Sap 6,12-16
1 Ts 4,13-18
Mt 25,1-13
La parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte che vanno incontro allo sposo che viene, ci ricorda “l’orizzonte escatologico, l’idea che la storia abbia una direzione, che sia incamminata verso una pienezza che va al di là di essa” (doc. CEI).
Gesù nel racconto di questa parabola si rifà alle usanze nuziali del suo tempo. Per l’introduzione della sposa nella casa dello sposo: la sposa con le sue amiche, dopo il tramonto del sole, aspettava l’arrivo dello sposo attorniato dai suoi amici; poi i due gruppi si riunivano in un corteo festoso verso la casa dove era preparato il banchetto nuziale. Gesù dice che il Regno dei cieli è simile ad una festa nuziale nel corso della quale si verifica il diverso comportamento delle vergini: cinque sono sagge e cinque stolte – saggezza e stoltezza indicano una disposizione di spirito nei riguardi di Dio e delle sue esigenze.
Le cinque vergini sagge assieme alle lampade si sono munite per tempo della riserva di olio, e le lampade accese hanno permesso loro di entrare nella festa al seguito dello sposo – mentre le vergini stolte non si sono procurate la riserva dell’olio, e le lampade che si sono spente le hanno cancellate dalla festa.
Il Vangelo di oggi parla dell’atteggiamento cristiano che si deve tenere durante il tempo di questa vita terrena: la vigilanza per la venuta del Signore, in attesa dell’incontro con Cristo.
“Annunciamo la tua morte o Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta”.
“E la Chiesa dalla risurrezione di Gesù attinge la forza per sopportare le afflizioni e difficoltà interne ed esterne – e continua a svelare al mondo il Mistero di Dio ora nell’ombra, ma che risplenderà in tutta la sua luce alla fine dei tempi – la Chiesa è in perenne tensione, con struggente nostalgia verso la “beata speranza” della venuta gloriosa del suo sposo – la Chiesa che lavora per il Regno di Dio anela al regno perfetto, e con tutte le forze spera e brama di unirsi al suo re nella gloria” (doc. CEI).
“La Chiesa nella quale siamo tutti chiamati, e nella quale possiamo farci santi avrà il suo arrivo e il suo termine nella gloria del cielo” (Concilio Vaticano II).
Nella professione di fede diciamo: “è salito al cielo, siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine”. “Verrà nellla sua gloria e nella nostra gioia” (Paolo VI). L’opera di Gesù rimarrebbe incompleta-incompiuta senza il suo ritorno glorioso.
“L’umanità vista con occhi cristiani, nonostante tutto, lievita verso Cristo, che la sovrasta con la sua volontà di salvezza, e con il suo amore, a cui nessuno e niente può sottrarsi” (doc. CEI).
Dobbiamo andare incontro con le lampade accese e portandoci l’olio: le lampade accese della fede e l’olio delle opere buone – la fede operante per mezzo della carità “affinché, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo di essere annoverati fra i beati” (doc. CEI).
Gesù ci ha avvisati non per incutere paure, ma per il gran desiderio di trovarci preparati e assicurarci la partecipazione alla sua festa eterna. Il convitto nuziale è invito di Dio alla gioia, alla sazietà dell’anima, alla intimità con Lui da godere per sempre: “gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra” (Salmo 15). Il vivere cristiano non è fatto da un insieme di confuse paure ma di inenarrabili certissime gioie (Salvatore Garofalo).
Le parabole di Gesù sono provocazioni lanciate ai propri ascoltatori perché passino da un atteggiamento superficiale, ad un atteggiamento consapevole e fedele delle esigenze del Regno. Tutto il racconto della parabola contribuisce a renderla un esempio indimenticabile di racconto evangelico, a scuotere il lettore dal torpore spirituale, dalla freddezza e dalla inazione, invitandolo ad un atteggiamento di veglia, di prontezza, di attenzione, di amore operoso ed intelligente.
Delle dieci vergini cinque sono sagge e cinque stolte. Nella Bibbia vien detto stolto per natura colui che ignora Dio, che dalle cose visibili non sa arrivare a Colui che è, che non riconosce l’artefice considerando le sue opere (Sap 13, 1).
Nel Vangelo è detto stolto chi si ferma solo alle cose della terra e non compie opere buone; è paragonato a uno che costruisce la sua casa sulla sabbia (Mt 7,24). Oggi nel Vangelo è chiamato stolto chi cammina nella vita senza portarsi l’olio per alimentare la fede. Alle vergini stolte vanno le parole di Gesù: “non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21) – altrimenti dirà: “in verità vi dico non vi conosco” (Mt 25,12).
Invece per le vergini sagge: “chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile all’uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 7,24). Ci vuole una fede che è diventata sapienza di vita. L’attesa perseverante della venuta del Signore si riflette nella ricerca costante della sapienza. La sapienza è un dono di Dio che viene incontro agli uomini, li cerca e li previene. Ma bisogna amarla e cercarla a nostra volta; bisogna evitare ogni pigrizia e alzarsi presto la mattina per trovarla seduta alla porta di casa (Sap 6,14). “Dio ama colui che abita con la sapienza” (Sap 7,28).
La Madonna è l’esempio della vergine saggia: tutta la sua vita fu un pellegrinaggio nella fede – passo passo con la forza della fede.
I santi erano attenti a procurarsi la riserva dell’olio, capaci di tenere sempre viva nei loro cuori la fiamma dell’amore. Beata Elisabetta della Trinità: “ho così fame di Lui! Egli scava abissi nella mia anima, abissi che Lui solo può riempire”.
Santa Teresa de los Andes era così unita al Signore che diceva che non poteva desiderare di più in questa vita fuorché poi la visione beatifica in cielo.
Santa Teresina a quattro anni vedendo che la sua mamma, ormai vicina alla morte, rifiutava ogni cibo: “Oh la mia mamma non doveva che saziarsi della gloria di Dio in cielo, e là bere quel misterioso vino di cui parla Gesù nell’ultima cena, e dice che ne berremo con Lui nel Regno di suo Padre”. E quando ebbe, proprio un venerdì santo, lo sbocco di sangue, presagì la sua fine, ma la sua anima fu piena di una consolazione grande perché ciò le annunciava l’arrivo dello sposo.
La vita è una vigilia, poi ci sarà la festa.
“La risurrezione fa della storia umana lo spazio dell’incontro possibile con la grazia di Dio, con quell’amore gratuito che fin dall’inizio ha creato l’uomo per vivere in comunione con lui e donargli la vita eterna” (doc. CEI).