«La violenza non va bene, ma gridano contro la corruzione e per avere un futuro». Monsignor Anthony Muheria, arcivescovo metropolita di Nyeri e vicepresidente della Conferenza dei vescovi cattolici del Kenya, parla delle proteste della «generazione Z» nel Paese. «La violenza non va bene ma gridano contro la corruzione e per avere un futuro».
«Le leadership non vogliono ascoltare il grido dei giovani ma loro chiedono solo un futuro, un lavoro e la fine della corruzione». A parlare delle proteste che negli ultimi mesi hanno visto in Kenya migliaia di giovani in piazza è monsignor Anthony Muheria, arcivescovo metropolita di Nyeri e vicepresidente della Conferenza dei vescovi cattolici del Kenya.
A Roma per la visita ad limina in Vaticano e per l’incontro con Papa Francesco, il vescovo parla del suo Paese che «è arrivato davvero vicino alla rivoluzione. I ragazzi hanno assaltato il Parlamento… sono arrivati fino al Parlamento», scandisce con il volto ancora preoccupato. Un’ondata, quella della «generazione Z» del Kenya, che «era cominciata pacificamente e che poi purtroppo è sfociata nella violenza».
Il vescovo condanna questa deriva e anche il fatto che «i giovani sembrano come chiusi nei loro circoli, soprattutto sui social», ma allo stesso tempo chiede al governo e alle istituzioni di ascoltare il loro «grido».
La storia del Kenya, d’altronde, è simile a quella di molti Paesi dell’Africa dove la povertà, ma anche la corruzione nella gestione delle risorse, tolgono il futuro alle nuove generazioni.
Molti tentano il lungo viaggio per arrivare in Europa, ma altri protestano fino al sangue. «Il governo è arrivato con la milizia – racconta monsignor Muheria -, e molti giovani sono stati uccisi. Ragazzi nella maggior parte dei casi laureati, ma che non hanno un lavoro e non vedono il futuro».
La corruzione è uno dei problemi più sentiti: «Le autorità devono essere trasparenti, dare conto dei soldi che spendono. Il costo della vita e le tasse aumentano ma non le entrate delle famiglie».
I giovani fanno storiche proteste in Kenya. Foto: Gerald Anderson/Anadolu via Getty Images
Alla gente del suo Paese il vescovo però dice di non seguire la logica del male minore quando, per esempio, si va a votare. «Noi, come Chiesa, siamo molto preoccupati, perché è sempre più difficile instaurare un dialogo con questi ragazzi. Il problema è grande: come arrivare a formare e incoraggiare questa generazione? Quando c’è la disperazione deve esserci un aiuto».
Con coraggio i vescovi hanno allora avviato corsi di formazione sociale e politica con la speranza che «nel giro di dieci anni creaca una leadership che possa essere un punto di riferimento per la società».
Di fronte a un’Europa nella quale il dibattito sui migranti è sempre più acceso, il vescovo fa presente che in Africa ci sono «da oltre vent’anni milioni di sfollati interni. In Etiopia 900mila, in Uganda un milione e 700mila, da noi in Kenya i rifugiati sono 700mila. È un problema grande perché non ci sono le risorse per consentire loro di uscire dai campi. Ci sono giovani nati nei campi profughi che non sono mai usciti di lì. È come se non ci fosse una via d’uscita».
La Chiesa africana dunque lancia un appello, anche alla comunità internazionale, perché «possa essere garantita a queste persone condizioni di vita dignitose». Sono per lo più persone che scappano dalle guerre in Congo, Rwanda, Sudan, Nigeria, «e queste guerre vanno avanti da anni e la situazione politica non aiuta il loro rientro nei Paesi di origine».
C’è anche il problema degli attentati degli islamisti: «In Kenya, grazie a Dio, sono anni che non si verificano. Ma i terroristi di al-Shabaab sono sempre un pericolo anche per noi. In altri Paesi», prosegue il vescovo facendo riferimento ai recenti attacchi terroristici in Burkina Faso soprattutto contro i cristiani, «anche se i fondamentalisti sono una piccola minoranza, fanno molto rumore». Con i loro attentati minano infatti quel dialogo tra diverse fedi che «è invece molto buono», sottolinea monsignor Muheria.
C’è anche un altro «estremismo religioso», come lo definisce il vescovo Keniano: quello dei leader delle sette religiose che «pretendono di essere cristiani ma pensano solo ai soldi e fondano il loro potere sulla disperazione e sulla credulità della gente».
In questo quadro difficile c’è però una fede cristiana gioiosa e in crescita: «In Africa c’è una vera e propria esplosione delle vocazioni. Quest’anno nella mia diocesi sono entrati in seminario centocinquanta ragazzi. Ma per altrettanti non è stato possibile entrare perché non abbiamo abbastanza fondi economici per aprire le porte a tutti coloro che lo chiedono».
* Manuela Tulli, MC Notizie. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it
Padre Jude Katende, missionario della Consolata, ha lasciato un segno indelebile nella comunità accademica e teologica a seguito della sua difesa di dottorato, tenutasi il 6 settembre 2024 a Nairobi presso la Catholic University of Eastern Africa (CUEA).
La sua tesi innovativa, intitolata “Il ‘pianto’ di Maria presso la tomba in Giovanni 20:11-18 attraverso il ‘pianto’ funebre nella cultura Luo”, ha esplorato il profondo significato narrativo e teologico del pianto nel contesto dell’apparizione di Gesù a Maria Maddalena, come raffigurato nel Vangelo di Giovanni.
Nello studio Padre Katende si è addentrato nei parallelismi tra l'effusione emotiva di Maria Maddalena sulla tomba di Gesù e i rituali funebri del "pianto" nella cultura Luo del Kenya. La sua ricerca ha analizzato come il pianto, sia nel contesto biblico che culturale, si evolve da un'espressione di dolore ad una di gioia, segnando la transizione dal dolore della perdita al riconoscimento del Cristo Risorto. Attraverso questo confronto, Padre Katende ha esaminato l'interazione di dolore e gioia come elementi tematici che definiscono l'esperienza spirituale ed emotiva degli individui confrontati con la morte e la resurrezione, sia nella narrazione biblica che nelle tradizioni funebri Luo.
Padre Jude Katende con gli esaminatori
Alla difesa pubblica della tesi, tenutasi presso la CUEA, erano presenti diverse persone, tra cui Padre Zachariah Kariuki, Superiore Regionale dei Missionari della Consolata per la Regione Kenya-Uganda. Padre Jude Katende non è solo un colto studioso, ma anche il rettore dell'Allamano House, il seminario teologico di Nairobi, dove è rispettato e ammirato dai giovani missionari in formazione. Un buon numero di questi giovani, insieme ad altri confratelli e amici, erano presenti alla sua difesa per mostrargli il loro sostegno in questa importante occasione.
Sia la presentazione che la difesa della sua tesi, hanno impressionato la commissione degli esaminatori, rimasti profondamente colpiti dalla sua meticolosa ricerca e analisi teologica. La sua capacità di integrare perfettamente l'antropologia culturale con l'esegesi biblica ha mostrato una profonda comprensione delle dimensioni umane e divine del lutto e della gioia in contesti sia religiosi che culturali.
Dopo il successo della sua difesa, Fr. Katende è stato calorosamente congratulato dai relatori, che hanno elogiato l'originalità e la profondità della sua ricerca. La sua dissertazione, infatti, non solo contribuisce alla discussione accademica in corso sulle narrazioni bibliche, ma fornisce anche preziose informazioni su come le pratiche culturali, come quelle riscontrate nella comunità Luo, possano illuminare e arricchire le interpretazioni teologiche delle scritture.
Padre Zachariah Kariuki e padre Jude Katende
La presenza di Padre Zachariah Kariuki ha sottolineato l'importanza di questo evento per i Missionari della Consolata, in quanto i risultati di Padre Katende riflettono l'impegno che l’Istituto mette nella formazione intellettuale e spirituale dei suoi membri. Il sostegno dei confratelli, dei giovani missionari della Consolata e degli amici ha ulteriormente evidenziato il senso di orgoglio e gioia comunitari per il successo della difesa della tesi.
La difesa di dottorato di Padre Jude Katende segna il culmine di anni di studio, e il suo lavoro è una testimonianza dell'importanza del dialogo tra cultura ed evangelizzazione per la Chiesa. Questo risultato non solo arricchisce il panorama accademico della CUEA, ma serve anche da ispirazione per futuri studi di teologia e missiologia, nel dialogo tra fede e cultura.
Mentre continua il suo lavoro come rettore presso l'Allamano House, i contributi accademici e pastorali di Padre Katende, continueranno ad illuminare la riflessione teologica, e ad ispirare i giovani in formazione sotto la sua responsabilità.
* Fratel Adolphe Mulengezi, IMC, Congolese, studia Comunicazione a Roma.
Il centro di spiritualità Resurrection Garden a Nairobi, in Kenya, ha riunito il venerdì 23 agosto 2024 famiglie, amici, seminaristi, sacerdoti e religiosi di varie congregazioni per l'ordinazione di sette nuovi diaconi (cinque IMC e due Redentoristi) e di un nuovo sacerdote, il diacono Titus Gichohi, missionario della Consolata che stava prestando servizio pastorale in Polonia.
I missionari della Consolata ordinati diaconi sono stati: Antonio Isolindo, Samuel Kangiri Mwangi, Bene Baskalis Nebiyu, Joseph Bakabo Kpudu e Bernard Malich Okelo e insieme a loro anche i due seminaristi della Congregazione dei Redentoristi, Pius Juma Owino e Fredrick Omondi.
La celebrazione è stata presieduta dal nuovo vescovo coadiutore della diocesi di Isiolo, monsignor Peter Makau, IMC. Queste sono le prime ordinazioni da lui celebrate da quando è stato consacrato vescovo il 27 luglio 2024.
Nella sua omelia, il vescovo ha sottolineato che il ministero diaconale e sacerdotale conformano la nostra vita a quella di Cristo per “santificare il popolo di Dio. Noi sacerdoti siamo chiamati ad annunciare il Vangelo, ad essere pastori del popolo di Dio e a celebrare la sacra liturgia del sacrificio del Signore, l'Eucaristia”.
Mons. Peter Makau ha spiegato che attraverso il sacramento dell'Ordine riceviamo la triplice funzione di essere re per governare (servire), sacerdoti per santificare il popolo di Dio e profeti per insegnare al popolo la Parola di Dio, sull'esempio di Cristo, il buon Pastore. Anche noi siamo chiamati ad essere buoni pastori, sempre pronti a dare la nostra vita come Gesù ha dato la sua per l'umanità”.
Il vescovo coadiutore della diocesi di Isiolo ha poi richiamato l'attenzione sul fatto che “diventare re e sacerdote può essere relativamente facile, ma diventare profeta o essere una voce profetica, a volte diventa più difficile. Essere re, essere sacerdote è un privilegio, ma essere profeta è una grande sfida”.
Secondo Mons. Makau, le domande incluse nel rito dell’ordinazione e pronunciate dal celebrante ci ricordano “la nostra identità, la nostra consacrazione. Siamo chiamati a proclamare il Vangelo, a essere pastori del popolo di Dio e ad essere profeti”.
Mons. Peter Makua durante l'ordinazione sacerdotale del diacono Titus Gichohi, IMC.
I sette nuovi diaconi si presentano all'assemblea
Il 12 Agosto 2024 i missionari della Consolata della Regione Kenya-Uganda si sono riuniti nel seminario Allamano House per la celebrazione della professione perpetua di cinque giovani missionari che hanno terminato i loro studi in Kenya. Con tale professione perpetua sono diventati membri permanenti della Famiglia Consolata, un passo importante nel loro cammino spirituale. I cinque missionari provengono da differenti paesi dell’Africa, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Mozambico, Kenya, a testimonianza dell’internazionalità dell’Istituto dei Missionari della Consolata.
Coloro che hanno preso parte alla cerimonia all’Allamano House, hanno condiviso la gioia e l’orgoglio di questi giovani missionari che con la professione perpetua hanno donato la loro vita al servizio della missione. Assieme a questi cinque missionari altri venti hanno rinnovato la loro professione temporanea, confermando il loro desiderio di donarsi alla missione.
La santa Messa fu presieduta dal Padre Evans Mchama, Consigliere della Regione Kenya-Uganda. Nella sua omelia padre Mchama ha parlato con passione della missione di Gesù Cristo e del privilegio di essere parte della Famiglia della Consolata. «Cristo ci permette di condividere la sua missione – ha affermato – per questo è bello appartenere a questa nostra bella famiglia. Cari fratelli, dobbiamo essere orgogliosi di questa vita che abbiamo scelto. Onoriamo questa famiglia nell’essere fieri di appartenervi, ed essendo una benedizione per questa famiglia con il nostro impegno di evangelizzatori del popolo di Dio».
Padre Mchama quindi ha incoraggiato i nuovi professi a fare loro il sogno del Fondatore che verrà canonizzato il prossimo 20 Ottobre a Roma. "Come fiori siete stati piantati in questa famiglia e ci aspettiamo che ognuno di voi continui a crescere, e come i fiori emanare la dolce fragranza che attrae la gente a Cristo", ha concluso Padre Mchama.
I cinque giovani che hanno pronunciato i voti perpetui saranno ordinati diaconi il 23 agosto 2024 al centro Resurrection Garden di Nairobi. La loro ordinazione sarà un altro passo importante nel loro cammino al servizio del popolo di Dio con zelo e dedizione.
La celebrazione all'Allamano House è stata una conferma della bellezza e della ricchezza della vocazione missionaria. Ha messo in mostra l'unità, nonostante la diversità di provenienza, dei membri Famiglia della Consolata, una comunità radicata nell'amore di Cristo e impegnata a diffondere il Vangelo in ogni angolo del mondo. Mentre questi giovani missionari intraprendono la fase successiva del loro cammino spirituale, l'intera comunità della Consolata gioisce dell’impegno preso e guarda con fiducia al contributo che daranno alla Chiesa e al mondo.
* Fratel Adolphe Mulengezi, IMC, studia Comunicazioni Sociali a Roma.
Il Superiore Generale dei Missionari della Consolata, padre James Bhola Lengarin, ha celebrato il suo 25° anniversario di sacerdozio con una vibrante e gioiosa Messa di Ringraziamento nella parrocchia di Wamba, la sua parrocchia di origine nella diocesi di Maralal, in Kenya. L'evento, tenutosi l'11 agosto 2024, ha segnato una pietra miliare significativa nella vita di padre Lengarin, che ha servito la Chiesa con incrollabile dedizione in vari paesi, tra cui il Kenya e l’Italia.
Padre James è nato il 15 aprile 1971 a Maralal, sede amministrativa della contea Samburu, in Kenya. Il suo cammino verso il sacerdozio è iniziato nel 1990, quando è entrato nei Missionari della Consolata, congregazione dedita alla prima evangelizzazione e al lavoro missionario. Dopo anni di rigorosa formazione spirituale e teologica, ha pronunciato i suoi primi voti religiosi nel 1994. È stato ordinato sacerdote il 18 luglio 1999, proprio nella Missione di Wamba, il luogo in cui avrebbe poi celebrato il suo 25° anniversario.
La celebrazione è stata un evento gioioso e allo stesso tempo toccante, a cui hanno partecipato molti missionari della Consolata, sacerdoti diocesani e suore di varie congregazioni. I cristiani della diocesi di Maralal, in particolare quelli della missione di Wamba, si sono uniti a quelli delle diocesi vicine per esprimere la loro gratitudine a Dio insieme a padre James per il suo servizio alla Chiesa e alla missione in tutti questi anni. Le danze tradizionali e i canti di lode hanno creato un’atmosfera gioiosa.
Padre James Lengarin con i suoi compagni della scuola primaria e secondaria di Wamba.
Nella sua omelia, padre James ha condiviso alcune riflessioni sulla sua vocazione, sottolineando la natura divina della chiamata. "Molti di noi qui sono cristiani; abbiamo accettato la parola di Dio attraverso il battesimo che abbiamo ricevuto, ed è per questo che siamo venuti qui per ringraziare Dio. È Dio che chiama, l’iniziativa è sua, non degli esseri umani", ha detto. "Dio chiama e ci invia dove vuole. Ci chiama ad essere strumenti di amore e consolazione per i nostri fratelli e sorelle".
Padre James ha evidenziato i diversi modi in cui le persone possono servire Dio, come catechisti, sacerdoti, religiosi/e consacrati/e, ma tutti uniti nella stessa missione, nel fare la volontà di Dio. Ha ricordato ai presenti l'importanza di rispondere alla chiamata di Dio con cuore disponibile, dicendo: “Quando riceviamo la chiamata di Dio, rispondiamo sempre: Eccomi, Signore, per fare la tua volontà”. Questo “Eccomi” ci accompagnarerà e guiderà sempre nel compiere la volontà di Colui che ci ha chiamato".
Il coro di Wamba che ha animato la Messa di ringraziamento per il Giubileo d'argento di padre James.
Concludendo la sua omelia, il superiore generale ha ribadito il suo impegno alla missione, dichiarando: “Sono un ambasciatore di Cristo, e per questo sono pronto ad andare per predicare la buona novella ovunque il Signore mi invia, per portare amore e consolazione ai nostri fratelli e sorelle”.
La celebrazione dei 25 anni di sacerdozio di padre James Bhola Lengarin non è stata solo una pietra miliare personale, ma anche un'espressione comunitaria di fede e gratitudine della comunità cristiana della diocesi di Maralal. L'evento ha lasciato una indelebile testimonianza di una vita dedicata al servizio di Dio e della gioia che deriva dal rispondere alla Sua chiamata.
* Fratel Adolphe Mulengezi, IMC, è uno studente Congolese di Comunicazioni Sociali.
Una donna del popolo Samburu