Sono passati dieci anni da quel momento indimenticabile in cui il nuovo Vescovo di Roma chiese a quello che sarebbero stati suoi parrocchiani di pregare per lui prima di impartire la sua benedizione alla città e al mondo.
Francesco è un papa argentino, gesuita e con il nome del santo di Assisi. È un papa di molte "prime volte", che ha invitato a “fare casino”, che sogna una primavera ecclesiale e pontificia. Parlare di questo papa significa molto spesso tessere un “noi” perché la sua eredità mette in movimento molte persone e intreccia tante storie come le fibre che formano un cesto.
E a proposito dell’Amazzonia? Cosa è cambiato tra il 2013 e il 2023 per quanto riguarda l'evangelizzazione delle persone che occupano questo spazio che è garante della vita della nostra grande Casa Comune? Penso che potremmo riassumere tutto questo in 10 punti:
L'Amazzonia non è solo il cuore biologico del pianeta. È anche un laboratorio ecclesiale di esperienze in cui si stanno cuocendo al fuoco sacro del Vangelo nuovi modi di incarnare la buona notizia del Regno di Dio e di muoversi verso un'Ecologia Integrale, come ha proposto l'Assemblea del Sinodo dei Vescovi per la regione panamazzonica.
La dimensione locale e regionale del camminare insieme nell’Amazzonia ha avuto e avrà profonde implicazioni universali in aspetti che toccano la vita di chiesa, la pastorale, la cultura e l’ecologia del nostro Pianeta blu.
Coerentemente con la sua personale forma di intendere la chiesa che deve essere missionaria, aperta, non autoreferenziale e più simile a un ospedale da campo che a un castello medievale, Papa Francesco ha optato per le persone più fragili e vulnerabili, quelle che abitano uno dei biomi più minacciati della Terra.
I popoli amazzonici sono a serio rischio di estinzione a causa dei cambi climatici e dell’occupazione delle loro terre che li rende vittime di predazioni di ogni tipo con forti indici di discriminazione ed esclusione. Proprio con queste comunità ancestrali il Papa ha stabilito un canale di dialogo, valorizzando la loro saggezza, riconoscendo la loro dignità e promuovendo scenari per rendere visibili le loro particolari interpretazioni del mondo.
Il famoso metodo pastorale "vedere, giudicare, agire" è stato valorizzato dalla dinamica "ascoltare, discernere, rispondere". Il significato del cammino sinodale è precisamente quello di "camminare assieme" verso quelle periferie geografiche ed esistenziali dei luoghi che abitiamo. Nel caso esemplare dell'Amazzonia contempliamo le meraviglie della creazioni e ascoltiamo amorevolmente i vari gruppi etnici nel quali Dio si compiace e si rivela.
Precisamente per la sua varietà etnica e culturale l'Amazzonia non è una “natura” senz’anima o un deposito di "risorse naturali"; non è una dispensa che rifornisce il consumo malsano delle società industrializzate; non è una massa forestale che svolge la funzione di mitigare l'impatto dei gas serra.
Dio, uno e trino, preziosa comunità di amore infinito (Laudato Sii 246), naviga, cammina e abita anche la foresta; in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. Grazie all’impegno di tante persone, del papa, delle chiese locali amazzoniche, questa immensa regione è passata da "periferia" a "centro" non solo a livello socio-economico e politico, ma anche in una prospettiva spirituale e teologica. L'Amazzonia è un santuario, una cattedrale, una basilica, dove ogni Eucaristia viene celebrata anche sull'altare del mondo e della storia e dove tutto diventa condivisione: la manioca, la fauna, la flora, i sogni, il cielo e il suolo.
Papa Francesco, come San Giuseppe, é al servizio dei sogni del Dio che custodisce la vita, dà nome alla salvezza e libera da ogni male e pericolo. Quando, in “Querida Amazonia”, propone i suoi quattro sogni (sociale, culturale, ecologico ed ecclesiale) non usa solo un linguaggio tecnico, ma anche poesia e immagini simboliche, per suggerire che il sogno ecclesiale va sempre di pari passo con i sogni sociali, culturali ed ecologici. Una Chiesa dal volto amazzonico sarà possibile solo vivendo un'ecologia integrale e una visione sacra del territorio dove i riti sono in armonia con i miti, la scienza con la coscienza, la credenza con la coerenza.
Il Sinodo dell'Amazzonia non ha prodotto solo un messaggio ma tutto un processo e un modo di fare chiesa in cui il recupero della relazione affettiva con il territorio è fondamentale. Tutti assieme come chiesa, in rete, cerchiamo di "amazzonizzare" la Chiesa, la società e lo Stato. Non si tratta evidentemente di fare assumere a tutti una identità amazzonica: sappiamo che esistono molte altre culture. Ma dall’Amazzonia vogliamo imparare a vivere sobriamente, in armonia, senza distruggere l'habitat e scoprendo in esso la presenza sacra.
L'Amazzonia non è un oggetto ma un soggetto; è un tutt’uno connesso; è la nostra casa comune.
Grazie alle pioniere Reti Ecclesiali Territoriali di Ecologia Integrale, l'Amazzonia ha ispirato una mistica che ci porta a vivere la missione evangelizzatrice della Chiesa in modo sinodale. Nell’Amazzonia è nata la REPAM (Rete ecclesiale pan-amazzonica) ma dopo di lei sono venute al mondo la Rete Ecclesiale Ecologica del Mesoamerica), la Rete Ecclesiale del Gran Chaco e dell'Acquifero Guarani), la REBAC per il bacino del Congo, la RAEON in Asia e Oceania.
Se l’evangelizzazione oggi va di pari passo con la lode, come ci insegna la Laudato Sii, non c'è modo di lodare il Signore senza rendere amazzonico e fraterno, secondo i criteri della Fratelli Tutti. Nella vita e la testimonianza cristiana assumono un ruolo importante, oltre alla cura di se stessi e degli altri esseri umani, anche quella di tutte le altre creature che sono nostre sorelle perché provengono dalla mano amorevole del Creatore.
Lo stesso Papa Francesco ha confessato che, durante la Conferenza dei Vescovi dell'America Latina e dei Caraibi svolta ad Aparecida (2007), gli è stato difficile capire perché i vescovi brasiliani insistessero tanto sull'Amazzonia, fino a quando gli scienziati che lo hanno consigliato nella stesura della Laudato Sii e l'esperienza di contatto con la saggezza dei popoli nativi gli hanno fatto comprendere con il cuore il valore del bioma amazzonico e la proposta di vita buona che, da secoli, i custodi della foresta amazzonica hanno assunto.
Vivere insieme su un terreno comune dà anche il tono alle pratiche che favoriscono la pace e la non violenza. In modo simile a come San Francesco d'Assisi cercò il sultano musulmano Al Kamil ai suoi tempi, Francesco, il Vescovo di Roma, ha cercato il dialogo con altre fedi e spiritualità. Questo atteggiamento rappresenta un'enorme sfida per migliorare la comunicazione tra la chiesa, le altre confessioni cristiane, i governi, i popoli che rimangono nascosti in un isolamento volontario, gli scienziati e gli accademici.
Con crudo realismo, dobbiamo assumere che la Dottrina sociale della Chiesa da sola non trasforma la realtà. Essa richiede processi pastorali inculturati che si manifestano in comunità piene di vita.
Il nonno bianco, come alcuni abitanti dell'Amazzonia chiamano Papa Francesco, ha costruito un ponte di dialogo tra le generazioni. Da buon pontefice - cioè da costruttore di ponti - si è preoccupato di rivendicare il valore degli anziani, così emarginati nella civiltà occidentale. Questo è particolarmente significativo per le culture amazzoniche, perché convalida un aspetto fondamentale del loro modo di vivere e propone un cambiamento di paradigma nelle relazioni interpersonali.
Alla base di questo modo di percepire il mondo c'è l'esperienza di un Dio traboccante di misericordia e amore che ci invita a ripristinare i sacri legami di fratellanza e a vivere la gioia della comunità.
Dopo anni le parole pronunciate da Papa Francesco a Puerto Maldonado in Perù e alla presenza dei popoli originari dell’Amazzonia, quando è stato compiuto il primo passo sinodale, sono ancora straordinariamente attuali: "Amate questa terra, sentitela come vostra. Annusatela, ascoltatela, ammiratela. Innamoratevi di questa terra, Madre di Dio, impegnatevi e curarla e difenderla. Non usarla come un semplice oggetto usa e getta, ma come un vero tesoro da godere, da far crescere e da trasmettere ai vostri figli. Ci affidiamo a Maria, Madre di Dio e Madre nostra, e ci mettiamo sotto la sua protezione. Dio onnipotente, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vi benedica".
* Alirio Cáceres Aguirre è un diacono permanente, eco-teologo, manager ambientale ed educatore. Articolo pubblicato in REPAM.
"Esprimiamo solidarietà e rinnoviamo il nostro impegno per la vita dei Popoli Indigeni dell'Amazzonia, in particolare degli Yanomami che si trovano ad affrontare gravi minacce alla loro sopravvivenza". Questo è un estratto del messaggio diffuso dai Missioni Consolata giovedì 16 febbraio, festa del Fondatore, a conclusione dell'Assemblea del Continente Americano in preparazione del prossimo Capitolo Generale.
L'incontro online ha riunito per tre giorni 35 missionari che lavorano in diversi Paesi del continente e la Direzione Generale da Roma. "Siamo indignati per questa tragedia inflitta a un popolo che conosciamo da tempo, pieno di vitalità, bellezza e ricchezza spirituale, senso della festa e della condivisione. Questa barbarie è il risultato di un progetto di sfruttamento che la società non indigena ha imposto agli Yanomami", sottolinea la nota della Congregazione che da 75 anni accompagna i popoli indigeni in Amazzonia.
A continuazione il messaggio completo diffuso il 16 febbraio. Festa del Beato Giuseppe Allamano:
"Dobbiamo ascoltare di più i popoli indigeni e imparare dal loro modo di vivere per capire bene che non possiamo continuare a divorare avidamente le loro risorse naturali" (Papa Francesco, 6° Incontro Mondiale del Forum dei Popoli Indigeni, Roma, 10/02/2023).
Noi, Missionari della Consolata riuniti online per l'Assemblea Continentale dal 14 al 16 febbraio 2023 in preparazione al XIV Capitolo Generale, esprimiamo solidarietà e rinnoviamo il nostro impegno per la vita dei popoli indigeni dell'Amazzonia, in particolare degli Yanomami che si trovano ad affrontare gravi minacce alla loro sopravvivenza.
Le immagini e le informazioni diffuse sugli Yanomami, all'interno del loro territorio legalmente riconosciuto nello stato del Roraima, hanno avuto grande risonanza in Brasile e in tutto mondo, generando diverse manifestazioni di indignazione, solidarietà e richieste di indagini sui vari crimini che sono stati commessi. Siamo indignati per questa tragedia che è stata inflitta a un popolo che conosciamo da molto tempo, pieno di vitalità, bellezza e ricchezza spirituale, senso di festa e condivisione. Questa barbarie è il risultato di un progetto di sfruttamento che la società non indigena ha imposto agli Yanomami.
Ciò che è emerso dai mezzi di comunicazione non è nuovo. Negli ultimi cinque anni, le organizzazioni indigene e i loro alleati hanno fatto innumerevoli denuncie: dall'invasione delle terre degli Yanomami fino all'abbandono della assistenza sanitaria pubblica
Senza ottenere una risposta adeguata, che avrebbe potuto evitare questa situazione di sterminio, l'omissione delle autorità pubbliche è stata notoria.
Le prove indicano che negli ultimi anni la combinazione di incentivi sistematici per l'estrazione mineraria, la negligenza con rispetto all’assistenza sanitaria hanno finito per minacciare la vita fisica e culturale del popolo Yanomami. Questi fattori hanno generato, tra gli altri mali, una crescente violenza contro le comunità, la distruzione dell'ambiente, la contaminazione dei fiumi, l'aumento della malaria, della malnutrizione, della verminosi e delle malattie respiratorie.
Come fratelli e sorelle degli Yanomami, ribadiamo gli appelli della Chiesa in Amazzonia, del Consiglio Missionario Indigeno (Cimi), delle organizzazioni indigene e dei loro alleati, affinché le autorità governative competenti affrontino il problema alla radice con misure volte allo smantellamento dell’attività mineraria illegale, all'immediata espulsione dei garimpeiros dal territorio indigeno, alla protezione permanente del territorio, nonché all'indagine e alla punizione rigorosa dei responsabili dei crimini commessi contro il popolo Yanomami.
Appoggiamo tutte le misure di emergenza adottate dal governo federale per salvare vite umane, ma allo stesso tempo chiediamo la ripresa dell'assistenza sanitaria all'interno del territorio in conformità con la Costituzione.
In spirito di comunione, esprimiamo anche il nostro sostegno e la nostra solidarietà alla Diocesi di Roraima e a quei Missionari della Consolata che da 75 anni accompagnano le popolazioni indigene del Roraima. La missione svolta con rispetto, dialogo e testimonianza profetica contribuisce alla difesa delle comunità, dei loro territori e delle loro culture, e alla cura integrale della Casa Comune. L'opzione storica per i popoli indigeni e l'Amazzonia ci aiuti a essere più fedeli alla missione ad gentes e al carisma ereditato dal Fondatore.
I partecipanti all'Assemblea Precapitolare IMC del Continente Americano.
Il Cardinale Leonardo Steiner, vescovo di Manaus, è arrivato a Boa Vista, capitale dello Stato di Roraima, per esprimere, a nome di Papa Francesco e della Presidenza della Conferenza Episcopale Nazionale del Brasile (CNBB), la solidarietà con il popolo Yanomami gravemente aggredito.
Il cardinale di Manaus, che era accompagnato da padre Lucio Nicoletto, amministratore diocesano di Roraima e da padre Corrado Dalmonego IMC, uno dei grandi esperti del mondo Yanomami, ha detto di essere venuto a Boa Vista "per incontrare i leader indigeni con l’intenzione di dialogare, ascoltare, essere ancora più presenti come Chiesa".
Dopo aver visitato i pazienti del Centro di Salute Indigeno Yanomami di Boa Vista, l'arcivescovo di Manaus ha ricordato che la Chiesa cattolica è sempre stata molto presente con i popoli indigeni, e “in questo momento di difficoltà vogliamo marcare questa presenza. Ho potuto costatare che davvero la situazione di malnutrizione è grande e preoccupante”.
Secondo il cardinale Steiner, "tutti conosciamo le ragioni della malnutrizione, ma nel dialogo con alcuni leader abbiamo visto che ci sono diversi elementi in cui possiamo dare il nostro contributo, il nostro aiuto. Come chiesa cattolica vogliamo mostrare la nostra solidarietà alla comunità Yanomami che è stata trascurata dal governo; loro sono figli e figlie di Dio, sono persone che vivono in regioni lontane, e sappiamo anche che questa situazione drammatica che stiamo vedendo non è nuova. Vogliamo vedere con i governi cosa possiamo fare perché questi popoli possano continuare a vivere, ma soprattutto possano vivere bene”.
Mons. Leonardo Steiner ha sottolineato il lavoro di denuncia svolto dalla Chiesa negli ultimi anni, soprattutto attraverso il Consiglio Missionario Indigeno (Cimi), che "da molto tempo denuncia, parla e pubblica rapporti” e ha informato del sostegno della Presidenza della Conferenza episcopale nazionale del Brasile e di Papa Francesco, al quale invierà un resoconto della sua visita.
Il cardinale Leonardo con padre Lucio, amministratore diocesano di Roraima.
La visita del cardinale Steiner a Boa Vista è proseguita con un incontro con i leader indigeni presso la sede del Consiglio indigeno di Roraima dove gli è stato ufficialmente consegnato il rapporto "Yanomami sotto attacco", documento ricevuto dalle autorità Brasiliane nel mese di Aprile de 2022, nel quale sono raccolte testimonianze e dati che mostrano gli effetti devastanti dell'estrazione mineraria illegale nella terra indigena Yanomami.
Le autorità indigene hanno riassunto la attuale situazione come conseguenza di tre emergenze ancora attuali: l’estrazione mineraria illegale; la malnutrizione e l’inefficienza del sistema sanitario nel territorio indigena dove imperversa una epidemia di malaria.
Secondo le organizzazioni indigene, gran parte del popolo Yanomami è spiritualmente morto a causa della distruzione della foresta che è la loro casa comune. L’estrazione mineraria illegale, ha portato 120 comunità Yanomami a una situazione di grave calamità con aggressioni di ogni genere: stupri, furti di bambini, omicidi e suicidi. Questa attività economica illegale è bagnata dal sangue di innocenti tanto nel territorio indigeno come nella città; e tutto questo sta accadendo sotto gli occhi di tutti.
La richiesta è quella di ritirare urgentemente i minatori illegali, la protezione del territorio e la tutela delle autorità indigene. Si tratta di una sfida a lungo termine che può causare molto dolore e che deve iniziare con l'identificazione e la punizione dei veri colpevoli, compresi i membri dei vari poteri e delle reti criminali che sostengono e finanziano l'attività estrattiva.
Chi parla viene minacciato e sono sempre di più i giovani Yanomami che sono coinvolti in queste attività illecite e criminali. È evidente il tentativo dei media nazionali di nascondere la realtà ma loro continueranno a difendere la vita del loro popolo.
I leader indigeni hanno ringraziato il cardinale Steiner per la sua presenza nella regione in un momento molto difficile per tutte le popolazioni indigene dello stato del Roraima; riconoscono il sostegno storico della Chiesa di Roraima e chiedono alla chiesa di continuare a camminare al fianco dei popoli indigeni della regione.
Visita al DSEI Yanomami, del Segretariato speciale per la salute indigena.
Il dottor André Siquiera, specialista in medicina tropicale, è arrivato nelle terre dove vivono gli indiani Yanomami lunedì 16 gennaio. "Il nostro obiettivo era fare una diagnosi rapida della situazione e creare un piano d'azione con il Ministero della Salute e i leader Yanomami per mitigare o risolvere questi problemi", Visibilmente colpito, il medico ha confessato che è molto difficile affrontare questa situazione, che descrive come "catastrofica" e "disastrosa". "Assistere a questo livello di sofferenza –ha detto– è una esperienza molto pesante. Quando è il momento di affrontarlo, lo facciamo, come se avessimo il pilota automatico. Ma è solo dopo quando ci si rende conto di quanto sia drammaticca la situazione". (intervista a BBC News Brazil)
Il giornalista Wilker Oliveira, introducendo l’intervista a padre Corrado Dalmonego, Missionario della Consolata descrive in questi termini ciò che sta accadendo nella più estesa riserva indigena del Brasile: “Nella comunità Yanomami, c'è in corso una crisi umanitaria senza precedenti legata allo sfruttamento illegale delle risorse minerarie (garimpo), la denutrizione, l’epidemia della malaria, la mancanza delle medicine più elementari, la corruzione, l’abbandono da parte dello stato... solo l’anno scorso sono morti di fame e polmonite 99 bambini Yanomami.
Nel seguente video, in portoghese, ascoltiamo l’intervista al padre Corrado
Un evento senza precedenti in Brasile: Sonia Guajajara è la prima donna indigena ad essere nominata ministro nella storia del Paese. Assume la direzione del "Ministero dei popoli indigeni", recentemente creato da Lula, l'attuale presidente del Brasile.
In occasione del traguardo della sua nomina, avvenuta nel dicembre 2022, Sonia ha espresso sul suo account Twitter il significato della sua nomina in un paese come il Brasile: "sono molto onorata e felice della nomina a Ministro. Più che di un risultato personale, si tratta di un risultato collettivo dei popoli indigeni, un momento storico del principio di riparazione in Brasile. La creazione del Ministero è la conferma dell'impegno di Lula nei nostri confronti".
Nel suo discorso di insediamento Sonia Guajajara ha ringraziato Lula "per il coraggio e l'audacia nel riconoscere la forza e il ruolo dei popoli indigeni, in questo momento in cui è così importante il loro protagonismo nella conservazione dell'ambiente e nella giustizia climatica".
Ricordando i 500 anni di resistenza dei popoli indigeni a situazioni di violenza, attacchi e violazioni dei loro diritti, e a partire dalla propria storia di vita, la nuova ministra dei Popoli indigeni, eletta deputata federale nelle elezioni dell'ottobre 2022, esprime il desiderio di "contribuire alla ricostruzione della democrazia del Paese".
“Noi indigeni –ha detto la ministra– siamo nelle città, nelle campagne, nella giungla, nelle professioni più diverse. Viviamo nello stesso tempo e nello stesso spazio di tutti voi, siamo contemporanei di questo presente e costruiremo il Brasile del futuro, perché il futuro del pianeta è ancestrale!".
Per quanto riguarda le sfide che i popoli indigeni devono affrontare in Brasile, ha parlato della necessità di pensare a politiche per la salute, i servizi igienici, l'istruzione, la sicurezza e la lotta contro le invasioni, l'inquinamento e la deforestazione delle riserve e dei territori ancestrali da parte degli accaparratori di terre e dei garimpeiros (raccoglitori illegali d’oro). "Le terre indigene, territori abitati da comunità tradizionali e altri popoli sono essenziali per fermare la deforestazione in Brasile e combattere l'emergenza climatica che tutta l'umanità deve affrontare", ha sottolineato in uno dei punti del suo discorso.
Le autorità indigene celebrano il nuovo ministro
"Oggi, con questo Ministero dei Popoli Indigeni, state assistendo a un passo ancora più grande e speriamo, con questo, di affermare la nostra esistenza e il nostro protagonismo. Il Brasile del futuro ha bisogno dei popoli indigeni. Tutto ciò che tradizionalmente viene chiamato cultura tra i brasiliani, per noi significa tutto ciò che siamo", ha detto Guajajara, riferendosi al fatto che questo ministero "appartiene a tutti i popoli indigeni del Brasile che sono un patrimonio del popolo brasiliano, perché ogni indigena vivente rappresenta un guardiano del clima e della Madre Terra".
Il nuovo ministro ha annunciato la creazione del Consiglio Nazionale della Politica Indigena, che garantirà la partecipazione paritaria delle rappresentanze indigene nazionali e gli enti del governo federale. Questo Consiglio includerà anche la Funai (Fondazione Nazionale dei Popoli Indigeni) che era stata creata nel 1967 per promuovere la salute, la protezione e lo studio delle comunità indigene del Brasile.
Concludendo il suo intervento Sonia Guajajara ha affermato che “non sarà facile superare 522 anni in solo quattro. Ma siamo pronti a riportare la forza ancestrale delle comunità indigene al centro dello spirito nazionale brasiliano. “Mai più un Brasile senza di noi!”.