Sono passati 60 anni dalla fondazione della diocesi di Marsabit avvenuta il 25 novembre del 1964, sotto la guida del vescovo Mons. Carlo Cavallera, missionario della Consolata.
Per questa occasione giubilare la chiesa di Marsabit insieme a tanti amici, venuti da vicino e da lontano, in una giornata piovosa (segno di benedizione), il 23 novembre 2024, si è radunata attorno al suo pastore, il vescovo Mons. Peter Kihara per ringraziare a Dio per le grandi cose che il Signore ha fatto e continua a fare nella storia di questa chiesa e in questo angolo del nord Kenya detto anche the Northern Frontier District.
La liturgia ben curata e animata con canti, balli e danze fatte da piccoli e grandi, si è svolta nel piazzale della Cattedrale sotto un grande tendone montato per l’occasione. La partecipazione attiva di tutti ha reso la ceremonia tutta particolare.
Mons. Antony Muheria, arcivescovo di Nyeri, ha presieduto la concelebrazione insieme a Mons. Peter Kihara vescovo di Marsabit, Mons. Peter Makau vescovo di Isiolo, Mons. Antony Ireri Mukobo vescovo emerito di Isiolo, Mons. Hieronymus Joya, vescovo di Maralal, Mons. Norman King’oo, vescovo di Machakos, Mons. Virgilio Pante, vescovo emerito di Maralal ed il vescovo emerito di Nyeri, Mons. Peter J. Kairo.
Alla celebrazione hanno partecipato anche l'intera Direzione Generale dei Missionari della Consolata che si trova nel Kenya per il Consiglio di novembre, la Direzione Regionale IMC del Kenya-Uganda e circa 70 sacerdoti, diverse religiose e religiosi.
Pur celebrando 60 anni di fondazione della diocesi, va ricordato che in questo territorio, i semi del Vangelo e la presenza del cristianesimo risalgono ad anni più lontani, perché già nel 1914, quando i missionari cattolici arrivavano a Moyale, vi trovarono una cappella dei protestanti evangelici ed in seguito anche la presenza della Chiesa cattolica.
Mons. Peter Kihara il terzo vescovo alla guida della chiesa di Marsabit.
“Che cosa renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha fatto? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore” (Sal 116, 12-13). “Rendiamo grazie al Signore per le cose grandi che Lui ha fatto per noi”, ha sottolineato nel suo discorso Mons. Peter Kihara il terzo Pastore alla guida della chiesa di Marsabit, da ormai diciotto anni. “È un momento di gioia e di gratitudine al Signore, del grazie ai giganti nello Spirito: i missionari e missionarie di varie congregazioni e Fidei Donum, i catechisti, i benefattori e laici impegnati a vivere la loro fede”.
I frutti che oggi si vedono e raccolgono vengono dai sacrifici, dalla dedizione e zelo missionario di tantissime persone. Tra tutti questi, vanno ricordati in particolare, i laici Paolo Valle che la provvidenza aveva mandato a Marsabit (nel 1948) ed Elias M’Ategi. Essi sono “considerati i fondatori provvidenziali della Chiesa cattolica” a Marsabit. Erano i responsabili della preghiera e della catechesi nell’unica cappella di Marsabit. In seguito, arrivarono anche i missionari Carlo Andrione, Paolo Tablino e Bartolomeo Venturino.
Marsabit come diocesi, nasce nel 25 novembre del 1964, staccandosi dalla diocesi di Nyeri. Mons. Carlo Cavallera, che era vescovo di Nyeri, assunse la nuova diocesi portando con sé alcuni missionari della Consolata.
Il Concilio Vaticano II ha avuto un ruolo determinante per la fioritura di questa diocesi, perché con l’Enciclica di Papa Pio XII, Fidei Donum, diverse chiese iniziarono ad inviare i loro missionari in queste zone. A Marsabit iniziarono ad arrivare i sacerdoti della diocesi di Alba (Italia), della diocesi di Augsburg in Germania, della diocesi di Murang’a in Kenya e dalle diocesi di Iasi e arcidiocesi di Bucarest tutti due in Romania. Questa presenza è stata anche arricchita da altri missionari, oltre a quelli della Consolata, che hanno dato forza nel lavoro di prima evangelizzazione, sono missionari Comboniani, Benedettini, Salesiani. In seguito, sono arrivate anche altre congregazioni. Il primo sacerdote diocesano è stato ordinato nel 1993. Attualmente ci sono 18 sacerdoti e 3 suore del posto.
La diocesi di Marsabit è composta di 14 gruppi ed etnie differenti. Le più grandi sono quelle dei Turkana, dei Samburu, dei Rendile e dei Gabbra. Conta con 50.000 battezzati, 18 sacerdoti diocesani, 12 missionari Fidei Donum, 13 missionari di Istituti religiosi, 44 consacrate e 3 fratelli, tutti impegnati nelle 17 parrocchie e un’altra ancora che sarà aperta prossimamente. Sono poche parrocchie, ma molto lontane l’una dall’altra. Quella più lontana dista circa 400 km dalla sede vescovile, con strade deserte e sovente difficili da percorrere. Nonostante tutto però, la diocesi non si stanca mai di essere una presenza luminosa, dando vita e speranza, servendo la gente negli ambiti della educazione, della salute, della promozione umana e con precorsi di pace.
Nell’occasione, la diocesi ha anche inaugurato e benedetto la nuova struttura del Segretariato diocesano e la residenza vescovile, un passo importante nello sviluppo della chiesa locale. Nell'ambito della celebrazione di questo anniversario giubilare, la chiesa locale sarà arricchita da quattro ordinazioni sacerdotali che avranno luogo nei prossimi giorni.
In questi 60 anni di storia, la diocesi è stata guidata da tre pastori, tutti missionari della Consolata. Il primo è stato vescovo Carlo Maria Cavallera (1964 - 1981), il vescovo Ambrose Ravassi (1981 - 2007) e l’attuale vescovo Peter Kihara.
* Padre Godfrey Msumange, IMC, missionario in Inghilterra.
La presenza della Direzione Generale IMC
La inaugurazione della nuova struttura del Segretariato diocesano e la residenza vescovile
La diocesi di Marsabit in Kenya, nata nel 1964, grazie al lavoro del suo primo vescovo, il missionario della Consolata, mons. Carlo Maria Cavallera celebra questo lunedì, 25 novembre 2024, il suo 60° anniversario di fondazione. La Messa di ringraziamento è stata celebrata sabato, 23 novembre.
Nel 1981 la guida della diocesi fu affidata al vescovo Ambrogio Ravasi, IMC, fino al 2007, anno in cui gli ha succeduto il vescovo Peter Kihara, IMC, che in questa intervista, rilasciata all’Ufficio per la Comunicazione a Roma, riflette sulla storia dell'evangelizzazione e la realtà della regione abitata da molti gruppi etnici, tra i principali: i Borana, i Gabra, i Burji, i Rendille, i Waata e i Turkana. Prima di diventare vescovo di Marsabit, mons. Peter è stato vescovo della diocesi di Morang’a per sette anni (1999 – 2006)
Negli ultimi mesi “ci siamo preparati per celebrare il 60° anniversario della creazione della diocesi e in retrospettiva possiamo vedere quanto la Chiesa ha realizzato nell'evangelizzazione di questo angolo del Kenya. All'inizio non c'erano cristiani, né chiese, né sacerdoti. I primi padri sono stati i missionari fidei donum della diocesi di Alba in Italia, poi sono arrivati altri missionari dalla Germania e un terzo gruppo dalla Romania”, ricorda mons. Peter Kihara.
“Dopo aver creato le parrocchie negli anni 1960, negli anni 1970 i missionari della Consolata, su richiesta del vescovo Cavallera, hanno consegnato le missioni ai padri fidei dorum, continuando il lavoro di prima evangelizzazione nel territorio dei Samburu dove oggi sorge la diocesi di Maralal.
Mons. Peter Kihara, IMC, con il gruppo di sacerdoti della diocesi di Marsabit. Foto: Diocesi di Marsabit
Vorrei quindi ringraziare Dio per tutto ciò che i missionari fidei donum hanno realizzato. Al loro posto sono poi arrivati missionari di quattro congregazioni: alcuni missionari della Consolata, Salesiani di don Bosco, Benedettini e Missionari Comboniani. Hanno fatto crescere la nostra diocesi e nell’anno 1993 è stato ordinato il primo sacerdote diocesano. Oggi abbiamo 17 sacerdoti diocesani, un'équipe di 12 preti fidei donum e altri 13 missionari, in totale circa 40 sacerdoti. Ringraziamo Dio per il gruppo di sacerdoti che abbiamo.
Nella diocesi operano anche 44 religiose di varie congregazioni e cinque fratelli religiosi. Questi sono gli agenti di evangelizzazione che abbiamo. Anche se, in 60 anni il numero non è magari significativo, guardando indietro possiamo vedere quanto la nostra Chiesa sia riuscita a mettere le sue fondamenta qui. Il numero dei cattolici è cresciuto fino a oltre 50 mila. Abbiamo recentemente ordinato quattro diaconi che presto saranno ordinati sacerdoti, tutti questi sono segni di gioia nel segno delle celebrazioni di ringraziamento (per i 60 anni). Abbiamo inoltre costruito 17 parrocchie e l'ufficio per la segreteria diocesana”.
Il nuovo ufficio per la segreteria diocesana. Foto: Diocesi di Marsabit
“Nell'attuale situazione osserviamo che molti giovani si impegnano soprattutto per studiare, formarsi e prepararsi al loro futuro, con l'aiuto della famiglia, dei genitori e l’aiuto anche di borse di studio da parte di donatori. I giovani si sono resi conto che l'educazione è la chiave della riuscita della loro vita.
Il territorio di Marsabit e la sua popolazione sono confrontate con molte sfide a causa del clima arido. Con la siccità, capita che le famiglie rimangano senza il bestiame fonte di cibo e di un modesto introito; quindi, rischiano sovente di non aver nulla per contribuire alle spese per gli studi dei figli e delle figlie.
"I giovani si sono resi conto che l'educazione è la chiave della riuscita della loro vita". Ragazzi a Marzabit. Foto: Jaime C. Patias
Un altro grande problema è stato la pandemia di Covid-19, quando con le restrizioni (lockdown) i giovani sono rimasti senza aiuti economici per pagare le rette scolastiche, sia da parte dei genitori che dei donatori, con il pericolo di dover sospendere i loro studi. Noi auspichiamo che il nostro governo possa provvedere l'educazione gratuita a tutti i livelli. Non è un'affermazione politica chiedere di fare la cosa giusta. Questo darebbe speranza alle generazioni dei nostri giovani e illuminerebbe il loro futuro, perché a questo serve l’educazione
Anche gli studenti che entrano in seminario sono coscienti che la loro scuola primaria, frequentata nelle loro zone di provenienza, non era di grande qualità, quando poi entrano in seminario devono recuperare quanto è mancato precedentemente , formarsi negli studi religiosi per poi diventare pastori delle comunità cristiane e di questi pastori ne abbiamo tanto bisogno. Quindi è necessaria una partecipazione congiunta (famiglia, sponsors, diocesi) per sostenerli negli studi.
Il lavoro della Caritas nella diocesi di Marsabit. Foto: Diocesi di Marsabit
Come Chiesa abbiamo due scuole secondarie, una per i ragazzi e una per le ragazze. Circa 600 di questi studenti sono in parte sostenuti dalla diocesi.
La situazione economica delle famiglie è precaria, quindi quando un figlio vuole diventare sacerdote, la famiglia deve mantenere la casa e gli altri figli e figlie a scuola, e allo stesso tempo sostenere il figlio studente in seminario. Tuttavia, siamo convinti che Dio provvede, sia per i poveri che per i ricchi e coloro che rispondono alla loro vocazione diventano aiuto per gli altri. Sono convinto che alla fine, non diventeranno sacerdoti solo perché ricchi o per merito dei loro genitori, ma soprattutto per grazia di Dio.
Cattedrale di Nostra Signora della Consolata, diocesi Marsabit. Foto: Jaime C. Patias
Stiamo quindi sostenendo in particolare i nostri giovani in Kenya di fronte alla problematica situazione politica ed economica della Nazione, mentre il paese dovrebbe fare di più e meglio”.
Secondo il vescovo, nelle ultime manifestazioni contro le nuove tasse, la corruzione e il malgoverno i giovani si sono sentiti ingannati. “I giovani non sono felici, sono arrabbiati. Preghiamo che la lotta per la giustizia porti dei risultati per il popolo. Dicono che l'educazione sarà gratuita, allora perché il governo non trova le risorse per realizzarla? Un sostegno all’educazione da parte dello stato sarebbe un sollievo per i genitori che non posson o permettersela per i figli e un grande investimento per il futuro della nazione”
“D'altra parte, chiediamo ai giovani di pensare alla loro vita e ciò che vorrebbero fare, nella chiesa per il popolo di Dio. Questo perché tutti noi siamo stati creati per un fine, come diceva Sant'Agostino. Una volta capito cosa vogliamo fare non importa cosa sia, se è diventare un sacerdote, un pastore o qualsiasi altra professione, dobbiamo fare il meglio che possiamo basandoci sui valori cristiani che abbiamo imparato. Mi piacerebbe chiede ai giovani di continuare ad essere persone migliori, migliori discepoli, migliori cristiani e figli di Dio scoprendo la loro vocazione e rispondendo alla loro chiamata, per essere parte della benedizione della Chiesa, della famiglia, dell’umanità e perché no, a gloria di Dio, perché Dio sia conosciuto, amato e servito. Quindi, noi preghiamo per la gioventù e speriamo che rispondano generosamente alla loro vocazione per la maggiore gloria di Dio”.
Scuola Padre John Memorial, diocesi di Marsabit.
“E abbiamo ancora molto di cui essere orgogliosi perché nella diocesi c’è tanta promozione umana, tanta educazione, abbiamo più di 80 istituti scolastici, scuole tecniche, scuole materne e scuole elementari, ecc. dove frequentano tante persone di diverse classi e religioni, musulmani, non battezzati, cristiani, tutti insieme perché, quando c'è del bene da fare lo si deve fare a tutti, non bisogna essere selettivi ma includere tutti. Dobbiamo anche ringraziare Dio perché le vocazioni stanno arrivando. Abbiamo anche quattro seminaristi che studiano teologia. Quindi invito i nostri ascoltatori a pregare per noi e con noi per elevare i nostri cuori pieni di gioia al Signore affinché possa benedirci ancora di più anche con il vostro aiuto”.
La diocesi di Marsabit eretta da Papa Paolo VI, ricavandone il territorio dalla diocesi di Nyeri (oggi arcidiocesi), si trova nella regione nord-orientale del Kenya, a circa 560 km da Nairobi e si estende su un’area di circa 78.078 kmq. Il territorio della diocesi è una vasta pianura compresa tra 300 e 1800 m sul livello del mare. È situata, in una zona semi-arida e l’80% della popolazione è composta da pastori nomadi, il 10% pratica agricoltura di sussistenza, principalmente intorno alle zone più montuose che godono di più precipitazioni durante l’anno. Circa il 7% della popolazione si dedica ad attività commerciali e la restante percentuale vive di lavoro dipendente. Il 15 giugno 2001 la diocesi ha ceduto una porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Maralal.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione, Roma.
Diacono John Lekamaya, una delle nuove vocazioni per la diocesi. Foto: Diocesi di Marsabit
Maria Mfariji Shrine (Santuario) a Marsabit. Foto: Jaime C. Patias
“Vivere lo stile di Gesù è fare della vita un servizio”
L’inaspettato e L’indimenticabile
Vi invitiamo a scoprire e vivere un’avventura unica attraverso le nostre parole e le nostre fotografie. Non possiamo raccontare tutto ciò che abbiamo vissuto, ma possiamo condividere con voi l’impatto che ha lasciato nei nostri cuori.
Questa esperienza missionaria non è solo un viaggio verso luoghi lontani, ma un viaggio profondo dentro noi stessi, un’opportunità per esplorare nuovi orizzonti e per connettersi con la ricchezza umana e culturale di terre straordinarie. Ogni immagine e ogni racconto che troverete sono finestre aperte su un mondo che vi sorprenderà e vi arricchirà.
Le fotografie catturano momenti di pura autenticità e gioia, mentre le parole vi guideranno attraverso le esperienze, le emozioni e le riflessioni che abbiamo vissuto. In questo percorso, vi invitiamo a immergervi nella semplicità della vita quotidiana, a scopri re la bellezza dei piccoli gesti e l’importanza dei legami umani.
Così come Gesù ci insegna attraverso la parabola del chicco di grano che, se non muore e non viene sepolto, resta solo, ma se muore, produce molto frutto, così anche noi possiamo scoprire come la nos tra missione e il nostro servizio possano generare frutti abbondanti nella vita degli altri. Attraverso le storie e le immagini, potrete percepire la forza della missione e l’impatto che può avere sulle persone e sul le comunità che abbiamo incontrato.
Condividiamo con voi questi momenti preziosi nella speranza che possano ispirarvi e motivarvi a intraprendere il vostro viaggio, a fare la vostra parte per costruire un altro mondo possibile, e a trovare la vostra propria connessione con l’essenza del servizio e della condivisione, seguendo l’esempio di Gesù.
Chi siamo
Missio Giovani Vicenza, evoluzione del progetto “Insieme per la missione” fondato nel 2000, è un cammino di preparazione che forma ogni anno, mese dopo mese, tanti giovani della Diocesi di Vicenza in Italia a vivere una esperienza diretta in terra di missione. Rimane un progetto sostenuto dall’ufficio per la pastorale missionaria in collaborazione con alcuni istituti missionari e religioni presenti in diocesi, tra cui i Missionaria della Consolata. Un’opportunità unica per conoscere se stessi, aprirsi all’altro, incontrare il diverso e scoprire il mondo con occhi nuovi.
* Francisco Martínez, LMC in Kenya e Missio Giovani Vicenza - Esperienza Missionaria 2024.
La testimonianza dei formatori questa volta arriva dal Noviziato di Sagana in Kenya con il maestro, padre Geoffrey Kimathi Kiria, IMC, che ha partecipato al corso tenutosi a Roma il settembre scorso. In questo video il maestro parla della sua comunità formativa e lascia pure un messaggio in occasione della canonizzazione di San Giuseppe Allamano.
Nel mese di luglio quest’anno, 17 studenti hanno iniziato il Noviziato dei Missionari della Consolata a Sagana. Di loro 4 provengano dal Kenya, 4 dall’Etiopia, 3 dal Tanzania, 3 dalla RD Congo, 1 dal Mozambico, 1 dal Benin e 1 dal Burkina Fasso. Padre Geoffry e padre James Munene Githinji formano il team dei formatori.
“È una comunità internazionale che cerca di vivere e promuovere il discernimento vocazionale dei giovani attraverso la preghiera e soprattutto, la vita comunitaria. Tutto quello che facciamo a Sagana cerca di sottolineare questi due aspetti”, spiega padre Geoffrey Kiria.
Per quanto riguarda il corso di formazione per i formatori, padre Geoffrey dice che è stato colpito da tante tematiche studiate insieme, “soprattutto dalla necessità di prendersi cura di noi stessi e anche di cercare di aiutare i giovani a capire le motivazioni della loro vocazione. Abbiamo anche imparato una bella cosa sul carisma del Fondatore e soprattutto la missione”, afferma.
Comunità del Noviziato di Sagana in Kenya. Foto: Francisco Martínez
A conclusione dice: “Questo momento della canonizzazione di Giuseppe Allamano ci aiuta a capire i bisogni della missione e soprattutto che la fede, quando non è condivisa con gli altri, muore. Quindi, il Fondatore per me è una persona che ci aiuta uscire a fare missione perché questa è la missione di Cristo e san Giuseppe Allamano ci ha indicato la strada per fare questo cammino”.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio per la comunicazione, Roma.
Messa presieduta dal Superiore Generale, padre James Lengarin, durante la professione dei novizi. Sagana, luglio 2024. Foto: Francisco Martínez
Siamo in Kenya dove, dopo alcuni giorni di pioggia, anche il cielo ha diradato le sue nubi, per illuminare il sabato, 9 novembre 2024, giorno in cui si è voluto innalzare il ringraziamento per la canonizzazione di San Giuseppe Allamano con un’Eucarestia celebrata presso il Campus Universitario di Nairobi.
Dopo la sua canonizzazione, avvenuta a Roma il 20 ottobre e le diverse celebrazioni in Italia, era d’obbligo una grande celebrazione di azione di grazie nella terra in cui l’Allamano non è mai arrivato fisicamente, ma vi è però arrivato con la mente, il cuore e tutte le sue forze mediante i suoi missionari e missionarie. Terra da lui sognata, conosciuta e amata, terra nella quale sapeva che il seme piantato dai primi quattro missionari, partiti nel 1902, avrebbe dato frutti abbondanti. È così è stato.
La sua santità, proclamata ora ufficialmente dalla Chiesa, si era manifestata qui fan dall’inizio. È stata seminata giorno per giorno dalla dedicazione, zelo, lavoro e passione dei suoi figli e figlie. “Bene fatto bene, senza fare rumore”, come dice lo slogan e parola carismatica per questo giorno stampato su capulane e sciarpe colorate. Ma, ad un certo punto, il bene silenzioso non può rimanere nascosto, ma appare, deve essere proclamato e annunciato come motivo di gloria tra i popoli.
Messa di ringraziamento nel Campus Universitario di Nairobi. Foto: Francisco Martínez
Ed oggi si è celebrato questo bene, questa “gloria” dai tanti frutti e colori della nostra missione in Kenya. Ogni incontro, ogni gesto, ogni parola detta, ogni sguardo, ogni persona non era che l’espressione di una stagione matura con tutti i suoi frutti e non si poteva non rendere grazie al Dio e a colui che in qualche modo ne è stato lo strumento, come buon seminatore, come buon padre e pastore, San Giuseppe Allamano.
Fin dal mattino nella Casa Regionale di Nairobi arrivano giovani missionari, novizi, studenti professi, diaconi, sacerdoti, fratelli, suore e laici. C’è un clima di festa e di gioia, c’è chi si rivede dopo tanti anni, chi ha fatto insieme la formazione in seminario o coloro con cui si è lavorato in altre terre di missione lontane. Come ha ricordato il Superiore Generale, padre James Lengarin, nelle sue parole alla fine della celebrazione, questi sono i frutti che il Kenya ha dato e continua a dare alla Chiesa e al mondo, tanti missionari che continuano a rendere vivo il sogno e carisma di San Giuseppe Allamano di annunciare il vangelo, di fare conoscere Gesù ed il suo amore.
Si arriva poi al Campus Universitario di Nairobi dove tutto è stato preparato con molto lavoro per la celebrazione dell’Eucarestia di ringraziamento. C’è aria di festa, si preparano le danze, i canti, gli ultimi dettagli affinché tutto riesca al meglio, ben fatto, come desiderava l’Allamano.
Alla 10.00 in punto la processione con oltre cento sacerdoti, la presenza della nostra Direzione Generale, quasi tutti nostri vescovi del Kenya delle diocesi di Marsabit, Mararal, Isiolo, il vescovo di Muranga, di Meru, l’arcivescovo di Nyeri ed il Nunzio Apostolico, si dirigono verso l’altare dove nove anni fa, nel 2015, celebrò l’Eucarestia papa Francesco quando fece visita al Kenya. I nostri studenti e diaconi fanno il servizio all’altare in questo giorno e celebrazione che rimarrà a tutti nel cuore.
Ha presieduto la Messa, mons. Hubertus Matheus van Megen, Nunzio Apostolico in Kenya e in Sud Sudan. Foto: Daniel Mkado
Viene proclamato il Vangelo di Marco (Mc 16,15-18) con il mandato di Gesù. “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura”. Con queste parole, dal Santuario della Consolata di Torino, l’Allamano mandava i suoi missionari. Ne sono partiti tanti e tante, ne sono nate comunità cristiane, parrocchie, diocesi, vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, vescovi e laici testimoni di questo vangelo creduto, vissuto ed annunciato in tante lingue e nazioni. Ne ha dato prova la preghiera dei fedeli pronunciata in lingua swahili, kikuyu, meru, samburu…lingue di popoli nei quali il Vangelo si è inculturato portando vita e consolazione.
Alla fine della celebrazione le testimonianze e parole di ringraziamento di laici, suore, superiori e vescovi. Ma una di essa è andata in particolare al cuore di tutti: quella di Suor Felicita Muthoni, missionaria della Consolata keniana, che lavorando nella missione del Catrimani nella foresta amazzonica quasi trent’anni fa, ha prestato le prime cure a Sorino Yanomami, guarito in modo miracoloso per intercessione del Beato Giuseppe Allamano, che grazie anche a questa guarigione, è stato proclamato santo.
Missionarie della Consolata presenti alla celebrazione. Foto: Francisco Martínez
Suor Felicita ha parlato di quel 7 febbraio 1996 nel quale ha trovato Sorino con il cranio divelto da un giaguaro, le prime cure che gli ha prestato e la ferma decisone di inviarlo all’ospedale di Boa Vista perché si tentasse l’impossibile, nonostante avesse attorno a lei più di 200 indigeni contrari a questa sua decisione. Sorino gli aveva sussurrato che non voleva morire e che voleva vivere ed allora prende quella decisione avventata, ma certamente ispirata da Colui che promise ai suoi discepoli che, se avessero avuto fede avrebbero potuto fare opere anche più grandi di quelle da Lui compiute. È così è stato, ma la fede di Suor Felicita viene fuori quando si rifugia nella cappella della missione e fa al Signore, per intercessione del suo Fondatore, una preghiera accorata e imperativa:
“Sorino deve guarire, deve ritornare in piena salute per potere vivere e sopravvivere nella foresta, tra la sua gente, per poter cacciare e pescare e perché anche la vita dei missionari sia preservata”.
Il seme gettato in Kenya ha prodotto abbondanti frutti di evangelizzazione. Foto: Daniel Mkado
È così è stato, e ancora dopo 28 anni, Sorino vive la sua vita nella foresta con le forze e la salute di un anziano. Suor Felicita continua dicendo che il miracolo di Sorino è un miracolo che ha visto, oltre l’intercessione di San Giuseppe Allamano, anche l’impegno e la collaborazione delle sue consorelle di diverse nazioni, dei medici e delle persone che gli sono state accanto. Un miracolo che è espressione di una missione benedetta dal Signore, un miracolo che oggi contempliamo anche nelle missioni del Kenya e di tanti altri paesi nei quali lavoriamo. Una missione comune che quando è fatta con fede, in unità di intenti e a favore dei più bisognosi diventa grazia, vita e consolazione in tante opere a servizio dell’educazione, della salute, del dialogo, della marginalità, dell’accoglienza, della giustizia e della pace.
Al termine della celebrazione un grande convivio fraterno, un banchetto preparato e servito con amore e gentilezza per tutti, che, con l’Eucarestia appena celebrata, è preludio di quello del cielo. San Giuseppe Allamano era con noi: nel volto, nel cuore, nei gesti di servizio e nella vita di tutti coloro che oggi hanno voluto dire a Dio e a lui grazie. Grazie per una missione che non è finita, ma che continua nella vita di chi poi, subito dopo, è ripartito per le sue case e comunità con nel cuore il desiderio di annunciare il Vangelo e camminare sulla via della santità illuminati dal carisma di San Giuseppe Allamano.
Padre James Lengarin, Superiore Generale, parla dei frutti che il Kenya ha dato e continua a dare alla Chiesa e al mondo. Foto: Daniel Mkado
Kenya, terra fecondata anche dalla santità delle Beate Irene Stefani, Leonella Sgorbati e Carola Cecchin, come ha ricordato l’arcivescovo di Nyeri. Alla loro intercessione, a quella di San Giuseppe Allamano e della Vergine Consolata affidiamo ogni nostra comunità, ogni missionario e missionaria, il “bene fatto bene” che si è fatto e che ancora si farà per continuare ad essere semi e segni di consolazione.
* Padre Michelangelo Piovano, IMC, Vice Superiore Generale. Nairobi, 9 novembre 2024.