DOMENICA XV DEL TEMPO ORDINARIO

Pubblicato in Domenica Missionaria


E chi è il mio prossimo?

 
Dt 30,10-14
Col 1,15-20
Lc 10,25-37

Il Vangelo di oggi è molto importante perché ci indica come dobbiamo concepire la carità, come dobbiamo amare il prossimo (Albert Vanhoye).
Un dottore della Legge volendo mettere alla prova Gesù gli chiese: “maestro che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù risponde invitando lui stesso a cercare la risposta nella Legge. E il dottore della Legge riesce a dare una risposta che corrisponde all’insegnamento di Gesù: cita quanto dice il Deuteronomio (6,5) “amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente...” e cita quanto dice il Levitico (19,18) “amerai il prossimo tuo come te stesso”. Gesù elogia la risposta del dottore della Legge e gli dice “fa questo e vivrai”. Il comando dell’amore è la via sicura verso la vita.
Ma il dottore della Legge, riferendosi ad uno dei problemi più discussi, chiede ancora a Gesù “e chi è il mio prossimo?”.
Vuole sapere come va interpretato il comandamento dell’amore per il prossimo, chiede a Gesù di precisare i limiti di tale amore. In quei tempi un buon giudeo sapeva che il suo prossimo era l’uomo della stessa religione e dello stesso sangue, ossia i connazionali o al massimo anche i proseliti. Invece con i vicini samaritani c’era un odio secolare.
Gesù risponde portando un caso concreto, narra la parabola del buon samaritano.

Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei ladroni che lo depredarono, lo percossero abbandonandolo mezzo morto sulla strada. La strada che da Gerusalemme scende all’oasi di Gerico passando tra gole e dirupi deserti era pericolosa. Corre dalle montagne della Giudea al punto della massima depressione terrestre, a duecentocinquanta metri sotto il livello del mare, superando un dislivello di oltre mille metri su un percorso di una trentina di chilometri.
Nell’oasi di Gerico abitavano tanti Sacerdoti e Leviti che si portavano a Gerusalemme per il loro turno di servizio nel Tempio. I primi ad imbattersi in quel malcapitato furono proprio un Sacerdote ed un Levita che non si fermarono ad aiutarlo. Avevano ambedue un cuore arido. Forse hanno tenuto questo atteggiamento perché temevano toccando quello sfortunato che giaceva sulla strada mezzo morto di incorrere in qualche impurità legale che li avrebbe resi inabili alle funzioni sacre. Invece Gesù un giorno dirà: “voglio la misericordia e non il sacrificio” (Mt 12,7). Lui che guariva i malati anche in giorno di sabato per dimostrare che l’amore è superiore a qualsiasi legge. La punta della parabola sta nell’intervento di un samaritano che si commuove profondamente. Il samaritano, proprio perché forestiero e non ben visto in Giudea, aveva tutto l’interesse a non immischiarsi in questo fatto, invece sarà proprio lui a chinarsi sul ferito divenendo così il modello da imitare nella scoperta del prossimo.
Gesù indugia a descrivere minuziosamente la premura del samaritano per sottolineare tutta la prontezza del suo intervento, la delicatezza delle sue attenzioni, la generosità del suo cuore.

“E chi è il mio prossimo?”. Gesù con la parabola del buon samaritano scopre un orizzonte senza fine. Fa’ vedere aspetti e dimensioni insospettati del problema, attua insomma il passaggio dalla Legge al Vangelo.
“Chi è il mio prossimo?”, la risposta è: non c’è nessun limite. La parola ‘prossimo’ indica l’uomo per se stesso, così com’è, non per qualcosa di aggiunto alla sua realtà. L’uomo in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso (Gaudium et Spes).
Più che chiedersi “chi è il mio prossimo”, bisogna chiedersi: a chi posso farmi prossimo. Anche Gesù disse: “chi dei tre ti sembra che sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”.
L’importante è dimostrarsi prossimo verso il nostro prossimo, altrimenti egli ci rimarrà sempre molto lontano anche se di fatto si trova ad un passo da noi. Gesù ha questo pressante invito perché noi diventiamo buon samaritano del nostro prossimo: “va’ e fa’ anche tu lo stesso”.
L’insegnamento di Gesù è quello di un amore universale, senza limiti; perciò dobbiamo abbattere tutte le barriere, i pregiudizi, e diventare il prossimo di tutti.
Perciò Gesù chiede anche a noi di avere un cuore aperto a tutti. Egli, che è presente dappertutto come Figlio di Dio e che ha salvato tutti, ci chiede di aiutarlo a far giungere la sua grazia a tutti gli uomini, con grande generosità, restando uniti a Lui e spinti dalla sua carità (Albert Vanhoye).

Il samaritano sembra essere un personaggio al di fuori della realtà, così come sembra essere al di fuori della realtà il padre della parabola del figliol prodigo: una carità e una bontà così grandi fra gli uomini non si trovano.
Gesù parlando del samaritano, pensava alla sua propria storia, così come nella parabola del figliol prodigo.
“Va’ e anche tu fa’ lo stesso” questa proposta riassume una storia e una esperienza di amore infinito, tutt’ora in atto: la storia di Cristo che per tutti noi si è fatto buon samaritano (Settimio Cipriani).
La parabola più che parabola è l’autoritratto di Gesù.
Nella tradizione patristica fin dal secondo secolo era assai diffusa l’interpretazione secondo la quale il buon samaritano rappresenta Cristo venuto a soccorrere l’uomo aggredito e portato da satana a un passo dalla morte. “Perché l’uomo non avesse a perire, e perché tutto ciò che era per crollare in Adamo fosse più felicemente innalzato in Gesù” (Pio IX).
Egli è il buon samaritano che è sempre pronto a curvarsi sulle nostre ferite con gesti di grande tenerezza e di dolcissima pietà (Luigi Pozzoli).
L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio è un riflesso del mistero divino e ambedue sono ineffabili. Dio ha desiderato farsi uomo perché voleva che l’umanità fosse il luogo prediletto della sua presenza.
Vuol continuare ad essere buon samaritano per mezzo nostro: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
Lo sapeva san Martino che aveva dato metà del suo mantello al povero Ambiano e di notte sognò Gesù che gli diceva: “Martino ancora catecumeno mi ha rivestito del suo mantello”.
Lo sapeva sant’Alfonso Rodriguez, portinaio in una casa di gesuiti nell’isola di Maiorca. Un giorno bussò alla sua porta Gesù stesso: “Alfonso tu mi tratti sempre bene quando arrivo alla tua porta, anch’io ti tratterò bene quando arriverai alla porta del paradiso”.
Lo sapeva Madre Teresa di Calcutta. A lei un povero che ella aveva lavato, gli aveva ridato per così dire la sua fisionomia umana, disse “ma perché fai questo?” ed essa rispose in modo semplice “per amor di Dio”. E quel povero colpito da ciò disse: “allora Dio c’è”.
Ecco, l’amore vicendevole è annuncio grande dell’amore di Dio
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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