DOMENICA XXI DEL TEMPO ORDINARIO

Pubblicato in Domenica Missionaria


Sforzatevi di entrare
per la porta stretta

 


Is 66,18-21
Eb 12,5-7.11-13
Lc 13,22-30

Non dimentichiamo che dal capitolo nono al diciannovesimo del suo Vangelo Luca parla che Gesù è nel suo viaggio verso Gerusalemme dove si compirà il mistero della Pasqua. Gesù sta quindi percorrendo città è villaggi elargendo il dono della sua parola, quando un tale gli chiede “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” (sono pochi quelli che sono sulla via della salvezza?; questo è il senso esatto); un quesito preciso che suscitava dibattiti e discussioni nell’ambito rabbinico. ‘Un tale’ la vaga identità dell’interrogante rivela come dietro costui si celi la comunità di Luca con i suoi problemi. Difatti gli israeliti pensavano che bastava essere discendenti di Abramo per ritenersi sicuri della salvezza. Già Giovanni Battista aveva cercato di demolire questa falsa fiducia: “razza di vipere chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente? Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: abbiamo Abramo per padre! Ogni albero che non porta buon frutto sarà tagliato e buttato nel fuoco” (Lc 3,8).
E nella stessa direzione risponde Gesù: “sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi ma non ci riusciranno”. Gesù rispondendo sposta l’attenzione dal ‘quanti’ al ‘come’ ci si salva. Invece di rispondere ad una domanda teorica, rivolge una esortazione energica, vuole educare i disce196 poli a passare dal piano della curiosità a quello della vera sapienza.
‘Sforzatevi’: la legge del sacrificio è per il Vangelo la legge fondamentale di ogni crescita spirituale e il suo genuino sapore (Salvatore Garofalo).
Bisogna sforzarsi di entrare nella logica del Vangelo. Non serve, o comunque non basta, il fatto di appartenere ad un determinato popolo, fosse pure il popolo eletto da cui proviene il Salvatore: “allora comincerete a dire, abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli vi dichiarerà: vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori di iniquità”. L’importante è invece l’aver attraversato la porta stretta, cioè l’impegno e lo sforzo personale nella ricerca del Regno di Dio. Questa è l’unica unità di misura della propria appartenenza a Cristo, è l’unica garanzia che si è sulla strada per il banchetto del Regno (Gianfranco Ravasi).
La porta stretta di cui si parla non è necessariamente quella che immetterà un giorno definitivamente in Paradiso, ma quella che permette di entrare, già fin da questa vita, nel Regno predicato da Cristo e di viverne le esigenze.
La porta è stretta non perché è per pochi, ma tutti possono passare. Luca descrive con un linguaggio tipico l’universalità della salvezza: “verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio”. Dobbiamo ricordare sempre la verità: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi” (1 Tim 2,4) e per fortuna, è anche potente abbastanza per realizzare ciò che vuole (Raniero Cantalamessa).

La ‘porta stretta’ significa le circostanze in cui c’è una difficoltà molto forte, una prova, una sofferenza, e quindi anche la tentazione di rinunciare, di scoraggiarsi.
Ma l’autore della Lettera agli Ebrei afferma che la 197 prova è un motivo di speranza non di scoraggiamento. Il Signore infatti: “corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio” (Eb 14,6).
Le grazie più preziose vengono a noi proprio nei momenti di prova e di sofferenza. In essi infatti c’è una possibilità molto reale di unione con il mistero della passione di Cristo e della sua glorificazione. Perciò occorre: “rinfrancare le mani cadenti e le ginocchia infiacchite” e andare avanti con coraggio e con fiducia.
Il Signore è pieno di bontà. Il suo amore certamente è esigente perché è un amore autentico, e ogni amore autentico è esigente. Ma questa esigenza è tutta positiva e quindi è sorgente di gioia e di fiducia (Albert Vanhoye).
Paolo VI diceva che se il cristianesimo non è facile esso però rende felici. Anche il Figlio per eccellenza, Cristo, è divenuto causa di salvezza passando attraverso l’oscurità della prova (Eb 5,8). Anche la Madonna è passata per la porta stretta divenendo la correndentrice del genere umano.
In questi giorni si celebra la festa di santa Rosa da Lima che scrive: “da parte di Cristo e con parole della sua stessa bocca vi avverto che non si riceve grazia senza soffrire afflizioni”.

Gesù aveva dinanzi ebrei, discendenti del popolo eletto che lo rifiutavano, cioè rifiutavano di passare per la porta stretta, che era proprio Lui, il Messia annunciato dai profeti. I pubblicani e i pagani, al contrario, si convertivano accogliendo il Regno di Dio, che era Gesù stesso in persona. In questo modo si verifica il fatto strano che i primi ad esser chiamati rispondevano per ultimi, e coloro che ricevevano per ultimi l’annuncio del Regno sono i primi ad accoglierlo.
E Gesù illustra la sua tesi con una vivacissima parabola: la porta che conduce alla sala da pranzo è stretta e molta gente vi si accalca. Tanti che credevano di poter 198 entrare, ricevono la risposta glaciale del Cristo ripetuta ben due volte: “non vi conosco, non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori di iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti...”.
Ultimamante è stato richiamato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede: la Chiesa crede che una pena attenda per sempre il peccatore, il quale sarà privato della visione di Dio, come crede alla ripercussione di tale pena in tutto il suo essere.
Paolo VI nel suo famoso credo composto nell’Anno della Fede (1967): “sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’amore e alla misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il suo Regno non avrà fine”.
Non è Dio che condanna ma è il peccatore che con il suo rifiuto si danna; la perdizione non è tanto castigo, quanto la permanenza di quella ‘durezza di cuore’ nella quale la persona si è chiusa alla proposta salvifica.

La via dei giusti è stretta all’inizio, quando la si imbocca, ma poi diventa una via spaziosa, perché in essa si trovano speranza, gioia e pace del cuore.
Papa Giovanni: “il cristianesimo non è un complesso di fattori opprimenti, è pace, è letizia, è amore, è vita che sempre si rinnova come il segreto pulsare della natura all’inizio della primavera”.
Pio XI chiamò la devozione al Sacro Cuore la sintesi del cristianesimo e la via per perfetta conoscenza, amore e imitazione di Cristo.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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