L’Ufficio della Formazione Permanente dell’Istituto Missioni Consolata ha organizzato dal 2 al 17 settembre 2024 a Roma, il primo corso di formazione permanente per i formatori delle tappe del noviziato, teologia e specializzazione. Un secondo corso è previsto per settembre 2028.

L’iniziativa ha visto la partecipazione di 13 formatori provenienti dall'Africa, dall'America e dall'Europa. L’Ufficio per la comunicazione ha raccolto le testimonianze dei partecipanti al corso che hanno presentato le rispettive comunità formative, hanno evidenziato l'importanza del corso e hanno pure lasciato un messaggio in occasione della canonizzazione di San Giuseppe Allamano.

Apri la serie di testimonianze il padre Nicholas Odhiambo Omondi, IMC, keniota e rettore nel seminario internazionale di Bravetta a Roma, una comunità di 28 studenti di 11 nazionalità, con un'équipe di 4 formatori.

* Video realizzato dal Segretariato Generale per la Comunicazione.

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I formatori partecipanti del corso di formazione continua provenienti dall'Africa, dall'America e dall'Europa.

Ne parlano padre Michelangelo Piovano, vice Superiore Generale; padre Sandro Faedi, a lungo missionario in Mozambico; padre Gianfranco Graziola, membro della Coordinamento nazionale della pastorale carceraria in Brasile; padre Flavio Pante, missionario in Congo; padre Adolfo De Col, a lungo missionario in Kenya.

Video CAM Cultures And Mission – IMC Torino

Il corso di formazione permanente per i formatori che si è svolto a Roma dal 2 settembre, si è concluso con una messa presieduta dal Superiore Generale, padre James Lengarin nel giorno della memoria della Beata Leonella Sgorbati, martire, questo martedì, 17 settembre.

Durante la celebrazione il Padre Generale ha invitato a guardare all'esempio della vita dei santi, dai quali “possiamo attingere sempre qualcosa”. Questo perché “la nostra vita è sempre un attingere degli altri come esempio da imitare”. Suor Leonella uccisa a Mogadiscio in Somalia il 17 settembre 2006 e proclamata Beata nel 2018, "è una martire perché non ha pensato solo a sé stessa, ma ha pensato sempre a lavorare, a insegnare, a formare infermiere, cioè, a donare la propria vita come missionaria. Alla fine ha dovuto dare ancora di più, fino a dare la propria vita”, ha sottolineato padre Lengarin.

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“Donarsi per gli altri ci spiazza ma è sempre un guadagnare, non è mai una perdita. Per noi, Leonella è una sorella che amava la vita, la missione, una sorella martire. Ecco quello che l’Allamano voleva. Noi siamo una di quelle opere che il Fondatore ha compiuto e lui è contento per questa sorella, è contento per l’evangelizzazione che facciamo, per questo donare noi stessi fino alla fine”, ha evidenziato padre Lengarin nella sua omelia.

Rivolgendosi ai 13 formatori presenti, provenienti dall'Africa, dall'America e dall'Europa, padre Lengarin ha ricordato: “La vostra missione è sempre donarsi, lasciare tutto per donare la vita agli altri perché loro diventino il di più e noi diminuiamo”. Nella formazione oggi, “ci sono tante sfide, ma possiamo sempre andare oltre con la nostra umiltà, la nostra semplicità, il nostro ascolto ed accompagnamento, anche con il nostro silenzio”.

Il Superiore Generale ha poi ricordato che “nel martirio continuiamo la tradizione di Gesù. È un episodio quotidiana perché ogni giorno noi lasciamo qualcosa di noi stessi per donare agli altri…”. Tutto questo per amore. “Un cristiano è colui che ama Gesù e tutti sono fratelli e sorelle, lontani e vicini. Quindi, amare è amare fino in fondo, un amore che ci fa sentire martiri. Allora diventiamo il quinto Vangelo che si realizza nel donare, nell’avvicinarci alla gente. Lasciamoci trasportare dalla Parola di Dio”. Nelle comunità formative, “avete i ragazzi, amateli, per trasmette loro sempre la Parola di Dio”.

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“Allora preghiamo perché come i martiri, il Signore ci conceda la grazia di diventare totalmente liberi, fedelmente spogliati da tutte le cose che ci fanno attaccati a questo mondo per andare oltre, al dipiù. Essere santi per potere essere missionari. Questo è il testamento che l’Allamano ci ha lasciato”.

Dopo aver ringraziato i formatori per il compito al quale l’Istituto li ha chiamati, il Padre Generale ha finalizzato con queste parole: “Vi auguro ogni bene nel vostro servizio di accompagnare questi ragazzi. L’Istituto è sempre con voi in tutto quello che fate”.

Una visione generale del corso

La realizzazione del corso è la prima risposta alle indicazioni del  XIV Capitolo Generale (2023) che aveva chiesto alla Direzione Generale di avviare “una riflessione globale sulla nostra formazione” (XIV CG 42). La programmazione dell’evento è stata organizzata dal Segretariato per la Formazione il cui responsabile è il Consigliere Generale, padre Mathews Odhiambo Owuor. Collaborano in questo ufficio i padri Antonio Rovelli ed Ernesto Viscardi che coordinarono i lavori. Un secondo corso è previsto per settembre 2028.

Oltre ai temi studiati con l'aiuto di esperti, ai momenti di condivisione, preghiera e celebrazione, la Direzione Generale ha fornito ai formatori una panoramica globale dell'Istituto, in particolare della sua organizzazione, programmi di formazione, dell’economia e missione. In questa sezione erano presenti anche il Superiore General, padre James Lengarin e il Consigliere per l’Africa, padre Erasto Mgalama.

Al termine dei lavori, in un video realizzato dal Segretariato per la Comunicazione, il padre Mathews Odhiambo ha commentato le tematiche del programma dei 15 giorni di corso e ha rilasciato la sua valutazione dell'evento. Vedi il video.

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Gruppo dei formatori con la comunità della Casa Generalizia a Roma. Foto: Edilberto Maza

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Segretariato per la Comunicazione.

“Siamo ormai vicini alla canonizzazione dell’Allamano e per noi c’è un obbligo maggiore di guardare alla sua esemplarità di vita”, ha esordito padre Pietro Trabucco parlando ai formatori riuniti a Roma per il corso di formazione permanente dal 2 al 17 settembre 2024.

Con una profonda comprensione della vita del Fondatore e della missione dell'Istituto, dove ha svolto diversi servizi, compreso quello di Superiore Generale, padre Trabucco che attualmente risiede nella Casa Natale dell’Allamano a Castelnuovo don Bosco, ha focalizzato la sua riflessione sul formatore como testimone. Secondo lui, il testimone è “una persona che può far fede a un fatto per averne diretta conoscenza”. La parola “testimone” deriva sia dal greco che dal latino e significa “ricordarsi, ripensare”.

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Ricordarsi vuole dire “prendere coscienza di qualcosa di sperimentato e non semplicemente di una cosa saputa. Il testimone racconta, manifesta con la sua vita ciò che ha vissuto, non semplicemente quello che sa. Il ricordare è infine portare a conoscenza di altri questa esperienza vissuta, affinché essi possano partecipare e condividerne il contenuto”.

“Un formatore diventa efficace e efficiente nel suo lavoro quando riflette dei valori che lui stesso vive nella propria vita a cui cerca di dare delle risposte”, afferma padre Trabucco citando come esempio San Paolo che, si considera un testimone di Cristo. “Il Beato Allamano si muoveva nella stessa linea di San Paolo”.

Vedi il video realizzato dal Segretariato Generale per la Comunicazione.

I requisiti per essere testimoni

Nel nostro contesto, secondo padre Trabucco, “il formatore IMC deve essere testimone di Cristo, dei valori del carisma dell’Allamano, del sacerdozio, delle esigenze della missione. Tutte realtà che fanno parte della nostra vocazione e che noi abbiamo vissuto e che vogliamo comunicare anche ad altri. Chi è chiamato ad essere guida di giovani deve avere avuto una esperienza di familiarità con Cristo e della sua sequela, deve cibarsi costantemente di tutti gli elementi carismatici che lo Spirito ci ha donato per mezzo di Giuseppe Allamano”.

Giuseppe Allamano e la testimonianza

“Dopo aver fondato i due Istituti, Giuseppe Allamano si è subito preoccupato che i missionari avessero l’equipaggiamento necessario, fino al punto che i temi delle sue conferenze erano quasi totalmente dedicate a questo”, ha ricordato padre Trabucco. Nelle sue conferenze ai missionari, diceva: “Prima riempiamo la conca della nostra vita e in secondo luogo, nel lavoro missionario, noi daremo a piene mani ciò di cui il nostro cuore è pieno”.

Il cuore del missionario potrà sostenere il ritmo incalzante della missione “soltanto se viene ossigenato e trae forza dall’amore, dalla spiritualità, dalla qualità di vita”, i tre primati su cui si basava la pedagogia missionaria dell’Allamano.

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Il formatore IMC oggi

“Il formatore nell’Istituto” è stato il secondo tema presentato da padre Trabucco. “L’Istituto ha scelto di rimanere unito e interdipendente (non diviso in province). Pertanto, tutte le nostre comunità sono generalmente formate da confratelli di estrazioni diverse. L’interculturalità è ricchezza e sfida, crea opportunità di crescita ma ci costringe a rivedere tante nostre idee. In questi anni il tema dell’interculturalità è stato discusso e approfondito molteplici volte. È di fondamentale importanza per noi”, ha spiegato il relatore.

Parlando sulla realtà dell’Istituto, padre Trabucco ha ricordato che viviamo “un’evoluzione continua di mentalità sociale che plasma soprattutto le giovane generazioni. Questa realtà, sta viaggiando veloce sui mezzi di comunicazione e influenza le generazioni giovani. In questa società liquida (Zygmunt Bauman) ai formatori dell’Istituto è dato il compito di accompagnare i giovani a formarsi allo spirito di Giuseppe Allamano, in una Chiesa anch’essa in costante trasformazione ma che si sforza di portare il Vangelo di Gesù a tutti i settori della società”.

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In fine, per sviluppare il tema, padre Trabucco ha proposto di soffermarsi su due esempi di ispirazione per il nostro lavoro formativo: quello di Gesù e quello del nostro Padre Fondatore.

Gesù è Maestro e formatore dei suoi discepoli. Dal Fondatore, padre Trabucco ha ricordato quattro aspetti importanti per i formatori: “1. Saper accompagnare la persona del giovane in maniera integrale, in tutti i suoi aspetti di vita; 2. Il bisogno di una spiritualità robusta per essere guida; 3. Investire sullo spirito di famiglia e il senso di appartenenza all’Istituto; 4. Promuovere la fedeltà al carisma nelle nostre comunità interculturali”.

* Padre José Martín Serna, IMC, maestro di novizi a Manaus e padre Jaime C. Patias, Segretariato per la Comunicazione.

“La vita consacrata è un segno visibile dell'azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa che di fronte a una realtà che cambia, cerca di dare una risposta creativa, missionaria, profetica ed evangelizzatrice alla missione della Chiesa”.

Il programma del corso di formazione permanente per formatori a Roma ha incluso tra i temi di studio una “Visione ecclesiale sulla formazione dei consacrati”. La riflessione del 12 settembre è stata svolta da suor Simona Brambilla, MC, segretario del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Ha iniziato la sua carriera professionale come infermiera professionale, poi ottiene la licenza e successivamente il dottorato in psicologia all’Università Gregoriana,  con una lunga esperienza nella pastorale giovanile. Eletta nel 2011 Superiora generale dell’Istituto delle Missionarie della Consolata e rieletta nel 2017, ha mantenuto l’incarico fino a maggio 2023.

“La formazione è un processo vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l’arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo (VC, n. 68)”, ha ricordato Suor Simona citando l'esortazione Vita Consecrata. La presentazione si è basata sui vari messaggi del Papa Francesco.

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La Vocazione come un diamante

“La vocazione è come un - diamante grezzo -  da lucidare, da lavorare, da plasmare in tutte le sue facce”, ha detto Suor Simona riprendendo il pensiero di Papa Francesco. “Il diamante, preziosissimo cristallo caratteristico per la sua eccezionale durezza e resistenza, brillantezza e capacità di riflettere la luce, ha bisogno di una lavorazione lunga, paziente, complessa, delicata e attentissima, per liberare la sua bellezza. La bellezza del diamante è espressa e valorizzata da un taglio esperto, capace di esaltarne i vari lati e le varie modalità di rifrazione della luce”. In questo contesto, il ruolo del formatore è quello di accompagnare il candidato nel suo processo di essere lavorato e plasmato dalla grazia di Dio.

In questo video realizzato dal Segretariato per la Comunicazione, Suor Simona presenta alcune immagini della vocazione e della missione del formatore.

“L’immagine del diamante può costituire una efficace metafora che accompagna il ministero formativo. La persona, ma anche la comunità, possono essere meglio comprese a partire da uno sguardo ampio e profondo, capace di concentrarsi attentamente su una particolare sfaccettatura del diamante per lavorarla e farne risplendere la bellezza originale, e allo stesso tempo di ampliare la visuale all’architettura complessiva del cristallo, senza perdere di vista l’articolazione delle sue parti” (Vita Consecrata n. 48).

Obiettivo centrale della formazione

Sour Simona ha enfatizzato che, “l’obiettivo centrale del cammino formativo è la preparazione della persona alla totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di Cristo, a servizio della missione. Ogni candidato che risponde ‘si’ alla chiamata di Dio dovrebbe aprire lo spazio della propria vita all'azione dello Spirito Santo; accogliendo con fede le mediazioni che il Signore e la Chiesa offrono”.

La formazione dovrà, pertanto, “raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni suo atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita, abbia a rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio”.

Suor Simona ha insistito nel dire che la formazione non finisce ma è un cammino continuo. “L’impegno formativo non cessa mai. Occorre, infatti, che alle persone consacrate siano offerte sino alla fine opportunità di crescita nell'adesione al carisma e alla missione del proprio Istituto”.

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Formazione come un cammino di discernimento

Se la formazione è un cammino di trasformazione di tutta la persona, fin nelle istanze più profonde del cuore, allora occorre che la persona impari a discernere ciò che abita il proprio cuore, per riconoscere e coltivare ogni energia che la porta a Cristo e per distinguere e distanziarsi da ogni energia che la allontana da Cristo, dall’amore.

“Il processo del discernimento spirituale porta così la persona a passare dalla frammentazione e dalla dispersione ad una sempre maggiore unificazione interiore, a un raccogliere e ordinare le proprie energie verso Dio. Il discernimento punta al concreto, alla vita, affinché la persona cresca nella coerenza fra ciò che proclama come ideale e ciò che vive nel quotidiano”.

Il formatore e l’accompagnamento

Nessuno può accompagnare un altro per una via che egli stesso non conosce. Secondo Suor Simona, per accompagnare la persona in formazione, “il formatore deve a sua volta avere compiuto (e continuare a compiere!) un percorso personale, serio, sincero e prolungato, di accompagnamento, nel quale abbia potuto liberare e coltivare la propria docibilitas, rivisitare le aree profonde della propria vita, lasciandole illuminare e guarire dalla Grazia, aprire il proprio cuore alla gioiosa e sincera ricerca della volontà di Dio, sentita come Amore che attrae, affascina e orienta i desideri più profondi dell’anima”.

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Gruppo di formatori in visita ad Assisi l'8 settembre 2024.

Il formatore è chiamato a custodire nella riservatezza la vita dei seminaristi. “Sono necessari formatori che sappiano garantire una presenza a tempo pieno, e che siano anzitutto testimoni di come si ama e si serve il popolo di Dio, spendendosi senza riserve per la Chiesa”.

Suor Simona ha concluso la sua presentazione dicendo, “nell’immagine del Pellegrino sulla via di Emmaus, l’accompagnatore si affianca al fratello, nei suoi lati diurni e in quelli notturni, in un cammino che alterna momenti di silenzio e ascolto, di apertura rispettosa di spazi perché l’altro riveli le sue sfaccettature e si racconti, di momenti in cui tali sfaccettature, accolte e amate, vengono illuminate e lavorate da un Parola che si lascia mediare anche da parole e gesti umani.”

* Padre Josephat Mwanake, IMC, Comunità Formativa Porta Pia di Roma.

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