IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Pubblicato in Domenica Missionaria

beatitudini1

Il Cammino delle Beatitudini

Sof 2,3 3,12-13

1 Cor 1,26-3

Mt 5,1-12

 

Secondo un’antica tradizione da un pendio di una collina sovrastante Cafarnao Gesù proclama il cosiddetto “Discorso della montagna” il cui nucleo centrale sono le beatitudini di cui ci parla il Vangelo odierno. Non si tratta di una serie di precetti ma di una proclamazione di beatitudini – questo rivela il cuore di Gesù che ci vuole beati e ci mostra la via della vera felicità.

Gesù vuole mostrarci che la vera felicità non si trova là dove il mondo la cerca, ma si trova nella nostra relazione intima con Dio, relazione che spesso viene ostacolata proprio dalla ricerca delle ricchezze, dei piaceri e del potere. Gesù nel proclamare le beatitudini prende le mosse da lontano: le beatitudini infatti affondano le loro radici nella rivelazione dell’Antico Testamento, specialmente nel messaggio dei Profeti e del Salmi.

Nella prima lettura ascoltiamo il profeta Sofonia che fa il ritratto spirituale degli Anawim: i poveri di Dio sono gli umili, i piccoli, i senza voce che cercano il Signore, obbediscono al suo volere, si fidano di Lui. Nel disegno di Dio gli Anawin formano un popolo all’interno del popolo eletto, sono quel “resto di Israele” che è rimasto fedele a Dio e dal quale nascerà il Messia (la Chiesa è popolo di Dio nella misura in cui è un popolo di poveri) – la Madonna primeggia tra gli umili e i poveri di spirito che con fiducia aspettano dal Signore la salvezza (le Beatitudini riecheggiano nella gioia del Magnificat). A Banneux la Madonna si è chiamata “io sono la Vergine dei poveri”.

Di san Paolo san Giovanni Crisostomo dice: battuto ovunque con verghe, colpito da ingiurie e da insulti, si comporta come se celebrasse trionfi gloriosi o elevasse in alto trofei. Gradiva di più l’altrui freddezza e le ingiurie che l’onore di cui invece noi siamo così avidi. Preferiva essere l’ultimo di tutti, anzi un condannato però con l’amore di Cristo, piuttosto che trovarsi fra i più grandi e i potenti del mondo ma privo di quel tesoro”.

Anche san Francesco d’Assisi è un povero di spirito, ma così ricco di sapienza e di forza divina – “fra Leone se adesso tornando a casa non siamo più ricevuti ma buttati fuori e percossi, scrivi: qui c’è perfetta letizia”.

Padre Davide Turoldo “tempo è di tornare poveri, per ritrovare il sapore del pane, per reggere alla luce del sole, per varcare sereni la notte e cantare la sete della cerva”.

 

Matteo scrive che quando Gesù si siede sul monte ad insegnare: “i suoi discepoli gli si avvicinarono e aperta la sua bocca li ammaestrava dicendo...” – perché per Matteo “la bocca parla della pienezza del cuore” (Mt 12,34), Gesù nelle Beatitudini racconta allora la profonda esperienza del suo cuore, di quel cuore che conosce l’amore del Padre e ne comunica il mistero ai suoi amici. Solo guardando la vita così, cioè nell’ottica con cui Dio guarda il povero, il piccolo e il sofferente, il credente scopre che nonostante tutto e magari proprio attraverso queste deficienze, Dio è colui che si fa vicino all’umanità. È questa la beatitudine che Gesù annuncia. Specialmente Gesù ha vissuto le beatitudini: Lui povero di spirito, mite e umile di cuore, misericordioso, puro di cuore, re della pace, ed è morto sulla croce dove non c’era nessun pregio e nessun sostegno secondo la carne umana. In Lui una beatitudine rivela il suo compiuto significato – in Lui le beatitudini diventano concretamente visibili e ci fanno conoscere il Padre. In Gesù si è visto che Dio è un Dio povero in spirito, gode nel donarsi – è un Dio mite che ha un cuore grande nel perdonare – è un Dio che per amore è pronto a soffrire – quindi le beatitudini iscritte nell’umanità di Gesù ci portano ad intuire non soltanto la vera immagine di Dio, ma anche la misura ideale dell’uomo. Pascal diceva: fuori di Gesù non possiamo conoscere né chi è Dio, né chi è l’uomo.

 

C’è la legge naturale, scritta in tutte le creature; Dio vuole che la si segua. Le creature irrazionali la seguono senza saperlo, senza la libertà di poter scegliere, spinte istintivamente: come in cielo le stelle seguono il loro corso, il sole illumina di giorno, la luna di notte, la terra continua il suo avvicendarsi in giorni, mesi, anni; invece l’uomo può riconoscere la legge naturale messa nelle creature e deve rispettarla – se uno non la rispetta offende Dio e deturpa l’opera delle sue mani.

Poi c’è la legge rivelata, quella rivelata da Dio a Mosé sul monte Sinai e scritta sulle tavole della legge. Dio parlandoci ha specificato più chiaramente quello che era già scritto nel nostro cuore, e ci ha detto apertamente come vuol essere amato. Ma poi venne Gesù a completare e perfezionare – ha tolto i limiti, ha aperto orizzonti infiniti al bene, bene riguardante tutto l’uomo: pensieri, parole ed opere – le beatitudini diventano così il perfezionamento del decalogo mosaico.

Alfredo Maranzini: “il Regno di Dio è più prezioso di tutto ciò che può sembrare pregiato. Esso è promesso ai “poveri di spirito” che affrontano stenti e privazioni confidando in Dio. Esso è per gli “afflitti” consolazione senza fine – per i “miti” possesso della terra promessa –Êper gli “affamati e assetati di giustizia” pieno riconoscimento – per i “misericordiosi” amore traboc152 cante di Dio – per i “puri di cuore” rivelazione di Dio, pienezza di verità e di gloria – per i “pacifici” ammissione all’intimità di Dio – per i “perseguitati a causa della giustizia” sicurezza eterna – per quanti subiscono ogni insulto “a causa del nome di Cristo” gioia di trascendente densità”.

 

Vediamo Gesù su un pendio di una collina sovrastante Cafarnao. Si sedette e incominciò a parlare ai suoi apostoli e a molta gente che lo circondava, la sua voce scese come una dolce musica nel loro cuore. A sentir quelle parole si sentirono sollevati e resi improvvisamente più santi. Ormai non c’era più da temere la povertà, né il dolore, né il disprezzo; i sentimenti di odio si cambiarono in pensieri di gioia; si videro più buoni senza più alcuna invidia; si trovarono in pace senza più alcuna cattiveria; la gioia traspariva sui loro occhi e il sorriso sul loro volto. Fino allora si pensava fortunato chi possedeva ricchezze e onori, ora la gente si trovò anch’essa tra i fortunati e felici – e Gesù concluse “rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.

Ci è promessa la beatitudine nell’aldilà dove non ci sarà più tristezza. Gesù dice che anche nella povertà ci può essere ricchezza, anche nel dolore ci può essere la gioia, e anche nella fame la speranza di essere saziati; non ci sono più situazioni maledette, né uomini destinati alla disperazione. Gesù è venuto a portare la buona novella ai poveri, la gioia agli afflitti, la libertà ai prigionieri. L’uomo cerca la felicità, non quella limitata ma quella senza confini, quella con tutte le lettere maiuscole: Gesù insegna la felicità che si ha nella conquista di “valori” che non sono quelli esaltati dal mondo (II lettura).

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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