Nell’udienza concessa questo giovedì 23 maggio 2024 al cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del Decreto che attesta un miracolo attribuito all’intercessione del Beato Giuseppe Allamano, Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata.
Il Papa nello stesso tempo ha deciso di convocare un Concistoro, che riguarderà la canonizzazione dell’Allamano, insieme a Marie-Léonie Paradis, Elena Guerra e Carlo Acutis. Quando non sappiamo ancora.
l miracolo che porterà alla canonizzazione il Beato Giuseppe Allamano, è successo in Brasile, nello stato di Roraima, in piena foresta amazzonica, una delle frontiere della missione, dove dal 1948 i missionari e le missionarie della Consolata lavorano con la gente e annunciano il Vangelo, realizzando il sogno dell’Allamano, che dalla Consolata li aveva inviati nel mondo intero.
Nato a Castelnuovo Don Bosco (Italia) il 21 gennaio 1851 l’Allamano muore a Torino (Italia) il 16 febbraio 1926. Da ragazzino Giuseppe è cresciuto fra i salesiani, a 22 anni è sacerdote coltiva il sogno di partire in missione, ma la salute cagionevole non glielo permette. Alla età di 29 anni lo mandano a dirigere il più grande Santuario mariano di Torino dedicato alla Madonna Consolata che riporta agli splendori di un tempo. Il fuoco per la missione, ancora vivo nel suo cuore, l’Allamano lo trasmette a giovani preti che dovutamente formati alla scuola del loro Rettore si preparano a salpare per le terre lontane.
Ai piedi della Consolata, in questo modo, l'Allamano getta le basi per una grande opera, l’Istituto Missioni Consolata (IMC), che fonda nel 1901 e su richiesta di Pio X ne costituisce anche un ramo femminile con le Suore Missionarie della Consolata (MC) nel 1910.
Il miracolo attribuita alla intercessione dell’Allamano riguarda la guarigione miracolosa dell’indigeno Sorino Yanomami, popolo della foresta amazzonica nello Stato di Roraima, nord del Brasile, che il 7 febbraio 1996 fu aggredito da un giaguaro causandogli la frattura e la conseguente apertura della scatola cranica. Sorino rimane in questa gravissima condizione per otto ore senza cure adeguate, finché un piccolo aereo bimotore riesce a trasportarlo all’ospedale di Boa Vista, la capitale dello Stato.
La scena per i medici è terrificante, l’indigeno viene operato di urgenza e poi ricoverato in terapia intensiva. Accanto a lui, oltre alla moglie, ci sono sei suore della Consolata, un sacerdote e un fratello missionario sempre della Consolata. Tutti invocarono il Beato Allamano e mettono una sua reliquia sotto il cuscino del letto di Sorino. Proprio in quel giorno iniziava la novena del Beato che le suore hanno pregato per chiedere al Beato Fondatore la guarigione di Sorino che si risveglia dieci giorni dopo l’intervento senza mostrare nessuna conseguenza di carattere neurologico. Il 4 marzo venne trasferito presso una casa di cura e il giorno 8 maggio sarà in grado di rientrare al suo villaggio completamente guarito, riprendendo la sua vita di un abitante della foresta e a tutt'oggi non ci sono conseguenze delle gravi lesioni subite 28 anni prima.
Subito dopo la notizia, il Superiore Generale dell’IMC, padre James Lengarin, e la Superiora Generale delle MC, madre Lucia Bortolomasi, hanno inviato un messaggio a tutti i missionari, le missionarie, i laici e i gruppi di amici della Famiglia Consolata, comunicando con gioia che “è arrivato il giorno tanto atteso, che i nostri cuori aspettavano da tempo: PADRE FONDATORE SARÀ CANONIZZATO DA PAPA FRANCESCO!”
Continuano affermando che “L’iter per il riconoscimento del miracolo in favore di Sorino Yanomami è ormai concluso: manca solo la comunicazione della data di questo evento così luminoso per la nostra Famiglia Consolata!”. “Il Beato Giuseppe Allamano, nostro Padre Fondatore, - prosegue il messaggio - Colui che ci ha dato lo spirito consolatino, è sempre stato una luce per noi. Al termine della vita scrisse con convinzione: «mi consola che cercai sempre di fare la volontà di Dio» (Lettera ai Missionari e Missionarie, 1° ottobre 1923).
Ecco il suo cammino di santità! E a noi, suoi figli e figlie, indica che il primo fine dei nostri Istituti è la santificazione dei suoi membri, santità che si allarga per abbracciare e illuminare anche il cammino dei laici. L’insistenza del Fondatore per noi suoi figli e figlie è diventata uno stile di vita: “prima santi e poi missionari».
“Ora anche la Chiesa universale lo riconosce come santo, questa luce si diffonde in tutti i luoghi, e diventa sempre più un faro per noi, sulle strade della missione. Ringraziamo il Signore per questo dono per noi e per la Chiesa! Questo tempo benedetto sia un’occasione per sentirlo sempre più PADRE e godere della sua presenza viva in mezzo a noi”, conclude il Messaggio firmato della Superiora e il Superiore Generali.
Leggi qui il testo integrale del Messaggio
“Diocesi in festa insieme ai Missionari della Consolata”. È lo spirito del messaggio inviato «alla Chiesa che è in Torino e alla città» dall’arcivescovo, mons. Roberto Repole, non appena la notizia è arrivata dalla Santa Sede.
«La missione partì dall’amato Santuario della Consolata e oggi è diffusa in tutto il mondo, dove i Missionari e le Missionarie della Consolata continuano a testimoniare la fede in Gesù, spesso in condizioni di grande povertà materiale e spirituale. È l’impegno missionario di tutta la Chiesa, anche di quella torinese che sull’esempio dell’Allamano e dei “santi sociali” che illuminarono la città nell’Ottocento e nel Novecento si sente chiamata a portare il Vangelo nella vita di tutti gli uomini e tutte le donne, qui ed oggi», afferma l’arcivescovo.
“In queste ore ci uniamo alla festa dei Missionari e delle Missionarie della Consolata e rivolgiamo un pensiero riconoscente al Papa. Ha inizio il percorso verso la canonizzazione di Giuseppe Allamano, che presto avremo la gioia di vivere insieme», conclude mons. Roberto Repole.
Una “santa coincidenza” ha voluto che Papa Francesco autorizzasse la promulgazione del Decreto che attesta un miracolo attribuito all’intercessione del Beato Giuseppe Allamano, proprio nello stesso giorno, il 23 maggio 2015, in cui, una sua figlia, suor Irene Stefani, è stata proclamata beata insieme all’Arcivescovo Oscar Romero, icone di “santità” nella missione di consolazione, di giustizia e di pace.
* Padre Jaime C. Patias, IMC, Comunicazione Generale.
La prima Conferenza dei missionari della Consolata in Brasile –Regione unificata nel 2019– si è svolta a San Paolo dal 6 al 10 maggio. In precedenza, dal 1948 l’ex Regione Amazzonia aveva tenuto nove Conferenze e l'ex Regione Brasile, 12 Conferenze dal 1937.
In Brasile ci sono 85 i missionari della Consolata (59 sacerdoti, quattro fratelli, due vescovi, un novizio e 18 studenti professi nella teologia). Alla Conferenza hanno partecipato 54 missionari tra padri e fratelli in rappresentazione delle 22 comunità IMC nel Paese e alcuni studenti professi appartenenti alla comunità formativa di San Paolo. Erano inoltre presenti il Superiore Generale, padre James Lengarin, e il Consigliere Generale per l'America, padre Juan Pablo de los Rios.
Nel suo intervento, al termine della Conferenza, padre James Lengarin ha ricordato l'importanza della comunicazione tra missionari, un desiderio già espresso dal fondatore Giuseppe Allamano. “Dobbiamo essere sempre in sintonia tra di noi –ha detto il Superiore Generale–. Il missionario ha un impegno con la sua comunità, deve creare un clima di fiducia reciproca, di fedeltà ai suoi ideali, di responsabilità per la vita spirituale della comunità. Deve lavorare in sinodalità e includere le persone”.
Inoltre, padre James ha ricordato che “stiamo vivendo tempi difficili, ma come Missionari della Consolata dobbiamo impegnarci in un discernimento comunitario, disposti a metterci in cammino evitando di rimanere attaccati al passato. La trasformazione del mondo e della Chiesa che stiamo vivendo richiede un rinnovamento e noi dobbiamo avere uno sguardo privilegiato per coloro che sono esclusi dalla società”.
Il Consigliere Generale, padre Juan Pablo ha ringraziato i missionari per la loro presenza e partecipazione alla Conferenza e ha osservato che “la Regione è viva, gioiosa e i missionari sono felici di vivere il carisma e lavorare nella missione”. Padre Juan Pablo ha rilevato la presenza di un importante gruppo di giovani missionari assieme a un gruppo con maggiore esperienza nelle missioni dell’Europa, Africa e Asia. Ha incoraggiando tutti a “continuare a costruire il Regno di Dio in queste terre brasiliane”. Secondo il Consigliere Generale, i missionari della Regione “hanno opzioni chiare e sono persone identificate con la vocazione e l’impegno missionario. Il Brasile ha ancora molto da offrire all'Istituto e alla Chiesa”, ha dichiarato.
Padre Juan Pablo de los Rios, Consigliere Generale per l'America. Foto: Cleber Pires.
Chiudendo i lavori della Conferenza padre Paulo Mzé –Superiore Regionale del Brasile e direttore della rivista Missões– si è detto molto soddisfatto della presenza, dell'impegno e della qualità dei dibattiti. Rivolgendosi ai missionari ha sottolineato che “la persona del missionario viene prima di tutto, poi la comunità, il suo gruppo, la Direzione Regionale e la Direzione Generale” e ha poi concluso dicendo che ha potuto contare sempre “con l'aiuto dei missionari che senza dubbio si sono dimostrati parte di una famiglia al servizio della missione così come diceva il Beato Giuseppe Allamano”.
In Brasile i missionari della Consolata sono presenti negli stati di Amazonas, Bahia, Paraná, Rio de Janeiro, Roraima, São Paulo e nel Distretto Federale. Le priorità pastorali e i servizi missionari comprendono l'Animazione missionaria e vocazionale; la Pastorale afro, indigena, amazzonica e urbana; Giustizia, Pace e integrità del creato; le periferie esistenziali, i migranti e i rifugiati; la Formazione di base e continua, la Comunicazione e l'Economia.
Padre Paulo Mzé, Superiore Regionale. Foto: Júlio Caldeira.
Negli ultimi decenni, molti missionari della Consolata hanno lavorato nella Pastorale afro, soprattutto negli stati della Bahia, San Paolo e Rio de Janeiro. Padre Ibrahim Muinde, che coordina questa opzione, si augura “che questa proposta pastorale raggiunga effettivamente il cuore della Chiesa stessa, nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle comunità, in modo che questa azione di sensibilizzazione diventi parte della vita della gente”, ha affermato.
Tenendo conto che il 56% della popolazione brasiliana è di origine africana, “lo sforzo che la società e la Chiesa devono fare è quello di continuare a superare una struttura spesso 'razzista' che rende invisibili le persone afrodiscendenti così come un sistema che ha difficoltà a riconoscere il protagonismo, la bellezza e il contributo che questi possono dare per un mondo migliore”.
Questa pastorale è attualmente svolta a Feira de Santana, nello stato di Bahia, nella prima parrocchia quilombola del Paese, e a Engenheiro Pedreira, nella diocesi di Nova Iguaçu, Rio de Janeiro. Inoltre, alcuni dei seminaristi che studiano teologia a San Paolo lavorano in questo spazio pastorale.
“Come missionari della Consolata –ha sottolineato padre Ibrahim– siamo chiamati a creare nuovi spazi per la promozione della Pastorale Afro nelle parrocchie e nei luoghi in cui lavoriamo. Dobbiamo incoraggiare la formazione di nuovi missionari disposti a conoscere e servire la gente in questo modo e avanzare nel coordinamento e nel lavoro comune in tutto il Continente, scambiando esperienze che rafforzino ulteriormente questa missione”.
L'opzione indigena in Amazzonia è un altro servizio che i missionari della Consolata svolgono in Brasile dal 1948, in particolare nello stato del Roraima. Attualmente almeno 15 missionari sono impegnati nell'accompagnamento dei Territori Indigeni Yanomami (nella missione del Catrimani) e Raposa Serra do Sol (nelle missioni di Maturuca, Raposa, Cantagalo e Baixo Cotingo). A Boa Vista, oltre alla gestione del Centro di Documentazione Indigena, si seguono gli indigeni emigranti Warao provenienti in buona parte dalle nostre missioni nel Delta Amacuro in Venezuela. Nel corso degli anni ci sono stati dei momenti storici e profetici nelle lotte per il riconoscimento dei territori tradizionali come la Terra Indigena Raposa Serra do Sol e la Terra Indigena Yanomami dove ancora oggi sono attuali molte sfide missionarie.
In questo senso, Fratel Carlo Zacquini, missionario italiano che ha appena compiuto 87 anni e sta per celebrare i 60 anni di Brasile, ricorda “la sfida di imparare la lingua, il modo di vivere nei diversi ambienti culturali, oltre alla sfida economica”, dovuta agli alti costi di manutenzione della missione. “Un missionario che arriva in questa realtà deve avere la mente aperta, essere pronto a osservare, ascoltare e imparare. È importante avere un minimo di preparazione, come alcune regole linguistiche di base per studiare la lingua”, osserva il religioso.
Fr. Carlo Zacquini in visita a Roma, Italia con il leader e sciamano Davi Kopenawa. Foto: Jaime C. Patias
Dopo aver vissuto parecchi anni nella foresta con il popolo Yanomami, Fr. Zacquini attualmente si occupa dell'organizzazione del Centro di Documentazione Indigena (CDI), a Boa Vista che conserva una collezione di oltre 6.000 documenti, pubblicazioni, immagini, audiovisivi e altri materiali importanti a disposizione per consultazione.
“È un'esperienza di vita unica e incomparabile stare al fianco degli Yanomami. Nonostante i molti cambiamenti, ho imparato ad amare questo popolo; a rispettare e a non sottovalutare la sua saggezza, che ha molte più conoscenze di noi in molti settori, con pratiche diverse dalle nostre da insegnare tra loro”, conclude Fr. Zaquini.
L'Istituto in Brasile si distingue anche per il suo servizio alla Chiesa locale. Padre Josky Menga è attualmente al servizio della Conferenza dei Religiosi del Brasile (CRB) nel settore delle Nuove Generazioni e la Missione Giovani in Amazzonia. Nella Conferenza, padre Josky ha presentato il suo lavoro accompagnando gruppi e esperienze di interazioni tra generazioni diversi di religiosi.
Padre Júlio Caldeira ha ricordato che i Missionari della Consolata sono co-fondatori della Rete Ecclesiale Pan-Amazzonica (REPAM) nel settembre 2014; e che lui ha avuto il permesso di lavorare nella Segreteria Esecutiva della Rete dal 2019 al 2023, nel coordinamento della comunicazione di questa importante istituzione della Chiesa in Amazzonia, un territorio che copre nove Paesi. Attualmente si sta dedicando alla compilazione della storia di questo cammino della Chiesa nella regione Pan amazzonica e presto pubblicherà in un libro in spagnolo e portoghese, oltre ad altri materiali.
La Conferenza si è conclusa con la presentazione e la definizione delle linee di azione per la missione nei prossimi sei anni in Brasile.
* Maria Emerenciana Raia è giornalista della rivista Missões. Padre Júlio Caldeira, IMC, è missionario in Amazzonia.
L'anno 2024 è stato dichiarato dal Santo Padre, Papa Francesco, come l'Anno della Preghiera. La preghiera è un pilastro fondamentale nella sequela di Gesù Cristo. Il discepolo missionario di Gesù Cristo deve essere una persona di preghiera.
La preghiera è uno degli aspetti che il Beato Giuseppe Allamano ha sottolineato ai missionari della Consolata: la loro vita è totalmente inseparabile dalla preghiera e lo spirito di preghiera fa parte della vita quotidiana delle comunità locali in cui i missionari della Consolata vivono. È un aspetto indispensabile della loro vita personale e apostolica.
Il Beato Giuseppe Allamano sottolinea che lo spirito di preghiera deriva direttamente dalla disposizione di Gesù Cristo di pregare costantemente (cfr. Lc 18,1). Essere rivestiti dello spirito di preghiera dimostra maturità nella sequela di Gesù Cristo e nell'apostolato missionario.
Il Signore Gesù è l'esempio supremo di preghiera; è la principale autorità in materia di insegnamento della preghiera. Gesù Cristo ci ha lasciato la preghiera più grande e potente dell'universo: il “Padre Nostro” (Mt 6,9-13). Ha raccontato una parabola per mostrare la necessità di pregare sempre e incessantemente (Lc 18,1-8). Gesù pregava molto in compagnia dei suoi discepoli (Mt 26,36-38); nel silenzio e nella solitudine cercava la comunione con il Padre (Mc 1,35).
San Paolo ha imparato da Gesù l'importanza della preghiera. Seguendo l'esempio di Gesù, egli esorta i discepoli di Gesù a pregare senza sosta (cfr. 1 Tes 5,17) “con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a vegliare con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi” (Ef 6,18).
I santi della storia della Chiesa ci hanno lasciato anche il più grande esempio di preghiera e di intimità con Dio. Una delle principali virtù dei santi è una profonda vita di preghiera. Sant'Agostino d'Ippona diceva che “senza la preghiera la vita dell'anima non può essere conservata; la preghiera è la chiave che apre le porte del cielo”. San Giovanni Crisostomo ricordava che “l'uomo più potente è colui che prega, perché si rende partecipe di Dio” e per San Tommaso d'Aquino “la preghiera continua è necessaria per entrare in paradiso; lei ci ottiene la grazia non per i nostri meriti ma per la misericordia di Dio che si è impegnato ad ascoltare coloro che gliela chiedono”. Santa Teresa d'Avila diceva: “La preghiera di intimità con Dio non è altro che morire a tutte le cose del mondo e gioire in Dio solo. Chi cessa di pregare è come se si gettasse all'inferno, senza bisogno dei demoni”. Sant'Alfonso Liguori diceva: “Chi prega si salva, chi non prega è senza dubbio condannato, lo dico e lo ripeterò sempre: finché viviamo la nostra salvezza è nella preghiera”.
Il Beato Giuseppe Allamano non ha mai smesso di insegnare ai suoi missionari l'importanza dello spirito di preghiera. Seguendo l'esempio di Gesù Cristo, anche lui visse in spirito di preghiera e la sua vita sacerdotale fu una chiara testimonianza di vita di preghiera. Anche la fondazione dei Missionari e delle Missionarie della Consolata è stata frutto del suo spirito di preghiera. Ecco alcuni dei suoi insegnamenti sullo spirito di preghiera:
Si tratta dell'importanza della contemplazione. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, “la preghiera contemplativa è un semplice sguardo su Dio nel silenzio e nell'amore. È un dono di Dio, un momento di pura fede, durante il quale chi prega cerca Cristo, si abbandona alla volontà d'amore del Padre e raccoglie il suo essere sotto l'azione dello Spirito. Santa Teresa di Gesù lo definisce come un rapporto intimo di amicizia; essere spesso soli con colui che sappiamo che ci ama” (CIC-C #571)
Il beato Giuseppe Allamano, a proposito del raccoglimento, afferma che “è necessario vivere raccolti, evitando la dissipazione e tenendoci alla presenza di Dio. Il raccoglimento è assolutamente necessario per poter trarre profitto da quello che si fa; altrimenti ci restano quelle specie di oasi che sono le pratiche spirituali, ma fuori di quelle tutto è arido. Quando poi non possiamo tenere la mente fissa in Dio, basta riferire le nostre azioni a Lui e tutto diventa preghiera. Ecco in che cosa consiste lo spirito di preghiera, che aiuta molto la vita interiore.(Così vi voglio, n. 181).
Il Fondatore invita i Missionari e le Missionarie della Consolata ad essere uomini e donne di contemplazione: “un missionario e una missionaria devono essere capaci di mantenere il raccoglimento in tutti i luoghi; saper passare dallo studio o dal lavoro alla preghiera; tenersi uniti a Dio con un’elevazione del cuore continua, o almeno frequente; insomma esercitare tutto il loro impegno e insieme pregare. Se non hanno questo spirito, non saranno mai buoni missionari e buone missionarie. Potranno illudersi di esserlo, ma non lo sono. Fortunati voi se procurerete di avanzare sempre più nella vita interiore, con lo spirito di raccoglimento e di preghiera!” (Così vi voglio N. 181).
Il raccoglimento interiore si basa sulla fede e la preghiera silenziosa è un'occasione per abbandonarsi a Dio che abita in noi. Non si tratta di ragionare su Dio, ma di stare da soli con Lui in silenzio, e Dio opera il suo lavoro di vasaio nell'anima per plasmarla secondo la sua volontà.
La vita di preghiera consiste nell'essere abitualmente alla presenza di Dio e in comunione con Lui. Questa comunione di vita è sempre possibile perché, attraverso il Battesimo, siamo diventati un solo essere con Cristo (Romani 6,5). La presenza di Dio è sempre immensa, perché “in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). Per questo il beato Giuseppe Allamano afferma che “l’ideale è che giungiamo a vivere continuamente alla presenza di Dio, che è uno dei mezzi più efficaci di santificazione (…) Ora, quando si cammina alla presenza di Dio, si fanno le cose bene, con perfezione” (Così vi voglio, n. 181).
Essere alla presenza di Dio significa considerare che Gesù Cristo è presente nei nostri templi, cappelle e oratori. Lo attesta il beato Giuseppe Allamano: “egli è nel SS. Sacramento con la Sua reale presenza, e reale è la presenza nostra davanti a Lui, perché la distanza per Lui non conta. Renderci dunque abituale e familiare la presenza di Gesù Sacramentato. Egli guarda me e io guardo Lui, e i nostri sguardi si incontrano nell’amore” (Così vi voglio, n. 182). Quindi, essere permanentemente alla presenza di Gesù Cristo è una chiara manifestazione dello spirito di preghiera.
Non dobbiamo essere semplicemente persone che meditano, ma dobbiamo farlo con passione. La meditazione con passione è il fondamento dello spirito di preghiera nei discepoli del Signore. La meditazione quotidiana è sempre il fuoco con cui si accende l'anima e ha come scopo la conoscenza profonda della Parola di Dio che ci permette di conoscere la sua volontà e di aderire ad essa, imitando la vita di Cristo e dei santi. Il beato Giuseppe Allamano è molto chiaro su questo punto: “vorrei che tutti vi convinceste dell’importanza della meditazione o preghiera mentale, ne prendeste affetto e ve ne formaste l’abitudine a farla bene e con gusto. Essa è necessaria per acquistare lo spirito di pietà, crescere nell’amore di Dio e per evitare il peccato (…) Inoltre, è necessario fare del bene agli altri” (Così vi voglio, n. 179).
Il beato Giuseppe Allamano è stato un discepolo missionario di Gesù Cristo caratterizzato dalla preghiera. La sua vita è stata una testimonianza di preghiera e di totale fiducia nel Signore. Per questo motivo ha esortato con forza i missionari della Consolata a essere persone di preghiera tanto nella preghiera personale come nell’apostolato. In questo anno sulla preghiera indetto da Papa Francesco, gli insegnamenti del Beato Giuseppe Allamano sullo spirito di preghiera continuano a illuminare la vita dei missionari della Consolata e di tutti i discepoli missionari di Gesù Cristo nel loro incontro quotidiano con il Signore.
* Padre Lawrence Ssimbwa, IMC, parroco di San Martin de Porres a Buenaventura, Colombia.
Si avvicina il 24 aprile. Ci porta la memoria di S. Fedele da Sigmaringa e l'anniversario della richiesta fatta nel 1900 dall'Allamano al suo Cardinale di aprire il nuovo Istituto missionario. Abbiamo pensato di offrire questo studio di padre Igino Tubaldo circa il lungo e laborioso cammino verso l'apertura dell'Istituto. Deo gratias! (Buona lettura. Pietro Trabucco, IMC, Castelnuovo don Bosco)
“Era il 29 gennaio 1901 quando Giuseppe Allamano fondò l’Istituto Missioni Consolata. Vi lavorava da quasi un decennio, affrontando difficoltà di ogni genere. Figura importante e determinante nella chiesa torinese della metà Ottocento e primo ventennio del Novecento, il fondatore è quasi sconosciuto fuori di Torino e del Piemonte. In compenso, l’Istituto dei Missionari della Consolata ha messo solide radici in quattro continenti. Questo è il racconto della sua travagliata nascita” (P. Igino Tubaldo). Pubblichiamo di seguito l'articolo integrale.
Suor Margherita Demaria (1887 - 1964) è la prima e più stretta collaboratrice dell'Allamano nella direzione e formazione delle Suore Missionarie della Consolata, a partire dal 1913. Possiamo definirla come figlia e collaboratrice dell’Allamano.
Entrata nell'Istituto il 2 ottobre 1910, anno della fondazione, accolta direttamente dall'Allamano, ha emesso la professione religiosa il 5 aprile 1913. Dal maggio successivo, giovane di 26 anni, è stata posta dal Fondatore come sua vicaria per la cura della comunità di Casa Madre, incarico che ha svolto per poco tempo, perché alla fine dell'anno è stata destinata responsabile del gruppo delle prime missionarie partite per il Kenya. Per 34 anni ha lavorato in Africa, prima in Kenya, poi in Tanzania e Mozambico coprendo incarichi di responsabilità. Dal 1947 al 1958 è stata Superiora Generale dell'Istituto. Dopo alcuni anni, trascorsi a Roma, come superiora della comunità, si è ritirata a Torino, ove è morta l'8 dicembre 1964.
Le prime 15 suore missionarie della Consolata accolte in Kenya tra cui Margherita Demaria
Vi presentiamo un breve profilo di questa bella figura che è tra le radici dei nostri Istituti che hanno attinto a piene mani dal Fondatore.