A colloquio con l’architetta Daniela Giuliani

A nord della Costa d’Avorio, nella diocesi di Odienné, presso la parrocchia Saint Joseph Mukasa di Dianra-Village dei Missionari della Consolata, su di un piccolo poggetto di pietra rossa, dal 2019 sorge una chiesa che è la più umile delle architetture, ma stupisce chi arriva per il suo simbolismo profondo. L’architetta Daniela Giuliani, della diocesi di Senigallia, in Italia, ci racconta come è nata questa chiesa piena di luce e di colori, dove anche chi non sa leggere, o non conosce la lingua in cui si celebra può partecipare alla vita nuova. «La chiesa parrocchiale Saint Joseph Mukasa di Dianra-Village nasce dalla fede grande del primo catechista Maxime Soro e della sua gente, dalla premura dei padri missionari, dalla generosità di molti, e dal coraggio del mio amico, padre Matteo Pettinari, che mi ha chiesto di dar forma al loro sogno: poter celebrare le meraviglie di Dio in un edificio che potesse annunciare il suo amore per noi. Il cantiere è durato tre anni e ci ha insegnato tanto: nell’ascolto della cultura Senoufo, nella fede della gente semplice, nei materiali locali, nel cammino dei neofiti che a Pasqua ricevono il battesimo e danzano tutta la notte, nelle architetture copte e siriache più vicine alla terra ivoriana. Abbiamo proceduto spesso a tentoni, senza pretendere di capire sempre tutto, disegnare tutto, ma vivendo l’obbedienza alle ispirazioni che piano piano sono cominciate ad arrivare. E con stupore i mattoni impastati uno ad uno sono diventati muri, archi, volte, mai visti a Dianra, ma realizzati da una piccola impresa locale. E poi le mattonelle, scarto di un magazzino di Abidjan, che i catecumeni hanno dapprima sgranato e poi ricomposto, con l’aiuto di alcuni giovani partiti per una esperienza di missione, in forma di pani, di croci, di acqua che dà vita. E infine Sorò, piccolo di statura, arrampicato su trabattelli di fortuna per affrescare le pareti, lui che dipingeva murales e ha voluto usare i suoi tre barattoli di colori da carrozzeria… con una abilità degna dei migliori artisti». 

Nella chiesa di Dianra-Village a prima vista colpiscono i colori: quelli della tonalità della terra a segnare i volumi all’esterno; il blu, il rosso e il giallo oro all’interno, nella navata e nell’abside. Perché questa manifestazione forte dei colori, che, tra l’altro, era presente spesso nella storia della Chiesa quando la fede è stata forte? 

In architettura oggi dominano spesso il bianco, il grigio e le linee essenziali, cercando forse semplicità e purezza dopo l’epoca barocca, ma esprimendo probabilmente anche la realtà dell’uomo contemporaneo, il suo vuoto. La tradizione della Chiesa, dall’altra parte, ci dona esempi straordinari di edifici liturgici pieni di colore e di potenza espressi va. Lo spazio liturgico è spazio abitato, è spazio di relazioni e di incontro. La liturgia che vi si celebra tocca la vita, quella della terra (fatta dell’ocra delle case di terra cruda, del verde delle piantagioni di anacardo, del rosso delle strade impolverate) e quella del cielo, dove il rosso di Dio e il blu dell’umanità danzano insieme, i volti dei santi ci fanno compagnia e l’oro di Dio rende luminosa la vita. Me lo hanno ricordato gli abiti degli amici di Dianra: in questo villaggio, dove non vi sono quadri alle pareti delle case, la loro vita esplode nel colore dei vestiti, che dicono la nostra appartenenza e cambiano colore nei giorni di festa. 

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È proprio la gioia che esprimono questi colori e la luce che pervade la chiesa. Secondo Alexander Schmemann la gioia non è soltanto una componente della nostra fede, ma «la tonalità che pervade tutto», è «la vocazione stessa della Chiesa». Nella gioia, ricorda Schmemann, la Chiesa diventa ciò che essa è. Come può un’architettura trasmettere questa gioia? 

Il “come” ci è insegnato nella liturgia che celebriamo. Noi entriamo con il nostro grigio, il nostro buio, la nostra morte. Ma il Signore fa nuovi noi e tutte le cose. Chi entra dalla porta, che è Cristo, è generato a vita nuova. La chiesa di Dianra è costruita a partire dal fonte battesimale, dove la notte di Pasqua i catecumeni si spogliano dell’abito vecchio e indossano quello di luce. E poi entrano in questa «stanza al piano superiore» dove tutto ci è dato in dono, da quella mano aperta del Padre che è nel punto più alto della chiesa, sopra l’altare. E tutta la vita è attratta dall’oro della Gerusalemme celeste dipinta nell’abside, dove tutto ciò che è oggi fatica e sudore, se vissuto nell’amore, diventa oro pieno di luce. 

Dipinti, mosaici, terracotte, volte a botte e archi... tutto vive in armonia in questo spazio. Ci ricorda le fabbriche delle basiliche, dove l’architetto univa tra di loro diverse arti. Un architetto che accoglie, mette insieme, ascolta, aiuta a discernere, fa partecipare. Perché, secondo Crispino Valenziano, tra tutti gli artisti è proprio l’architetto il «dispositore in globalità con armonia». 

Quello di Dianra era il mio primo cantiere e io ero lontana 7.186 chilometri da lì. Fortunatamente era presente padre Matteo che mi ha insegnato la via della Chiesa: se qualcosa deve parlare di Dio allora deve parlare il linguaggio di Dio, che è la comunione. In chiesa lavoravano non solo artisti con differenti abilità, ma lingue diverse, etnie diverse, religioni diverse. Poteva essere una Babele! Ma lo Spirito ha insegnato a tutti noi la via dell’umiltà, che significa in primo luogo ascoltare l’altro, cercare la sua bellezza, desiderare che possa essere il primo. Chi ha fatto i mosaici a terra con le piastrelle come nelle foto di Parc Guell di Gaudì, chi ha dipinto le pareti guardando i mosaici del Centro Aletti, chi ha costruito la volta a botte senza betoniera, ma catino dopo catino di cemento versato nella cassaforme di legno... non era lì per essere il primo, ma per servire nell’unità. 

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Credo anche io che l’architetto non può essere uno che produce delle cose da solo nel suo laboratorio e poi le offre o quasi le impone al mondo, ma che il suo ruolo sia quello di dare la possibilità di partecipare alla costruzione anche a persone diverse e di lavorare nella comunione, sperimentando la verità della vita nuova. Come faceva per esempio Gaudì che chiedeva l’opinione persino alle persone che incontrava per strada. 

Ogni architetto partecipa dell’azione creatrice di Dio. E questo è un mistero grande. Però possiamo abusare di questo potere e “imp orre” le nostre opere, oppure metterci in ascolto dello Spirito, di quella Sapienza che danzava davanti al Creatore mentre creava il mondo. Per me è stato facile perché era la mia prima architettura. Mi sono ripetuta spesso «quando sono debole è allora che sono forte, perché Tu sei la mia forza!». Si è generativi solo se in relazione. E la relazione è concreta: è non poter usare i materiali che vorresti, è non poter decidere tu le cose, è fidarsi dell’altro anche quando è debole come te. Ma se fai spazio, se ascolti, se ti fai strumento, allora ciò che si edifica non parla più “solo” di te e a te, ma partecipa della bellezza di Dio. 

Avete veramente lavorato insieme! La creatività della Chiesa, dunque, credo possa esprimersi nella bellezza di una chiesa che, anche se semplice, attira gli altri. A Dianra, infatti, in alcune case hanno cominciato a riprodurre ciò che hanno visto realizzare nella chiesa. 

Se un tetto di lamiera, la vernice da carrozzeria, le mattonelle di scarto, possono divenire «la chiesa più bella della Costa d’Avorio» come amano definirla loro, allora anche la loro vita di stenti, le loro case di terra cruda, il loro villaggio, può divenire il più bello della Costa d’Avorio! Nessuno aveva spinto o forzato queste persone a realizzare la stessa cosa che era stata fatta nella chiesa. In realtà la Chiesa non dovrebbe mai forzare. Erano semplicemente sospinti verso la bellezza, affascinati da qualcosa di vivo che poteva suscitare un po’di allegria nei loro cuori. 

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Paolo VI diceva agli artisti che «questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione» e che «la bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini». Ascoltando il suo racconto nasce il pensiero che forse proprio gli artisti e gli architetti cristiani potrebbero ridare all’architettura la sua verità profonda, ciò aiuterebbe anche l’uomo a ritrovare e a confermare la sua verità. 

Lavorare in terra di missione ti mette nel cuore gli stessi desideri del Padre: che ogni uomo e ogni donna abbia la vita e l’abbia in abbondanza. E quando risuonano queste parole nel buio di un villaggio dove tutto è povertà, solo ciò che è nell’amore ti sembra essere degno di essere pronunciato e costruito. Sembra che in questa storia stia succedendo qualcosa di tipicamente ecclesiale: una Chiesa locale che cammina insieme, che discerne insieme, che vive la comunione. Si potrebbe concludere che il cammino sinodale è il cammino della costruzione della Chiesa. 

*Andrej Brozovic è architetto, sacerdote e dottore in Missiologia. Questo articolo è stato pubblicato nell'Osservatore Romano martedì 28 febbraio 2023.

Oggi, 6 gennaio 2023, appena alzato ho visto la nuova macchina portata questa notte da Matteo. Si tratta di una Land Cruiser bianca che sarà la nuova ambulanza per l'ospedale. Finalmente, grazie all'impegno di tanti, il sogno si è avverato ed è  diventato realtà.

Quando circa un anno fa Matteo parlava della necessità di un'ambulanza idonea per viaggiare su queste piste, io per primo - quando aveva specificato il costo per l'acquisto - avevo pensato che era una assurdità... di questi  tempi sarà impossibile raccogliere  una tale somma (60 mila €)!

Confesso che questa è la seconda volta che  mi capita di peccare per mancanza di fiducia.

La prima volta è stato quando nel 2014 Matteo era in Italia per le sue prime vacanze dopo il suo ritorno in Costa d'Avorio. Io di solito  accompagnavo Matteo ai vari incontri e appuntamenti che aveva ed una volta ho assistito, a Senigallia, ad una riunione insieme a Daniela Giuliani ed altri suoi amici Architetti e Ingegneri. Si parlava di progettare la costruzione di una chiesa a Dianra Village. 

Seduto in un angolo della stanza, ascoltavo quanto dicevano in merito all'opera da realizzare e mi dicevo tra me: "Questi sono proprio dei sognatori matti!"

Infatti, nel 2007, io avevo  visitato quel luogo dove loro, 7 anni dopo, pensavano di costruire la chiesa a Dianra Village. Il posto era un terreno sopraelevato rispetto al villaggio con tante grosse pietre. Su una di queste, all'ombra di alberi maestosi, i primi missionari della Società  delle  Missioni Africane –negli anni novanta– avevano celebrato la prima Messa, usandola come altare. Il terreno interessato era stato poi dato alla comunità cattolica perché dicevano che quel luogo elevato era abitato dagli spiriti...

Ebbene, nel 2019 ho avuto  il privilegio di essere presente all'inaugurazione della nuova chiesa!

Oggi devo dire con assoluta certezza che la Provvidenza c'è! Esiste ed è veramente all'opera! 

Basta  avere fede, confidare nel Signore ed anche i sogni più  impossibili possono realizzarsi e diventare realtà. Di questo sono stato testimone!

*Pietro Pettinari è il papà di padre Matteo che lavora in Costa d'Avorio

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Da sinistra, Pietro, babbo di P. Matteo Pettinari che segue nella foto, la signora Carla Paccoia, promotrice principale del progetto, e Igino Pettinari

La narrazione che trasforma

Padre Clovis Audet, Missionario della Consolata, è nato nel 1935 in Quebec (Canada); ha emesso la prima professione religiosa nel 1959 ed è stato ordinato sacerdote nel 1963. La sua vocazione missionaria l’ha portato a lavorare 22 anni in Colombia; altri 17 in Africa (fra Costa d'Avorio e Congo) e poi, inarrestabile, in anni recenti ha raggiunto il Messico dove si trova tutt’oggi. Un mese fa ha pubblicato in Canadà il suo libro di memorie “Qui m’a appelé. Une vie missionnarie” (Chi mi ha chiamato. Una vita missionaria). Pubblichiamo un estratto del prefazio di questo libro, firmato dal padre Stefano Camerlengo, superiore Generale dei Missionari della Consolata, che fa una lettura del significato della missione nella vita di un missionario.

La missione lascia un segno nella vita

Molte volte mi sono domandato come la mia esperienza missionaria abbia influito sul mio modo di percepire gli altri, sul mio rapporto con il mondo delle cose, sulla mia relazione con Dio. Detto in altro modo: quali percorsi mi hanno condotto a essere quello che sono? In quale modo i contatti con gente di diversa cultura e sensibilità mi hanno cambiato? In che modo la vita in comune con confratelli, segnati da esperienze positive ma anche tragiche, mi ha cambiato? Come situazioni dense e difficili hanno affinato la mia sensibilità missionaria?

Nel racconto che fa padre Clovis della sua vita e missione ho trovato risposte interessante a queste domande. Leggendo il suo racconto conosciamo la missione non come qualcosa di perfetto e stupendamente unico, ma come un camminare passo dopo passo con l’umiltà di quello che siamo, la voglia di non mollare, il desiderio di andare avanti.

Raccontare la missione non è allora solo riportare fatti e problematiche missionarie e non si tratta nemmeno di esporre "criteri missionari" che forse solleticano la mente ma non il cuore. Raccontare la missione è soprattutto "ricordare" gli eventi fondanti che hanno segnato la vita, nel senso più ampio del termine e nei quali ci siamo sentiti accarezzati dalla mano invisibile di Dio. Lo ricorda anche il Papa Francesco quando dice che solo grazie all'incontro con l'amore di Dio siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall'autoreferenzialità; solo quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi, giungiamo ad essere pienamente umani oltre che disposti ad annunciare l'amore che ridona valore alla nostra stessa vita. (cf EG 8)

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Il padre Clovis in una foto recente, con un carissimo amico dei  Missionari della Consolata: Jacques Pelletier

Dimensioni fondamentali del nostro vivere missionario

Nel libro di padre Clovis mi sembra si possano identificare tre tipi di eventi che sono quasi paradigmatici e diventano insegnamento perché esprimono le costanti, gli atteggiamenti e le dimensioni fondamentali del nostro vivere la missione.

1. La narrazione dei dettagli della sua vocazione e del suo impegno missionario: i posti dove ha vissuto, le persone con cui ha condiviso. Nel suo suo racconto si mettono in evidenza azioni che, per quanto apparentemente insignificanti, innescano trasformazioni e mettono in movimento persone che, a loro volta, diventano strumenti di cambio. Le situazioni e le persone che si intrecciano con la missione di tutti i giorni, e la fanno crescere nella dimensione dell’annuncio, descrivono perfettamente la missione che non ci appartiene mai pienamente perché è di Dio.

2. La narrazione delle sconfitte, gli sbagli, le difficoltà. Questa è pure missione! Questa è la difficile strada della vita, e lui la presenta così com’è senza camuffare o barare! Ecco allora un richiamo a ritornare all’essenziale, a “Colui che ci ha chiamati". Anche la tragedia, le sconfitte, la perdita, l’annullamento delle nostre certezze mondane diventano appello alla conversione, si trasformano in eventi fondanti che ci riportano alle radici della nostra identità e missione.

3. La narrazione delle tensioni, dei cambi, dei problemi, dei conflitti. Anche tutto questo fa parte della missione, del camminare lento e quotidiano alla ricerca del meglio che sta sempre più avanti.

Il conflitto non si dissimula; tanto meno vi si rimane prigionieri gettando sugli altri le proprie “confusioni e insoddisfazioni”; semplicemente si accetta, si risolve, ci trasforma. Va affrontato nell’orizzonte della propria identità carismatica e missionaria e a partire dal criterio dell’accettazione dell'altro. Così le occasioni di conflitto sono trasformate in potenzialità a vantaggio della missione. 

Il libro di padre Clovis chiede a tutti noi, nessuno escluso, di far fruttare questo talento: fare della comunicazione, del racconto, uno strumento per costruire ponti, per condividere la bellezza dell'essere fratelli in un tempo segnato da contrasti e divisioni. I primi destinatari di un messaggio così impegnativo siamo noi, Missionari della Consolata come lui.

* p. Stefano Camerlengo è Superiore Generale dei Missionari della Consolata.

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Clovis bambino e la sorella Rita nella terra di famiglia a Maria, suo paese natale.

Aquí estoy de nuevo con una puesta al día de la situación en Côte d'Ivoire. Hay un poco de todo. Quizá lo que más nos preocupa a todos no lo cito, y es la posibilidad de que el AQMI (Al Qaeda del Maghreb islamique) entre en Côte d'Ivoire. El atentado que hubo hace cuatro días en Burkina faso ha despertado la alerta entre todos ya que hasta ahora Burkina Faso no había sufrido ningún atentado.

Por otro lado, la cuestión de la inseguridad comienza de nuevo a agravarse. Estamos en plena campaña de cacao, del agodón y dentro de poco empezará el anacardo con el café y la nuez de palma, por lo que hay mucho dinero que circula para pagar pequeños proprietarios, etc. Y los ataque empiezan a ser frecuentes. Todo esto crea una situación de intranquilidad en las economías domésticas que dependen de estos pagos para salir adelante, ya que la mayoría no tiene un sueldo mensual.

- A partir del 21 de enero, Air Ivoire, tendrá un vuelo diario de Abidjan a San Pedro. Hasta ahora eran cinco a la semana. El viaje cuesta casi 123,5 €, ida y dura unos 40 minutos. Hay unos 330 km entre San Pedro y Abidjan. El viaje por carretera por la "côtière" dura no menos de siete horas y media a causa de la gran cantidad de baches y del mal estado del asfalto. ADO había prometido hace unos seis meses que haría una autovía entre Abidjan y San Pedro en 2020. Yo, para ir a Abidjan, tengo que hacer unos 180 km más pero empleo siete horas y no me rompo los riñones ni los amortiguadores del coche.
- La justicia burkinabé ha lanzado un mandato de captura internacional contra Guillaume Soro, actual presidente de la Asamblea Nacional marfileña y ex-jefe de las "Forces Nouvelles" que dieron el golpe de estado contra Laurent Gbagbo el 19 de septiembre de 2002. Esto va a enturbiar mucho las relaciones entre Côte d'Ivoire y Burkina Faso. No sé cómo terminará este asunto. Hasta ahora, Guillaume Soro ha sorteado todos los obstáculos que han salido a su paso pero la prueba de las escuchas telefónicas es muy sólida para obviarla. Veremos lo que nos deparan los próximos meses.
- El ex-presidente de Burkina Faso, Blaise Compaoré, que reside en Côte d'Ivoire, ha sido solicitadotambién por la justicia burkinabé. Pero, como por arte de verbigracia, y gracias a que está casado con una marfileña, podría esquivar la justicia burkinabé acogiéndose a "su nacionalidad marfileña", ya que en ese caso, la Côte d'Ivoire tiene la obligación de proteger sus conciudadanos. Parece mentira pero es cierto. "La política es el arte de hacer posible lo necesario", ya lo dijo Charles Maurras.
- La tasa de presencia de los soldados marfileños era en 2011 del 55-60%, sin embargo, en la actualidad, es del 99%. Esta mejora de la disciplina de los soldados es un paso adelante en la reforma de este sector. Sería bueno también conocer si ha disminuido la tasa de extorsión a los sencillos ciudadanos que van en moto, en coche, en miniautobús, etc. Eso crearía un ambiente mucho mejor entre la población y el ejército.

- Es una pena pero se ha parado el proyecto de construcción de una universidad en San Pedro, donde vivo. La causa: la empresa constructira francesa Eiffrage ha aumentado el presupuesto inicial. Al inicio era de más de 128 millones de € y ahora había pasado a casi 305 millones de €. Así que el gobierno ha paralizado el proyecto. Un hecho similar ocurrió durante la construcción de la Universidad de Cocody, en Abidjan, que llegó a costar el puesto al Director financiero del Ministerio de la Enseñanza Superior, Cissé Bacongo. Es una pena porque la descentralización ayuda mucho a las familias, sino todo wl mundo se concentra en Abidjan que ya absorbe el 20% de la población total en Côte d'Ivoire.
- Tanto el agua como la luz han aumentado la factura entre un 10 y un 15% con lo que las economías familiares han sufrido esos aumentos que no se han correspondido en nada con el aumento de salarios. El otro día vino una chica a hablarme que forma parte de una familia de 12 personas, de las cuales 10 van a la escuela que han tenido que quitar la luz porque no llegaban a pagar cada mes. Ciertamente, los ingresos del estado aumentan a costa del sufrimiento de tantos contribuyentes (¡al menos, allí donde hay agua y electridad!)
- Côte d'Ivoire es el primer productor mundial de anacardo con un volumen de negocios de más de 513,7 millones de € en 2015 y una producción de unas 800.000 toneladas (el segundo es la India con 600.000 toneladas). Sin embargo, sólo el 7% de la producción es transformada en Còte d'Ivoire. Esta es la tarea pendiente. Mientras que India y Vietnam transforman la totalidad de su producción. Para los pequeños productores del norte, el anacardo es la única fuente de ingresos que puede cualitativamente mejorar la economía familiar ya que se paga a 0,762 € el kilo, casi el doble que los años anteriores.
- Desde el 12 de enero tenemos nuevo gobierno en Côte d'Ivoire: nada de grandes revoluciones, cuatro han salido y cuatro nuevos han entrado. Justicia y Asuntos Exteriores han pagado los platos rotos del asunto de Soro con la justicia francesa. Alguno tenía que salir pagando. Como no son muchosos los he puesto al final del artículo por curiosidad.

- Los inversores privados extranjeros más importantes en Côte d'Ivoire en 2015 fueron, por este orden, Marruecos, Francia y Burkina Faso. Marruecos obtuvo el 22%!!! de las inversiones extranjeras privadas en el país durante ese año, marruecos está copando el mercado en África del Oeste mientras que China se concentra más en el centro y este de África.
- La campaña de cacao de este año parece no ser tan buena como la del año pasado ya que la producción ha bajado un 2,4% respecto a la del año pasado. El harmattan y la ausencia de lluvias ha reducido la producción, lo que tiene un efecto en las economías domésticas. El otro día hablé con Ernest, un productor de Gbazoa (suroeste) y me confirmaba la bajada de producción de su plantación.
- La justicia americana mantiene una decisión que data de diciembre de 2014 para juzgar Nestlé, Archer-Daniels-Midland y Cargill por "child slavery" en Côte d'Ivoire. La acusación es originaria de Malí y sostiene que estas multinacionales han fomentado la violación de los derechos humanos al participar activamente en la compra de cacao marfileño a sabiendas de la situación de tráfico de niños para su explotación en las plantaciones de cacao en Côte d'Ivoire.
- La campaña del caucho comenzó el 6 de enero con un precio muy bajo: 0,376 € el kilo (hace cuatro años, el precio era de 1,524 €, cuatro veces más alto). Esto es un golpe muy duro para los pequeños proprietarios porque el árbol de caucho ("hévea") necesita siete años antes de que empiece a producir, por lo que la inversión es muy costosa.

- La inseguridad sigue siendo una cuenta pendiente en Côte d'Ivoire. Unos asltantes se han llevado más de 99.000 € de la cooperativa de café-cacao SINIKAN. El hecho se ha producido a las cuatro de la tarde en la región de man (oeste) cuando el Sr Traoré Malamine volvía del banco con este dinero. El año pasado, esta misma persona sufrió un robo de casi 152.450 €!!!!
- En 4 años, las entradas por los derechos de aduanas casi se han duplicado en Côte d'Ivoire, alcanzando la cifra de más de 2.326 millones de € en 2015, así se convierten en una de las fuentes principales de recursos del país.
- En 2015, las víctimas en carretera aumentaron en un 23,1% con respecto a 2014. Es impresionante la cantidad de accidentes que se ven en la autovía Abidjan-Yamoussoukro. Y la mayoría son salidas por exceso de velocidad o por quedarse dormido. Habría que empezar a tomerse en serio la seguridad vial en Côte d'Ivoire, no sólo como una forma para dar dinero a la "gendarmerie" sino para prevenir los accidentes.
- 36 mujeres han entrado el 7 de enero en la escuela de suboficiales de la "gendarmerie". Es la primera promoción de mujeres y supone el 4,5% del efectivo. El Consejo de Ministros aprobó el 14 de mayo de 2014 la entrada de mujeres en el cuerpo de la "gendarmerie". Y quisieran llegar a un 10% de mujeres del total.
- El gobierno ha anunciado algunas prohibiciones que luego no es capaz de controlar. Algunos ejemplos, son los petardos, la venta de pan al aire libre o la venta de productos para que la piel sea más clara. Por todos lados, se ven transgresiones a estas decisiones y nadie hace nada para evitarlo. Particularmente, preocupante me parecen esos productos para clarear la piel que, en algunos casos, pueden llegar a facilitar el desarrollo de un cáncer de piel. La venta de pan al aire libre durante el tiempo del harmattan (viento cálido y seco durante el día y fresco al atardecer y al amanecer) es también preocupante porque el pan se impregna del polvo reinante y es fatal para los pulmones.
- A principios de enero, el precio de la gasolina bajó de 0,945 € a 0,914 €, mientras que el gasóleo se mantuvo en 0,868 € sin cambios. Hay que subrayar que esta situación sólo beneficia a los proprietarios de vehículos porque el coste de los viajes se mantiene invariable a pesar de la caída del petróleo.
- A pesar de todas las bonanzas que nos predica el gobierno de ADO, la Côte d'Ivoire ha retrocedido un puesto en el Informe de Desarrollo Humano de 2015. AHorá está en el puesto 172 de un total de 188 países. Esto es una muestra que la injusticia, la corrupción, la desigualdad, el paro y la precariedad son temas pendientes en el país a pesar de los avances en infraestructuras viales, escolares y sanitarias. EL desarrollo humano no es sólo asfalto y ladrillo. Es bastante más integral que eso, comporta mejorar la vida cotidiana de las personas y de los servicios de su entorno. Por ejemplo, la Côte d'Ivoire ha retrocedido siete puestos en lo que concierne la igualdad de género.

- El grupo marroquí Banca Popular ha inaugurado en Yopougon (Abidjan) la agencia de microfinanciación "Atlantic Microfinance For Africa" (Amifa) que trabaja en Marruecos en este sector desde hace 15 años. Esta agencia espera crear una veintena de agencias en el interior del país y obtener 30 millones de € en créditos y 19.200 clientes en 2017.

En Côte d'Ivoire hay 62 establecimientos reconidos en el sector de la microfinanciación con un total de 980.000 clientes y créditos por un valor de más de 195 millones de €.
- En navidad, el precio de la carne de pollo ha aumentado casi el triple, lo cual está influyendo en la calidad de la alimentación de las familias. Parece que este sector está configurándose como un oligopolio en el que grandes granjas impiden el desarrollo de granjas más modestas ya que copan los pedidos, la alimentación y las medicinas necesarias.
- Entre navidad y año nuevo, ADO ha liberado 39 prisioneros políticos de las filas de Gbagbo y parece que ser que habrá más liberaciones en los días que vienen. Estos eran los pasos que se pedían a ADO para creer en sus palabras sobre la reconciliación. En su discurso a la nación del 31 de diciembre, el presidente anunció la liberación de 3.100 prisioneros. La mayoría de los cuales encarcelados por penas de derecho común. Un centenar de entre ellos formarán parte del grupo de prisioneros políticos encarcelados tras la crisis postelectoral de 2010-2011.
- A finales de diciembre, hubo un ataque al ejército marfileño en el puesto de Nougoua (este, cerca de Ghana). No ha habido muertos pero este ataque muestra que no todo esté tan tranquilo en Côte d'Ivoire. Hay grupos que no están para nada de acuerdo con ADO y lo muestran creando esta sensación de inseguridad.

Nuevo gobierno de ADO:

  • Premier Ministre, Ministre de l’Economie, des Finances et du Budget : M. Daniel Kablan DUNCAN
  • Ministre d’Etat, Ministre de l’Intérieur et de la Sécurité : M. Hamed BAKAYOKO
  • Ministre des Affaires Etrangères :  M. Abdallah Albert Toikeusse MABRI
  • Ministre de l’Emploi et de la Protection Sociale : M. Moussa DOSSO
  • Garde des Sceaux, Ministre de la Justice : M. Sansan KAMBILE
  • Ministre de l’Intégration Africaine et des Ivoiriens de l’Extérieur : M. Ally COULIBALY 
  • Ministre de l’Education Nationale : Mme Kandia KAMISSOKO CAMARA
  • Ministre du Pétrole et de l’Energie : M. Adama TOUNGARA
  • Ministre de l’Environnement et du Développement Durable : M. Remi Allah KOUADIO
  • Ministre des Infrastructures Economiques : M. Patrick ACHI
  • Ministre de l’Industrie et des Mines : M. Jean Claude BROU
  • Ministre de l’Habitat et du Logement Social : M. Konan GNAMIEN
  • Ministre du Plan et du Développement : Mme Nialé KABA
  • Ministre de l’Enseignement Technique et de la Formation Professionnelle : M. Paul Koffi KOFFI
  • Ministre des Transports : M. Gaoussou TOURE
  • Ministre du Commerce : M. Jean-Louis BILLON
  • Ministre de l’Economie Numérique et de la Poste, Porte-parole du Gouvernement : M. Bruno Nabagné KONE
  • Ministre des Ressources Animales et Halieutiques : M. Kobenan Kouassi ADJOUMANI
  • Ministre de la Santé et de l’Hygiène Publique : Mme Raymonde GOUDOU COFFIE
  • Ministre de l’Agriculture et du Développement Rural : M. Mamadou Sangafowa COULIBALY
  • Ministre de la Construction et de l’Urbanisme : M. Mamadou SANOGO
  • Ministre de la Salubrité Urbaine et de l’Assainissement : Mme Anne Désirée OULOTO
  • Ministre de la Culture et de la Francophonie : M. Maurice Kouakou BANDAMAN
  • Ministre des Eaux et Forêts : M. Louis-André DACOURY-TABLEY
  • Ministre de l’Enseignement Supérieur et de la Recherche Scientifique : Mme Ramata LY-BAKAYOKO
  • Ministre des Sports et des Loisirs : M. François Albert AMICHIA
  • Ministre de l’Entrepreneuriat National, de l’Artisanat et de la Promotion des PME : M. Azoumanan MOUTAYE
  • Ministre de la Communication, Porte-Parole Adjoint du Gouvernement : Mme Affoussiata BAMBA-LAMINE
  • Ministre du Tourisme : M. Roger KACOU
  • Ministre auprès du Premier Ministre, chargé du Budget et du Portefeuille de l’Etat : M. Abdourahmane CISSE
  • Ministre auprès du Premier Ministre, chargé de l’Economie et des Finances : M. Adama KONE
  • Ministre de la Promotion de la Femme, de la Famille et de la Protection de l’Enfant : Mme Euphrasie KOUASSI YAO
  • Ministre de la Fonction Publique et de la Modernisation de l’Administration : M. Pascal Abinan KOUAKOU
  • Ministre de la Promotion de la Jeunesse, de l’Emploi des Jeunes et du Service Civique : M. Sidi Tiémoko TOURE
  • Ministre de la Solidarité, de la Cohésion Sociale et de l’Indemnisation des Victimes : Mme Mariatou KONE
  • Ministre des Droits de l’Homme et des Libertés Publiques : Mme Paulette Badjo EZOUEHU

AU TITRE DE LA PRESIDENCE DE LA REPUBLIQUE :

  • Ministre d’Etat, Secrétaire Général de la Présidence de la République : M. Amadou Gon COULIBALY
  • Ministre d’Etat auprès du Président de la République, chargé du Dialogue Politique et des Relations avec les Institutions : M. Jeannot Kouadio AHOUSSOU
  • Ministre, Directeur de Cabinet du Président de la République : M. Marcel AMON-TANOH
  • Ministre des Affaires Présidentielles : M. Téné Birahima OUATTARA
  • Ministre, Secrétaire Général Délégué de la Présidence de la République, chargé des Grands Projets : M. Philippe SEREY-EIFFEL
  • Ministre, Secrétaire Général Délégué de la Présidence de la République, chargé des Affaires Economiques et Financières : M. Thierry TANOH
  • Ministre auprès du Président de la République, chargé de la Défense : M. Alain Richard DONWAHI

AU TITRE DE LA PRIMATURE

  • Secrétaire Général du Gouvernement : Mme Eliane Atté BIMANAGBO
  • Directeur de Cabinet du Premier Ministre : M. Théophile Ahoua N’DOLI

 

E tu, Marandallah…

E tu, Marandallah, terra do Bere,
de modo nenhum és a menor entre
as vilas africanas porque, do teu silêncio,
brota a música
que ecoa por toda a terra.”

Muitas vezes, não temos consciência da força e do poder que pequenos objectos têm ao serviço do espírito humano. Uma caneta, um lápis, uma folha de papel... Poder inesgotável. Sem medida. Sem limites. Ou talvez não. Diante de mim, trava-se uma batalha inédita por um grupo de mulheres, na sua maioria vindas das comunidades rurais mais pobres do norte da Costa do Marfim, que agarram o giz com a mesma força com que agarram o cabo da enxada quando penetram ou rasgam a terra. Sobre um pedaço de madeira abrem sulcos, cavam covas, semeiam grãos. A cena é divertida mas também dramática. Faz rir e dá vontade de chorar. Desenham o limão mas não sabem que é um “o”; desenham o pilão mas não sabem que é um “l”; desenham o grão de milho mas não sabem que é a ponta do “i”; desenham a metade da cabaça, mas não sabem que é o “c”, ou o “u” ou... A sua alegria por esboçar uns sarrabiscos torcidos é imensa. Parecem crianças exaltadas, empurrando-se umas às outras para mostrarem a todos as letras deformadas, acabadas de sair do forno das suas habilidades. Ao olhá-las, sinto um aperto imenso no estômago por me dar conta que, a maioria delas, nunca aprenderão a ler e a escrever mesmo que a sua vontade seja tanta. Foram convocadas para um encontro de sensibilização e formação de três dias sobre a importância da alfabetização para o seu próprio desenvolvimento. A festa culmina com a celebração do dia mundial da mulher, cuja tradução em língua local está a ser ensaiada. A maioria delas é a primeira vez na vida que se sentam numa cadeira com um lápis e um caderno nas mãos. Mas a vida está cheia de mistérios. Quando um grupo de mulheres se encontram, o resultado e as consequências podem ser imprevisíveis O que está a acontecer aqui neste momento, na sua forma rude e simples, pode ter na vida destas mulheres o mesmo impacto que teve para a humanidade a descoberta do fogo, da roda ou do espaço. O caminho a percorrer é também ele longo e árduo mas é possível Não sabem ler nem escrever mas têm consciência que, a alfabetização, é o remédio contra a cegueira que as domina, essa doença social causada pela indiferença e agravada pelo egoísmo. Não pedem muito. Pedem apenas que alguém lhes dê um pouco de atenção e as ajude a desenhar, pelo menos uma vez na vida, as letras que compõem os seus nomes: “Soro”, “ Yeo”, “Tuyo”. Uma vez na vida.

Marandallah, esta pequena vila do outro lado do mundo onde os credos e as raças se misturam numa convivência pacífica, é uma terra abençoada. Cada parcela de terra onde há vida é sempre abençoada mas aqui, a vida é abundante. Expande-se sem limites, multiplica-se sem cessar. É uma maternidade a céu aberto. Mas esta vida que cresce e se multiplica, que é abençoada, é também ameaçada. As razões são muitas e todas justificadas. São internas e externas. Humanas e sociais. Geográficas e históricas. Políticas e religiosas. A maioria das pessoas não conhece uma letra. A sua escola é a terra e os seus mestres são as abelhas, os pássaros e as formigas. O instinto de defesa e a necessidade de sobrevivência impõem leis associadas ao clima. Fraternas e amigáveis quando a chuva é abundante, rudes e agressivas quando os poços secam. A autoridade local, exercida por chefes tribais e religiosos perdidos no tempo, concentra-se nos “Timoté” e nos “Teoté”, detentores de rituais e tradições antigas em pleno acasalamento com as motas, os telefones celulares e a energia eléctrica recém chegada. Não imaginam o dia em que nasceram mas tem a certeza que o seu funeral será grandioso. A atmosfera que envolve esta parcela do mundo, aparentemente calma, está carregada de forças invisíveis que arrastam as pessoas para barrancos onde as trevas devoram a luz e a razão é tragada pelo medo. A religião predominante é o Islão e convive, sem esforço, com o sincretismo e todo o tipo de celebrações onde se canta e dança. As mezinhas e raízes, sem necessidade de receitas, passam ao lado do centro de saúde e esticam a vida até onde podem. A astúcia rivaliza com a honestidade e, os mais esclarecidos, fazem-se honrar e pagar pelos bons conselhos que dão ao povo. A cadeira do Chefe do Cantão é um monumento e a sua palhota uma aula magna onde os saberes se misturam. Todos lá vão parar: Imanes, pastores, adivinhos, médicos tradicionais, curandeiros, charlatães, comandantes, perfeitos e sub-perfeitos. Todos homens. Que riqueza. Mas a riqueza deste povo são as mulheres. Sabem rir e chorar, servir e não servir-se, sofrer e amar e sabem também sorrir e brincar porque a vida, sobre tudo por aqui, é demasiado curta para não ser levada a sério.

Não é aconselhável chegar a Marandallah sem se apresentar e partir sem se despedir. Seria como um desprezo, uma indelicadeza, quase um insulto à natureza, aos espíritos dos antepassados, às instituições presentes. Passar por Marandallah quer dizer, tomar consciência da própria existência. Ser apresentado, escutado, cumprimentado. Para uns, a coreografia pode parecer insólita, exagerada ou até mesmo cómica, para outros, simplesmente “surpreendente”, “estupenda”. As perguntas que compõem o ritual são baldeadas de pessoa para pessoas segundo a categoria e quase todas simples e inofensivas. Não é necessário espantar-se se algum dos chefes locais perguntar se a França fica na América ou se os brancos são todos inteligentes. A inocência aqui é mesmo pura. O mundo existe até onde chegam os olhos e, para o chefe muçulmano local, o seu rosto é o de uma criança quando exibe aos estrangeiros o presente que recebeu à mais de 30 anos duma maquete em ferro fundido da “Notre- Dame” de Paris e o mesmo lhe passa quando nos convida à mesquita e nos pede para rezar e abençoar toda a assembleia.

Na maioria das viagens que faço à capital e outras vilas maiores, quando falo de Marandallah, as pessoas perguntam: “Mara..o.. quê?” ou, “Onde é isso?”. Ao escutar tais perguntas, a resposta que me sai espontânea é: “se tu soubesses...!». No tempo que levo com esta gente, quase quatro anos, não parei de aprender e, de uma forma ou de outra, estou marcado. As marcas são invisíveis, mas não por isso menos intensas e profundas. Para conhecer um povo, é necessário amá-lo mais que compreendê-lo e, para amá-lo, é necessário escutá-lo e contemplá-lo. É necessário diluir-se no seu ser, correr nas suas veias, morrer e ressuscitar na sua alma. Mas amar, é também deixar-se amar. No “Jardim da Amizade”, ícone natural da fraternidade que cresce nesta terra, o silêncio da Virgem de Fátima que contempla o tronco de madeira onde Jesus se dá a todos de braços abertos, é a imagem que melhor se ajusta a este povo: não um povo esquecido ou desconhecido, mas um povo que existe e se comunica através do silêncio. O silêncio é uma atitude humilde e nobre ao mesmo tempo. A dor manifesta-se pelo grito como direito à própria existência; o sofrimento, pelo silêncio como transcendência dessa mesma existência. Por isso mesmo, o sofrimento deste povo não é triste. Se o sofrimento de Maria que contempla o seu filho neste jardim está animado pela dança de árvores exóticas ao ritmo do canto exuberante dos pássaros, o sofrimento deste povo está animado pela dança interminável ao ritmo de vozes misteriosas. Tal como as árvores e os pássaros, dançam e cantam apenas por puro deleite.

 São elas, as mesmas mulheres que há algumas horas atrás pareciam crianças a exibirem as suas primeiras letras sobre um pedaço de madeira, que agora cantam e dançam consoladamente à volta duma árvore imensa onde a Virgem de Fátima construiu o seu ninho. Em compasso, deslizam à direita e à esquerda, rodopiam e, passando á frente da Virgem, levantam para ela os braços e lhe dizem “Ninguém é pobre quando tem uma mãe como tu!”. Dentro de algumas horas, regressarão a si mesmas a pé ou transportadas por uma moto-triciclo em que cada buraco da pista será motivo de tantas gargalhadas. Para trás, ficarão momentos únicos de alegria por terem tido a oportunidade de se encontrarem durante o dia, de se olharem ao espelho durante a noite e de saberem que há um dia por ano para as mulheres. A partir de agora, o pedaço liso de madeira será substituído pelo campo áspero e sem limites, o pau de giz pelo cabo da enxada, o limão voltará a ser limão e o mesmo se passará com o pilão, o grão de milho ou a metade da cabaça. Já não terão mais tempo para o jogo do sapo, do futebol ou para os passeios pelas ruas da vila sem fardos à cabeça. Tudo será esquecido rapidamente. Tudo, excepto o que não se pode esquecer.

Aquilo que é autêntico, jamais poderá ser esquecido e, muito menos, gravado sobre um pedaço de madeira: pertence ao silêncio e, o silêncio, não se diz nem se escreve. Ninguém é mais do que ninguém só porque ensina nas universidades ou recebeu o prémio Nobel por desvendar a cadeia do ADN ou a composição dos anéis gelados de Saturno. Este povo e, sobre tudo, estas mulheres, nunca foram à escola mas estão cheias de dignidade, de sabedoria, de segredos infinitos. Para os desvendar, é necessário aprender uma nova linguagem que não pode ser escrita nem pronunciada, mas apenas sentida pelo coração daqueles que acreditam. A fé tem muito poder. O poder deste povo, destas mulheres, é a sua fé, o seu silêncio. É esse silêncio que elas guardam que um dia gostariam de nos comunicar. Oxalá as pudéssemos escutar.

Marandallah, 13 Março de 2015

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