Sabato Santo - C

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Felice Colpa!

“Certamente necessario fu il peccato di Adamo, che fu cancellato con la morte di Cristo. Felice Colpa…”. Quando si canta l’annuncio pasquale, fa un certo effetto, positivo senza dubbio, quel “certamente necessario e felice colpa che ci ha meritato un cosí nobile e grande Redentore”. Anche le letture ci parlano di tutto il bene e il bello che esiste nella creazione; un mondo fatto per l’uomo e voluto da Dio per amore; il dono della vita regalataci da Dio perché fossimo felici e la certezza, conseguenza della risurrezzione di Cristo, che questo dono non finirá mai: la vita é per sempre (e Dio vide che tutto era molto buono)..

Tutto ció, fa che la vigilia pasquale crei un clima di serenitá e di gioia. La notte si illumina. Ma la domanda é: chi puó cantare veramente “felice la colpa che ci ha meritato un cosí nobile e grande Redentore…?”

S. Agostino poteva cantarlo perché, dopo aver conosciuto veritá false e fatto esperienze insoddisfacenti, si era finalmente incontrato con la vera Vita e la vera Veritá.

O Madre Teresa che, non piú soddisfatta della sua vita di comunitá, tranquilla e programmata, scopre le gioie e le speranze di stare al servizio dell’incertezza, dei disperati. Puó cantare felice colpa, non per il peccato commesso, ma per la nuova comprensione che Cristo dá a lei della realtá umana e per la speranza che puó infondere nei disperati.

Anche l’Allamano poteva cantare Felice colpa, perché il desiderio di annunciare la Buona Notizia e dare Vita nuova e speranza a tante persone che non conoscevano Cristo, lo ha spinto a sobbarcarsi il “peso” di formare missionari, invece di “godersi una vita tranquilla, sicura e prevedibile”. (NB. Ognuno potrá portare gli esempi che maggiormente possono incidere o sono piú conosciuti nella sua comunitá).

Chi piú scende nell’abisso del fallimento umano; chi piú fa esperienza di degradazione morale; chi ha vissuto la disperazione e l’insoddisfazione per i propri limiti e per quelli degli altri; chi sente il desiderio ardente di strappare dall’infelicitá non solo se stesso ma tutti gli uomini; chi, rispondendo all’invito di Cristo va e annuncia la salvezza e il perdono della colpa, tutti costoro possono cantare di cuore “felice colpa”, perché sanno che, questo discendere agli abissi (come ha fatto Cristo), li rende capaci di cercare il vero bene e di valorizzare la vita umana e spirituale. “Questa é la notte nella quale Cristo ha rotto i legami della morte ed é uscito vittorioso dall’abisso”.

Esiste quindi una intima relazione tra il “Felice colpa” e l’Alleluia della risurrezione. Entrambe riflettono la felicitá che si gode dopo aver camminato tra le spine e i dolori della passione, dopo aver fatto l’esperienza del peccato e dell’infedeltá o aver sofferto (come molti santi innamorati di Dio e dovrebbe essere cosí per noi missionari e per tutti i battezzati che sono missionari) l’angustia per coloro che non conoscono l’amore di Dio e vivono la loro vita nelle tenebre e nell’oscuritá.

Solo come conseguenza di una vita impegnata a scoprire e praticare l’amore, il canto dell’annuncio pasquale e dell’alleluia hanno senso. É la notte della luce e della vita. Ma non una qualsiasi luce o una qualsiasi vita: é la luce del cero pasquale, il Cristo che apre le nostre menti alla veritá; é la vita, purificata dall’acqua benedetta, dalla Parola di Dio che cambia l’oscuritá in luce, é l’impegno rinnovato con le promesse battesimali di appartenere a Cristo e produrrre “buoni frutti” perché innestati nell’albero della Vita. Se per le nostre colpe discendiamo nell’oscuritá, per la risurrezzione di Cristo, possiamo risalire la china e guardare con rinnovata speranza verso un futuro migliore.

“Cristo, tornando dagli abissi, risplende sereno per tutto il genere umano, perché la sua luce non conosce tramonto”.

Spesso ci troviamo di fronte a situazioni complicate, opzioni difficili (come la richiesta di Dio ad Abramo, como Cristo che fu “obbediente fino alla morte”, come quando ogni cristiano dovrebbe testimoniare Cristo e non ci riusciamo) che ci mettono di fronte alla realtá della nostra debolezza; eppure Paolo dice: “sappiatelo: il nostro uomo vecchio é stato crocefisso con Lui, affinché fosse distrutto questo corpo di peccato e cosí non fossimo piú schiavi del peccato”.

Tutte queste esperienze nostre permettono di dire, anche a noi “felice colpa che ci ha meritato un salvatore cosí misericordioso che invece di condannarci, ci apre le braccia come il Padre al figlio ingrato che ritorna”.

Forse, in questa Pasqua, dovremmo chiedere a Dio che ci aiuti a cantare questo felice colpa!, recordando il nostro cammino di conversione quotidiana; comprendendo che, dalla miseria e dalla morte, risorge la vita e il canto dell’alleluia.

L’annuncio pasquale rinnova in ognuno la speranza e la gioia quando afferma: “la santitá di questa notte allontana ogni male, lava le colpe, restituisce l’innocenza a chi é caduto e la gioia ai tristi, dissipa gli odi, ci dona la concordia, piega i superbi”.

Sono gli stessi sentimenti che Maria ha manifestado nel suo Magnificat. Ci uniamo a Lei per cantare a Dio il nostro grazie-alleluia per questa nuova opportunità di pienezza di vita e di grazie per tutti noi e per l’umanitá intera.






Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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