra vocazione laicale in tutte le presenze missionarie della Consolata in Venezuela per rafforzare la nostra Chiesa, la famiglia della Consolata e il carisma.

Sogniamo di continuare a camminare insieme, LMC e Missionari della Consolata, con maggiore apertura, accoglienza e fraternità. Comprendiamo e valorizziamo il lavoro che possiamo realizzare in una missione, sappiamo di poter contribuire arricchendoci reciprocamente nella vita quotidiana, nella vita comunitaria, nella spiritualità e nella formazione.

Sogniamo anche un rinnovamento degli impegni missionari ad gentes.

* Laici Missionari della Consolata in Venezuela.

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