Nell'ambito del XIV Capitolo Generale, dal 17 al 21 giugno, i missionari capitolari hanno compiuto un pellegrinaggio alle fonti del carisma della loro comunità in Piemonte. I Missionari e le Missionarie della Consolata furono fondati dal Beato Giuseppe Allamano, rispettivamente nel 1901 e nel 1910, ai piedi del Santuario della Vergine della Consolata patrona della città di Torino.
Questa parentesi piemontese del Capitolo Generale é stata occasione per affidare l'Istituto alla protezione della Madonna Consolata e del Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano e per Rinnovare la vita e la missione alle fonti originarie del carisma.
A Castelnuovo si conserva la casa dove nacque Giuseppe Allamano e poco distante (foto sotto) anche quella dove nacque San Giuseppe Cafasso che era suo zio materno
A 40 km da Torino si trova el paese di Castelnuovo. Anticamente chiamato Castelnuovo d'Asti oggi, in onore al più noto dei suoi santi, si chiama Castelnuovo Don Bosco e precisamente in quel paese dell’astigiano nacque, il 21 gennaio 1851, il beato Giuseppe Allamano.
La prima parte della visita è stata alla casa natale del Fondatore che si trova nella parte bassa del centro storico di Castelnuovo. Giuseppe Allamano era il quarto dei cinque figli del matrimonio di Giovanni Allamano e Maria Anna Cafasso, che vissero in quella casa nell'Ottocento. Oggi questa bella residenza di famiglia contadina è diventata meta di pellegrinaggi con un itinerario che riproduce in gran parte la vita dei primi anni di Giuseppe Allamano.
Situata in un piccolo vicolo lontano dal corso principale, troviamo una porta ad arco, tipica della campagna piemontese, che si apre sul cortiletto e la casa. Nel cortile c'è un pozzo e un piccolo giardino e sul fondo la casa di tre piani.
Al piano terra, a sinistra delle scale, si trova la cucina con il camino il cui fuoco, oltre a cucinare, serviva a riscaldare gli ambienti della casa e a destra, c’era la stalla che oggi è stata trasformata in cappella.
Al centro la scala conduce al piano successivo della casa, dove si trovavano le camere da letto. La prima stanza a destra è quella dove nacque Giuseppe Allamano ed è ancora arredata con mobili d'epoca. Poi in altre sale sono esposti alcuni oggetti usati da Giuseppe Allamano oltre ai resti della bara che ha custodito il suo corpo fino al 1990, anno della sua beatificazione.
Nella parte altra della casa, come in tutte le case contadine dell’epoca, c'era il fienile. In questo spazio originariamente aperto sono allestite mostre fotografiche che illustrano la vita e la missione nei diversi continenti, nonché l'organizzazione della famiglia della Consolata.
Nell'ultima stanza si trova la stanza dove soggiornava San Giuseppe Cafasso quando visitava la famiglia. La sua casa natale è poco distante, e la troviamo risalendo la piazza principale di Castelnuovo in direzione della chiesa parrocchiale: lui, zio materno di Giuseppe Allamano, nacque il 15 gennaio 1811
Questo santo sacerdote, definito da Pio XI "la perla del clero italiano", dedicò il suo ministero alla formazione dei giovani sacerdoti, all'insegnamento della teologia morale, alla pastorale tra i carcerati e i condannati a morte, e fu di supporto a varie iniziative sociali e pastorali della chiesa di Torino e del Piemonte in quegli anni. Morì a Torino il 23 giugno 1860, a soli 49 anni, e fu proclamato santo nel 1947.
L’ultima parte della Visita è stata fatta nella chiesa di Sant’Andrea, dove nel 1851 fu battezzato il beato Giuseppe Allamano, nello stesso fonte battesimale nel quale anni prima furono battezzati gli atri due santi dell’ottocento di Castelnuovo: Giovanni Bosco e lo zio Giuseppe Cafasso.
In questa stessa chiesa l'Allamano fece la sua prima confessione e comunione ed esattamente 150 anni fa, all'altare dell'Addolorata, celebrò la sua prima messa il 21 settembre 1873.
I capitolari, alla presenza di alcuni parenti e fedeli di Castelnuovo, hanno celebrato l’eucaristia presieduta da padre Michelangelo Piovano, Vice-Superiore Generale.
Una parte importante della visita si è svolta ad Alpignano, a 20 km da Torino, dove si trova la casa dei missionari anziani e bisognosi di cure mediche. In questa comunità risiede un gruppo di 28 missionari che hanno lavorato in diverse missioni in Africa, America ed Europa.
Momento centrale dell'incontro è stata la celebrazione eucaristica, presieduta dal nuovo Superiore Generale, P. James Lengarin, che ha ringraziato Dio per il dono di questi uomini che ora accompagnano l’impegno missionario con la preghiera, che è la parte essenziale dell’Evangelizzazione.
È stato bello condividere il pane eucaristico con questi missionari che con la loro vita hanno marcato la storia delle nostre missioni e continuano ad essere fonte di ispirazione per continuare a costruire con fedeltà e audacia la storia del nostro impegno missionario.
A Torino, in corso Ferrucci, c'è la Casa Madre, dove i capitolari hanno avuto la possibilità di condividere con i missionari residenti e in visita la gioia della missione e la bella storia del loro impegno missionario.
I Missionari della Consolata, fondati il 29 gennaio 1901, ebbero come prima sede un edificio sito al civico 49 di Corso Duca di Genova, che allora era familiarmente conosciuto con il nome di “Consolatina" ma pochi anni dopo l'edificio divenne troppo piccolo per accogliere le numerose vocazioni e così nel 1905 fu costruita la nuova "Casa Madre" che poteva ospitare 150 studenti, tra seminario minore, noviziato e seminario maggiore.
In parte di questo edificio originale operano ancora oggi vari servizi: la rivista Missioni Consolata, fondata dai Giuseppe Allamano e Giacomo Camisassa nel 1899; il Museo Etnografico IMC e il nuovo Centro di Missione e Cultura; l'accoglienza dei missionari che vengono a “bere alle sorgenti del carisma”. In questa stessa casa si trova la sede della Regione Europa.
Nello stesso isolato si trova anche la Casa Madre delle Missionarie della Consolata, che furono fondate il 29 gennaio 1910. Anche loro ebbero come prima sede la "Consolatina", divenuta in poco tempo insufficiente per ospitare tutti, e allora nel 2014 iniziò la costruzione della loro Casa Madre nel lotto che era rimasto vuoto a nord della casa dei Missionari e che era utilizzato come orto.
In questa casa si mantiene viva gran parte della storia del Fondatore e della missione delle Missionarie: alcuni luoghi emblematici sono la “stanza verde”, dove il Fondatore parlava personalmente con ogni suora, e l'auditorium, dove la domenica mattina teneva le suggestive conferenze.
La cappella del Beato Giuseppe Allamano nella Casa Madre
Nella Cappella Beato Giuseppe Allamano, situata nella parte meridionale della Casa Madre, sono conservate le tombe del Beato Giuseppe Allamano e del cofondatore Giacomo Camisassa, nonché le reliquie delle beate Missionarie della Consolata Irene Stefani e Leonella Sgobarti.
Giuseppe Allamano morì il 16 febbraio 1926 e il suo corpo fu allora sepolto nella cripta riservata ai canonici. Fu nel 1938 quando venne trasportato nell’attuale cappella a lui dedicata in Casa Madre dove lo raggiunsero, nel 2001, i resti del suo collaboratore Giacomo Camisassa. Con la sua beatificazione nel 1990 questo è diventato un luogo di pellegrinaggio dove il suo esempio irradia un rinnovato fervore nella fede e nella missione.
Giuseppe Allamano, sacerdote diocesano di Torino e rettore del Santuario della Consolata per 46 anni, si è dedicato a “essere straordinario nelle cose ordinarie”. Ha trasformato la routine quotidiana del suo ministero sacerdotale in un cammino di santità, essendo strumento di consolazione per tutti coloro che cercavano la via del ritorno a Dio.
Allo stesso tempo, si occupava di promozione sociale e culturale, compresi i media. Animato da una viva coscienza della missione universale della Chiesa, fondò i Missionari della Consolata per portare al popolo la vera "consolazione": Gesù, figlio di Maria.
Il santuario della Consolata e, sotto, una immagine della processione dello scorso 20 giugno
Il giorno della festa della Consolata, il 20 giugno, i capitolari hanno celebrato la mattina nella chiesa del Beato Allamano e il pomeriggio nel Santuario della Consolata. Entrambe le celebrazioni sono state presiedute dal Superiore Generale, P. James Lengarin, con la partecipazione di decine di missionari, laici e devoti della Consolata.
Nel pomeriggio si è svolta una massiccia processione per le vie del centro di Torino, accompagnata da canti, preghiere e anche la proclamazione di pensieri scritti da Giuseppe Allamano in onore di Maria Consolata. Situato nella "via consolata" il Santuario è uno dei luoghi di culto più antichi e frequentati di Torino e del Piemonte.
Giuseppe Allamano fu rettore del Santuario della Consolata dal 1880 fino alla sua morte avvenuta nel 1926. Coltivò personalmente e nei fedeli che frequentavano il santuario una grande devozione a Maria, una devozione che diffuse grandemente anche fuori del Santuario stesso. Ai suoi missionari ha lasciato questa eredità spirituale: “Dobbiamo sentire il santo orgoglio che il nostro Istituto è “della Consolata”. Sforziamoci di meritarci sempre di più il bel titolo che ci è stato dato: siamo della Consolata. Dobbiamo ritenerci fortunati a portare questo nome”.
“La Vergine è una sola anche se ha molti titoli ma noi siamo specialmente devoti del titolo di Consolata. Lei è la nostra tenerissima Madre, che ci ama come la pupilla dei suoi occhi, che ha concepito il nostro Istituto, che lo sostiene materialmente e spiritualmente anno dopo anno; sempre pronta a soddisfare tutte le nostre esigenze. La nostra vera Fondatrice è la Consolata”.
“Dobbiamo rivolgerci a lei durante questa festa come ci si rivolge a una madre. Se celebriamo con intenso amore tutte le feste della Vergine, dobbiamo fare molto di più in questa che è la “nostra” festa, nostra in modo specialissimo”.
* P. Julio Caldeira IMC, padre capitolare, è missionario nell'Amazzonia brasiliana, al servizio della Rete Ecclesiale Panamazzonica – REPAM.
“Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio.” (2 Cor 1,3-4)
Carissimi confratelli, consorelle, laici missionari, familiari, amici e benefattori,
La Festa della Consolata, sempre bella per tutti noi, quest’anno ha un sapore ed una grazia particolari. La celebreremo a Torino, quasi a conclusione del XIV Capitolo Generale, presso i luoghi della nostra storia e memoria ed in particolare al Santuario della Consolata. Possiamo dire che è in questo luogo speciale che siamo stati pensati, generati e formati dal cuore sacerdotale e missionario del Beato Allamano che battendo con il cuore di Maria ha accolto ogni sua ispirazione e desiderio. Il Fondatore, contemplando la Consolata ed il Figlio che porta in braccio, fatto carne e adorato nell’Eucarestia, ha accolto il carisma che ha dato vita alla nostra famiglia missionaria.
Che cosa ci siamo detti e chiesti in questi giorni di riflessione, scambio, preghiera e celebrazione? Ci siamo detti che abbiamo bisogno di ritornare a bere alla fonte del nostro carisma per poter essere fedeli alla missione che ci è stata affidata ed essere presenza e testimonianza di consolazione in questo mondo ferito, affamato e assetato di giustizia e di pace, portando Gesù e la vita nuova e bella del Vangelo.
Come discepoli e missionari, anche noi alla luce della Parola, abbiamo compreso che nulla può fermare la forza del Vangelo che siamo chiamati ad annunciare. Anche se le situazioni e realtà i cui viviamo sono difficili e noi stessi ci scopriamo deboli e fragili, non possiamo fermarci perché sappiamo che non contiamo solo sulle nostre forze, ma soprattutto su quella di Gesù e del suo Spirito.
Anche Papa Francesco, che abbiamo incontrato con le Missionarie della Consolata, con poche parole, ci ha lasciato un mandato: “Vi incoraggio a camminare sempre con gioia nelle vie del Signore” che per noi sono le vie della missione e della consolazione. Ci è sembrato di sentire le parole del Fondatore quando diceva: “Coraggio e avanti in Domino!”.
Più volte ci siamo detti che questo cammino non lo facciamo da soli, ma come comunità e come famiglia, con quello spirito che il Fondatore ci ha chiesto fino alla morte; tra di noi, con le Missionarie della Consolata e tutti quei laici missionari che condividono il nostro carisma. Questa vita fraterna e di famiglia, vissuta in comunità arricchite dalle più varie culture, è il primo annuncio e testimonianza missionaria che possiamo dare.
Ci recheremo in pellegrinaggio al Santuario per ringraziare, per celebrare e poi per ripartire perché la Consolata è già là, in ogni continente, che ci aspetta e precede, passeremo per dirle che rinnoviamo davanti a Lei il nostro proposito di amare, servire e consolare l’umanità con il suo cuore, con le sue mani e con le parole del Figlio suo.
Presso la Consolata il Beato Allamano ha celebrato l’invio in missione di tanti missionari e missionarie, oggi continua ad inviare anche ognuno di noi. Lui, con la mente ed il cuore, partiva con loro, oggi continua a partire attraverso ognuno di noi e ci ripete: “Gesù ha conferito il mandato ai missionari. Vedete che consolazione! Il Signore in quel momento ha pensato a ciascuno di noi. Si vedeva che gli stava tanto a cuore la sua Chiesa”. (25 ottobre 1918 – Celebrazione per la partenza per l’Africa).
Affidiamo alla Consolata quanto lo Spirito ci ha indicato in questo XIV Capitolo Generale e la nuova Direzione Generale che servirà e animerà la nostra famiglia missionaria in questo sessennio.
Ci affidiamo all’intercessione delle Beate Irene Stefani e Leonella Sgorbati e, in particolare, del Beato Giuseppe Allamano del quale in questo sessennio celebreremo il centenario della morte facendo anche di questo momento una occasione di rinnovamento nel carisma che ci ha trasmesso.
Ad ognuno, e in particolare ai missionari anziani ed ammalati, il nostro saluto chiedendo alla Consolata che tutti benedica e consoli.
Esiste in Messico, precisamente nella zona del Chiapas ma non solo, una pietra preziosa chiamata Ambra. Secondo la leggenda gli abitanti della regione credono che quando Dio mandò il diluvio universale per punire i peccatori e le piogge caddero per 40 giorni e 40 notti, tutti piangevano dalla disperazione. Le loro lacrime cadevano nelle acque della piena e si trasformavano in Ambra. L’Ambra pura e trasparente si formava dalle lacrime degli innocenti, quella più scura e velata dalle lacrime delle persone cattive e dei beoni. Nel Chiapas (Messico) e nel Tibet, molti bambini portano al collo un pezzo di ambra, per tenere lontano il malocchio. Sin da tempo immemorabile si credeva che l'Ambra avesse proprietà magiche e medicamentose. Veniva utilizzata come incenso durante i rituali e come disinfettante per combattere le malattie infettive. Gli amuleti d'Ambra avrebbero dovuto proteggere chi li indossava dalle forze maligne ed assicurare loro fertilità e successo nella caccia, mentre i gioielli d'ambra adornavano il corpo sia in vita che dopo la morte, con lo scopo di sottolineare lo stato sociale della persona. L'ambra, sostanza mistica che brilla alla luce del sole attraverso ombre d'oro e miele, è leggera, infiammabile, sempre calda al tatto e con proprietà elettrostatiche. È inoltre in grado di influire sulla bioelettricità del corpo, per semplice contatto esterno o ingerita in polvere. In quest'ultimo caso l'incorruttibilità dell'Ambra le permette di superare indenne tutto il tratto digestivo portandoci la sua azione curativa. La proprietà dell'Ambra di rilasciare elettroni si applica negli ambienti bruciandola come incenso.
Oggi, in un mondo in continuo mutamento, potremmo sicuramente dire che la missione è preziosa come l’ambra chiara; ha il volto della consolazione per un mondo dilaniato e sofferente; ha bisogno delle lacrime della gente ed anche di quelle di noi missionari. Il mondo, per ritrovare speranza e gioia di vivere, ha bisogno della purezza e preziosità di tante lacrime che si solidificano e diventano curative, così come l’ambra, secondo le antiche culture del continente americano.
La missione non ha niente a che fare con la passività, l’insediamento, la paura o il mettersi alla difensiva; questi sono segni che indicano che lo Spirito è stato offuscato (cfr. Ts 5,19) e non è stato atteso o ricevuto.
La missione nella sequela di Gesù è cambiamento, apertura alla novità, ricerca inquieta e di speranza. Richiede rotture e rinunce, ma suscita e genera anche molta gioia ed entusiasmo e manifesta tutto il suo fascino. Avviene a noi come a quel tale che “trovato” un tesoro nel campo, lo nascose e per la gioia vendette tutto quello che aveva per comperarlo. (Matteo 13,44). La missione, aperta alla novità dello Spirito che è sempre libero, creativo e persino sconcertante, crea e ricrea, trasforma e fa nuove tutte le cose, appassiona per Cristo e il suo Regno.
Ci sono troppi uomini e donne schiavi delle strutture, che si accontentano di “eseguire” gli ordini, come qualsiasi esecutore rassegnato. Oggi abbiamo bisogno di uomini e donne che si muovano con passione nella mistica della vita, che sappiano ascoltare la voce del silenzio, che camminano nella carovana di tutti gli uomini e donne del loro tempo e che con entusiasmo spingano avanti e assumano nel quotidiano non solo le opzioni e le motivazioni, ma anche i sentimenti di Cristo ( Efesini 2,5) e diventino testimoni mediante la giustizia, la libertà, la riconciliazione, la misericordia e la tenerezza, la solidarietà e la gratitudine, la bellezza e la gioia.
C’è una frase del fondatore che mi ha accompagnato in questi 18 anni e ha orientato il mio servizio all’Istituto: “il nome che portate deve spingervi a divenire ciò che dovete essere!”.
Un missionario della Consolata non può non pensare alla Consolata e alla consolazione nel suo servizio missionario e tanto più se è un superiore. Quindi al centro di questo cammino pluriennale c’è il progetto della consolazione che ho imparato con la guida di tre maestri: la stessa madonna Consolata evidentemente, la nostra mamma; il Fondatore Giuseppe Allamano e anche tutta l’umanità in diverso modo bisognosa di consolazione.
Prima di tutto per mezzo del dialogo con le persone; è stata l’esperienza più bella fatta in questi anni. Accompagnare i missionari, li ho incontrati tutti in più di una occasione e in diverse circostanze; dialogare con persone che ti aprono il loro cuore è una cosa bellissima e sempre molto arricchente. Mi ha aiutato il dono della memoria che il Signore mi ha concesso: ricordavo spesso dettagli di tanti incontri che ho avuto con i missionari e loro erano molto contenti quando tu ricordavi aspetti della vita di ciascuno, si sentivano valorizzati nella loro missione o nel loro particolare incarico o lavoro.
In questi anni ho visitato davvero tutte le missioni. Me ne è mancata solo una ed è la parrocchia che è stata aperta poco più di un anno fa nella città di Madrid... questa davvero credo che non la potrò visitare, ma è l'unica eccezione. Visitare le missione, e anche più volte, ti aiuta ad avere una certa prospettiva storica e a creare una relazione spesso profonda con chi ti trovi lì. Forse non parli nemmeno la lingua ma si stabilisce una specie di feeling, una vicinanza che fa bene a tutti: a noi missionari come alle persone che hai modo di visitare anche a distanza di anni.
Ho trovato tanti missionari che hanno saputo dire quanto questo che ci abbia tenuto uniti. Pochi giorni fa un missionario di passaggio mi ha chiesto se avevo un minuto per dialogare e quando è venuto nel mio ufficio era per ringraziami per quello che avevo fatto per lui. Un altro missionario mi ha scritto chiedendomi perdono perché "non sempre mettiamo in pratica quello che scrivi".
Alla fine tutto questo è stato un cammino fatto assieme, potremmo anche dire che una consolazione reciproca: non si tratta affatto di essere giudici implacabili, ma fratelli che fanno assieme un cammino.
Poi un secondo spazio dove ho esercitato la consolazione è stato l'incontro con le comunità. Era un aspetto importante della visita perché aiutava a mettere in pratica il discernimento fatto con le persone. Magari in altri tempi il superiore vistando le comunità si soffermava molto su temi di carattere morale o disciplinare, legati alla vita dei missionari. Non ho voluto lasciare indietro queste cose ma ho dato amplio spazio alla condivisione, la riflessione e lo studio sulla missione. la riflessione sulla missione che ognuno stava portando avanti era un aspetto di primaria importanza.
Ho sempre cercato di vedere il senso di quello che stavamo facendo; se stavamo in una parrocchia per esempio chiedevo di conoscere il progetto pastorale. Ho sempre considerato importante che i missionari sapessero che il superiore si preoccupava di chiedere dove mettevano il loro accento, come spendevano il loro tempo, lo spazio che la missione avesse nel loro impegno quotidiano.
In questi anni forse potranno accusarmi di tanti sbagli, in tante cose certamente avrei potuto fare meglio, ma certamente non potranno mai dirmi che non sono stato sincero... ho sempre detto quello che sentivo dentro, tanto alle persone come alle comunità; ho cercato di evitare giustificare situazioni che avessero bisogno di una correzione e questa ho sempre cercato di realizzarla con rispetto e buone maniere.
La penultima settimana del corso di formazione dei missionari con 50 anni di ordinazione ci ha portato lontano da Roma per avvicinarci alla città di Torino, la culla del nostro Istituto. Un viaggio fatto in autobus anche per permetterci muovere con maggior facilità nei luoghi che avremmo visitato. Lo stesso viaggio, con pranzo al sacco, è stato un bel momento per fraternizzare e dialogare fra noi.
I giorni che abbiamo passato nella città di Torino sono state dense di esperienze che in diversi modi ci hanno permesso di vedere e riflettere a proposito della nostra vocazione missionaria.
Abbiamo potuto vedere in anteprima, qualche ora prima della inaugurazione officiale, il Polo culturale che è stato allestito in Casa Madre. Una esposizione, distribuita su tre piani della nostra Casa Madre, che ha valorizzato una parte degli oggetti che fanno parte della storia dell’Istituto e del suo lavoro missionario prima malamente esposti in uno spazio ridotto e di difficile accesso. Oggi questo piccolo patrimonio artistico e culturale dei Missionari della Consolata è messo a disposizione di pubblico e scolaresche in spazi immersivi e multimediali.
Alcuni di noi sono rimasti inizialmente perplessi perché non era visibile l’orientazione religiosa e missionaria di questa esposizione ma poi abbiamo capito che per la società italiana oggi un approccio più direttamente confessionale non sempre è bene accetto, meglio avvicinarsi all’opera dei missionari per mezzo della conoscenza delle culture e società in mezzo alle quasi si sono mossi, con le quali hanno condiviso vita, valori e impegno mossi in ultimo termine da una esperia di fede che diventa comune e condivisa.
Dopo questa interessante esperienza abbiamo avuto l’opportunità –eravamo venuti a Torino per quello– di rivisitare luoghi e spazi legati alla vita del Beato Giuseppe Allamano, nostro fondatore.
Abbiamo così visitato la casa di Rivoli dove lui ha passato lunghi periodi di riposo, ricevendo la visita di seminaristi e di missionari partenti; dove Giuseppe Allamano ha critto al suo vescovo la lettera nella quale annunciava la sua decisione di fondare la congregazione missionaria dedicata alla Consolata.
Siamo stati accolti a Castelnuovo Don Bosco dalla comunità di missionari che vive nella casa natale di Giuseppe Allamano, guidata dal padre Piero Trabucco, che ha fatto di quel luogo, così intimamente unito al nostro beato, un luogo di spiritualità e formazione. Tutto è ben conservato y visitabile, tutto ci parla di Lui e delle sue radici profonde e contadine. In questa visita abbiamo celebrato l’eucaristia al primo piano della casa paterna, nella stalla trasformata in cappella e dalla quale si accedeva, per mezzo di una ripida scala, alle stanze della casa della famiglia Allamano.
Poi in due occasioni abbiamo visitato il Santuario della Consolata, lo spazio che conserva il ricordo più denso del lavoro, dell’impegno e della spiritualità del nostro Fondatore. In una prima occasione siamo stati ricevuti dall’attuale rettore del Santuario, Mons. Marinacci, il decimo successore di Giuseppe Allamano. Lui ha voluto farci rivisitare questi spazi con gli occhi e la mente del nostro Fondatore: gli incontri con tanti sacerdoti giovani che si formavano nel convittorio ecclesiastico che dirigeva; la vicinanza alla popolazione della città di Torino che aveva nella Consolata il suo santuario mariano e uno dei luoghi più amati dai cristiani di quella città; l’amicizia con Giacomo Camisassa, vicerettore del santuario, mano destra dell’Allamano, la persona pragmatica y preparata per mezzo della quale ha potuto realizzare tante ristrutturazioni necessarie per la conservazione e l’abbellimento di questo luogo sacro e al contempo creare quella comunità missionaria che per anni aveva sognato e pensato senza poterla realizzare perché non si era ancora presentato il momento opportuno.
Nel santuario della Consolata come sulla tomba dell’Allamano, in Casa Madre, abbiamo celebrato l’eucaristia in comunione con Lui che ci ha voluto e Lei, la Consolata, che sempre ci ha protetti.
Per finire ci sempre importante anche ricordare in modo speciale una vista, quella fatta alla comunità dei nostri missionari anziani e malati di Alpignano. Che bello ed emozionante trovare alcuni missionari con i quali abbiamo magari camminato insieme per alcuni anni, o anche hanno inspirato il nostro cammino missionario. Oggi li vediamo prostrati, molto anziani o malati ma capaci di continuare in altro modo, anche nel dolore, lo stesso impegno o la stessa passione missionaria. Un piccolo gruppo di noi ha potuto fare la stesse esperienza con le nostre sorelle Missionarie della Consolata.
La Madonna di Jardim Consolata di São Paulo ha una storia del tutto particolare che si intreccia con le vicende della famiglia dei Missionari e delle Missionarie della Consolata in ben tre continenti: Europa, Africa e America. Lei non smette di proteggere e benedire comunità e famiglie.
Quando si arriva a “Jardim Consolata” (Giardino Consolata) a São Paulo (Brasile), è facile assaporare una sensazione di pace, armonia, coraggio che ha accompagnato la vita delle Missionarie della Consolata presenti in questa zona nord della megalopoli di São Paulo fin dal 1954.
Questa comunità è stata sede del noviziato per le giovani aspiranti alla vita religiosa e missionaria del Brasile. Oggi è una casa di sorelle anziane, missionarie sacramentine -come loro stesse si definiscono- e quindi dedite alla preghiera e alla contemplazione.
Entrando nella cappella, sulla sinistra, c’è una bellissima immagine della Madonna Consolata, un dipinto ad olio antico. Ha una storia sorprendente, “quasi epica”, come disse suor Elsa Vergine (1904-2004), una delle protagoniste delle vicende legate a questo quadro e chi mi raccontò quando seppe che ero prossima a partire per le missioni dell’Etiopia nell’anno 2021.
Siamo ad Addis Abeba, nel maggio del 1942, tra il 10 e il 15 maggio. È uno dei tempi più dolorosi per i Missionari e le Missionarie della Consolata: la guerra italo-etiopica. L’icona della Consolata è il regalo del dottor Edoardo Borra per la nuova cappella dell’Ospedale Principessa del Piemonte di Addis Abeba. L’espressione materna della Consolata è molto particolare e, nei momenti più tribolati della guerra, diceva suor Elsa: “era il nostro rifugio e conforto”.
Tutte le suore (erano 88) e anche tutti i Missionari della Consolata si trovavano nel campo di prigionia, eccetto padre Lorenzo Bessone, suor Virgilia Sisti, suor Teresia Brena e suor Elsa Vergine, che prestavano i loro servizi in ospedale. Il gruppo nutriva la speranza che l’imperatore etiope Hailé Selàssié riuscisse a calmare gli animi degli inglesi e continuare il loro servizio nell’ospedale.
“Purtroppo – racconta suor Elsa – giunse l’ordine di chiudere immediatamente la struttura e riconsegnare le chiavi. Al mattino, molto presto, vennero a prendere suor Virgilia e suor Teresia. Io rimasi sola, aspettando la persona che si sarebbe incaricata delle chiavi. Entrai nella cappella, alzai lo sguardo alla Consolata e, d’improvviso, sentii nel cuore che la Madonna desiderava partire con me. Non persi tempo: salii sull’altare, arriotolai il dipinto che era facile da togliere e lo misi nello stesso tubo con il quale era arrivato in Etiopia. E così la Consolata era pronta per partire con me”.
Fino al villaggio di Harar non ci furono problemi, ma nell’ultimo controllo minuzioso dei bagagli le cose si complicarono: “Mentre continuavo a stringere il tubo con l’icona della Consolata e il poco di denaro che ci restava -prosegue il racconto-, da lontano mi fecero cenno di riconsegnarlo. Ero afflitta, allora chiamai il Padre Bessone perché spiegasse tutto in inglese. Non avemmo successo. L’icona rimase a Mandera, sede della colonia inglese”.
Bisognerà aspettare fino al 1953 quando, dopo la guerra ormai da qualche anno, p. Bessone si mette in viaggio verso il Meru (Kenya). Arrivando al porto di Mogadiscio, in Somalia, sapendo che la nave sarebbe rimasta attraccata alcuni giorni e sapendo che gli inglesi si trovavano ancora lì, scese dalla nave e andò a visitarli. Entrando in una sala, vide il tubo con l’icona della Consolata. Lo chiese e lo ottenne. Ricordando le mie lacrime quando dovetti lasciarla, lo mandò alla Casa del Noviziato, Jardim Consolata dove quell’anno cominciavo il mio percorso come Missionaria della Consolata. Il quadro rimase in mano degli inglesi per quasi dieci anni: dal 1942 al 1953”.
Tra le linee di questa breve storia missionaria leggiamo soprattutto la tenerezza di Dio che continua a consolare il suo popolo, per mezzo di questa Consolata nel Giardino. Il suo pellegrinaggio è un fatto missionario senza misura, che abbraccia popoli, Paesi e continenti.
Chi cammina nel “Jardim Consolata” o contempla la “Consolata del Jardim” fa memoria dell’imperativo di Dio profetizzato da Isaia: “Consolate, consolate, consolate il mio popolo!” (Is. 40, 1ss). Anche in tempo di pandemia queste parole si tradussero in gesti semplici: attenzione, vicinanza, tenerezza, incoraggiamento, umiltà, solidarietà.
L’icona della Consolata del Giardino, con i suoi colori, espressioni, storia, bellezza e prodezze continua a mostrarci che il dolore ci focalizza nel momento, ma la consolazione apre ad orizzonti infiniti. È il segreto dei santi. È il segreto del Beato Giuseppe Allamano, che si presentava come il tesoriere della Consolata e continua, per mezzo della sua famiglia missionaria, rivelando la consolazione, frutto del Si di Maria di Nazareth!
*Suor Melania Lessa è Missionaria della Consolata brasiliana. Oggi risiede in Jardim Consolata ma ha condiviso la vita con il popolo Oromo in Etiopia. Notizia pubblicata da www.terraemissione.it