Mons. Luis Augusto Castro Quiroga, IMC (1942-2022), originario di Santa Fe di Bogotà -Colombia, compiuti i regolari gli studi nel suo paese e alla Pont. Università Urbaniana di Roma, fu ordinato sacerdote nel 1967. Dopo un periodo impiegato nell’educazione e nell’insegnamento dei seminaristi, venne nominato superiore della Regione Colombia del  nostro Istituto. Nel 1981 fu eletto consigliere generale e, verso il termine di questo servizio, la Santa Sede lo nominò Vicario Apostolico di Florencia (1986). Nel 1998 fu trasferito nell’archidiocesi di Tunja. Morto il 2-8-2022 a Bogotà.

È stato una figura nota in tutta la Colombia per il suo impegno sociale e la sua ferma leadership a favore della pace nel Paese. Con la sua narrazione ha fatto della missione, intesa in molti modi, un modo gentile e coinvolgente di essere in contatto con il mondo intero. Qui riportiamo la commemorazione tenuta a Roma il 12 ottobre 1986, per il 60° anniversario della morte dell’Allamano.

(Padre Piero Trabucco, IMC, Casa Natale dell'Allamano)

 

La mia missione in Mozambico è cominciata nell’anno 2011, subito dopo la mia ordinazione. Ricordo che quando ero stato destinato al Mozambico mi era risultato difficile accettare questa destinazione. Sognavo poter lavorare nel mondo indigena in America Latina, dove mi ero formato e che avevo in vari modi frequentato nel corso della mia formazione di base.

Chi mi ha aiutato ad accettare la destinazione e mi ha dato una chiave per impegnarmi alla missione è stato il padre Bonanomi che per anni aveva lavorato con gli indigeni a Toribío e da poco, a causa dell’età e la salute, si era allontanato da quella missione. Lui mi aveva detto una frase che mi ha guidato in tutti questi anni: “non importa dove si trovi la missione, la cosa importante è che tu sappia amare le persone e i popoli che vi troverai... in America latina, in Africa, in Mozambico”.

Con questa luce ho affrontato le vicissitudini, non sempre facili, di questi 12 anni di missione, i miei primi dodici anni.

Quando arrivai in Mozambico la prima missione è stata quella di Maúa dove lavorava da più di trent’anni il famoso padre Frizzi che abbiamo perso in occasione della pandemia. Era il tempo e lo spazio che tradizionalmente si destinava ai missionari che arrivavano per la prima volta in Mozambico. Era il tempo dell’inculturazione, dell’apprendimento della lingua, dello stare zitti per imparare vedendo quel che si muove accanto a noi.

Dopo quell’anno di introduzione alla missione nel Nord del Mozambico Maúa è diventata anche la mia prima missione ed ho trascorso lì i primi quattro anni. Lo schema missionario del padre Frizzi era molto strutturato e non era facile entrarvi... ad ogni modo cercavo di collaborare con le sue orientazioni e il calendario di visita alle comunità ma poi ho anche cercato di trovare spazi pastorali “vergini”, non adeguatamente impegnati dal progetto del padre Frizzi, e la cosa più evidente che ho trovato è stata la pastorale nel variegato e amplio mondo giovanile.

In questo processo ho trovato una solida alleata e generosa collaboratrice in Suor Dalmazia, missionaria della Consolata da anni operante in questo territorio. Insieme abbiamo fatto tante cose come per esempio fondare la prima biblioteca della regione destinata agli studenti. Era impossibile trovare un libro, quasi di qualsiasi tipo. Grazie alla collaborazione di persone e associazione generose del Portogallo... abbiamo ricevuto da la i primi fondi della nostra biblioteca che poi è stata arricchita anche da libri che abbiamo potuto comprare per mezzo di un progetto.

Nella radio comunitaria del villaggio abbiamo aperto un programma il sabato mattina destinato alla formazione e all’evangelizzazione e poi, una cosa importante soprattutto per la gioventù, abbiamo organizzato una bella squadra di calcio che non faceva brutta figura nei tornei regionali.

Questi anni a Maúa sono stati davvero belli. Poi il primo trasferimento alla parrocchia di Lichinga. Quella è stata una esperienza parecchio impegnativa anche perché, a causa di una crisi economica che si stava propagando nella regione, in quel momento me la stavano consegnando quasi totalmente senza fondi. 

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Questa che era una difficoltà importante al principio di questo impegno alla fine è diventata una occasione di crescita persona e anche comunitaria. Comunitariamente si trattava di aiutare la comunità a diventare responsabile della parrocchia, delle sue strutture, dei suoi servizi che erano per tutti. Ricordo che il tempo parrocchiale era sporco, con il tetto fatto a pezzi, bisognoso di urgenti manutenzioni e riparazione. L’abbiamo fatto con l’impegno di tutti, per una volta non è stato necessario mettersi a cercare sussidi, fondi e collaborazione fuori la comunità ma li abbiamo trovati dentro e questo cammino ha contribuito non poco a rafforzare la comunità parrocchiale.

Poi è stata anche una occasione di crescita personale. Bisognava cercare fonti di mantenimento, più concretamente un lavoro. io lo trovai, grazie alla collaborazione del padre Álvaro López, nell’università della  cattolica del Mozambico dove ho cominciato ad insegnare.

Un altro processo importante che abbiamo fatto e che ha fatto crescere la parrocchia e la comunità locale dei missionari della Consolata è stata la creazione di un collegio di istruzione privata alla portata delle economie delle famiglie della zona. C’era una casa che apparteneva alla comunità molto grande ma in disuso. Si era cercato di affittarla ma nessuno si mostrava interessato in quella struttura che era troppo grande per tante cose... e allora noi stessi le abbiamo dato nuova vita .

Dopo un po’ di lavori di ristrutturazione quella è diventato un collegio che è nato nel 2020 con 45 studenti (tra l’altro nato con la pandemia che ci ha obbligato a chiudere dopo solo 5 mesi di funzionamento) ma che oggi sta già ospitando 267 studenti. Quando si è cominciato c’era solo la prima elementare, poi ogni anno si aggiungeva un nuovo gruppo... e adesso sono quasi complete le classi elementari. Per il 2025 il progetto prevede raggiungere i 500 studenti dividi in corsi mattutini e pomeridiani. Anche quello certamente un impegno importante ma che ci ha fatto crescere e ci sta portando poco a poco sulla strada dell’autosufficienza economica che è necessaria per il nuovo volto della missione oggi. I tempi sono ormai maturi.

Messaggio finale del 2° incontro della rete itinerante amazzonica.

Nel Vicariato Apostolico di Puerto Leguízamo-Solano, bagnato dai fiumi Caquetá e Putumayo e dai loro rispettivi affluenti, ci siamo riuniti le équipes itineranti di 5 Paesi dell'Amazzonia. Con il nostro lavoro vogliamo rendere possibili i sogni incarnati nel documento finale del Sinodo Amazzonico e nella Querida Amazonía e continuare a costruire la Rete Itinerante che ci unisce in chiave di sinodalità.

Ricordiamo i missionari che hanno navigato i fiumi di questo triplice confine amazzonico, martiri e profeti di pace: Alejandro Labaca, Inés Arango, Gonzalo López Marañón, Luis Augusto Castro e molti altri che hanno dato la loro vita affinché i popoli dell’Amazzonia abbiano pienezza di vita. Ci sentiamo discepoli di Gesù e, come lui ci ha insegnato, remiamo al largo e gettiamo le reti con la consapevolezza che il contributo di ciascuno è prezioso e unico per costruire un nuovo modello di Chiesa sinodale e con volto amazzonico.

Ci incontriamo per rafforzare la convinzione che siamo tutti fatti dello stesso fango e ci troviamo sulla stessa barca: insieme vogliamo andare oltre, dove da soli non possiamo arrivare. Sappiamo che tessere una rete implica uscire da se stessi e incontrare gli altri a piedi nudi, riconoscere volti diversi, ascoltare il grido della Terra, camminare e interagire consapevolmente nella cura della Casa Comune.

Confermiamo ancora una volta che l'itineranza è il fondamento della missione della Chiesa; è radicata nella missione di Gesù ed è la via che ci permette di raggiungere i luoghi più remoti. In queste regioni le ferite sono più aperte e la vita di Popoli e territori è maggiormente minacciata e violata da interessi che minano l’armonia: la presenza di gruppi armati, le monocolture ad uso illecito, l’estrazione mineraria, la violenza, l’impunità, la violazione spesso sistematica dei diritti umani e ambientali. 

Percepiamo l'impatto dei danni provocati dal peccato che divide, che distrugge la vita e interrompe le relazioni e i processi vitali. Notiamo con dolore che la terra più devastata è quella abitata dai popoli originari che è stata invasa da aziende e progetti che predano la natura e sono guidati da una visione capitalista e consumistica.

Ci sentiamo sollecitati a intraprendere un processo di conversione che ci permetta vivere un'ecologia integrale (Laudato Sii), uscendo dai nostri piccoli orti per ricostruire la connettività con noi stessi, con gli altri, con l'ambiente, con il cosmo e con Dio. La relazionalità che ci unisce a tutti gli esseri viventi, gli uomini e la Madre Terra implica un itinerario interiore e un profondo processo di conversione del cuore che non possiamo eludere né dimenticare.

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Tessendo questa “rete amazzonica” ci sentiamo chiamati a mettere in pratica gli impegni del Sinodo amazzonico; a cercare insieme nuove strade; a collegarci attraverso la giungla e i fiumi; a rafforzare la comunicazione, l'incontro e lo scambio culturale; a condividere esperienze,  formazione e spiritualità; a motivare la solidarietà e la comunione dei beni.

I popoli indigeni –che vivono la loro quotidianità in gioia ed armonia– sono per noi maestri di spiritualità e relazioni itineranti; ci invitano a recuperare i legami e la connessione con la Madre Terra e ad accogliere la saggezza che scaturisce dall'apertura all'azione dello Spirito. Con profonda gratitudine e ricordo reverenziale rimane nei nostri cuori la calda accoglienza che abbiamo sperimentato; l'umiltà e la fiducia degli anziani; le cena offerte dalle anziane; i balli dei bambini e dei giovani; le conversazioni nella Maloka del popolo Muina Murui nelle quali abbiamo fatto esperienza di spiritualità, mistica, calore e forza della parola.

Oggi camminiamo con le Donne dell'Aurora che ispirano il nostro impegno missionario e l'impegno per l'ecologia integrale, andiamo verso acque più profonde con la protezione, l'affetto e la tenerezza di Nostra Signora dell'Amazzonia.

Puerto Leguízamo, Putumayo (Colombia), 03 al 06 agosto 2023

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Lo scorso 17 luglio 2023 presso la Missione di Beandrarezona, in Madagascar, è stata inaugurata la Casa Leonella Sgorbati. Questa sarà la casa dei Missionari della Consolata da pochi anni in Madagascar. 

L’inaugurazione è iniziata con la solenne benedizione della casa, fatta dal vescovo della diocesi cattolica di Ambanja, mons. Francis Donatien Randriamalala, e seguita poi dalla celebrazione eucaristica nella quale abbiamo concelebrato noi Missionari della Consolata presenti e alcuni sacerdoti che lavorano nella diocesi.

Durante l’omelia il vescovo, a nome della Diocesi, ha ringraziato i Missionari della Consolata per la presenza e il coraggio di accettare lavorare in un luogo difficile, disposti a portare Gesù al popolo malgascio. "Ringraziamo i missionari per questa casa bella e ben fatta, per questa presenza significativa, per aver accettato la difficile missione di Beandrarezona... grazie per la vostra disponibilità...". 

Poi, rivolgendosi ai cristiani, il vescovo ha proseguito: "Vi chiedo di amare i vostri sacerdoti, pregare per loro, collaborare e lavorare con loro in spirito di sinodalità. Siamo felici perché ora hanno una casa decente. La casa dei religiosi e dei sacerdoti è una casa di preghiera, una casa di accoglienza e di ascolto della gente. Questa stessa casa ci sta dicendo che non lasceranno Beandrarezona; che sono venuti per rimanere e portare consolazione a questo villaggio e ad  altri tutto intorno. Con la predicazione della Parola di Dio e con tutte le altre strutture pastorali saranno una garanzia di crescita e di sviluppo.

Oggi allora inauguriamo la casa dei Missionari, poi dovremmo pensare a una chiesa parrocchiale bella come la casa. Aiutate i padri a proteggere questa casa che è anche un patrimonio del villaggio”.

Ringraziando il vescovo e i cristiani al termine della celebrazione della messa, P. Jean Tuluba, a nome dei Missionari della Consolata, ha detto che “la nostra casa di Beandrarezona è casa della consolazione, casa di accoglienza e di ascolto delle persone. Le sue porte saranno sempre aperte per accogliere chiunque entri e voglia incontrarci”. 

Il nome dato a questa casa è quello di "Leonella Sgorbati": lei è la protettrice della nostra missione in Madagascar e allora abbiamo ritenuto importante dedicarle questa prima opera. 

Ringraziamo il Signore e l’Istituto che, per mezzo del Consiglio Continentale, ci ha regalato questa struttura. Prima eravamo in una piccola casa familiare con una famiglia che ci aveva ospitato condividendo tutto con noi. Siamo riconoscenti di questo gesto di solidarietà nei nostri confronti.

Oggi le condizioni sono cambiate e avremo la possibilità di accogliere in buone condizioni la gente, i nuovi confratelli che saranno destinati al Madagascar e vari amici disposti a farci visita. Ringraziamo il Signore e Avanti in Domino!

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Recordar os 50 anos do Decreto conciliar Ad Gentes, sobre a missão, resgatando sua origem, incidência e ressonância na caminhada da Igreja, e as novas configurações e perspectivas da missão aos povos. Com este objetivo acontece, ao longo desta semana, dias 23 a 27, em Brasília (DF), o 4º Simpósio de Missiologia.

Promovido pelo Centro Cultural Missionário (CCM) e a Rede Ecumênica Latino-americana de Missiólogos e Missiólogas (RELAMI) o evento reúne 55 pessoas entre, docentes, teólogos, pesquisadores, representantes de instituições missionárias e agentes de pastoral do Brasil e convidados de Moçambique e do México. Entre os participantes estão missionárias e missionários estrangeiros atuando no Brasil.


 “Os 50 anos da promulgação do Decreto Ad gentes nos lembram de 50 anos de luta já evidenciada durante o Vaticano II. Aliás, a missão se dá sempre num contexto de luta, luta para o bem viver da humanidade, a construção de um horizonte de sentido, para a valorização dos contextos, universalmente, de descolonização que continua até hoje, porque a globalização é uma nova colonização”, afirmou padre Paulo Suess na abertura dos trabalhos. No Simpósio, o missiólogo apresentará as novas configurações e perspectivas para a missão aos povos.

Suess lembra que, “o Ad Gentes afirma a possibilidade de salvação a partir de outros credos, culturas e religiões. Na Igreja católica, que por dois mil anos considerou ter o monopólio salvífico, a nova visão representou uma ‘ruptura’. Essa ruptura não significa também ruptura com a tradição da Igreja ou significa voltar à verdadeira tradição do Evangelho?”, perguntou Suess e recordou que o Decreto Ad gentes passou por muitas redações e sendo promulgado no último minuto do Concílio, no dia 7 de dezembro 1965. Em sua avaliação, no pós-concílio, o setor que se sentiu derrotado pela nova orientação, procurou recuperar as suas antigas posições. “O documento Iesus Dominus, de 2000, aponta para essa recuperação e reconstrução de uma continuidade pré-conciliar”. Essas e outras questões serão debatidas durante o Simpósio.


 Na manhã desta terça-feira, 24, o secretário executivo do CCM e da RELAMI, padre Estêvão Raschietti, SX, falou sobre a Missão aos povos a partir do Concílio. Apresentou a dimensão missionária do Concílio contido no Decreto Ad Gentes, sua contextualização, gênese e configuração.

“A missão aos povos diz respeito ao conjunto de significados, articulações e tarefas específicas relativas à atividade missionária num contexto sócio-cultural ‘não-cristão’, que exige sempre dos agentes um deslocamento transcultural”, destacou padre Estêvão. “Trata-se de uma missão específica que deve ser necessariamente vinculada à natureza missionária da Igreja e que deve envolver a Igreja como um todo. A missão ad gentes contribui para alimentar a missionariedade eclesial com a dimensão universal da qual é testemunha profética”, sublinha o missiólogo.

Segundo ele, “o Decreto Ad Gentes não pode ser lido sem uma abordagem integral do evento conciliar, em todos os documentos. Com o Vaticano II a Igreja católica procurou um próprio reposicionamento em relação ao mundo, inaugurando uma época de transição de uma cristandade fechada e autocomplacente para uma Igreja samaritana e missionária”.


 Sobre o Decreto Ad Gentes, padre Estêvão destacou que “a Igreja e a sua missão evangelizadora têm sua origem e sua fonte na Santíssima Trindade, segundo o plano do Pai, a obra do Filho e a missão do Espírito Santo. A Igreja colabora esta missão do amor de Deus em nosso mundo”.

Na avaliação do assessor, o magistério pontifício pós-conciliar retoma várias questões ainda indefinidas, dando passos importantes na reflexão. A participação das Igrejas locais na missão aos povos ainda deixa a desejar. O Ad Gentes continua a desafiar profeticamente a Igreja de todos os continentes no campo da cooperação e na responsabilidade com a dimensão universal da missão. “O que precisa ainda fazer para que as nossas Igrejas assumam sua vocação missionária ad gentes?”, questionou padre Estêvão.

Na segunda parte da manhã, padre Sidnei Marco Dornelas, CS, assessor da Comissão Episcopal para a Missão Continental apresentou a caminhada pós-conciliar na América Latina a partir dos documentos do CELAM.

O estudo pretende gerar debate acerca da missão ad gentes entre os membros da RELAMI criada por ocasião do 2º Simpósio de Missiologia, em 2013, e composta por especialistas, pós-graduandos, mestres e doutores em missiologia. Discutirá também, o papel dos missiólogos e missiólogas na animação, cooperação e articulação missionária da Igreja no Brasil.

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