1) "GESÙ, FIGLIO DI DAVIDE, ABBI PIETÁ DI ME" (Mc. 10, 47). Nel suo viaggio verso Gerusalemme, Gesù passa per la cittadina di Gerico, accompagnato dai suoi Apostoli e da moltissima gente. La strada é frequentata da pellegrini e mercanti, quindi un posto ideale per chiedere l'elemosina. Come tutti i giorni, il cieco Bartimeo, si era portato all'uscita della città invocando l'aiuto dei passanti. Il vociferare della gente, le grida allegre, lo scalpiccio di molte persone, gli fanno capire che sta passando qualcosa o qualcuno molto importante. Forse qualcuno lo informa che sta passando Gesù. Probabilmente aveva già sentito parlare di Lui e di tutte le cose straordinarie che stava facendo ovunque andava, oltre ad annunciare una dottrina nuova, molto diversa da quella che si era abituati ad ascoltare dai dottori della legge e dai farisei.
Poiché era cieco e chiedeva l'elemosina ai margini della strada, era un emarginato e non aveva quindi diritto alcuno. Armatosi però di coraggio e nonostante che alcuni lo rimproverassero affinché tacesse, lui gridava sempre più forte: "Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me".
Per capire il messaggio che ci vuol dare Marco, dobbiamo fare riferimento al passaggio evangelico letto la domenica scorsa. Gli Apostoli, sempre molto attenti e vicini a Gesù, per non aver accolto la visione divina della sua missione, perché andava contro le loro idee e interessi, erano rimasti come ciechi nella mente e nel cuore, mentre Bartimeo, cieco fisicamente, ha saputo riconoscere in Gesù il Messia, e per questo grida "Figlio di Davide" che era uno dei titoli che si dava al Messia.
Egli dunque va oltre. Lo riconosce anche come Signore misericordioso, e per questo grida: "Abbi pietà di me". Quella di Bartimeo é una vera professione di fede. Per questo Gesù lo sente e lo fa chiamare. Gesù sempre ascolta il grido, le invocazioni, le preghiere di coloro che si dirigono a Lui con fede e sincerità (cf. Salmo 33).
2) "CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA!" (Mc. 10, 49). Anche l'atteggiamento della gente cambia completamente; prima lo sgridavano, adesso lo incoraggiano ad avvicinarsi a Gesù. Animato quindi anche da questa improvvisa solidarietà, Bartimeo getta via il mantello, simbolo di tutto ciò che gli impedisce di essere agile e libero, ma anche simbolo di tutto quello che lo lega alla sua vita passata di mendicante.
Bartimeo si presenta come un cieco non conforme alla sua situazione e non vuole perdere l’occasione che gli si é presentata. Egli é diverso da tanti cristiani che nel loro conformismo, seduti ed annoiati ai margini della strada, frastornati dal chiasso esterno ed interno, non sentono più nessun richiamo e non riescono a vedere Gesù che passa continuamente lungo il cammino della loro vita.
Bartimeo fà un salto. É il salto del cambiamento, della conversione, della gioia di colui che é consapevole che da quel momento la sua vita farà un giro di 360º perché ha trovato "la perla preziosa" (Gesù) (cf. Mt. 45) ed é disposto a vendere tutto, a liberarsi di tutto, per possedere quel tesoro che gli darà la felicità che stava cercando, non per un momento, ma per sempre.
Tutti abbiamo bisogno di fare questo salto con decisione e coraggio.
3) "MAESTRO, CHE RIABBIA LA VISTA" (Mc. 10, 51). Possiamo immaginare con che animo e che speranza Bartimeo ha pronunciato queste parole. Gesù, che vede nel profondo del cuore di ogni persona, riconosce la fede e la sincerità di quest'uomo, condizioni indispensabili per poter agire e gli dice: "la tua fede ti ha salvato". La salvezza consiste non solo nell'aver ricuperato la vista materiale, ma soprattutto per essere arrivato a vedere personalmente Gesù. Questa salvezza é la fede. Ora Bartimeo, libero e non più emarginato, reinserito nella comunità e da essa aiutato, si mette a seguire Gesù .
Non sappiamo più nulla di Bartimeo, perché l'evangelista con il semplice racconto ha compiuto la finalità che si era prefisso. Possiamo però immaginare che egli in tutta la sua vita, non abbia fatto altro che raccontare questa indimenticabile esperienza personale.
Per poter continuare la missione di Gesù é necessario avere una forte esperienza con Dio, per poter vedere la propria vita e quella degli altri non dal nostro punto di vista, ma dal Suo. Vedremo sempre così una vita illuminata dall'amore, perché Dio é Amore. Mi pare di capire e d’interpretare così, il messaggio finale rivolto alle Chiese italiane nel IV Convegno Ecclesiale Nazionale, tenutosi a Verona nei giorni scorsi.
Il Papa, intervenendo al Convegno, affermava che anche l'Italia, seguendo i paesi occidentali, sta sperimentando l'influenza di una cultura sempre più laicista che tende ad emarginare Dio e la fede in Lui dalla vita personale e pubblica. É un'Italia quindi che ha bisogno di ricuperare la vista, che deve scuotersi e lasciarsi portare da Gesù affinché gli uomini e le donne possano vivere con dignità e Dio non diventi un estraneo nella nostra società. Attraverso il suo aiuto si possano affrontare con coraggio le "grandi sfide" di oggi.
“La promozione della vita, della dignità di ogni persona e del valore della famiglia fondata sul matrimonio, l'attenzione al disagio e al senso di smarrimento che avvertiamo intorno e dentro di noi, il dialogo tra le religioni e le culture, la ricerca umile e coraggiosa della Santità, come misura alta della vita cristiana ordinaria, la comunione e la responsabilità reciproca nella comunità cristiana, la necessità per le nostre Chiese di dirigersi decisamente verso modelli e stili essenziali ed evangelicamente trasparenti" (Dal Messaggio finale).
O Signore, aumenta in noi il coraggio della fede.
Ger. 31, 7 - 9
Ebr. 5, 1 - 6
Mc. 10, 46 - 52