NATALE DEL SIGNORE

Pubblicato in Domenica Missionaria

SNTNAT

Il mistero della Notte Santa

Is 52,7-10

 

Eb 1,1-6

Gv 1,1-18

 

San Francesco chiamava il Natale “la festa delle feste”. “Ho sempre pensato, e forse è un azzardo, che il mistero dell’Incarnazione sia più grande di quello della Risurrezione. perché un Dio che si fa bambino, e poi ragazzo... e poi uomo, quando muore non può che risorgere” (Edith Stein).

Le circostanze in cui Gesù venne alla luce sono connesse con la storia e il costume del suo paese e del suo tempo. L’imperatore Augusto aveva comandato il censimento di tutta la terra, e secondo il costume orientale bisognava andare a iscriversi nella località di origine della propria tribù e famiglia. Fu così che Giuseppe sposo di Maria dovette fare un viaggio di circa centocinquanta chilometri per portarsi da Nazareth di Galilea a Betlemme di Giudea dove aveva avuto i natali il Re Davide, alla cui discendenza Giuseppe apparteneva (senza saperlo, Augusto collabora con il piano della salvezza – ecco come i poteri mondiali siano al servizio del progetto di Dio).

Betlemme era molto affollata in quei giorni di censimento e Giuseppe e Maria non trovarono posto nell’unico albergo del luogo, né conveniva cercare ospitalità presso casa privata che era costituita di un solo ambiente dove dormivano i componenti della famiglia in compagnia di animali domestici. Fuori del paese, nel tenero calcare delle colline c’erano delle grotte, in una di queste

nella notte silenziosa fitta di stelle, nacque Gesù. Nella grotta c’é il Bambino che è nato, c’è Maria sua madre e vicino a Lei san Giuseppe; ci sono pure i pastori chiamati dall’angelo, ci sono anche degli animali, perché quella grotta è la loro stalla.

Il Bambino è povero, è adagiato in una mangiatoia e avvolto in panni “colui che non si può vedere, sentire, toccare, ecco è nel giaciglio stretto da fasce – chi riflette a queste cose, indegne di un Dio, sentirà tanto più di essere amato, proprio perché sono in contrasto con la grandezza divina” (sant’Ilario di Poitier).

Questo Bambino è debole, fragile come tutti i neonati, però con gli occhi della fede, sappiamo che questo Bambino è la seconda persona della Santissima Trinità – questo Bambino racchiude in sé tutto il mondo divino e tutto il mondo delle creature – il cielo e la terra sono sua proprietà e tutto in Lui sussiste – questo Bambino è il Messia promesso da Adamo e tutto l’Antico Testamento era in attesa di Lui.

L’imperatore Augusto comandava il mondo e ordinava il censimento di tutta la terra, nella capanna di Betlemme nell’umiltà e povertà nasceva il vero Signore del mondo. Il mondo era ignaro del grande avvenimento, in cielo insieme all’angelo che svegliò i pastori si unì una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio dicendo “gloria a Dio nel più alto dei Cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama”.

 

“È proprio dell’amore discendere, abbassarsi verso le persone che si amano” (santa Teresina). “Per noi uomini e per nostra salvezza discese dal cielo”: il Bambino Gesù è l’amore di Dio per noi, amore portato all’incredibile, all’infinito; la stupenda rivelazione la faceva Lui stesso a quell’onesto ricercatore della verità, Nicodemo, “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio Unigenito” (Gv 3,16).

 

“Quale prova migliore della sua bontà poteva dare se non assumendo la mia carne? Proprio la mia, non la carne che Adamo ebbe prima della colpa; nulla mostra maggiormente la sua misericordia che l’avere Egli assunto la nostra stessa miseria; Signore, chi è quest’uomo, perché ti curi di lui e a lui rivolga la tua attenzione?” (Sal 8 - Eb 2,6). Da questo sappia l’uomo quanto Dio si curi di lui, e conosca che cosa pensi e senta nei suoi riguardi” (san Bernardo).

Bossuet dice “l’umana ragione si domanda perché Dio è venuto sulla terra, io rispondo: è venuto per essere amato dagli uomini”. San Bernardo dice “Dio è così grande che bisogna adorarlo, ma Lui si è fatto piccolo, così piccolo sicché noi potessimo amarlo”. “Dio Bambino per me” (don Francesco Paleari).

 

Gesù Bambino dà una dignità inestimabile alla nostra natura umana: Dio vero si è fatto vero uomo. Lui che non si può vedere come Dio, si è fatto visibile come uomo. Si aspettava il Messia e si diceva quasi “chissà come sarà” ma poi visto che si è fatto simile a noi, ecco che l’uomo si è accorto del suo grande valore e significato. Dio ha così fatto suo nuovamente questo mondo uscito dalle sue mani; ha fatto sua la vita, la sofferenza, il lavoro, il sudore della fronte e il nutrimento; ha fatto suo non solo ciò che era da Lui, ma anche ciò che era dall’uomo e dal peccato dell’uomo. “O Dio che in modo mirabile creasti la natura umana e più mirabilmente ancora l’hai riformata”.

 

Il Verbo Incarnato è latore e protagonista di una offerta suprema e definitiva: il potere dato agli uomini di diventare figli di Dio mediante una nuova nascita opera dello Spirito Santo: “a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere d’uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,12). “In seguito a questa mirabile partecipazione alla nostra natura rifulse per noi il sacramento della rigenerazione, perché, in virtù dello stesso Spirito da cui fu generato e nacque Cristo, anche noi, che siamo nati dalla concupiscenza della carne, nascessimo di nuovo di nascita spirituale” (san Leone Magno).

Ci ha dato il potere di diventare figli di Dio come partecipazione della sua figliolanza divina (figli nel Figlio). Si è fatto partecipe della nostra natura umana per far noi consorti della sua natura divina “pensate – scrive san Giovanni – quale amore ha avuto Dio per noi, non solo di chiamarci figli ma di renderci tali” (Gv 3,1). Con la creazione ci ha fatti a sua immagine e somiglianza – con la redenzione ci ha fatti suoi figli adottivi a somiglianza di suo Figlio Gesù.

Chi lo accoglie con fede nella propria vita è introdotto in una misteriosa e reale comunione con Dio, e chi dimostra nel travaglio di ogni giorno la gioia, la gloria e l’efficacia trasformante della sua figliolanza divina dà al mistero dell’amore di Dio una testimonianza sincera.

 

“Ci farà tutti ricchi”. “Ringrazio continuamente il mio Dio a motivo della grazia data in Cristo Gesù” (1 Cor 1,4). Paolo vede questa grazia come una ricchezza per cui chi la possiede non manca di nulla. Alle volte i vuoti che sentiamo, le delusioni che ci intristiscono, sono causate dalla disistima o mancanza di gusto per la “grazia” offerta in Cristo, che riteniamo un bene astratto, lontano, generico. Chiediamo con insistenza altro dopo che Dio ci ha dato tutto.

Con Natale è finita la distanza fra Dio e l’uomo; e Dio, rivestito della nostra carne, d’ora innanzi lo potremo incontrare in tutte le nostre strade.

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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