L'arcivescovo di Cali in Colombia, monsignor Luis Fernando Rodríguez Velásquez, ha registrato un messaggio ai missionari della Consolata in occasione della Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Giuseppe Allamano celebrata nella cattedrale di San Pedro Apóstol il 17 novembre scorso.

La Messa è stata presieduta dal Superiore Regionale della Colombia, padre Venanzio Mwangi e concelebrata dal delegato per la Pastorale Afro, padre Elias Dominick Libando, IMC, e dal parroco della parrocchia Cristo Maestro, padre Gabriel Armando, IMC.

Video realizzato dalla Pastorale Afro dell'arcidiocesi di Cali

“Desidero inviare il mio saluto gioioso e riconoscente a Dio e a voi per la canonizzazione del padre Giuseppe Allamano, vostro Fondatore. Per motivi di salute non ho potuto presiedere personalmente l'Eucaristia prevista per questo giorno, ma sono stato unito a tutti e vorrei esprimere il mio ringraziamento a Dio per il grande dono che padre Giuseppe Allamano ci ha fatto affinché prendiamo coscienza della missione ineludibile che abbiamo di essere discepoli missionari, testimoni del Signore, ieri, oggi e sempre.

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Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Giuseppe Allamano nella cattedrale di San Pedro Apóstol di Cali, Colombia. Foto: Pastorale Afro

Che la comunità dei Missionari della Consolata continui a consolidarsi e a crescere e, che per intercessione di San Giuseppe Allamano, si arricchisca di tante buone e sante vocazioni e la sua presenza nei tanti Paesi del mondo sia anche fonte di speranza, di amore e di Vangelo. Vi benedico tutti e mi unisco alla grande festa implorando grazie e benedizioni sui i Missionari della Consolata e la mia gratitudine per il servizio che da tanti anni svolgono nella nostra cara arcidiocesi. Il Signore li benedica e San Giuseppe Allamano interceda per tutti”.

* Ufficio per la Comunicazione, Roma.

Alcune foto della Messa di ringraziamento nella cattedrale di Cali (Foto: Pastorale Afro)

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Padre Elias Dominick Libando, padre Venanzio Mwangi e padre Gabriel Armando

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Più di 600 amici dei Missionari e delle Missionarie della Consolata si sono riuniti nel Collegio Giuseppe Allamano di Bogotà, il 16 novembre 2024, per esprimere pubblicamente la loro gratitudine al Dio della Missione, fonte di ogni consolazione, per tanti doni ricevuti.

In primo luogo, ringraziamo Dio per il dono di suo Figlio, missionario inviato e incarnato, ucciso e risorto, vera consolazione da condividere con tutti i popoli della terra, specialmente quelli che camminano nelle tenebre della morte e cercano la pace.

In secondo luogo, ringraziamo per Giuseppe Allamano, per la sua vita, vissuta in ordinaria semplicità, ma in modo straordinario. Riconosciuta dalla Chiesa cattolica come una vita in santità e proposta alla Chiesa e a tutta l'umanità come spirito, stile e metodo per diventare santi.

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Nunzio Apostolico, Presidente della Conferenza Episcopale, Superiore Regionale IMC Colombia, tutti al ritmo afro.

Allo stesso tempo, ci ringraziamo a vicenda, incontrandoci di nuovo, nel Collegio Giuseppe Allamano, guardandoci negli occhi, abbracciandoci, ricordando i tempi passati e vivendo il momento presente, come memoriale di amicizia e gratitudine.

Tutta questa gratitudine è stata celebrata alla mensa dell’Eucaristica, presieduta dal Nunzio Apostolico in Colombia, mons. Paolo Rudelli, dal Presidente della Conferenza Episcopale Colombiana, mons. Francisco Múnera, dal Superiore Regionale IMC, dal Vicario Apostolico della zona ecclesiastica e condivisa con molti altri, ministri ordinati, religiosi e laici, tutti impregnati nella missione con spirito “allamaniano”,  e sccessivamente seduti a tavola per il  brindisi e per la cena condivisa.

Trasmissione in diretta della messa il 16 novembre 2024

Album fotografico (Foto: Comunicazione IMC Bogotá)

Un momento di unione comune

Tutto il Creato e, con esso, tutti i popoli con le loro culture e spiritualità messi insieme per la celebrazione: la “madre terra” con le sue piante verdi e i suoi bei fiori, con il pane e il vino dell'Eucaristia, la torta e il vino per il brindisi, la cena ricca e semplice con i suoi dolci e le sue bevande. Una festa di varia e integrale abbondanza, servita con un sorriso condiviso tra i ministri ordinati e i servitori della festa, con gli ospiti gioiosi e riconoscenti di ogni età, categoria, cultura e colore, espressione del legame vitale, della “comunità di vita” e della “fratellanza universale”. Tutti e tutte serviti tra reciproci gesti di “ringraziamento” per la canonizzazione di San Giuseppe Allamano, patrono e protettore del luogo.

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Memoriale inclusivo

Durante il memoriale principale, l'Eucaristia, abbiamo ricordato il Fratello maggiore, Gesù, i fratelli e le sorelle in successione, gli antenati in cielo, loro già in uno stato di piena consolazione. Il vescovo Francisco Javier Múnera, IMC, li ha chiamati alla celebrazione con le parole di Cecilia Castro, giunta per l'occasione dagli Stati Uniti:

“Carissima Famiglia Missionaria della Consolata

è con grande gioia e gratitudine che invio le mie più sentite congratulazioni a questa grande famiglia in occasione della canonizzazione di Giuseppe Allamano, ora San Giuseppe Allamano. La Chiesa, nella sua saggezza, ha riconosciuto le sue virtù esemplari e la sua immensa opera di formatore di santi missionari. “Prima santi, poi missionari”, era solito dire. Così, ora che il Padre e Maestro dei missionari è arrivato agli altari, è bene seguire l'esempio delle sue virtù. Prendendo spunto dalla biografia intitolata Padre y Maestro de Misioneros, scritta da monsignor Luis Augusto Castro Quiroga,IMC, (edizione Missioni Consolata, Torino, 1986), la prima biografia di Giuseppe Allamano in lingua spagnola.

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Innanzitutto, è importante sottolineare le virtù di San Giuseppe Allamano. La sua bontà, la sua dolcezza e la sua prudenza spiccano in tutto ciò che fece. “La bontà di cuore era alla base della sua fondazione missionaria” (185). Così diceva ai suoi missionari: “Desidero il meglio per tutti voi, per i quali solo vivo in questo mondo” (206).

Per lui il primato della pedagogia missionaria è “l'amore, lo spirito di universalità e la qualità del lavoro. La qualità non è la quantità”. Ricordando sempre che “il bene deve essere fatto bene”. Questo significa con una forte motivazione, con una mistica, con una passione evangelica, in una parola, con spirito”. (210).

“Voglio che crescano con uno spirito di lavoro. Faremo le vacanze in Paradiso” (211).

Il suo obiettivo è la santità, formare missionari santi: “Il missionario è chiamato a crescere globalmente fino a raggiungere la statura stessa di Cristo” (209).

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“Aumentare il numero dei missionari, sì, ma soprattutto aumentare la virtù. Solo la virtù sostiene la comunità” (217).

I miei più fervidi auguri per un'evangelizzazione alla maniera del nostro San Giuseppe Allamano. Non posso non ricordare monsignor Luis Augusto, il nostro caro fratello che amiamo e che fu missionario sull'esempio del suo Padre e Maestro, Giuseppe Allamano” (Cecilia Castro Lee).

Conclusione

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La participazione della Pastorale Afro

Rinnoviamo così la nostra alleanza con Dio e tra di noi, impegnandoci a continuare a servire la sua Missione ispirati dal Santo Fondatore e chiedendo al “Signore della messe” di inviare nuovi operai per continuare a seminare il Suo Regno nei sei continenti, compreso quello digitale.

* Padre Salvador Medina, IMC, Comunicazione Regione Colombia.

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Il Nunzio Apostolico in Colombia, sua Ecc.za mons. Paolo Rudelli

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 Il Presidente della Conferenza Episcopale Colombiana, mons. Francisco Múnera, IMC, arcivescovo di Cartagena

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Con una solenne Eucaristia, presieduta da monsignor Joaquín Humberto Pinzón Güiza, vescovo della Consolata, è iniziata lunedì 11 novembre 2024, la XII Assemblea del Vicariato Apostolico di Puerto Leguizamo - Solano in Colombia. L'Assemblea si è conclusa il 14 novembre.

Durante la programmazione, padre Armando Olaya, IMC, ha individuato e condiviso, per la reciproca consolazione, alcuni segni di speranza, ispirati dal Giubileo della Speranza, indetto da Papa Francesco per il 2025.

Primo segno: i missionari

Sono tanti quelli che lavorano a tempo pieno nei diversi settori pastorali, quelli che offrono una parte del loro tempo alle comunità e quelli che testimoniano con la loro vita quotidiana la bontà del Signore Dio.

Per l’Assemblea 56 missionari si sono riuniti a Puerto Leguizamo: laici, suore, religiosi, sacerdoti con il vescovo per celebrare gli eventi del Signore tra la gente che cammina in questo territorio amazzonico. Ogni giorno si sono sentiti canti, preghiere e segni di lode.

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 La XII Assemblea del Vicariato Apostolico di Puerto Leguizamo - Solano in Colombia.

Segni di speranza, di progresso, di difficoltà, di sfide e di proposte i missionari hanno costituito la base del tessuto multicolore di questa chiesa amazzonica in cammino.

Secondo segno: le popolazioni che vivono nel territorio

Gli indigeni delle varie etnie, i contadini delle diverse regioni della Colombia, gli afro-colombiani che si aprono a nuovi orizzonti territoriali e lavorativi. Insieme, sono coloro che danno vita affondando le proprie radici  nelle culture ancestrali dei popoli originari di questo territorio. Sono questi diversi gruppi umani che hanno dato vita nel Vicariato a uno stile di evangelizzazione che riconosce in loro i semi della Parola nella ricchezza della loro spiritualità e delle loro espressioni culturali.

Portare avanti una pastorale differenziata secondo questi quattro grandi volti o opzioni non è separare, ma accogliere ciascuno con affetto e rispetto e allo stesso tempo costruire l'unità da questa diversità: la dinamica dell'interculturalità sta diventando parte della prassi degli evangelizzatori.

Queste popolazioni hanno sofferto e continuano a soffrire per anni di abbandono da parte delle istituzioni governative; inoltre, l'assenza dello Stato ha portato alla presenza di gruppi che esercitano un'autorità reale ma non legale. La presenza della Chiesa è di grande importanza in queste realtà. I tanti piccoli segni, ordinari e permanenti, stanno generando nei bambini, nei giovani, spazi di incontro e di fiducia con la certezza che insieme possiamo costruire una società fraterna, giusta e pacifica.

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Terzo segno: il territorio amazzonico

In questo estenso territorio si osservano le popolazioni sparse nei piccoli villaggi sulle rive dei fiumi e  nella giungla che sta gradualmente scomparendo a causa dell'abuso della deforestazione, delle coltivazioni illegali, dell'allevamento di bestiame e delle attività minerarie. Queste sono le voci dissonanti che si alzano da questo territorio che dovrebbe essere una casa comune, sotto la cura di tutti.

Il nostro Vicariato ha ascoltato il grido dell'Amazzonia e fin dall'inizio ha cercato di rispondere curando, promuovendo e sensibilizzando la popolazione su questa fonte di vita per tutta l'umanità. A tal fine, ci siamo affidati al magistero della Chiesa e più specificamente al magistero di Papa Francesco. I vari “minga” (incontri) amazzonici, la creazione del Centro Amazzonico di Pensiero Interculturale (CAPI), i numerosi incontri formativi con diversi gruppi umani, soprattutto con i giovani, sono espressioni di questa ricerca. È un compito di evangelizzazione che ha espressioni spirituali, fisiche, economiche, sociali e politiche.

Quarto segno: il Vangelo incarnato

Raggiungere ogni persona. Visitare i diversi gruppi umani nei villaggi e nelle campagne, accogliere le diverse situazioni umane, promuovere alternative di produzione agricola in accordo con il territorio, tutto questo ha un'ispirazione evangelica e una conferma del discernimento della nostra Chiesa. Infatti, questa Assemblea si conclude aprendosi alle conclusioni del Sinodo sulla sodalità, di fatto, il piano del Vicariato sarà aggiornato alla luce delle tre grandi proposte: Essere una Chiesa di comunione, di partecipazione e di missione.

D'altra parte, accogliendo tutti i segni di speranza che sono nati nella valutazione di questa XII Assemblea del Vicariato, si vuole che questi segni diventino realtà in un programma di vita, personale, comunitario e del Vicariato.

Quinto segno: La santità missionaria di José Allamano

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Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Giuseppe Allamano

La nostra XII Assemblea è iniziata con una bella celebrazione di ringraziamento per il riconoscimento pubblico di José Allamano come Santo Missionario. Durante i tre giorni, le preghiere mattutine dell’Assemblea sono state intrise di spiritualità “allamaniana”.

San José Allamano è, insieme a Santa Laura Montoya, uno dei due grandi ideatori di questo Vicariato. Con loro abbiamo iniziato l'Assemblea e ora la continuiamo mettendoci in cammino come Pellegrini della speranza verso “la terra libera dal male”.

* Ufficio stampa del Vicariato di Puerto Leguizamo - Solano, Colombia.

Proseguendo la serie di testimonianze dei formatori, in questo video, il padre José Lorenzo Gómez Sánchez, IMC, presenta la Comunità Apostolica Formativa (CAF) di Bogotá, Colombia, parla dell'importanza del corso realizzato a Roma dal 2 al 17 settembre 2024 quando ha pure lasciato un messaggio in occasione della canonizzazione di San Giuseppe Allamano.

La CAF Bogotá si trova presso la parrocchia della Consolata nel quartiere Vergel ed ha sei studenti professi di teologia. Il parroco è il padre Naftaly Mung’athia Matogi. La regione Colombia ha anche una seconda CAF a Medellin con sette studenti professi. 

La CAF Bogotá

“La caratteristica principale della Comunità Apostolica di Formazione (CAF) di Bogotà è che si trova in un ambiente parrocchiale in cui i seminaristi studiano, ma sono anche coinvolti in tutte le attività parrocchiali. La comunità è composta da sei studenti africani, il parroco è Keniano, padre Naftaly Matogi, e anch'io vi lavoro come viceparroco. È una comunità molto attiva, che si trova in una zona dove vivono diverse persone anziane, e con altre sfide di pastorale parrocchiale che necessitano di collaborazione. La parrocchia si chiama Nostra Signora della Consolata. L'obiettivo è di fare di questa una parrocchia missionaria, nel contesto cittadino in cui si trova.

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Padre Mathews Odhiambo, Consigliere Generale responsabile per la Formazione visita la CAF Bogotá. Foto: CAF Bogotá

Formazione permanente

Recentemente, abbiamo partecipato a Roma ad un corso per formatori IMC provenienti da tutto il mondo. Il corso (dal 2 al 17 settembre 2024) ha affrontato diversi temi molto importanti dal punto di vista del formatore, e ci ha anche fornito alcuni strumenti per migliorare il nostro ruolo di formatori. Tra le dinamiche presentate durante il corso, quella che mi ha colpito maggiormente è stata quella dell'intelligenza emotiva. Il prendere atto di tale realtà aiuta a gestire meglio le nostre emozioni, ed aiutare anche altri a gestire, equilibrare e integrare meglio questo aspetto nella loro vita.

San Giuseppe Allamano

È un periodo in cui stiamo celebrando la canonizzazione del nostro Fondatore (Giuseppe Allamano). È un evento molto importante per tutti i missionari e le missionarie della Consolata, che ci da l’opportunità di approfondire il nostro carisma, l'aspetto missionario, la nostra spiritualità, ma soprattutto riconoscere che il miracolo della canonizzazione è avvenuto in un contesto di missione tra un popolo indigeno, quello Yanomami, e che per noi è una ulteriore conferma della benedizione di Dio sulla nostra missione. Quindi, ringraziamo Dio per la canonizzazione del nostro Fondatore, che ci da l'opportunità di approfondire il nostro carisma e di continuare ad annunciare il Regno di Dio, presente in mezzo a noi, con lo stile voluto dal nostro santo Fondatore: “prima santi e poi missionari”.

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I formatori partecipanti del corso di formazione continua nella Casa Generalizia a Roma

Statistica

L'Istituto Missioni Consolata ha attualmente 355 seminaristi, di cui 133 studenti professi di teologia, 30 novizi, 150 seminaristi di filosofia e 42 nel propedeutico.

* Padre Jaime C. Patias, IMC, Ufficio comunicazione a Roma.

Abbiamo appena vissuto nella Chiesa colombiana un evento che non voglio perdere, che ci riempie di speranza e che segna la nostra storia: l'ordinazione del primo vescovo nero del Paese, monsignor Wiston Mosquera Moreno.

Quello che voglio fare qui non è dare la notizia, sicuramente ha già fatto il giro del mondo e i miei lettori la conoscono, ma riflettere sulla vita della Chiesa e cercare di vedere, con la lente d'ingrandimento della fede, le intenzioni dello Spirito Santo in questo evento.

Per questo voglio riportare alcune delle cose che ho sentito mentre seguivo la cerimonia, presieduta dall'arcivescovo di Cali, Luis Fernando Rodríguez Velásquez, che si è svolta nella chiesa cattedrale di San Pedro Apóstol.

Il sacerdozio di Doña María Jerónima Moreno, madre del nuovo vescovo

È stato commovente vedere Doña María Jerónima Moreno, di 99 anni di età, consegnare suo figlio a Dio e riceverlo come un altro Cristo; l'offerta che la donna ha fatto e deposto sull'altare di quella cattedrale era stata preparata 57 anni prima, lì ad Andagoya, nel profondo Chocó, sull'altare della vita, quando l'ha concepito e partorito, quando l'ha allattato con il latte e la fede, e poi quando ha lavorato perché il ragazzo e il seminarista potessero crescere e ascoltare la chiamata del Signore e dei poveri.  In lei, seduta sulla sua sedia a rotelle, si poteva vedere la dignità del popolo nero, una dignità fatta di umiltà, resilienza, celebrazione, lotta e amore di Dio (…). 

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Doña María Jerónima Moreno, di 99 anni di età, madre del nuovo vescovo di Quibdó.

Senza la messa di sua madre, senza il suo donarsi per amore ogni giorno, non avremmo avuto la messa del nostro fratello Winston, che ora è il nuovo vescovo di Quibdó. Quella madre del Chocó rifletteva nella chiesa, in mezzo a tanti vescovi e sacerdoti, tutta la bellezza del sacerdozio di Cristo, il dono di sé, l'amore fino all'estremo; la sua pelle nera, già rugosa d'amore, era il migliore dei paramenti che si indossavano in quel momento.

Dopo questa consacrazione episcopale, la Chiesa in Colombia è più cattolica

È stato un altro il sentimento che mi ha travolto mentre seguivo la cerimonia; per i miei molti anni in Africa, tra i Samburu e i Turkana del Kenya, ho un cuore nero e sono addolorato per l'esclusione che ha caratterizzato il nostro Paese e si è riflessa anche nella Chiesa. Nei suoi versi il poeta venezuelano Andrés Eloy Blanco diceva all'artista che decorava i templi: “Ogni volta che dipingi chiese, dipingi bellissimi angioletti, ma non ti sei mai ricordato di dipingere un angioletto nero”. Queste parole calzano con precisione anche per una chiesa che non si è mai ricordata di eleggere un vescovo nero. Finalmente oggi siamo più inclusivi, almeno un po' di più, e questo rende la Chiesa ciò che è per natura: kata holos, cattolica, universale.

Eravamo felici di vedere l'Eucaristia celebrata con la passione della costa del Pacifico, al ritmo di marimba, grancassa, cununo e guasá; eravamo felici di vedere una Chiesa con il volto nero e che cantava: “Oggi è il giorno del nostro gruppo etnico; oggi lo metteremo in evidenza. Siamo tutti felici, la messa sta per iniziare”.

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La cattedrale di San Pietro Apostolo a Cali in Colombia

Anche il nuovo vescovo ha letto la sua vocazione in questo modo e lo ha detto quando ha preso la parola per ringraziare al termine della cerimonia: “Un passo sulla giusta strada dell'inclusione in questa lunga e ricca storia di evangelizzazione dei popoli del continente americano. Tutti sappiamo che dobbiamo continuare a muoverci in questa direzione e non solo nella Chiesa colombiana, ma in tutte le istituzioni se vogliamo davvero un Paese più inclusivo, più egualitario, più sviluppato e prospero e meno insensibile all'abissale e scandalosa arretratezza in cui versano ampie regioni del Paese”.

Un pastore del popolo di Dio in pellegrinaggio a Quibdó, sulla costa del Pacifico

20240925Negro2Confesso che molte volte, quando assisto alle ordinazioni di diaconi, sacerdoti e vescovi, mi sembra di trovarmi in “ordinazioni assolute” –proibite dagli antichi canoni ma ancora comuni nella pratica– dove uomini ricevono il sacramento per se stessi, senza alcuna relazione con il popolo di Dio, senza una comunità di cui prendersi cura, ma a volte solo un ufficio da gestire e un onore da ostentare. E sembra che sia così perché né il vescovo consacrante, né il nuovo diacono, presbitero o vescovo, alludono alle comunità a cui sono destinati, come se il loro ministero potesse essere sulla luna o in un angolo del nulla, scollegato dal popolo che dovrebbero pascere. Nelle omelie che accompagnano questi riti si parla di tante cose, del Christus Dominus, del ministero dei vescovi, della dignità episcopale.... ma senza approdare “alle gioie e alle speranze, ai dolori e alle angosce degli uomini (e delle donne) del nostro tempo” (Gaudium et Spes) e di coloro che devono essere serviti con i doni ricevuti nel sacramento.

In questa consacrazione episcopale abbiamo sperimentato qualcosa di diverso: era una ordinazione chiaramente orientata al popolo di Dio e ai poveri da servire. (…)  Nel prendere la parola, il nuovo ministro ha avuto ben presente in mente e cuore quel popolo per il quale è stato consacrato, un popolo che ha sofferto la guerra, la violenza di tutti gli attori armati, il razzismo di un Paese che si crede bianco, la piaga del narcotraffico, la disperazione dei migranti che si avventurano nelle giungle del Darien, le economie minerarie e illegali, l'impoverimento che producono le multinazionali e i megaprogetti.

Ancora una volta cito le parole del neo-ordinato: “Tornandomene a casa, ora come vescovo e pastore di un gregge come questo, ho ben chiaro che il lavoro pastorale che tutti i miei predecessori hanno svolto deve continuare, con una voce chiara in difesa dei diritti umani individuali e collettivi, collaborando con le varie organizzazioni sociali e ONG che lavorano per la pace e la riconciliazione in tutto il Pacifico colombiano, per il rispetto e la dignità delle comunità vulnerabili e di quelle persone che, attraversando la regione del Darién, vanno in cerca di migliori condizioni di vita per le loro famiglie”. (…) Sembra che, grazie a Dio, non abbiamo avuto un vescovo a suo agio nel mondo delle idee, ma uno che ha iniziato toccando le ferite del popolo crocifisso, le stesse di Cristo oggi.

Cristo mutilado di Bojaká

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I fedeli cristiani del Chocó hanno consegnato al nuovo vescovo l'immagine mutilata del Cristo di Bojayá

Al termine della celebrazione, prima che egli benedicesse il popolo di Dio e rivolgesse loro una parola, un gruppo di fedeli cristiani del Chocó ha consegnato al nuovo vescovo l'immagine del Cristo mutilato di Bojayá; un segno forte che collega il suo ministero alle vittime della violenza in Colombia (Il Cristo rotto di Bojayá, è il simbolo emblematico del peggior massacro che sia mai accaduto in Colombia. Il 2 Maggio del 2002 i membri del blocco 58 delle FARC, in uno scontro armato con un gruppo paramilitare, lanciarono una bomba che cadde all’interno della chiesa dove si erano rifugiate quasi tutte le famiglie del villaggio. Morirono più di 100 persone; anche l’immagine del Crocifisso fu dilaniata e rimase senza braccia e senza gambe).

(…) Se un pastore non tocca le ferite di Cristo in coloro che soffrono e non le bacia, quale benedizione può avere per il popolo di Dio? Quale parola ispirata può dire ai suoi cristiani e al mondo che lo ascolta? Benedetto questo episcopato che inizia toccando e baciando il Cristo del suo popolo.

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“Beati gli operatori di pace”, è il motto scelto dal nuovo vescovo per camminare con il suo popolo e con la Chiesa colombiana.  Vi ringrazio”, ha detto rivolgendosi ai vescovi presenti, ”per tutta la vostra vicinanza e le vostre preghiere per questo nuovo fratello che viene a promuovere con voi il compito di cercare una pace duratura nel Paese”.  Che sia così, monsignor Winston, che il Cristo di Bojayá e il popolo risorto del Chocó ti rendano pastore secondo il cuore di Dio. Le buone intenzioni dello Spirito Santo sono evidenti.

Ringraziamento nel giorno dell'ordinazione - (Mons. Wiston Mosquera)

* Padre Jairo Alberto Franco Uribe, colombiano, missionario saveriano di Yarumal, ha lavorato in Kenya. Originalmente pubblicato in: www.religiondigital.org

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