Dal 14 al 16 febbraio, il Centro Indigeno di Formazione e Cultura Raposa Serra do Sol (CIFCRSS) ha accolto la popolazione delle quattro regioni che compongono la Terra Indigena Raposa Serra do Sol (TI RSS) nello Stato di Roraima, in Brasile, per fare memoria del loro cammino e celebrare San Giuseppe Allamano. Il centro è una scuola situata nella comunità indigena Barro, nella regione Surumu, un luogo simbolico della resistenza indigena.

Il 14 e il 15 si è svolta la “Giornata con l'Allamano”, durante la quale i missionari e i catechisti hanno presentato riflessioni sulla vita di San Giuseppe Allamano, con l'obiettivo di alimentare la fede e rinvigorire la speranza per assumere con maggiore impegno e zelo la missione che il Signore ci ha affidato.

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La giornata è iniziata con la Santa Messa presieduta da padre Luiz Carlos Emer della missione di Maturuca, che, ispirandosi alla liturgia del giorno, ha presentato l'Allamano come una persona preoccupata della fame di Vangelo nel mondo. “Di fronte a questa fame, non si è lasciato sconfiggere dalla fragilità della sua salute e, pur non potendo lasciare l'Italia, ha creduto di poter collaborare a soddisfare la fame del mondo. San Giuseppe Allamano continua a distribuire pane e pesce agli affamati di oggi attraverso i missionari che vengono inviati in tutto il mondo come portatori della Buona Novella”.

Chi è San Giuseppe Allamano?

La vita di San Giuseppe Allamano è stata presentata da padre Julius Masere, missionario keniota che opera nella regione Raposa, insieme al seminarista congolese, Tamwele Severin, studente di teologia a San Paolo. “L'Allamano è come un granello di senape. Così piccolo, quasi insignificante. 'Fai del bene, ben fatto e in silenzio', era uno dei suoi motti. Il seme gettato nel terreno attraverso il dono di sé e la fiducia incrollabile in Dio è germogliato e oggi l'albero dà rifugio a molti uccelli, portando la Consolazione ai pellegrini di questo mondo in 35 Paesi di quattro continenti”.

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Padre Luiz Carlos Emer, missionario a Maturuca

Padre James Murimi, che lavora nella Missione di Maturuca, ha parlato di “Giuseppe Allamano e la missione”, invitando l'assemblea a contemplare l'immagine del santo, che, ha detto, “mostrava uno sguardo sereno ma penetrante”.

Popoli indigeni

Per contestualizzare il percorso storico dei popoli indigeni seguiti dai missionari e delle missionarie della Consolata, il leader del popolo macuxi, Jacir José de Souza e la catechista, Deolinda Melchior da Silva hanno presentato il tema: “L'Allamano tra i popoli indigeni”. Jacir è uno dei maggiori leader indigena di Roraima. Con il sostegno dei missionari della Consolata, insieme ad altri leader, ha iniziarono la lotta per la demarcazione del loro territorio.  Nella sua missione, Jacir ha viaggiato per il mondo portando il grido dei popoli indigeni contro la violenza e la discriminazione.

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Il leader del popolo macuxi, Jacir José de Souza

Durante i suoi viaggi, ha avuto la grazia di essere ricevuto in udienza da due pontefici: San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. La lotta iniziata nel 1977 è durata fino al 2005, quando la demarcazione del territorio è stata finalmente ratificata con un decreto del Presidente della Repubblica, Luiz Inácio Lula da Silva. Oggi, con un cuore profondamente grato, Jacir già anziano, continua a formare nuovi leader, trasmettendo loro la storia della lotta e della conquista del territorio. “I missionari sono stati gli unici compagni fedeli che ci hanno sostenuto, soprattutto nei momenti decisivi della nostra storia”, ha sottolineato Jacir.

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La catechista, Deolinda Melchior da Silva

Deolinda Melchior da Silva è la prima donna indigena a essere istituita catechista dalla Conferenza episcopale brasiliana nell'aprile 2024. La catechista ha espresso gratitudine a Dio per la presenza di “questi uomini (missionari) che sono venuti da così lontano per annunciare il Vangelo”, ha detto, chiedendo la collaborazione di tutti per rendere più efficace il lavoro missionario.

Il miracolo di Sorino Yanomami

Attraverso San Giuseppe Allamano, Dio ha visitato i popoli indigeni in un modo singolare. Il tema “San Giuseppe Allamano e il miracolo” è stato presentato dall'insegnante Ingrid de Souza Menandro, catechista e coordinatrice dei catechisti della TI RSS. Ingrid ha raccontato come l'indigeno Sorino sia stato guarito dopo essere stato attaccato e gravemente ferito da un giaguaro nel 1996. Le missionarie della Consolata pregarono Dio per la sua guarigione con la novena al Beato Allamano. Sorino guarì miracolosamente e 30 anni dopo conduce una vita normale, senza conseguenze, nella sua comunità di Catrimani. Questo miracolo, riconosciuto dalla Chiesa, ha aperto il cammino per la canonizzazione di Giuseppe Allamano avvenuta il 20 ottobre 2024 a Roma.

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Ingrid de Souza Menandro, catechista e coordinatrice dei catechisti della TI RSS

Messa di ringraziamento

Il 16 febbraio, la Santa Messa di ringraziamento per la canonizzazione di San Giuseppe Allamano è stata presieduta da Mons. Evaristo Spengler, OFM, vescovo di Roraima, e concelebrata da Mons. Zenildo Luiz Pereira da Silva della diocesi di Borba, oltre che dalla maggior parte dei padri della Consolata che operano nel territorio indigeno RSS. Erano presenti due seminaristi della Consolata, Wilbroad Akampurira e Tamwele Séverin, e Djavan André da Silva della comunità di Maturuca, che sarà ordinato diacono della Chiesa di Roraima in aprile.

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 Mons. Evaristo: “Dio ha amato ciascuno di voi e ora vi manda in missione”

Surumu è un luogo di grande importanza storica per i popoli indigeni. Mons. Evaristo ha ricordato che nel 2005, sono stati bruciati la chiesa, la casa delle Suore e l'ospedale, in rappresaglia per l'omologazione della Terra Indigena RSS. “Stiamo quindi celebrando in questo luogo la resistenza dei popoli indigeni nella lotta per la liberazione della terra ereditata dagli  antenati. Questo luogo è anche un punto di forte alleanza tra la Chiesa e i popoli indigeni nella lotta per il loro pieno diritto a questa terra Raposa Serra do Sol”, ha detto il vescovo. È anche importante ricordare il giorno storico in cui i popoli indigeni, hanno fatto un'opzione preferenziale per la comunità dicendo no alla bevanda alcolica. Il 26 aprile 1977 è stato registrato come il “giorno della decisione” (ou vai ou racha).

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Con sguardo sereno e voce ferma, Mons. Evaristo rifletteva: “Dio vi ha amato. Dio ha amato ciascuno di voi e ora Dio vi manda in missione. Come Vescovo di questa diocesi, voglio ringraziare molto per la presenza dei missionari della Consolata. Le missionarie oggi, non sono qui, ma le ringrazio ugualmente per il lavoro che hanno fatto e stanno facendo nella nostra diocesi”.

La terra di Makunaima ha tante storie da raccontare. Come nella storia del roveto ardente (Es 3,2), quando si arriva qui bisogna togliersi i sandali perché questa è terra santa. Il messaggio del Vangelo permea la storia di questo popolo, segnata da lotte e resistenze. “Il metodo di evangelizzazione assunto dai missionari è il metodo dell'incontro che implica l'apprendimento della lingua e il rispetto alla cultura. Che il Vangelo trasformi la vita minacciata in una vita più dignitosa, una vita rispettata e valorizzata. Fin dall'inizio i missionari e le missionarie della Consolata hanno avuto questa chiarezza e hanno fatto questa opzione molto esplicita per le popolazioni indigene”, ha detto il vescovo. “Il riconoscimento del miracolo compiuto attraverso San Giuseppe Allamano della guarigione di Sorino Yanomami è un segno forte che Dio sta benedicendo la missione dei missionari della Consolata e conferma che questa è la strada da seguire”.

* Padre Victor Mbesi Wafula, IMC, missionario nella Tarra Indigena RSS a Roraima.

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Padre Victor Mbesi Wafula e padre James Njimia Murimi

È stata significativa la partecipazione di molti laici e laiche, amici della famiglia Consolata provenienti da tutto il mondo, agli eventi per la canonizzazione di Giuseppe Allamano a Roma e a Torino. Condividiamo la testimonianza di Lenir Rodrigues, una insegnante che faceva parte della delegazione di Roraima.

“Sono una pellegrina di Roraima, dove è avvenuto il miracolo attribuito al nostro Padre Fondatore Giuseppe Allamano. Ho vissuto la mia infanzia nel comune di Mucajaí, dove è morto annegato padre Ricardo Silvestre, uno dei primi missionari della Consolata (arrivati a Roraima) e fondatore della chiesa di Nostra Signora di Fatima”, ricorda la signora Rodrigues. “I missionari della Consolata sono arrivati a Roraima il 14 giugno 1948, nell'allora Territorio (prima che diventasse uno Stato del Brasile). Tutta la nostra formazione adolescenziale e giovanile è stata fatta dai Missionari e delle Missionarie della Consolata, che hanno lasciato grandi contributi al nostro Stato”, dice con gratitudine e ricorda alcuni nomi importanti.

“Suor Maria Evelia, suor Maria Costa, padre Luis Palumbo, padre José Galantino, monsignor Aldo Mongiano, padre Lírio Girardi e tutti gli altri, hanno dato un grande contributo ai giovani di Roraima. Oggi sono una insegnante e difensora pubblica (avvocato d'ufficio) e sono grata di partecipare a questa canonizzazione del nostro Padre e Fondatore qui a Roma”.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione, Roma.

Il Centro di Formazione e Cultura Indigena presso l'ex Missione IMC di Surumu a Roraima, nord del Brasile, ha ospitato un incontro per lanciare la seconda parte del progetto “Bem Viver” (Vivere Bene) per le comunità della riserva indigena Raposa Serra do Sol (Ti Rss).

All'incontro tenutosi dal 10 al 13 aprile, ha partecipato il responsabile del progetto e presidente dell'ONG Terra Brasilis, il dottor Reinaldo Francisco Lourival, che da oltre cinque anni lavora con le popolazioni indigene sul tema della gestione del bestiame (allevamento bovini).

I partecipanti erano più di cento persone, tra i quali i coordinatori delle quattro regioni della Ti Rss cioè Surumu, Serras, Baixo Cotingo e Raposa; i coordinatori del progetto M+ Bestiame (Progetto: Una mucca per l'Indio), i leaders Tuxauas, le persone allevatori di bestiame e i giovani che si stanno preparando ad assumere la gestione di bestiame nelle loro comunità. Erano presenti anche alcuni giovani tecnici del settore zootecnico e altri giovani studenti indigeni del Centro di Formazione che si stanno formando nelle tecniche agricole.

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I participanti all'incontro di formazione presso l'ex Missione IMC di Surumu dove nel 2005 furono bruciate la chiesa, la scuola e il centro di salute in uno degli attacchi dagli invasori.

La prima parte del progetto “Vivere Bene”, della durata di cinque anni, aveva l'obiettivo di costruire alcune strutture e offrire assistenza tecnica per il miglioramento genetico dei bovini. In questo incontro è stata presentata la seconda parte del progetto, che durerà anch'essa altri cinque anni. Lo scopo ora sarà quello di continuare con l'assistenza tecnica per migliorare la qualità e la produzione delle mandrie, ma anche di iniziare a studiare la possibilità di coordinamento tra le quattro regioni del territorio per creare una cooperativa al fine di ridurre i costi di gestione e massimizzare i ricavi della vendita di bovini che devono essere abbattuti per rinnovare continuamente le mandrie.

Nilo Batista André, Il coordinatore del progetto M+ Bestiame nella regione di Serras, ha sottolineato l'importanza del progetto “Vivere Bene”, e ha ricordato che il progetto “M+” ha già compiuto 44 anni di esistenza ed è arrivato come un dono di Dio alle popolazioni indigene attraverso i missionari e la Chiesa di Roraima. Questo ha garantito la conquista e la difesa del territorio, nonché la sicurezza alimentare e finanziaria della popolazione locale. Nilo Batista André ha tuttavia rimarcato come questo progetto ha incontrato qualche difficoltà nel suo mantenimento e crescita, con un conseguente calo del numero di capi di bestiame".

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Nilo Batista ha inoltre spiegato che il progetto, con la sua proposta di miglioramento genetico delle mandrie, "oltre a migliorare la qualità del bestiame, ha incoraggiato i giovani indigeni a studiare e a formarsi come medici e tecnici veterinari per poter assumere questo ruolo, portando il nostro bestiame a un livello più professionale e produttivo".

Circa il 60% della popolazione ha meno di 15 anni, una garanzia per il futuro che, allo stesso tempo, comporta delle sfide.

Commentando sull’incontro di questi giorni, il giovane indigeno Ronison Caetano Pereira, della regione di Serras, ha valutato l'iniziativa come "un'ottima formazione per lui che già lavora con il bestiame nella sua comunità". Questo progetto "apre nuove prospettive con la possibilità di migliorare geneticamente la mandria e permetterà di pianificare meglio la gestione dell'allevamento di bovini nella nostra comunità, che al momento soffre di una prolungata siccità".

La presenza dei missionari della Consolata

Motivati dal carisma ad gentes e con una metodologia che unisce evangelizzazione e promozione umana, i missionari della Consolata sono presenti in Roraima dal 1948, ma solo nel 1971 hanno scelto una chiara opzione per i popoli indigeni. Nel 1972 hanno iniziato a vivere nei villaggi della Ti Rss, in mezzo alla gente. Un cambiamento nello stile di evangelizzazione. Da una prospettiva meramente sacramentale, succube dei poteri forti del latifondo, a una pastorale profetica e liberatrice vissuta a fianco delle popolazioni indigene.

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La svolta fondamentale nella lotta per la liberazione del territorio è stato l’impegno «Ou vai ou racha» (o tutto o niente) quando gli indigeni, il 26 aprile 1977, riuniti a Maturuca, un villaggio a 320 km da Boa Vista, decisero di dire «no alla bevanda alcolica, sì alla comunità» avviando il processo di organizzazione che culminò nella creazione del Consiglio indigenista di Roraima (Cir). Un impegno che comprendeva la lotta all’invasione dei ricercatori d’oro (garimpeiros) e degli agricoltori non indigeni. Questo processo è il risultato di una serie di assemblee iniziate nel 1977 proprio nell'ex Missione di Surumu, dove si è svolto l'incontro in questi giorni. Molto probabilmente è per questo che nel 2005, nella stessa missione di Surumu furono bruciate la chiesa, la scuola e il centro di salute in uno degli attacchi orchestrati dagli invasori.

Un grande impulso alla causa indigena è stato dato dal successo del progetto “Una mucca per l’indio”, lanciato nel 1980, che prevedeva l’affidamento ad ogni comunità di 52 bovini e che, a sua volta, si impegnava, dopo cinque anni, a consegnare a un’altra comunità altrettanti capi di bestiame. Questa iniziativa sostenuta dalla Chiesa cattolica e da tanti altri benefattori ha contribuito a creare degli allevamenti comunitari di oltre 30.000 bovini e anche  se negli ultimi anni ha visto un calo nel numero di animali.

Nella Ti Rss, una area di 1,7 milioni di ettari (pari alla regione Lazio, ndr) vivono oltre 20mila indigeni Macuxi, Wapichana, Taurepang, Ingaricó e Patamona. Il progetto del bestiame contribuisce strategicamente all'occupazione e alla protezione del territorio, dichiarata «protetta», cioè ad uso esclusivo degli indigeni, nel 2005, dal presidente Lula da Silva. Ma gli invasori non indigeni rappresentano tuttora una minaccia all’autonomia e alla dignità delle popolazioni indigene.

* Padre Luiz Carlos Emer, IMC, missionário em Maturuca, na TIRSS em Roraima.  

Davi Kopenawa, lo sciamano e portavoce del popolo Yanomami, ha lasciato la grande casa collettiva nell’Amazzonia brasiliana con una missione importante: portare l’appello dei popoli della foresta agli abitanti della foresta di pietra. «L’uomo bianco delle merci non ci ascolta. Abbiamo bisogno di lanciare le parole come una freccia per toccare il cuore della società non indigena», dice Kopenawa, sapendo bene che chi comanda non ascolta.

Nella sua agenda in Italia, mercoledì 10 aprile, a Roma, il leader indigeno noto a livello internazionale per il suo impegno nella protezione dell’Amazzonia si è incontrato in privato con Papa Francesco, un alleato importante. «Ho chiesto al Papa di aiutare il presidente Lula a rimuovere tutti gli invasori, i cercatori d’oro (garimpeiros) e gli sfruttatori delle terre indigene», spiega Davi ai giornalisti rivelando di aver scritto una lettera a Francisco nel 2020 e che da tempo desiderava parlare con lui.

A questo incontro - avvenuto grazie alla collaborazione con il vaticanista Raffaele Luise  -, Kopenawa è stato accompagnato da fratel Carlo Zacquini, missionario della Consolata a Roraima, in Brasile, suo amico e braccio destro da 50 anni, responsabile assieme alla fotografa e attivista Claudia Andujar per la campagna del 1979 a favore della demarcazione del territorio Yanomami, avvenuta nel 1992.

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Stretta di mano tra Papa Francesco e Davi Kopenawa. L'udienza privata si è tenuta in Vaticano mercoledì 10 aprile 2024.  Foto: Vatican Media

David ha già dimostrato in diverse occasioni la sua profonda conoscenza delle minacce per l’intera umanità: salvaguardare la foresta e i suoi abitanti è fondamentale per garantire l’esistenza stessa della nostra Casa comune. Tra le maggiori minacce per i territori indigeni, Kopenawa elenca la contaminazione dell’acqua per l’uso criminale del mercurio (per separare l’oro dal resto, ndr) da parte dei minatori; l’ingresso di allevatori di bestiame con l’appoggio dei governi di tutto il mondo che comprano carne, così come l’espansione della coltivazione della soia sotto la pressione della Cina che ne richiede sempre di più. «La foresta brucia, la terra si esaurisce, gli uccelli, gli animali, i pesci muoiono e il nostro popolo si ammala. Forse qui voi siete protetti da questo, ma ci sono altre malattie», avverte lo sciamano.

Il leader Yanomami ha già scritto due libri in collaborazione con l'antropologo francese Bruce Albert: "La caduta del cielo" (2015) e "Lo spirito della foresta" (2023), entrambi tradotti in italiano. Gli autori presentano una visione dei popoli indigeni e della protezione dell’ambiente. “Il loro pensiero e la loro pratica quotidiana sono in perfetto equilibrio con tutte le forme di vita, visibili e invisibili”.

Davi Kopenawa è presidente dell'Associazione Hutukara Yanomami e ritiene che il nuovo ministero dei Popoli indigeni e la Fondazione nazionale dei popoli indigeni (Funai), entrambi diretti per la prima volta da due donne indigene, Sonia Guajajara e Joenia Wapichana, «hanno bisogno di risorse per proteggere il popolo Yanomami, costruire posti di sorveglianza e per delimitare e riconoscere le terre indigene». Negli ultimi anni, soprattutto sotto la presidenza di Jair Bolsonaro, le risorse sono state tagliate, rendendo impossibile il lavoro.

Il popolo Yanomami conta circa 42mila persone, tra Brasile e Venezuela. Si stima che nel 2023 fossero oltre 20mila i garimpeiros nelle loro terre. Entrano illegalmente nella foresta, tagliano alberi, scavano buche enormi, usano pompe idrauliche, avvelenano i fiumi.

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Davi Kopenawa con il fratel Carlo Zacquini, IMC, durante conferenza stampa nella sede della Radio Vaticana a Roma.

All’inizio dell’anno 2024, sono state diffuse immagini dove si vedevano bambini yanomami malnutriti, uguali o addirittura peggiori di quelle del 2023. Poco più di un anno dopo l’azione delle forze federali brasiliane la Terra yanomami affronta ancora la crisi dell’estrazione mineraria illegale, della fame e della salute. Finora tutto è stato vano. «Molte volte abbiamo richiesto di rimuovere gli invasori dalle nostre terre, di prevenire la deforestazione e l’inquinamento dei fiumi, ma non ci ascoltano perché non sono nostri "parenti" (indigeni come noi, ndr). Abbiamo pochi amici. I politici ascoltano solo la voce del denaro, del mercato. Papa Francesco è diverso. Lui è figlio di Dio e non può mentire. Come leader, non può promettere e non fare», dichiara Davi mostrandosi fiducioso.

Nella lotta per la protezione del Pianeta, la sintonia tra Davi Kopenawa e il Papa Francesco è grande. Ricordando che il Pontefice nel 2015, nell’enciclica Laudato si’ affermava: «La molteplice distruzione della vita umana e ambientale, le malattie e l’inquinamento di fiumi e terre, l’abbattimento e l’incendio di alberi, la massiccia perdita della biodiversità, la scomparsa delle specie, costituiscono una cruda realtà che chiama in causa tutti. La violenza, il caos e la corruzione dilagano. Il territorio è diventato uno spazio di scontri e di sterminio di popoli, culture e generazioni» (LS 23). La preoccupazione con la cura del Creato da parte di Francesco è stata anche dimostrata con la realizzazione del Sinodo per l’Amazzonia nel 2019 e nei suoi vari interventi e documenti.

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Kopenawa apprezza lo sforzo di Francesco, ma osserva che «molte persone sono contro la protezione dell’ambiente perché i grandi imprenditori non vogliono sentire quello che lui dice sulla foresta amazzonica, che è in pericolo. Loro cercano le ricchezze. Io sono per l’ambiente. Se non fosse per gli indigeni, la foresta non ci sarebbe più. Noi Yanomami ci prendiamo cura del polmone del pianeta. Ma questo ai politici, ai fazendeiros, ai garimpeiros non interessa. E l'esercito li sostiene. Dicono che la Terra indigena yanomami (Tiy) sia troppo grande per pochi indigeni, ma non si rendono conto che noi stiamo proteggendo l’intero pianeta».

La Tiy include un’area estesa oltre 9 milioni di ettari nel Nord del Brasile. In questa regione, i fiumi sono preziosi canali di comunicazione che uniscono le diverse comunità. Fu a monte del fiume che i missionari della Consolata italiani, Giovanni Calleri e Bindo Meldolesi fondarono, nel 1965, la Missione Catrimani, a 250 chilometri da Boa Vista, capitale di Roraima. Nel corso degli anni, la coesistenza di Yanomami con i missionari ha contribuito a rafforzare un modello di missione basata sul rispetto e il dialogo, nella difesa della vita, della cultura, del territorio e della foresta. Tre missionari e quattro missionarie della Consolata sono attualmente impegnati nella Missione Catrimani. Mentre, da Boa Vista, all’età di 87 anni, fratel Carlo Zacquini, instancabile, continua a sostenere la causa di Davi Kopenawa, degli Yanomami e della foresta amazzonica.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Segretariato Generale per la Comunicazione.

Di seguito un estratto dell'intervista al leader indigeno Kopenawa e al Fratel Carlo Zacquini (Radio Vaticana)

"Orinoco" e Luisinho si incontrano al di là dei confini. A Roraima, nel nord del Brasile, non sono poche le strade, i monumenti o le scuole che sono state titolate a missionari che hanno lavorato in questa diocesi. Come esempi possiamo citare i padri Eugenio Possamai e Giovanni Calleri. Ma oggi possiamo anche annoverare il padre Luigi Palumbo (Luisinho) a cui è dedicata una “lavanderia”! Proprio così, "Lavanderia Padre Luisinho". Voglio raccontarvi qualcosa di questo missionario così come viene ricordato qui a Boa Vista.

20230225Luisinho3Padre Luigi Palumbo è nato il 2 gennaio 1935 a Castri di Lecce ed è andato in cielo il 14 aprile 2018 a Boa Vista, nello stato del Roraima. Ordinato sacerdote nel 1963, e nel 1965 raggiunse la regione del Roraima in Brasile. Pochi anni dopo il suo arrivo fu vittima di un grave incidente automobilistico: nel 1968 fu investito da una jeep in una strada di Boa Vista e come conseguenza ebbe una gamba più corta. Non si lasciò intimorire: la sua persona emanava un profumo di virtù e di fraternità vissuto in comunione con i suoi compagni di missione e con la gente, sempre a partire dai poveri. Passava per le fattorie e i campi sparsi in varie città come l'immensa Amajarí.

Luisinho, come veniva chiamato, non lavorava per essere remunerato con denaro o riconoscimenti. Una volta una persona gli chiese: "Padre, ma chi paga il lavoro che fai da noi? il governo? il Papa? il vescovo?  "Nessuno di loro –rispose seccamente il padre Luisinho– Io lavoro per la diffusione del Regno di Dio sulla terra".

Costruttore e ispettore

Ovunque sia andato, ha lasciato tracce del suo impegno: ha progettato e costruito chiese di legno e paglia, oppure di mattoni e in questi luoghi non solo si celebravano i sacramenti, ma si insegnava anche il catechismo e, non poche volte, diventavano spazi di alfabetizzazione.

Il Ministero dell'Educazione del Roraima aveva una tale stima di questo giovane missionario che lo nominò ispettore delle scuole governative, dove gli insegnanti erano quasi sempre malati e, invece di svolgere il loro lavoro scolastico, partivano per andare a Boa Vista, la capitale, a sbrigare le loro faccende.

Lo stesso fece anche in altre città come Mucajaí, dove si incaricò della nuova chiesa parrocchiale e costruì anche li saloni, aule e due campi sportivi. All'epoca di "Luisinho" risale la grande Piazza della Passione, ai piedi di un'alta collina, dove ancora oggi si celebra la Via Crucis con attori locali, un evento che è diventato una attrazione turistica locale abbastanza nota.

Qualche anno dopo ha continuato la sua missione anche nella Prelatura di Itacoatiara, a 120 km da Manaus, dove divenne assistente dal vescovo Carillo Gritti, anche lui Missionario della Consolata.

La frontiera fra Brasile al Venezuela

20230225Luisinho1Padre Luisinho, per celebrare battesimi, matrimoni e soprattutto la Santa Messa era abituato a viaggiare in bicicletta, a cavallo, in moto e in canoa e così era vicino alla sua gente. In più di una occasione ha viaggiato al Venezuela in motocicletta. Non amava il lusso.

Si ricorda che in uno dei suoi viaggi missionari in questo Paese, il vescovo di Bolivar gli offrì ospitalità in una lussuosa stanza della casa episcopale con la speranza di trattenerlo nella sua diocesi bisognosa di clero. Luisinho ringraziò il vescovo ma disse: "Me ne vado, perché non mi piace vivere nel lusso".

Oggi questa frontiera è diventata un’importante spazio di missione e attenzione ai migranti che la attraversano quotidianamente e in questo contesto è sorta la “lavanderia” che porta il nome del padre Luisinho.

Qualche anno fa, la Caritas l’ha voluta come parte del “progetto Orinoco” pensato per rispondere all’emergenza dei migranti che giungono in Brasile attraversando la frontiera sud del loro paese a Pacaraima in prossimità di Boa Vista. Questa “lavanderia” offre anche l’accesso a servizi igienici e docce; le strutture –che sono state costruite in spazi donati da comunità cattoliche sensibili– dispongono di acqua tratta da un pozzo artesiano ed elettricità somministrata da un sistema di energia solare.

20240225LuisinhoI punti di acqua potabile dipendono invece dalla società idrica statale e tutta l'acqua consumata viene monitorata per garantirne la potabilità.  "È un grande sostegno", racconta uno dei tanti migranti che utilizza i servizi del progetto dall'inizio dell'anno.

Un coordinatore di Caritas ha spiegato che questi servizi sono stati creati in spazi offerti da comunità cristiane storicamente attive nell’ambito sociale così che, “una volta terminato il Progetto Orinoco e superata l’emergenza migratoria, la chiesa potrà continuare a servire le persone in situazioni di vulnerabilità”.

Lavanderia Luisinho

È stata la comunità di San Paolo –appartenente alla parrocchia di San Francisco, luogo nel quale padre Luisinho ha lasciato non pochi ricordi ed opere– colei che ha scelto il suo nome per la “lavanderia” che è al servizio di coloro che hanno attraversato le frontiere, i vulnerabili, gli emigrati in cerca di condizioni di vita dignitose... gli stessi che dal cielo ricevono la benedizione del nostro Luisinho.

Ogni secondo sabato del mese la Caritas locale consegna 50 sacchi di cibo per le famiglie dei migranti con maggiori difficoltà. Questo mese siamo stati invitati ad accompagnare questo momento con una riflessione in spagnolo adattata allo stile "venezuelano". Il servizio ai migranti è anche questo: accompagnare chi fa del bene in modo che questo bene “sia fatto bene” come ci insegna il Beato Giuseppe Allamano. Si tratta di leggere cosa c'è dietro ogni gesto concreto: la provvidenza, il valore della fraternità, l'empatia. Il prossimo mese offriremo il modello del nostro amico Luisinho per farlo conoscere alle famiglie beneficiarie e ai giovani volontari di Caritas che non hanno conosciuto questo grande missionario. Così, con lui e come lui, continueremo a superare le frontiere.

Se volete aiutarci nei nostri progetti a favore dei migranti, potete farlo attraverso Missioni Consolata ONLUS.

* Padre Juan Carlos Greco, IMC, al servizio dei migranti a Boa Vista, Roraima.

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 Alcuni dei libri pubblicati da padre Luisinho Palumbo a Boa Vista, Roraima

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