Il Santo Padre ha nominato vescovo Coadiutore di Isiolo (Kenya) il Rev.do padre Peter Munguti Makau, IMC, finora Superiore Regionale dei Missionari della Consolata in Kenya e Uganda.
Mons. Peter Munguti Makau è nato il 6 maggio 1975 a Nairobi, nell’omonima Arcidiocesi. Ha fatto i suoi studi elementari e secondarie a Kionyueni Primary school (1982 - 1990). Ha iniziato la sua formazione religiosa come Missionario della Consolata a Nairobi, presso il Consolata Seminary dove ha vissuto il suo postulandato e ha compiuto gli studi filosofici. Ha svolto il noviziato a Sagana (Kenya) e ha emesso i primi voti il 6 agosto 1999. Ha compiuto gli studi teologici a Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo, presso l’Institut Saint-Eugène de Mazenod e ha emesso i voti perpetui il 5 dicembre 2003. È stato ordinato presbitero il 20 novembre 2004 nella Diocesi di Machakos.
Dopo l'ordinazione è stato inviato in missione in Venezuela dove ha conseguito un Diploma in Diritto Canonico presso l’Universidad Monteávila a Caracas (Venezuela).
Ha ricoperto i seguenti incarichi: Parroco a Carapita, Arcidiocesi di Caracas (2006-2014); Superiore Delegato IMC per il Venezuela per due mandati (2014-2019). Dal 2019 è Superiore Regionale dei Missionari della Consolata in Kenya e Uganda.
Ringraziamo il Signore per questo dono alla Chiesa e al mondo missionario, e affidiamo il suo ministero alla protezione del Beato Fondatore e della Vergine Consolata.
Padre Peter Makau con il Nunzio Apostolico, il gruppo di missionari della Consolata e amici a Caracas, Venezuela nel 2019.
Descritto come un missionario appassionato e vivace, padre Antonio Bianchi, IMC, è mancato a Nairobi, Kenya, domenica 14 aprile 2024.
Secondo padre Peter Makau, Superiore dei Missionari della Consolata della Regione Kenya/Uganda, padre Bianchi soffriva di una lieve infezione polmonare e, data l'età avanzata, è morto circa alle ore 14.20, dopo aver pranzato.
Nato il 13 giugno 1922 a Verbania, giorno della festa di Sant'Antonio di Padova, sulle rive del Lago Maggiore, a nord-ovest di Milano, padre Bianchi era il più anziano Missionario della Consolata nel mondo, avendo compiuto 101 anni, di cui 82 di professione religiosa e 78 di sacerdozio.
In un'intervista rilasciata al CISA (Catholic Information Service for Africa) nel 2023, mentre festeggiava il suo 101° compleanno, il missionario entrato nell’Istituto 84 anni fa, ha dichiarato: «Non sapevo, 83 anni fa, che avrei incontrato tante persone intorno a me per festeggiare una vita che ho scelto di vivere. Avevo 17 anni quando sono entrato nei Missionari della Consolata. Ora le mie ossa sono deboli, ma sono sempre stato felice. Ho trovato superiori molto comprensivi e collaborativi, che mi hanno sostenuto nelle mie debolezze».
Padre Bianchi è stato ordinato sacerdote il 15 agosto 1945 a Rosignano, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Fu subito destinato in Portogallo, dove arrivò nel settembre del 1946 come uno dei primi missionari della Consolata a lavorare nel Paese. In un primo momento a Fatima, nella formazione, ma poco dopo fu nominato parroco della parrocchia di Castanheira do Ribatejo, nel comune di Vila Franca de Xira, servendo quella porzione del popolo di Dio dal 5 ottobre 1946 al 13 dicembre 1954. La parrocchia, situata in una zona piuttosto scristianizzata, era priva di un parroco residente da diversi anni.
Da Lisbona, padre Albino Braz racconta che i Missionari della Consolata furono ben accolti dalla popolazione e il Consiglio della frazione di Castanheira aveva perfino deciso di dedicare una strada a padre Bianchi. Il 13 giugno 1949 (proprio il giorno del suo compleanno) fondò la “Gioventù di Castanheira”, un'Associazione sportiva, culturale e ricreativa. Nel 2019 - quando questa associazione compiva 70 anni - hanno scritto di lui: «Padre Bianchi, con spirito missionario, ha portato nella nostra terra la solidarietà, la gioia di vivere insieme, l'unità, la soddisfazione di realizzarsi e il rispetto per gli altri. Sono valori che vogliamo veder rinascere attraverso le attività che sviluppiamo».
Padre Bianchi era arrivato in Kenya nel 1955, all'età di 33 anni, durante la lotta per l'indipendenza. In questo Paese africano ha trascorso la maggior parte della sua vita missionaria, lavorando in varie missioni e dedicandosi soprattutto alla pastorale e all'evangelizzazione. Inizialmente era stato assegnato a Ngandu-Murang'a, oggi diocesi, ma all'epoca, terreno favorevole ai combattenti Mau Mau; in seguito, venne ricollocato a Ichagaki, sempre nella diocesi di Murang'a.
«Era un posto molto bello, con montagne e pianure. C'era molta gente di etnie diverse che si mescolavano e vivevano insieme in modo naturale. Andavamo in giro a piedi per vedere le persone e affrontare le sfide. Me lo sono goduto appieno», ha ricordato padre Bianchi, nel 2023.
Nel 1956 tornò a Ngandu, dove il suo più grande contributo fu l'educazione delle bambine, che era stata ignorata. Vi lavorò per tre anni e con “un piccolo contributo” vide la creazione di una scuola secondaria femminile, l'attuale “Bishop Gatimu Ngandu Girls High School”.
Conoscendo bene la lingua kikuyu e con una memoria raffinata, il tenero missionario italiano ha rivelato che la conoscenza della lingua locale agikuyu gli aveva permesso di concentrarsi meglio sul lavoro pastorale nel Kenya centrale: parrocchia di Rumuruti, nella diocesi di Nyahururu e parrocchia di Makima, in diocesi di Embu.
«Un sacerdote è tale perché cresce con il suo popolo. Non soltanto preghiere o attività religiose, ma ogni gesto contribuisce a perfezionare la vita del popolo... Il Kenya ha prosperato negli anni nonostante le sfide del tribalismo e della corruzione. Esorto i kenioti a non attaccarsi a questi condizionamenti privati, ma a concentrarsi su questioni che riguardano le persone nelle comunità. Sostenere le scuole e costruire più collegi e università», diceva all'epoca.
Padre Peter Makau elogia padre Bianchi come un grande missionario, con il cuore per la gente e per la Madre Terra, un religioso che ha sempre incoraggiato i confratelli a essere felici, nonostante le sfide della vita.
Padre Antonio Bianchi con il Mons. Vigilio Pante, vescovo emerito di Maralal nel Kenya. Foto: Arnold Neliba -The Seed Magazine
Va inoltre ricordato che padre Bianchi è stato una figura importante anche per Verbania, sua città natale, in Italia, e di cui è diventato cittadino onorario nel 2005, «per la sua vocazione e il suo impegno nelle missioni religiose e nel sostegno ai più poveri del mondo», come si legge nel discorso di conferimento del titolo.
Nel giorno del suo 100° compleanno, ricordando gli anni trascorsi in Portogallo, ha confessato di amare molto questo Paese, di essere particolarmente devoto della Madonna di Fatima e di non dimenticare tutto l'affetto e le grazie che vi ha ricevuto, in particolare dai suoi parrocchiani di Castanheira do Ribatejo.
È morto due mesi prima del suo 102° compleanno, proprio nella III domenica di Pasqua, giorno in cui il Vangelo ci invitava a testimoniare il Cristo vivo, Cristo risorto. Questa è stata senza dubbio la sua vita missionaria e apostolica. Ha vissuto la sua vocazione in modo esemplare, tutto per Gesù, tutto per il Vangelo. Che riposi in pace, tra le braccia del buon Dio, che ha tanto amato e servito.
* Paschal Norbert, giornalista del “Catholic Information Service for Africa” (CISA), a Nairobi, in Kenya.
Parlando alla conclusione della XIII Conferenza della Regione Kenya, il Superiore Generale, padre James Lengarin, ha messo in guardia i missionari dal rischio di perdere l'attenzione all'essenziale della vita consacrata vivendo "una vita mediocre" che produce "...superficialità, perdita di entusiasmo, e una serie di altri problemi che condizionano poi le scelte di alcuni missionari".
La Conferenza tenutasi a Sagana, dal 26 febbraio al 1° marzo, ha riunito 46 delegati rappresentanti dei missionari della Consolata che lavorano in Kenya e Uganda con l'obiettivo di pianificare la vita e la missione per i prossimi sei anni.
All'incontro con il Padre Generale hanno partecipato anche il Vice Superiore Generale, padre Michelangelo Piovano e il Consigliere Generale incaricato del Continente Africa, padre Erasto Mgalama.
Nel sollecitare una forte fraternità tra i missionari, il Padre Generale ha osservato che la superficialità e l’individualismo nella vita comunitaria sono spesso il risultato di "una mancanza di chiarezza dei ruoli all'interno della comunità, della scarsa volontà di alcuni dei loro membri di assumere il proprio ruolo con coscienza, responsabilità e servizio”. P. James ha poi aggiunto che “l'entusiasmo per la vita consacrata sta diminuendo e la fedeltà a questo ideale è diventata fragile e difficile da mantenere".
A questo scopo il padre Lengarin ha sottolineato l’importanza che ogni comunità pianifichi insieme, permettendo la viva partecipazione di tutti i suoi membri, con l’obbligo della comunità di chiarire il ruolo, le capacità e i doveri di ciascuno in conformità alle nostre regole di vita.
La Conferenza ha riunito 46 delegati rappresentanti dei missionari della Consolata che lavorano in Kenya e Uganda.
"È essenziale riaffermare lo spirito con cui ciascuno deve incarnare il proprio ruolo: è un servizio per tutti, da svolgere con senso di responsabilità, impegno, preparazione e generosità", ha spiegato aggiungendo che “il superiore locale di ogni comunità dovrebbe creare un clima di fiducia reciproca in cui il ruolo di ciascuno sia rispettato, attuando decisioni attraverso un discernimento comunitario”.
In questo "spirito di famiglia, la comunicazione vera, sincera e fraterna all’interno della comunità locale può contribuire a costruire un forte senso di appartenenza all'Istituto”.
Il Superiore Generale ha anche incoraggiato i missionari a mettere in pratica le norme e la disciplina economica dell'Istituto. "Constatiamo con preoccupazione” ha affermato “alcune prassi economiche in cui aumentano le mancanze contro la povertà, la trasparenza finanziaria e la condivisione fraterna. Facciamo ancora fatica a capire che il tempo delle "vacche grasse" è finito, che l'Europa non ha più la forza di "mantenere l'Istituto… che dobbiamo avere il coraggio di lavorare per sostenere le nostre comunità e la nostra missione".
Infine, ha esortato i missionari ad avere sempre a cuore le persone. "Siamo uomini consacrati e come tali siamo uomini con dei limiti ma dobbiamo andare oltre l'ordinario per promuovere l’essere umano nella nostra società"
La XIII Conferenza della Regione Kenya, nel suo evolversi, ha cercato di integrare le decisioni del XIV Capitolo Generale che si è svolto a Roma nel 2023 e le indicazioni dell’Assemblea Continentale dell’Africa tenutesi in Tanzania nel mese di dicembre 2023.
Attualmente lavorano nel Kenya e Uganda 125 missionari della Consolata nelle circoscrizioni Ecclesiastiche di Embu, Isiolo, Jinja, Kakamega, Kampala, Kasaana Luwero, Kisumu, Lugazi, Malindi, Maralal, Marsabit, Meru, Mombasa, Murang’a, Nairobi, Nyahururu e Nyeri. Nella Regione studiano 32 seminaristi e 9 novizi.
I missionari della Consolata originari dal Kenya sono 260 (196 sacerdoti, 9 fratelli, 5 diaconi, 3 vescovi, 40 studenti e 7 novizi). Quelli provenienti dall'Uganda sono 39 (20 sacerdoti, 1 diacono, 15 studenti e 3 novizi).
* Lourine Oluoch è giornalista presso la rivista The Seed.
A due mesi dalla morte del missionario della Consolata, padre Josiah K'Okal, lo ricordiamo con alcuni interventi significativi.
Nato in Kenya il 7 settembre 1969, dopo un primo tempo di formazione in Kenya e poi in Inghilterra, è stato ordinato sacerdote il 9 agosto 1997 e nello stesso anno è stato assegnato dai suoi superiori al lavoro missionario in Venezuela. Nel 2005 è arrivato nel Vicariato Apostolico di Tucupita e ha dedicato il suo ministero al popolo Warao.
La sua scomparsa è stata denunciata il primo gennaio 2024 e il suo corpo senza vita è stato ritrovato il giorno successivo a Boca de Guara, nello Stato venezuelano di Monagas. Padre K’Okal è stato sepolto il 9 gennaio nella chiesa parrocchiale di San José a Tucupita.
Fonte: CAM - Cultures And Mission
Parlando ai missionari della Consolata che lavorano in Kenya e Uganda riuniti a Sagana per la loro 13 Conferenza Regionale, il vescovo della diocesi di Maralal, Mons. Hieronymus Joya, li ha incoraggiati “a mettersi al servizio di tutti, nei diversi luoghi di missione dove lavorano”.
Monsignor Joya ha presieduto la Messa con il 46 delegati della Conferenza il 28 febbraio. "Come leader della Chiesa, - ha detto - dobbiamo essere pronti a servire gli altri con sacrificio e con amore", sottolineando che “i missionari devono essere umili, amorevoli, altruisti e servitori di tutti”.
Ha ringraziato per l’invito a celebrare la Santa Messa, "mentre pianificate la vita e le attività missionarie della Regione Kenya – Uganda per i prossimi sei anni".
Originario di Asinge nella diocesi di Bongoma, nell’Ovest del Kenya, alla frontiera con l’Uganda, il secondo vescovo della diocesi di Maralal, Monsignor Joya è stato nominato dal papa Francesco nel luglio 2023 e consacrato il 22 ottobre dello stesso anno. È succeduto a monsignor Virgilio Pante, missionario della Consolata, primo vescovo della Diocesi di Maralal, un “pastore del gregge” molto attivo e sempre presente sul territorio, tra la sua gente.
Come membro della congregazione dei missionari della Consolata, monsignor Joya ha ricordato che la presenza del Superiore Generale, padre James Lengarin, e di alcuni membri del suo Consiglio, i padri Michelangelo Piovano ed Erasto Mgalama, è una testimonianza dell’importanza della Conferenza Regionale, non solo per la missione in Kenya e in Uganda, ma per tutto Istituto.
Ha ricordato a tutti che "State reincarnando ciò che i primi dieci missionari fecero nel 1904, nelle loro “conferenze” per pianificare la loro vita e le loro attività missionarie a Murang'a, nella stessa zona dove si trova Sagana dove si sta svolgendo ora la 13ª Conferenza regionale".
Facendo riferimento al Vangelo del giorno, Matteo 20, 17-28, Mons. Joya ha osservato che, in quanto agenti di evangelizzazione il cui mandato principale è la missione ad gentes, i missionari dovrebbero evitare quella che ha definito come “la sindrome dei figli di Zebedeo, cioè la ricerca di privilegi e dei posti migliori nella missione”.
"Oggi un buon numero di missionari soffre della sindrome dei figli di Zebedeo: cercano favori dalle persone che hanno autorità e cercano i posti migliori nelle missioni con tanti mezzi e strutture, ma non sono disposti a fare alcun sacrificio per la salvezza del popolo di Dio, come fecero i primi missionari", ha specificato il Vescovo, che in passato è stato, per due mandati, Superiore della Regione Kenya/Uganda.
Secondo monsignor Joya, un missionario che non è disposto ad andare a servire i poveri, gli emarginati e i gruppi vulnerabili della società non risponde allo scopo della Congregazione.
Continuando la sua riflessione, il vescovo ha manifestato una preoccupazione per il fatto che oggi tante congregazioni religiose sono esageratamente preoccupate dei loro investimenti, per la loro sopravvivenza, poiché "in questo modo rinunciamo al senso della provvidenza divina e cerchiamo la sicurezza nella capitalizzazione delle ricchezze materiali per il nostro sostentamento, senza risparmiare nulla per la costruzione del Regno".
"In mezzo alle sfide economiche del nostro tempo, - ha dichiarato il vescovo - è necessaria un giusto utilizzo delle risorse, una corretta gestione e amministrazione e l'investimento in progetti che producono reddito".
Secondo il vescovo Joya, “consolidare le risorse finanziarie nel fondo comune e condividerle garantisce un'economia sostenibile che permette ai missionari di avere le risorse sufficienti per vivere con dignità e svolgere le loro attività missionarie senza problemi”.
Ha quindi ricordato i principi basilari del nostro stile di amministrazione nella missione: “la fiducia nella provvidenza divina, la moderazione negli acquisti, la responsabilità e la trasparenza nell'uso delle risorse”.
In fine, ha espresso la fiducia che, come Congregazione, "possiamo pianificare bene gli obiettivi e le attività dei prossimi sei anni, per dotarci di una buona struttura organizzativa e promuovere iniziative e processi a tutti i livelli della congregazione, a servizio della Missione ".
Concludendo la sua omelia, il vescovo ha affidato i lavori della Conferenza alla materna protezione della Madre Consolata, del Beato Fondatore, Giuseppe Allamano, e delle Beate Irene e Leonella.
Maralal è una diocesi relativamente giovane, creata nel 2001 dalla scissione della diocesi di Marsabit, si estende per una superficie di 20.800 chilometri quadrati, nel centro Nord del Kenya, dove vivono diversi popoli, in prevalenza nomadi dediti all’allevamento del bestiame: Samburu, Turkana, Pokot, Rendille, Gabbra, a cui si sono uniti Somali, Kikuyu, Luo e Akamba.
* Padre Daniel Onyango Mkado, IMC, comunicazione Regione Kenya