XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Pubblicato in Domenica Missionaria

Incontrarsi con Gesù e sentirlo indispensabile dà senso alla nostra vita.

 

Sap 11,22-12, 2. Un savio con la fede vede che Dio è meraviglioso, buono, dolce, compassionevole. Cosa  vede uno stolto con la fede? Crociate e  castighi.  

2 Ts 1,11-2, 2. San Paolo chiede a Dio che conceda ai cristiani di Tessalonica, una fede attiva e operosa.

Lc 19,1-10. Zaccheo aveva solo soldi. Voleva vedere Gesù ma non ci riusciva perché era piccolo in tutti i sensi.  Per vedere Gesù non c’era da arrampicarsi ma diventare ramo di Gesù.

 

Domenica scorsa abbiamo visto com’è la vera preghiera. Fa diventare giusti, promuove l’equità, l’uguaglianza, la prossimità, fa diventare vicini, costruisce l’assieme. Se mi allontana dagli altri e mi fa camminare solo è puro microfono senza fili, senza alimentatore, parole spente.

Oggi la parola di Dio ci fa vedere che la fede porta a un incontro con Gesù e poi di lì comincia un modo nuovo di presentarsi e relazionarsi.

Zaccheo si arrampica su di un albero per vedere Gesù. Era piccolo di statura e per la folla non riusciva a vedere niente. Però è chiaro che era disposto a vedere Gesù in un altro modo. “Dammi la tua casa” dice Gesù, per farci entrare la salvezza. E Gesù la abita facendo in modo che Zaccheo dia posto alla carità e alla riparazione dei torti. L’albero è Gesù e Zaccheo diventando ramo riceve gli stessi sentimenti di Gesù. Poi è facile essere generoso, relazionarsi con gli altri, amare, praticare l’equità, la compassione, il condividere e l’aiutare. San Paolo augurava agli Efesini (Ef 3,17)  che Cristo abitasse nei loro cuori per mezzo della fede. Zaccheo invitando Gesù ad entrare a casa sua di fatto lo invita ad abitare in lui per mezzo della carità. Ecco gli elementi delle opere di fede dinamiche. Per la fede diventa dinamico nella carità: restituisce per quattro e la metà lo regala ai poveri. Dice la gente: gettò la casa dalla finestra. Perché entrando Gesù, non c’era più posto per l’egoismo per il “solo mio”. Vuol dire che Zaccheo dopo essersi incontrato con Gesù cambiò il criterio e la misura. Dava importanza a quello che prima non considerava importante. Successe lo stesso a San Paolo. Nell’incontro fatidico cambiò la motivazione, la ragione di essere, pensare, amare e agire. Aveva incontrato qualcosa di realmente superiore che minimizzava tutto quello che prima riteneva fosse indispensabile.

Spesso si tratta di mettere nel posto giusto quello che abbiamo: la salute, la fede, la preghiera, anche la Chiesa. Se invece mettiamo le parole maggiori al posto di quelle minori, il dovere al posto del diritto, il soggetto al posto dell’oggetto, il bene diventa male e la felicità diventa sofferenza.

 

Il caso di Zaccheo può essere illuminante per il tema dell'opzione dei poveri. Nella polemica ufficiale contro questa parola “opzione” si insistette molto sul fatto che non poteva trattarsi se non di una opzione "preferenziale", non di una "opzione per i poveri" assoluta perché senza quell'aggettivo avrebbe potuto essere intesa come una opzione "esclusiva o escludente"… L'aggettivo "preferenziale" abbassa e diluisce l'essenza della opzione per i poveri, perché finisce per non scegliere, non definire, non prendere posizione e "resta in cima al muro" come dice un'espressione brasiliana…

 

 

 

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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