Celebrare la Pasqua quando i giovani continuano a morire

La linea, il trasporto fluviale nei fiumi amazzonici della Colombia La linea, il trasporto fluviale nei fiumi amazzonici della Colombia Angelo Casadei
Pubblicato in I missionari dicono

Carissimi amici, sono passati ormai due anni dall’inizio della pandemia e stiamo imparando a convivere con questa situazione. Riesco finalmente oggi a ritagliare del tempo per raccontarvi un pezzo di vita della mia parrocchia in questi mesi del nuovo anno. Dopo la paura iniziale per il Covid 19, in questo ultimo periodo qui a Solano la vita è ritornata quasi alla normalità. In Colombia la distribuzione dei vaccini è iniziata dalle zone periferiche e ai confini con altri Paesi come Perù ed Ecuador, quindi possiamo dire che siamo stati privilegiati essendo stati tra i primi ad essere vaccinati.

La situazione socio-politica in Colombia è sempre più complicata nonostante l’accordo di pace avvenuto nel novembre 2016 tra il Governo del presidente Santos e le Farc (Guerriglia, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Molti hanno lasciato le armi, grazie a programmi di reinserzione dello Stato, e si sono inseriti nella vita civile, altri hanno deciso di continuare la lotta armata ed è sorta la “disidencia” (dissidenza), e altri ancora, dopo essere ritornati alla vita civile, delusi dal mancato compimento delle promesse dello Stato, sono ritornati alle armi.

Il 28 gennaio e 8 febbraio ho accompagnato 3 giovani di Solano, uno a San Vicente del Caguán per un discernimento vocazionale, altri due a Florencia, il capoluogo della regione, al seminario diocesano. Appena arrivo in canonica al mio rientro da Florencia, ricevo una chiamata: “Padre è tutto pronto”. Mi reco al “Club Juvenil” punto d’incontro per le varie attività dei giovani costruito da padre Giuseppe Svanera, senza sapere il motivo della mia presenza e quando entro trovo davanti a me tre bare: erano tre giovani fratelli che sono stati assassinati.

Viviamo in un territorio dove per sopravvivere si coltiva la pianta di coca da cui poi verrà estratta la pasta basica per produrre la cocaina e quindi la violenza è fortissima. I corpi sono posti sopra tavole di legno sostenute da casse vuote di birra. Attorno si brucia caffè, che viene sparso anche sulle bare, per cercare di coprire l’intenso odore dovuto alla decomposizione dei corpi.  Un altro giovane che è stato testimone racconta della brutalità che hanno subito: legati e uccisi con vari colpi alla testa e al torace da un gruppo di trafficanti di droga che si fa chiamare cartello di Sinaloa. Tutto risale al 5 febbraio. 

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I primi a parlare con me sono i padrini di battesimo di due dei tre giovani assassinati: sono molto addolorati e mi dicono che il papà sta sbrigando le pratiche con la giustizia. Hanno preso seriamente il loro impegno di padrini e sono una chiara testimonianza di fede per la gente del paese e li ringrazio. Poi mi presentano i genitori. La mamma la conoscevo già perché avevo cercato di aiutarla comprandole alcuni prodotti che vendeva; vive separata dal marito e fa parte della setta “Iglesia Evangelica Pentecostal”. Il papà si chiama Pedro e desidera la Messa cantata. Chiedo la collaborazione di una signora della parrocchia e celebriamo il funerale in un ambiente militarizzato, dominato dalla paura e dalla tristezza.

Durante l’omelia denuncio gli autori anonomi di questo assassinio. Ricordo che non esiste nessun motivo per recidere la vita di qualsiasi persona perché Dio dona la vita, non la toglie. Li invito a pentirsi di questo gesto e a non continuare con queste stragi che stanno colpendo molto duramente il nostro territorio, soprattutto i giovani.  Alla fine della messa le tre salme sono caricate su tre veicoli e portate al cimitero in processione; accompagno il corteo con la recita del rosario, benedico la tomba e durante la sepoltura alcuni giovani riproducono una tipica musica colombiana, il “Vallenato”, e in questo modo esprimono la disperazione che stanno vivendo.

Nel pomeriggio viene il papà dei tre giovani. È originario della provincia di Antioquia, molto lontana da qua, e ha lasciato la sua terra 36 anni fa in cerca di fortuna. Nel suo girovagare è stato nella regione del fiume Caguán a Remolino dove ha conosciuto il padre Giacinto Franzoi; ora si trova nel Yurilla, dove è proprietario di un piccolo negozio di alimentari e vende benzina. I figli vivevano in un villaggio più all’interno della foresta e quando riceve la notizia della loro morte, trattando di vincere il dolore, si incarica di coordinare il tutto per portare le salme a Solano. Chiede appoggio alle forze dell’ordine che gli danno protezione ma allo stesso tempo gli consigliano di non ritornare da dove è venuto perché è a rischio la sua vita. 

Gli chiedo: “Perché li hanno uccisi?”, e lui ripete all’infinito: “Erano buoni ragazzi, non hanno fatto del male a nessuno. Io non posso lavorare perché sono anziano. Spesso andavo da loro e si chiacchierava e rideva, o loro venivano da me. Abbiamo passato momenti molto belli di amicizia, fraternità di gioia grande. Non mi spiego il perché.” Poi prosegue nel suo racconto: “Sono stato interrogato dall’esercito per più di due ore ripetendo che non abbiamo mai collaborato con nessun gruppo. Ho detto loro che quando venivano i guerriglieri mi chiedevano di trasportarli con la mia imbarcazione. Non potevo oppormi e così consegnavo loro le chiavi e la benzina ma non ho mai guidato io la canoa. Loro la usavano e me la riportavano; chiedevano cibo e compravano la benzina. 

Anche se ho consegnato all'esercito le coordinate dove poterli, loro non hanno mai fatto nulla e sono quì da più di un anno: stanno solo a guardare. L'anno scorso avevo anche denunciato che, quando era stato ucciso un dissidente delle Farc, vi era stata una grande mobilitazione militare con barche ed elicotteri che aveva raggiunto il mio villaggio. In quel momento erano presenti almeno 80 uomini del cartello di Sinaloa ma l’esercito ha sparato sulle imbarcazioni dove c'erano i contadini. Sono arrivato alla conclusione che ci deve essere una alleanza tra l’esercito e il cartello di Sinaloa e che forse questo gruppo è stato creato dallo stesso Esercito con ex combattenti della Farc per combattere la dissidenza".

Dopo qualche giorno dal funerale il signor Pedro viene a chiedermi il Certificato di sepoltura dei suoi tre figli perché vuole denunciare lo Stato. È intenzionato ad andare a Bogotá per parlare con i mezzi di comunicazione a livello nazione ed internazionale. È arrabbiato e triste. Mi dice: “Non voglio che muoiano altri giovani, molti ne sono stati già uccisi. Dobbiamo fermare questa strage. Oggi la barca di linea portava più di 100 persone che scappavano dal territorio dopo che hanno visto trucidare i miei tre figli senza alcun motivo". Lo avviso che oggi passerà a Solano la Croce Rossa Internazionale e che sarebbe importante mettersi in contatto con loro perché appoggiano questi casi di violazione dei diritti umani. 

Vedo che si fa sempre più urgente un lavoro con gli adolescenti e i giovani. Già in parrocchia. lo stiamo attuando non solo con attività religiose di catechismo e con gruppi giovanili ma con una presenza a tappeto nelle varie scuole e collegi del territorio dove operiamo, attraverso un accompagnamento di formazione sul progetto di vita e sui valori in cui credere e costruire il proprio futuro. Approfitto per ringraziare le varie Associazioni e persone che hanno collaborato in questi anni nell’appoggio economico delle varie attività realizzate nella parrocchia e a livello del Vicariato Apostolico di Puerto Leguizamo-Solano. Qualche frutto lo abbiamo visto in giovani che si sono inseriti nella società come leaders. A livello ecclesiastico abbiamo quattro giovani nel seminario.

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Da quando sono arrivato il 3 dicembre del 2017 abbiamo diviso questo immenso territorio in tre parrocchie e come zona ci troviamo una volta al mese qui nella parrocchia madre. Siamo un bel gruppo: tre sacerdoti, sette suore, due seminaristi e una laica Missionaria della Consolata. Un gruppo di missionari/e molto giovani che guidati dalla forza dello Spirito del Signore vogliamo accompagnare i vari popoli che vivono in questo territorio Amazzonico minacciato dalla violenza e dalla distruzione per interessi di potere e di soldi. Grazie per la vostra vicinanza, sempre vi ricordo nell’Eucaristia che sta al centro della mia giornata e della mia vita. Il Beato Giuseppe Allamano e nostra madre la Consolata siano di appoggio nel nostro cammino missionario per le strade del mondo. 

* P. Angelo Casadei è missionario a Solano (Colombia)

 

Ultima modifica il Lunedì, 16 Maggio 2022 14:26

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