Un’altra parola ci viene incontro
Isaia 49, 14-15. Gerusalemme si vede abbandonata e dimenticata, ma il Signore le ricorda il suo amore; si crede sola e senza futuro, ma il Signore promette una numerosa discendenza; si crede prigioniera per sempre, ma il Signore assicura la liberazione. Si parla di misericordia che in Ebreo si relaziona con le “viscere” di una madre che non potrà non amare la sua creatura. È l’istinto materno e il profeta lo applica simbolicamente a Dio..
1 Corinzi 4,1-5. L’Apostolo si dichiara e definisce servitore/ministro di Cristo e amministratore/economo dei beni e delle parole di salvezza tra i fratelli in comunità. Non si tratta di una persona che gode di un privilegio speciale, un rango nella categoria delle grandezze, ma di un servitore che deve essere fedele alla missione affidata.
Matteo 6,24-34. Sorge la domanda importante per noi incaricati di un ministero: ”come possiamo accompagnare i membri della nostra comunità se solamente ci vedono come persone di azione, carichi di lavoro, bollenti?” Forse il primo passo quando prepariamo l’agenda sarebbe di chiederci che eco ha la parola di Gesù e il Vangelo nella nostra vita. È solamente una evocazione da ricordare o uno stimolo indispensabile e una interpretazione da fare?
L’uomo come immagine di Dio è chiamato alla comunione. La solitudine diventa un male di cui si può guarire. L’assenza di sguardi e di mani tese fa parte dell’esperienza umana e trasforma le nostre esistenze in una specie di inferno. Le parole che sentiamo sono indicative di una situazione reale, che succede: “il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Mi trovo da solo nella mia miseria o relativi sinonimi: malattia, prigione, angoscia, condanna. Tutte cose che si vedono e non si possono negare o illuderci che possano essere pronunciate altre parole. Scopriamo nel messaggio di oggi, una versione antica che può valere anche per noi. Sappiamo grazie a Dio che un’altra parola ci viene incontro, viene verso di noi. Si avvicina per portarci una salvezza insperata, inattesa. Nella Liturgia odierna ci viene a dire che Dio non ci dimenticherà mai, non importa cosa succeda nella cronaca o nelle versioni di altre esperienze. La nostra solitudine diventa abitata da una speranza che ci invita a rifare un cammino. La nostra solitudine ci separava dagli altri. Oggi l’ascolto della Parola divina ci rimette in cammino verso l’altro, perchè Dio si è messo in cammino verso di noi. È venuto nel cuore della nostra vita per portarci la sua fiducia stando con noi. E poichè Lui sta con noi siamo invitati a una conseguenza importante di servizio cristiano specifico. In questa dimensione possiamo animarci a stare con Cristo aiutandolo nella sua missione, aiutandolo negli altri.
Gesù ha ricevuto tutto dal Padre. Forse ricevere è più pesante che donare. Perchè quando accettiamo di ricevere da Dio siamo d’accordo con l’insieme, con la fraternità, con la convivenza, con il progetto comunitario fatto di tutti i nostri progetti personali. L’abbiamo sentito proclamato con forza: “Soprattutto, cercate il Regno di Dio e la sua giustizia” (v.33). Di fatto il riferimento e il criterio che da senso a tutto quanto, è il Regno di Dio e la sua giustizia. Quello che è giusto nel Regno di Dio dobbiamo praticarlo anche nella nostra vita, che sia giusto anche da noi, in casa e in comunità. L’Evangelista lo manifesta chiaramente quando presenta il Padre nostro come la grande sintesi del discorso della montagna, dove il Regno di Dio e la sua volontà occupano il posto principale.