L'anno 2024 è stato dichiarato dal Santo Padre, Papa Francesco, come l'Anno della Preghiera. La preghiera è un pilastro fondamentale nella sequela di Gesù Cristo. Il discepolo missionario di Gesù Cristo deve essere una persona di preghiera.

La preghiera è uno degli aspetti che il Beato Giuseppe Allamano ha sottolineato ai missionari della Consolata: la loro vita è totalmente inseparabile dalla preghiera e lo spirito di preghiera fa parte della vita quotidiana delle comunità locali in cui i missionari della Consolata vivono. È un aspetto indispensabile della loro vita personale e apostolica.

Il Beato Giuseppe Allamano sottolinea che lo spirito di preghiera deriva direttamente dalla disposizione di Gesù Cristo di pregare costantemente (cfr. Lc 18,1). Essere rivestiti dello spirito di preghiera dimostra maturità nella sequela di Gesù Cristo e nell'apostolato missionario.

Gesù Cristo, modello di preghiera

Il Signore Gesù è l'esempio supremo di preghiera; è la principale autorità in materia di insegnamento della preghiera. Gesù Cristo ci ha lasciato la preghiera più grande e potente dell'universo: il “Padre Nostro” (Mt 6,9-13). Ha raccontato una parabola per mostrare la necessità di pregare sempre e incessantemente (Lc 18,1-8). Gesù pregava molto in compagnia dei suoi discepoli (Mt 26,36-38); nel silenzio e nella solitudine cercava la comunione con il Padre (Mc 1,35).

San Paolo ha imparato da Gesù l'importanza della preghiera. Seguendo l'esempio di Gesù, egli esorta i discepoli di Gesù a pregare senza sosta (cfr. 1 Tes 5,17) “con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a vegliare con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi” (Ef 6,18).

I santi della storia della Chiesa ci hanno lasciato anche il più grande esempio di preghiera e di intimità con Dio. Una delle principali virtù dei santi è una profonda vita di preghiera. Sant'Agostino d'Ippona diceva che “senza la preghiera la vita dell'anima non può essere conservata; la preghiera è la chiave che apre le porte del cielo”. San Giovanni Crisostomo ricordava che “l'uomo più potente è colui che prega, perché si rende partecipe di Dio” e per San Tommaso d'Aquino “la preghiera continua è necessaria per entrare in paradiso; lei ci ottiene la grazia non per i nostri meriti ma per la misericordia di Dio che si è impegnato ad ascoltare coloro che gliela chiedono”. Santa Teresa d'Avila diceva: “La preghiera di intimità con Dio non è altro che morire a tutte le cose del mondo e gioire in Dio solo. Chi cessa di pregare è come se si gettasse all'inferno, senza bisogno dei demoni”. Sant'Alfonso Liguori diceva: “Chi prega si salva, chi non prega è senza dubbio condannato, lo dico e lo ripeterò sempre: finché viviamo la nostra salvezza è nella preghiera”.

L'insegnamento del Beato Allamano sullo spirito di preghiera

Il Beato Giuseppe Allamano non ha mai smesso di insegnare ai suoi missionari l'importanza dello spirito di preghiera. Seguendo l'esempio di Gesù Cristo, anche lui visse in spirito di preghiera e la sua vita sacerdotale fu una chiara testimonianza di vita di preghiera. Anche la fondazione dei Missionari e delle Missionarie della Consolata è stata frutto del suo spirito di preghiera. Ecco alcuni dei suoi insegnamenti sullo spirito di preghiera:

Il raccoglimento come punto di partenza dello spirito di preghiera

Si tratta dell'importanza della contemplazione. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, “la preghiera contemplativa è un semplice sguardo su Dio nel silenzio e nell'amore. È un dono di Dio, un momento di pura fede, durante il quale chi prega cerca Cristo, si abbandona alla volontà d'amore del Padre e raccoglie il suo essere sotto l'azione dello Spirito. Santa Teresa di Gesù lo definisce come un rapporto intimo di amicizia; essere spesso soli con colui che sappiamo che ci ama” (CIC-C #571)

Il beato Giuseppe Allamano, a proposito del raccoglimento, afferma che “è necessario vivere raccolti, evitando la dissipazione e tenendoci alla presenza di Dio. Il raccoglimento è assolutamente necessario per poter trarre profitto da quello che si fa; altrimenti ci restano quelle specie di oasi che sono le pratiche spirituali, ma fuori di quelle tutto è arido.  Quando poi non possiamo tenere la mente fissa in Dio, basta riferire le nostre azioni a Lui e tutto diventa preghiera. Ecco in che cosa consiste lo spirito di preghiera, che aiuta molto la vita interiore.(Così vi voglio, n. 181).

Il Fondatore invita i Missionari e le Missionarie della Consolata ad essere uomini e donne di contemplazione: “un missionario e una missionaria devono essere capaci di mantenere il raccoglimento in tutti i luoghi; saper passare dallo studio o dal lavoro alla preghiera; tenersi uniti a Dio con un’elevazione del cuore continua, o almeno frequente; insomma esercitare tutto il loro impegno e insieme pregare. Se non hanno questo spirito, non saranno mai buoni missionari e buone missionarie. Potranno illudersi di esserlo, ma non lo sono. Fortunati voi se procurerete di avanzare sempre più nella vita  interiore, con lo spirito di raccoglimento e di preghiera!” (Così vi voglio N. 181).

Il raccoglimento interiore si basa sulla fede e la preghiera silenziosa è un'occasione per abbandonarsi a Dio che abita in noi. Non si tratta di ragionare su Dio, ma di stare da soli con Lui in silenzio, e Dio opera il suo lavoro di vasaio nell'anima per plasmarla secondo la sua volontà.

Lo spirito della preghiera è stare alla presenza di Dio

La vita di preghiera consiste nell'essere abitualmente alla presenza di Dio e in comunione con Lui. Questa comunione di vita è sempre possibile perché, attraverso il Battesimo, siamo diventati un solo essere con Cristo (Romani 6,5). La presenza di Dio è sempre immensa, perché “in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). Per questo il beato Giuseppe Allamano afferma che “l’ideale è che giungiamo a vivere continuamente alla presenza di Dio, che è uno dei mezzi più efficaci di santificazione (…) Ora, quando si cammina alla presenza di Dio, si fanno le cose bene, con perfezione” (Così vi voglio, n. 181).

Essere alla presenza di Dio significa considerare che Gesù Cristo è presente nei nostri templi, cappelle e oratori. Lo attesta il beato Giuseppe Allamano: “egli è nel SS. Sacramento con la Sua reale presenza, e reale è la presenza nostra davanti a Lui, perché la distanza per Lui non conta. Renderci dunque abituale e familiare la presenza di Gesù Sacramentato. Egli guarda me e io guardo Lui, e i nostri sguardi si incontrano nell’amore” (Così vi voglio, n. 182). Quindi, essere permanentemente alla presenza di Gesù Cristo è una chiara manifestazione dello spirito di preghiera.

Lo spirito di preghiera è meditare con passione

Non dobbiamo essere semplicemente persone che meditano, ma dobbiamo farlo con passione. La meditazione con passione è il fondamento dello spirito di preghiera nei discepoli del Signore. La meditazione quotidiana è sempre il fuoco con cui si accende l'anima e ha come scopo la conoscenza profonda della Parola di Dio che ci permette di conoscere la sua volontà e di aderire ad essa, imitando la vita di Cristo e dei santi. Il beato Giuseppe Allamano è molto chiaro su questo punto: “vorrei che tutti vi convinceste dell’importanza della meditazione o preghiera mentale, ne prendeste affetto e ve ne formaste l’abitudine a farla bene e con gusto. Essa è necessaria per acquistare lo spirito di pietà, crescere nell’amore di Dio e per evitare il peccato (…) Inoltre, è necessario fare del bene agli altri” (Così vi voglio, n. 179).

Conclusione

Il beato Giuseppe Allamano è stato un discepolo missionario di Gesù Cristo caratterizzato dalla preghiera. La sua vita è stata una testimonianza di preghiera e di totale fiducia nel Signore. Per questo motivo ha esortato con forza i missionari della Consolata a essere persone di preghiera tanto nella preghiera personale come nell’apostolato. In questo anno sulla preghiera indetto da Papa Francesco, gli insegnamenti del Beato Giuseppe Allamano sullo spirito di preghiera continuano a illuminare la vita dei missionari della Consolata e di tutti i discepoli missionari di Gesù Cristo nel loro incontro quotidiano con il Signore.

* Padre Lawrence Ssimbwa, IMC, parroco di San Martin de Porres a Buenaventura, Colombia.

Si avvicina il 24 aprile. Ci porta la memoria di S. Fedele da Sigmaringa e l'anniversario della richiesta fatta nel 1900 dall'Allamano al suo Cardinale di aprire il nuovo Istituto missionario. Abbiamo pensato di offrire questo studio di padre Igino Tubaldo circa il lungo e laborioso cammino verso l'apertura dell'Istituto. Deo gratias! (Buona lettura. Pietro Trabucco, IMC, Castelnuovo don Bosco)

“Era il 29 gennaio 1901 quando Giuseppe Allamano fondò l’Istituto Missioni Consolata. Vi lavorava da quasi un decennio, affrontando difficoltà di ogni genere. Figura importante e determinante nella chiesa torinese della metà Ottocento e primo ventennio del Novecento, il fondatore è quasi sconosciuto fuori di Torino e del Piemonte. In compenso, l’Istituto dei Missionari della Consolata ha messo solide radici in quattro continenti. Questo è il racconto della sua travagliata nascita” (P. Igino Tubaldo).  Pubblichiamo di seguito l'articolo integrale.

Suor Margherita Demaria (1887 - 1964) è la prima e più stretta collaboratrice dell'Allamano nella direzione e formazione delle Suore Missionarie della Consolata, a partire dal 1913. Possiamo definirla come figlia e collaboratrice dell’Allamano.

Entrata nell'Istituto il 2 ottobre 1910, anno della fondazione, accolta direttamente dall'Allamano, ha emesso la professione religiosa il 5 aprile 1913. Dal maggio successivo, giovane di 26 anni, è stata posta dal Fondatore come sua vicaria per la cura della comunità di Casa Madre, incarico che ha svolto per poco tempo, perché alla fine dell'anno è stata destinata responsabile del gruppo delle prime missionarie partite per il Kenya. Per 34 anni ha lavorato in Africa, prima in Kenya, poi in Tanzania e Mozambico coprendo incarichi di responsabilità. Dal 1947 al 1958 è stata Superiora Generale dell'Istituto. Dopo alcuni anni, trascorsi a Roma, come superiora della comunità, si è ritirata a Torino, ove è morta l'8 dicembre 1964.

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Le prime 15 suore missionarie della Consolata accolte in Kenya tra cui Margherita Demaria

Vi presentiamo un breve profilo di questa bella figura che è tra le radici dei nostri Istituti che hanno attinto a piene mani dal Fondatore.

Mons. Giovanni Battista Ressia (1850-1933), originario da una famiglia di contadini di Vigone (TO), fece i primi studi fino alla filosofia tra i Tommasini del Cottolengo. Entrato nel seminario diocesano di Torino nel 1868, divenne compagno di classe dell’Allamano, al quale fu legato da sincera amicizia. Ordinato sacerdote nel 1873, dopo il biennio di perfezionamento nel Convitto Ecclesiastico, fu viceparroco a Bra e poi segretario del Vescovo di Pinerolo. Nel 1880 conseguì la laurea in teologia, divenendo professore in seminario. In seguito, fu nominato parroco di Bricherasio (TO) e nel 1897 venne ordinato vescovo per la diocesi di Mondovì.

Il Ressia sostenne l’Allamano in tutte le sue iniziative, specialmente per la fondazione dei due Istituti Missionari. La commemorazione dell’Allamano fu tenuta da Mons. Ressia, il 23 marzo 1926, durante il solenne funerale di “trigesima” nel santuario della Consolata. È sempre commovente rileggere questo discorso commemorativo, anche perché fu pronunciato in quel santuario da dove pareva che l’Allamano non si fosse mai allontanato. Lo pubblichiamo integro, certi che da esso appare da quanto affetto e da quale ammirazione fosse circondato l’Allamano da vivo e da morto.

LA COMMEMORAZIONE DELL’ALLAMANO 1926

di Mons. Giovanni Battista Ressia

«È Gesù, che lontano da Betania e nascosto nelle solitudini di Gerico, annunziava agli Apostoli la morte di Lazzaro con queste tre parole: Amicus noster dormit – l’amico nostro dorme. Parole che solo furono intese bene, quand’Egli, giunto al sepolcro del morto da quattro giorni, lo richiamava a vita con la stessa facilità con cui avrebbe svegliato un dormiente. Per Lui la morte non è che un sonno, onde l’Amicus noster dormit. Parole che poi tanto consolarono le sorelle Marta e Maria e il popolo piangente con esse; parole che traversarono i secoli gettando luce divina sopra i sepolcri cristiani e consolarono quanti piangono un loro caro defunto. Il morto vive; chi dorme si sveglierà.

L’ho ricordato a me stesso quell’Amicus noster dormit, quando il 16 febbraio, vigilia del Pulvis es (Mercoledì delle Ceneri) mi giunse un telegramma ad annunciarmi la morte tua, o carissimo Canonico Giuseppe Allamano, mio compagno di Seminario e di Sacerdozio, modello a tutti di virtù e di opere sante. E Voi, devoti della Consolata, che l’aveste per tanti anni a Rettore ed angelo buono; Voi sacerdoti, amici e cooperatori, che lo avvicinaste ogni giorno partecipando ai suoi pensieri e al suo amore; Voi specialmente Figli e Figlie del cuor suo, generati da Lui alle Missioni d’Africa, da chi voi potreste aspettare un conforto se non dal Consolatore divino, da Gesù?

Venga egli perciò anche a noi, qui, in questa vera Betania dove tanti lo amano e stanno pregando attorno a questo monumento di morte, e ci ripeta la sua parola consolatrice: Amicus noster dormit. Sì, il Can. Allamano fu un vero amico di Gesù, un amico nostro, un amico che si è addormentato nel Signore. Perché non consolarci?

L’amico di Gesù

Sappiamo che l’amicizia importa una certa eguaglianza e rassomiglianza, con una reciproca comunicazione di beni. Ma quis ut Deus? Egli l’infinito e noi un atomo, un nulla piano di miserie e di peccati. Però l’amore vince tutto; e Dio superando ogni distanza si abbassa fino al nostro nulla per imprimere in noi nella creazione la sua immagine e rassomiglianza, ed apparire nella redenzione come uno di noi in similitutinem carnis peccati (Rom VIII,3): tutto per comunicarci i suoi doni, e per ricevere corrispondenza di amore. È la grazia, l’amicizia tra Dio e noi; onde la parola di Gesù: Voi sarete i miei amici se farete quanto vi comando; e quell’altra detta in piena confidenza nell’ultima Cena agli Apostoli: Jam non dicam voi servos, sed amicos meos... perché quanto seppi ed ebbi dal Padre mio tutto a voi ho confidato (Giov. XV,15). - Un santo Sacerdote, ecco un vero amico di Gesù.

Nessun dubbio che tale sia stato il Can. Allamano prima e dopo l’ordinazione sacerdotale; lo direi anzi un Beniamino di Gesù, un sacerdote suo prediletto. Aveva da pochi giorni vestito l’abito chiericale, e per sette anni divisi con Lui e con gli altri compagni di corso la vita nella scuola, nello studio, nelle ricreazioni e passeggi, nelle opere di pietà. Egli era il nostro modello per il fervore nella preghiera, per le comunioni frequenti, per l’attenzione ai professori, per l’applicazione allo studio, per la pazienza e amabilità con noi, per l’obbedienza, per lo splendore dell’angelica virtù. Non lo vidi mai turbato o irrequieto, sempre in pace, amato da tutti. - Perciò nessuno di noi fece le meraviglie al vederlo ben presto dai Superiori addetto al servizio della sacristia e dell’altare, né quando, l’ultimo anno teologico, ci fu dato a Prefetto di Cappella, cioè il primo di tutti i chierici del Seminario. Si sapeva da tutti che il più vicino al cuore di Gesù, il più amico suo era l’Allamano, cui nessuno avrebbe osato paragonarsi.

Non so tuttavia se altri godesse come me delle sue confidenze. Pareva preferirmi perché di carattere a Lui più contrario, e più bisognoso della sua carità. Ed ho potuto così scoprire anche meglio le industrie sante con le quali restituiva a Gesù le grazie ricevute; nel che sta appunto il segno dell’amicizia: la reciproca comunicazione dei beni. Mi diceva adunque un giorno: Che fortuna per noi! Possiamo farci molti meriti col fare tutto e sempre alla presenza del Signore e per amor suo; il piccolo diventa grande ... Era la dottrina di S. Paolo: Sive manducatis, sive bibitis, ect... [ ... ] e mi spiego ora perché il mio compagno fosse sempre così raccolto, silenzioso, puntuale, scrupoloso nelle cerimonie di chiesa, fervoroso in tutte le opere di quella pietà che ad omnia utilis est, promissionem habens vitae quae nunc est et futurae (1 Thim. IV,8). - Oh, avessi saputo approfittare de’ suoi consigli, non sarei tanto povero davanti a Dio! Ma voi, giovani, fatene tesoro, e beati voi se saprete restare sotto lo sguardo di Dio, operare per amor suo e vivere cos’ nella sua grazia. Egli non si lascia mai vincere in generosità con le anime che sanno darsi senza riserva.

Venne intanto il giorno della nostra ordinazione sacerdotale (6 giugno 1873). Il Diacono Allamano per mancanza di età dovette attendere a settembre, e toccò a me celebrare la prima Messa in Seminario, e distribuire la prima comunione. Sicché il primo cui diedi Gesù venuto allora nelle mie mani, fosti tu, Diacono Allamano! E ricordo la commozione reciproca quando poco dopo ti avanzasti coi chierici di camerata a baciarmi le mani. - Tre mesi dopo anch’egli era inginocchiato ai piedi dell’Arcivescovo Mons. Lorenzo Gastaldi, che gli ripeteva in nome di Gesù: Non dicam vos servos, sed amicos meos: e si alzava Sacerdote con nella mano destra l’ostia e il calice, nell’altra le chiavi del cielo, sulle labbra la parola di Gesù, e nel cuore l’amore di lui e delle anime.

Lo rividi cinquant’anni dopo, qui, a quell’altare (della Consolata), circondato dai compagni superstiti, da beneficati, da amici, da popolo devoto, pel suo giubileo sacerdotale. Aveva la fronte coronata di bianchi capelli, ma in tutto era ancora lui, raccolto, devoto, maestoso, preciso nelle cerimonie, e ripeteva a ragione: Entrerò all’altare di quel Dio che rallegra la mia giovinezza.

L’amico nostro

Col salire al Sacerdozio l’amico di Gesù era diventato anche Amicus noster (amico nostro) ... delle anime per le quali consumerà la vita. Sognava come ognuno de’ suoi compagni di passare dal Convitto Ecclesiastico ad una Vicecura in qualche paesello, sotto esperta guida per iniziare la sua carriera. Ne fece breve prova edificando e attirandosi tutti i cuori; ma l’obbedienza lo richiamava presso il Seminario a continuare l’opera dell’indimenticabile Canonico Soldati, nell’ufficio delicatissimo di Direttore dei Chierici; ufficio che aveva del Censore di disciplina, ma più del Padre spirituale. Agli insegnanti il coltivare le intelligenze, al direttore di plasmare i cuori e preparare le anime al Sacerdozio. Se qui si trovasse chi allora gli era stato suddito, dica qual Angelo buono incontrò nel Teol. Allamano, qual padre amoroso a provvederlo in tutte le necessità, qual tenera madre a compatirlo e consolarlo! Trovò quasi un altro Gesù che preparava i Discepoli all’Apostolato. E il Direttore era felice nella carica assegnatagli dall’obbedienza.

Altri disegni aveva su di lui la Provvidenza Divina. Si facevano sentir vivi in quei giorni nuovi bisogni in Torino e nella vasta Archidiocesi. La città andava febbrilmente dilatandosi e migliorandosi nelle sue condizioni, mentre il Santuario della Consolata, cuore dell’antico Piemonte e sì caro ai Principi ed al popolo, deperiva quasi abbandonato, ed era per di più senza il suo Rettore. L’Archidiocesi poi lamentava da qualche anno che il giovane clero non trovasse più all’ombra del Santuario quella direzione pratica che, iniziata dal Guala con il Convitto Ecclesiastico, proseguita dal Servo di Dio il Cafasso e poi dal Bertagna, aveva per tanti anni portato a singolare altezza il clero Piemontese. Un ultimo soffio di rigorismo aveva disertato quel nido e dissipati come nel Getsemani i nuovi Apostoli. Il duplice caso pesava sul cuore di tutti, ma più del Teol. Allamano, che di Mons. Bertagna era conterraneo e che del Cafasso era per di più nipote da parte di madre e ne portava il nome di Giuseppe. Il Don Cafasso pregava certamente dal cielo; ed ecco cessare, quasi improvvisamente, ogni vento contrario. «Va, disse un giorno una voce misteriosa a Francesco d’Assisi, va e ripara la mia chiesa». Andò, ristorò prima la chiesa di S. Damiano; poi la chiesa delle anime con la istituzione di tre Ordini religiosi.

“Va alla Consolata e ripara” disse la obbedienza all’Allamano. Ed eccolo in giovane età già Rettore qui, dove una pena gli stringe il cuore, un pensiero lo assilla del continuo. “Ripara, ripara”. La decisione è presa. Non ostante gravissime difficoltà finanziarie e tecniche ... e dopo pochi anni ecco ristorato e ampliato il Santuario, ricco di ori e marmi, servito da santo e numeroso clero, frequentato dalla città al Piemonte, tornato alla sua vita di prima Basilica e trono degno della Regina e Madre, Consolatrice degli afflitti. Mancavano tuttavia i Paggi d’onore, i messi da spedire attorno, onde riparare il tempio morale delle anime comprate a prezzo di sangue divino. Ed ecco l’altro miracolo: il Convitto Ecclesiastico presto si riapre, i giovani sacerdoti di nuovo attorno alla Sede della Sapienza, e il Rettore ne sarà per anni anche Maestro di Conferenza pratica e modello di virtù. Egli avrà un personale scelto che lo aiuta; e il popolo cristiano canterà presto il suo ringraziamento alla Consolata per il regalo di giovani sacerdoti esperti e zelanti nel condurre le anime al cielo.

Dopo tali conquiste poteva il Can. Allamano l’Amicus noster dire a sé stesso: “Basta”. Ma il fuoco non dice basta mai; o si dilata o si spegne. - Quando l’Apostolo prediletto terminò la missione speciale di assistere la Madre di Gesù assunta in cielo, diventò Missionario ed Apostolo dell’Asia Minore, Evangelista del mondo. L’Allamano, custode del Santuario di Maria e della sua Corte, sente anch’egli il bisogno dell’Apostolato. Fin da chierico aveva sognato le Missioni e chiesto di recarsi a Genova nel Collegio Brignole Sale. Impedito allora dai Superiori, provvisto ora alle più gravi necessità, ecco il tormento della sua giovinezza. Ne soffre ed ammalato, ma invierà falange di giovani missionari e missionarie sotto lo stendardo della Consolata a illuminare e consolare i negri dell’Africa, loro porterà la luce e la civiltà cristiana, aprirà un campo vastissimo a quanti desiderano glorificar Dio e salvare le anime dei più infelici fra i nostri fratelli. - Già è pronta la Casa delle missioni col suo Statuto; sono aperte le porte ai generosi che primi salpano i mari e s’inoltrano fra terre bruciate dal sole e fra anime abbrutite dal vizio. Dal Cottolengo, così devoto alla Consolata e beneficato dal ven. Cafasso, ottiene le prime suore che, vere madri di carità, col sacrifizio anche della vita preparano i cuori e attirano le benedizioni di Dio. Pochi anni dopo ecco i Missionari e le Missionarie della consolata occupare nel continente nero ben quattro vastissime regioni illustrando insieme al mondo la Chiesa Cattolica e la patria italiana.

Ed ora non basta forse, o Amico? Sì, ma desiderava ancora di dare un Protettore celeste alle sue Opere. Chi dal cielo aveva ispirate queste opere e sostenute le sue forze fisiche e morali nel compierle? Per lui nessun dubbio che fosse il proprio zio materno, il Giuseppe Cafasso che tutti dicevano santo, che stabilì il Convitto su forti basi, e il Santuario della Consolata frequentò con amore. Non mancavano le prove dei miracoli o verranno. Perché dunque non collocarlo sugli altari? Lo volle con fiducia e vi riuscì. Or fa un anno Torino, Castelnuovo e il Piemonte erano in S. Pietro a Roma, per l’apoteosi di quel santo Sacerdote, gemma del Clero italiano e gloria delle nostre popolazioni. Era presente il nipote Can. Giuseppe Allamano, che al canto del Te Deum, come rapito, fissò a lungo gli sguardi nella figura gloriosa del Neo Beato; ma quando li abbassò, i suoi occhi erano pieni di lacrime, il suo volto pallido e sfinito, mentre egli mormorava forse come Gesù: Pater, opus consummavi quod dedisti mihi ut faciam (Joan. XVII,4). Preparò ancora le feste solenni dello scorso luglio, lo rividi una seconda volta in ottobre alle Conferenze dell’Episcopato Piemontese, e mi salutava accennando alla nostra vecchia carcassa tenuta su per miracolo ... e più non ci siamo incontrati quaggiù. Era l’ultimo addio. L’Amico di Gesù e l’Amico nostro stava per addormentarsi nel bacio del Signore.

L’amico dorme

Oh pregate, Voi tutti, conoscenti, amici, figli suoi! Fermatela quella mano che che si avanza per chiudere i suoi occhi col sonno della morte! Che pena per Torino e per il Piemonte all’annuncio della sua grave malattia! Quante suppliche e lacrime in questo Santuario perché il Rettore venisse ancora conservato! Che giorni di angoscia, che notti lunghe!... Ma per parte dell’infermo quanta rassegnazione alla divina volontà! Quali parole di esortazione e di conforto ai piangenti! E quanti sguardi e baci al suo Crocifisso! - Alle ore quattro del 16 febbraio, mentre il mondo preparava le sue ultime pazzie carnevalesche, alla vigilia delle Sacre Ceneri, Egli, il Can. Giuseppe Allamano, dopo aver per 52 anni offerto sugli altari il divino Sacrificio della Croce, sulla croce di un misero lettuccio, in povera cella di questo Convento consumava il sacrifizio di sua vita, e anch’egli Obdormibit in Domino.

Chi nel visitare la salma in quella stanzuccia o nella camera ardente fra pochi lumi e sotto lo sguardo del Beato Cafasso; ... nell’osservare l’aureola dei bianchi capelli, i lineamenti del volto immutati, le bianche mani stringenti una corona e il Crocifisso, tutto in un’atmosfera di santità e di pace, che non ha ripetuto a sé stesso: Amicus noster dormit? – Suora, questo morto non fa paura; e sono tutti così i morti? R. Sì, quando la loro anima è già in paradiso. Mamma, perché tanti fan toccare le medaglie e corone al Canonico? R. Perch’egli è un santo (Cronaca del giorno). E il popolo di Torino non ha detto anche la sua parola, come quello di Roma alla morte di S. Cirillo, venuto dalla Slavonia a dar conto al Papa della sua Missione? Vi morì, ma il trasporto suo, più che il funerale di un morto, parve il trionfo di un Santo. E vox populi, vox Dei.

Quanta fiducia che l’anima grande del nostro amico addormentandosi quaggiù abbia aperto gli occhi alla luce del cielo! Che le tante sue virtù e opere buone, le croci che incontrò sempre per via rassegnato fino all’ultima della morte, gli abbiamo presto aperto le porte del paradiso! - Egli però insegnava essere quasi impossibile ad un’anima camminare per il turbinio polveroso del mondo ed andarsene esente, mentre l’occhio di Dio trova macchie anche nella luce del sole. - Raccomandava fino all’ultimo di non dimenticarlo, ma di pregare per lui, mentre egli avrebbe pregato poi sempre per i suoi amici e figli. Perciò anche questo sacrificio di trigesima per il suo riposo, e le preghiere e le lacrime vostre, o ammiratori, amici e figli del Can. Allamano. E Voi, Eccellenza, raccogliete queste lacrime e preghiere, presentatele alla divina Misericordia per lui; instate, battete alle porte del cielo, importunate Gesù, perché l’anima dell’amico suo e nostro, arrivata a quelle porte ed affamata di lui, sia presto concesso il pane dell’eterna vita (Luc. XI). Che se già quest’anima fosse in cielo, vadano i nostri suffragi a quelle dei due compagni di Seminario che da pochi giorni lo seguirono; o vadano all’anima del grande Card. Cagliero, suo concittadino e gloria della Chiesa. Ma tu, o Canonico Allamano, non dimenticare poi quanti rimasero quaggiù desolati a piangere; e prega anche per chi depose, soffrendo, un sì misero fiore sulla tua tomba; e tieni lontano da lui la minaccia evangelica: Erano due che lavoravano nello stesso campo: Unus assumetur et alter relinquetur (Matth. XXIV,40)».

La novena del Beato Giuseppe Allamano inizia il 7 febbraio e si conclude il 15 febbraio, giorno precedente a quello in cui lui nacque al cielo. Giuseppe Allamano ha fondato i Missionari (1901) e le Missionarie (1910) della Consolata per l’annuncio del Vangelo ai non cristiani. Facendo questa novena, impariamo dagli esempi della sua vita e chiediamo la sua intercessione.

1° Giorno - Il Signore mi chiama oggi

La mia più grande consolazione è di aver sempre fatto il possibile per seguire la vocazione che il Signore mi aveva data. Da giovane avevo due fratelli: uno studiava medicina e l'altro legge; volevano che studiassi anch'io come loro. Ma io ho risposto: No, io voglio essere sacerdote! Volevano almeno che prendessi la licenza liceale e Mons. Gastaldi non era contrario. Ho guardato un poco i loro libri, e poi mi sono stufato e ho detto: Adesso il Signore mi vuole, chi mi assicura che da qui a tre anni il Signore mi chiamerà di nuovo? E ho fatto gli studi in seminario e sono contento. Dovrei stare in ginocchio tutta la vita con la testa china, per ringraziare il Signore della vocazione. (Allamano) 

Riflessione e proponimento

  • · Signore, che cosa vuoi da me oggi? Allarga il mio cuore affinché sia sempre pronto a fare ogni giorno la tua volontà.
  • · Dammi, Signore, una determinazione simile a quella del Beato Allamano nella realizzazione della vocazione che mi hai dato, segno del tuo amore per me.

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega me.

2° Giorno - Nel tuo nome getterò le reti

Dieci anni fa avevo incorso una gravissima malattia che mi portò fino alle porte del paradiso, donde fui ricacciato qui in terra, perché non ne ero ancora degno; il nostro Card. Arcivescovo veniva a trovarmi quasi tutte le sere, e siccome avevamo già parlato di questa istituzione, gli dissi: - Sicché ormai all'Istituto penserà un altro. E lo dicevo contento, forse per pigrizia di non sobbarcarmi ad un tale peso. Egli però mi rispose: No, guarirai, e lo farai tu. E sono guarito. Andai poi a Rivoli, e là, il giorno di S. Fedele da Sigmaringa (di cui sono sempre devoto in modo speciale dal Seminario) posi sull'altare una lunga lettera in cui si decideva la fondazione: celebrai la Messa in onore del Santo, indi andai a impostare la lettera che inviavo al Cardinale Arcivescovo. (Allamano) 

Riflessione e proponimento

  • · Chiediamo al Signore che accresca la nostra fede e fiducia in Lui che è nostro Padre provvidente. Ho fiducia nel Signore nei momenti difficili della mia vita?
  • · Donami, Signore, di imitare la grande fede del Beato Allamano in ogni situazione della vita.

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega me.

3° Giorno - Per più di un mese la “Consolatina” rimase chiusa e vuota

Partiti i primi missionari per l’Africa, partirono anche subito per le loro case i pochi rimasti, così la piccola casa madre (Consolatina) rimase vuota; dopo alcuni giorni ho chiuso la porta, mi sono messo le chiavi in tasca, le presentai alla Consolata e, pregando ogni giorno ai suoi piedi, le dissi che l’opera era sua, le chiavi erano sue, le missioni erano state da lei volute, che pensasse lei ad ispirare vocazioni missionarie, a riaprire la casa. Così nella preghiera io passavo tranquillamente i miei giorni aspettando divedere ciò che la SS. Consolata avrebbe fatto per le sue missioni. Però avendo anche un po’ di trepidazione per i cari missionari partiti, temevo di non potere poi presto aiutarli con altro personale. Ed ecco che subito dopo otto nuovi missionari sono entrati in questo Istituto. (Allamano)

Riflessione

  • Sono convinto che l’adesione alla volontà di Dio mi dia la forza per superare i momenti difficili che sembrano non avere una via d’uscita. Ripenso ad alcune istanze in cui  mi sono forse trovato nella situazione del Beato Allamano…
  • Come affronto, nella preghiera, le situazioni difficili della mia vita?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

4° Giorno - Voglio roba scelta

Ricordo la visita che ci fece il Cardinal Cagliero, da poco giunto dalle missioni d’America. Egli si intrattenne con la comunità in salone e fra l’altro ci spronava a fare un po’ di propaganda presso le nostre amiche e conoscenze affinché si decidessero ad entrare nell’Istituto perché le missioni avevano bisogno di apostole; e così dicendo ci insegnava anche il modo e il discorsetto da fare. Noi eravamo tutte raggianti e piene di entusiasmo a tali incitamenti; ma presto il nostro entusiasmo si calmò perché il Padre, un po’ scostato dietro il cardinale ci faceva un segno negativo con il dito e col capo e le sue labbra sussurravano un ‘no, no, no’. In conferenza poi ci disse “Ogni spirito… ma questo non è il nostro spirito”. (Una Missionaria)

In seguito l’Allamano commentò: avete sentito cosa ha detto il Cardinale della propaganda? Secondo lui bisogna far venire tutti! Adagio… Tutti i giorni ci sono delle domande; io ne accetto poche. Mi dicono che non le voglio; non è vero; io le provo. Voglio roba scelta!

Riflessione

  • Riesco a vivere nella mia vita lo “stile” dell’Allamano: roba scelta, pochi ma di prima qualità, non il numero ma la qualità? Come posso esprimere questo suo “stile”?
  • Quale segno del dito farebbe il Beato Allamano oggi, guardando al mio agire quotidiano?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

5° Giorno - La messa era il centro della sua giornata sacerdotale

Il Canonico Allamano era sacerdote di grandi virtù sacerdotali. Era ammirabile nella pietà, che rifulgeva in modo speciale nella celebrazione della S. Messa. Nessuna cosa od occupazione lo dispensava da una buona preparazione e da un fervoroso ed accurato ringraziamento, che spesso prolungava fino all'ammirazione di quanti lo avvicinavano.

Per conto mio attesto che mi sono formato allo spirito ecclesiastico anche solo nel mirarlo a celebrare la S. Messa, nel vedere la sua compostezza e fervore mentre pregava.

La Messa celebrata da lui era veramente un mistero d'amore. All'elevazione era mia abitudine guardarlo, perché gli veniva sempre un sorriso sincero come se sorridesse a qualcuno. Ho notato che nella celebrazione sembrava un angelo. (Testimoni) 

Riflessione

  • · Com’è la mia Messa? La considero il centro, fonte e culmine della mia vita?
  • · Signore, dammi un cuore eucaristico, traboccante d'amore per te e per i miei fratelli e sorelle!

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega me.

6° Giorno – Sentirci figli e figlie della Madonna

La pietà mariana non è solo garanzia di predestinazione, ma anche di santificazione. Chi vuole giungere alla santità senza la Madonna, vuol volare senza ali. Più ricorriamo a Lei per avere grazie e santità, e più facciamo piacere a nostro Signore. Tutti i santi furono devoti della Madonna. La più bella omelia di S. Girolamo è quella sulla Madonna. Non avrei mai creduto che questo santo piuttosto rustico fosse tutto tenerezza nel parlare di Lei. S. Bernardo dice che la Madonna è fonte e canale. È fonte di grazia, basta andare a prenderla; ed è canale, perché tutte le grazie passano da Lei. Ciò che Dio può per onnipotenza, la Madonna può con la preghiera. La Madonna è onnipotente per grazia. In Dio e con Dio può tutto. È tesoriera e dispensatrice di tutte le grazie. Al dire dei santi, Ella è l’onnipotenza supplichevole. (Dagli insegnamenti dell’Allamano)

Riflessione

  • Quale posto ha la Madonna nella mia vita? Nutro per lei una fiducia simile a quella dell’Allamano?
  • Quali espressioni di devozione mariana prediligo e perché? Come posso migliorare il mio rapporto con la Madre di Gesù?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

7° Giorno - Quel coretto sia la nostra gioia

L’Allamano faceva frequenti e lunghe visite a Gesù Sacramentato dai coretti del Santuario e, durante le medesime, si intratteneva in fervida preghiera. Anche alla sera, prima del riposo, di quando in quando si recava dai coretti a fare la visita. Così che quando io lo cercavo e non lo trovavo in camera o nel suo confessionale, ero certo di trovarlo in preghiera nei coretti del santuario, che gli offrivano, data la loro ubicazione, situati a pochi passi dalla sua camera, l’occasione propizia di espandere il suo cuore dinnanzi a Gesù Sacramentato, e trattenersi con Lui in fervido colloquio. (C. Scovero)

“Va sul coretto che dà nel santuario e fa compagnia alla SS. Consolata e a Gesù Sacramentato. Quando sono libero ti faccio chiamare” (G. Cravero)

Riflessione

  • Il Fondatore si è creato i suoi luoghi di preghiera. Quali sono i miei? Quanto li frequento? Sono convinto che senza preghiera non ci può essere vera vita cristiana?
  • Esiste anche nella mia vita una speciale predilezione per l’Eucaristia e la Madonna Consolata?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

8° Giorno – Un sospiro di soddisfazione…

Avendo noi detto al Papa che il nostro apostolato non consiste soltanto nei catechismi, ma che, come introduzione e in parallelo ad esso, ci occupavamo pure della salute e del progresso materiale degli africani, sia con le cure degli ammalati, sia con l’abituarli al nostro tipo di lavoro, Sua Santità diede un sospiro di soddisfazione: “Ma bene, ma bene, fateli laboriosi e saranno anche dei buoni cristiani”.

In seguito l’Allamano commentava: “Noi non abbiamo fatto altro che mettere in pratica il consiglio datoci da S. S. Papa Pio X nelle udienze concesseci. Fu lui l’ispiratore, fu lui che insistette che i missionari non si accontentassero di evangelizzare, battezzare, ma prima di tutto lavorassero la terra insegnando l’agricoltura agli indigeni” (F. Gaberutti).

Riflessione

  • Il metodo apostolico dei primi missionari della Consolata si riflette oggi il metodo della “nuova evangelizzazione”: annuncio dell’amore di Dio che salva e dono di sé al prossimo, particolarmente ai più poveri.
  • Come posso applicare il metodo voluto dall’Allamano alla mia vita di ogni giorno?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

9° Giorno – Santità di vita

«È certo che io ebbi fin da principio l'impressione di aver veduto e parlato con un santo, parlando e vedendo e trattando col can. Allamano. […]. Ho veduto in lui non la santità delle cose straordinarie, che è piuttosto la santità “ad extra”, ma la “vera santità”, cioè quella interna, personale, che si manifestava all'esterno nella decorosa nobiltà del portamento, congiunta con modestia e umiltà; gravità nell'incedere senza fasto o rudezza o rigidità; graziosità sobria nel parlare, temperanza nei gesti, riverenza nel trattare con tutti, temperanza nel ridere, nel discorrere e tutto con la più grande naturalezza, e non solo qualche volta, ma continuamente, in ogni circostanza, con qualunque persona, in ogni luogo. […].

Sembrava che avesse davvero l'aureola della santità attorno a sé, ché difatti da tutta la sua persona traspariva come un fluido spirituale, e all'esterno veniva rispecchiata la grandezza, la bellezza, lo splendore della sua anima. Ma come fare a descriverlo? Bisogna averlo veduto! Chi l'ha veduto ha visto un uomo tutto di Dio […]. Sapeva di essere nipote di un santo [Giuseppe Cafasso] e voleva ad ogni costo essere santo anche lui, diceva, e ci riuscì» (G. Cravero)

Riflessione

  • Giuseppe Allamano credeva che la santità fosse la prima e vera vocazione di ogni cristiano. Come vivo io la chiamata alla santità? Uso tutti i mezzi per raggiungerla?
  • “Essere straordinari nelle cose ordinarie”: questo fu il suo segreto. Qual è il mio?

Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

Beato Giuseppe Allamano, prega per me.

Preghiera per chiedere la canonizzazione del Beato G. Allamano

Dio nostro Padre,
ti ringraziamo per aver annoverato
Giuseppe Allamano tra i Beati della Chiesa.

Egli ha fatto risplendere tra di noi
la tenerezza della tua paternità;
ha onorato Maria Consolata
come madre piena d’amore
e ispiratrice della Missione tra i popoli.

Ti chiediamo ora di donare alla Chiesa
la gioia di venerarlo tra i santi
come testimone esemplare
dell’annuncio di Gesù e del suo vangelo.

Umilmente ti supplichiamo
di esaudire per sua intercessione
quanto il nostro cuore, con fiducia, ti chiede.
Per Cristo nostro Signore.

Amen.

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