Storia di una amicizia speciale, Francesco Cappelli

Padre Francesco Giuliani nella sua attuale comunità in Marocco Padre Francesco Giuliani nella sua attuale comunità in Marocco Francesco Giuliani
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Padre Francesco Giuliani, Missionario della Consolata in Marocco, ci offre il ricordo dell’amicizia che lo aveva legato a Francesco Cappelli, scomparso due anni fa. Uomo che ha dedicato tutta la sua vita all’educazione, fu preside in varie scuole di Milano, formatore di insegnanti nelle zone milanesi e alla fine anche assessore alla cultura del comune di Milano. Padre Francesco l’aveva conosciuto nell’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano, che frequentava, quando si era organizzato il primo sciopero all’università che fu uno scandalo prima di tutto per la Chiesa dell'epoca. In quell'occasione si chiedeva la diminuzione dei costi della retta affinché i giovani più poveri, soprattutto provenienti dal sud Italia, potessero anche loro avere una educazione di prima qualità. Erano gli anni fortemente impregnati di sociale, inspirati ai movimenti del ’68, che a modo loro arricchirono anche la vita e l’impegno della chiesa a favore dei più poveri.

Ci sono persone che mi porto dentro come boccioli e che lascio sbocciare" (Etty Hillesum).

Occorrerebbero davvero parole intime come queste, trovate nel silenzio, per poter descrivere ciò che mi lega al mio grande Amico Francesco. 

Ora che il mistero della morte ci separa, adesso che il “chicco di grano è caduto”, i frutti sono i ricordi, come pagliuzze luminose nel buio, illuminano un tempo Altro rispetto all’ordinario, un tempo che sa di eterno, scorre in una linea sottile, inafferrabile alla parola della logica, ma che impasta indissolubilmente tutta la mia vita, fino a fondarla in quello che è stata ed è tutt’ora.

Ricordare è come guardarmi allo specchio, è l’immagine invisibile agli occhi quella più preziosa, perché vive ancora, tra quello che è stato e ciò che ancora mi muove, e ora che Francesco non c’è più, io che per ironia del destino porto il suo stesso nome, mi accorgo che ciò che abbiamo fatto insieme è ciò che io sono tutt’ora, mentre il suo silenzio, il confine estremo che ora ci divide, è lo stesso mistero straordinario che ancora illumina la mia storia.

E allora, per rendere omaggio a Francesco non posso fare altro con voi che osservare queste pagliuzze luminose che sono i ricordi di una vita insieme, confidando che il senso profondo emerga da ciò che lungo quella luce non riesco a dire. 

L’incontro con Francesco, il più prezioso della mia vita, avviene cinquant’anni fa, lungo la comune ricerca, mi accorgo ora, di vita autentica. Ero stato destinato, come seminarista dei Missionari della Consolata a studiare filosofia e teologia a Milano, con altri confratelli dimoravamo nelle soffitte della Parrocchia del Rosario. L’Amicizia con Francesco nasce nel novembre del 1969.  A Milano si era in piena contestazione studentesca. I valori che ci animavano erano quelli della partecipazione ,dell’amicizia della comunione della fraternità della giustizia, del servizio.

Nella Parrocchia del Rosario era stato istituito un gruppo giovanile che aveva lo scopo di riunire i giovani della zona e dar loro modo di fare amicizia e partecipare ad eventi ed iniziative formative sociali, culturali, sportive. Incominciai a frequentare i loro incontri e l’animatore era Francesco, entusiasta e dinamico nel proporre attività spesso controcorrente, così che i sacerdoti capitava che lo richiamassero perché Lui si metteva fuori dall’ordine prestabilito dai programmi parrocchiali. I giovani lo seguivano e il suo entusiasmo era contagioso e contagiò subito anche me. Iniziammo a condividere ciò che ci sembrava bello e importante per dare un senso alla nostra vita di studenti. Io gli parlavo delle popolazioni povere del terzo mondo da aiutare e lui mi incoraggiava a vedere i bisogni urgenti che la società milanese aveva in quel periodo. 

Trascorrevamo la maggior parte del tempo con i ragazzi dell'oratorio, giocando con loro a pallone, aiutandoli, all'occorrenza, a fare i compiti ed affiancandoli nella partecipazione alla Santa Messa. In estate, accompagnavamo il gruppo in una Baita della Parrocchia, in montagna, per un'esperienza di vacanza. La sua apertura verso gli altri, la sua capacità di ascolto, il suo sorriso sempre pronto, fecero sì che la nostra amicizia diventasse sempre più profonda e arricchente, un tempo eletto e dolce era quello passato per molte ore della giornata assieme, semplicemente discutendo, programmando, sognando.

Oltre alle riunioni parrocchiali, ci trovavamo, con altri amici della nostra età, a piccoli gruppi, ora a casa dell'uno ora dell'altro e, ispirati da una lettura comune del Vangelo, condividevamo pensieri ed esperienze, spesso “mettendo al mondo l’inconcepibile”.

Francesco, che annualmente partecipava ad incontri nel Convento di Camaldoli, mi ha fatto conoscere tanti importanti amici che vi aveva incontrato, provenienti da varie città d'Italia e, forte del fatto che “gli amici dei miei amici sono miei amici”, motto nel quale entrambi credevamo, si creò una condivisione ancora più allargata. 

Dato che non era sempre facile incontrarci in altre città, abbiamo fatto sì che inizialmente i fratelli di Camaldoli conoscessero gli amici di Milano e che poi comunicassero tra loro avviando un fitto scambio di corrispondenza. Quando ci incontravamo, a casa dei comuni amici, ciascuno portava le lettere ricevute che leggevamo assieme, approfondendo la reciproca conoscenza.

Ad entrambi noi Franceschi non mancava quel pizzico di follia che ci portava, tra l'altro, a fare viaggi toccata e fuga in altre città, per incontrarci con gli altri gruppi che ormai facevano parte del nostro “gruppo allargato”. Come la volta che  siamo andati in Romagna e al ritorno abbiamo letteralmente “rapito” il parroco di Montecastello, Don Giovanni, un amico altrettanto colpito da sana follia, compagno d'infanzia, che così ha potuto conoscere il gruppo di Milano. Ci sentivamo tutti fratelli nel ricercare ii valori della giustizia, della fraternità che si declinavano in ciò che ci sembrava più importante, condividere le esperienze dell’ascolto e dell’accoglienza. Abbiamo anche pubblicato un prezioso documento “Shalom” che conteneva il verbale di tutti gli incontri di preghiera e scambio di esperienze. Io ed il mio omonimo facevamo da collante tra le varie comunità con le quali, in seguito, abbiamo condiviso altre favolose ed arricchenti esperienze. Ciò che ci entusiasmava era che gli amici provenivano da tutt’Italia (Milano, Mestre, Venezia, Cesena, Firenze )

L’ esperienze di Monte S. Savino

Un giorno conoscemmo un prete anticonformista, Don Silvano, che aveva la parrocchia in una piccola cittadina dell’Aretino, Monte San Savino.

Questo prete, in estate, raggruppava i bambini e i ragazzi, figli dei contadini della zona che i genitori faticavano ad accudire, a causa del loro lavoro, e li ospitava in una colonia ai margini di un meraviglioso bosco, aiutato da alcuni volonterosi ragazzi e ragazze del posto.

Durante uno dei nostri incontri, a Milano, leggemmo una sua lettera che ci proponeva di organizzare un campo di lavoro, in quella località montana, durante il quale le ragazze si sarebbero potute occupare di stare coi bambini della colonia ed organizzare il loro tempo libero mentre i ragazzi avrebbero dato una mano, pala e piccone alla mano, a mettere le fondamenta di quello che sarebbe diventato un ospizio per i vecchi della zona.

Naturalmente accettammo con entusiasmo e, coinvolgendo anche Don Giovanni di Montecastello ed Annamaria di Asti, partimmo in poco più di una dozzina e potemmo vivere una nuova bellissima esperienza.

L’esperienza del del CID (Centro Italiano Donna) con Maria Grazia e Giovanna 

Al termine di ogni riunione pastorale della parrocchia noi giovani ci incontravamo davanti alla chiesa per continuare i nostri discorsi animati da sogni apparentemente impossibili, ma alla portata di mano (non c’erano ancora i cellulari e quindi si…chiacchierava molto).

Una sera si avvicinano al nostro gruppetto due ragazze che si presentano con un appello urgente, avevano bisogno di aiuto nel suo servizio per il recupero delle prostitute di Milano che vogliono uscire dal giro. Bastò uno sguardo d’intesa, ed Io e Francesco capimmo all’istante di sentire dentro di noi il desiderio comune di aiutarle. Sono Maria Grazia e Giovanna con le quali iniziamo a collaborare nel loro servizio. Dalla Parrocchia dove tutto è nato usciamo per farci amici di coloro che hanno più bisogno nella città (Mi piace citare Papa Francesco che oggi dice ai cristiani:’’ Uscite dalle parrocchie e andate verso gli esclusi, gli emarginati i migranti…).

Si instaura una grande Amicizia  con Maria Grazia e Giovanna che è durata sempre, anche quando la situazione cambiò perché la vita continua e si trasforma, ma i valori restano e si approfondiscono. Giovanna nel 1973 realizza la sua vocazione che da anni approfondiva nel silenzio del suo cuore, diventa Suora Carmelitana ed entra nel Carmelo di Ferrara, per partire dopo qualche anno in Camerun a fondare un nuovo Carmelo. Io termino gli studi, sono ordinato Prete Missionario e parto in Missione nella foresta del Congo. Maria Grazia e Francesco decidono di condividere non solo i valori ma anche la vita. Ci si separa ma l’Amicizia si rafforza, trasuda nella copiosa e ardente corrispondenza di quegli anni.

Ogni volta che rientro dall’Africa, la prima visita la faccio sempre a Milano, trovo Maria Grazia e Francesco nel loro nido luminoso, con due bellissime figlie e grande emozione: da allora diventa la mia bella famiglia. Dopo mesi faccio un viaggio in Camerun a incontrare Giovanna che è Badessa di una comunità di 9 suore. Questo legame tra noi quattro mi ha sempre sorretto nei momenti difficili della mia vita.

Ed è Francesco a tirare sempre le fila per sentirci un cuor solo e un anima sola, nelle gioie e nelle difficoltà.

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Una foto di tanti anni fa... Francesco Cappelli e padre Francesco Giuliani (a destra)

Vita a Re

L’esperienza che unificò tutti i nostri sforzi di comunione e fraternità fu l’aver trovato un luogo meraviglioso, una cascina abbandonata da diversi anni, di proprietà di mio fratello Cesare che mi dette il permesso di poterne disporre per raggruppare, in diversi periodi dell'anno (Pasqua, estate ed altri eventuali giorni), i numerosi amici che desideravamo incontrare. E’ a  Re che abbiamo indubbiamente vissuto momenti significativi e straordinari della nostra vita.

Ricordo che durante un primo giro di sondaggio, scattai alcune foto che ho poi mostrato prima a Francesco e poi anche agli altri. Bastarono quelle poche immagini a rinsaldare l’entusiasmo di questa nuova avventura. Il posto si chiamava “Cà Re”, situato ai margini di un fitto bosco, in mezzo a vigneti e distese erbose, in una natura incontaminata.

Tutti i frequentatori che si sono succeduti negli anni, si sono inevitabilmente innamorati: per l’atmosfera irreale, la vicinanza degli animaletti del bosco, la pace che vi regnava e il cielo che specialmente nelle notti di plenilunio sembrava di poter raggiungere non soltanto con il cuore. Ed è proprio sotto la grande quercia che abbiamo trascorso le notti più belle, l’animo  

ispirato alla gioia più grande nel sentirci vivi in comunione di spirito, dove le parole ad un certo punto si facevano inutili e il silenzio risuonava forte, salendo verso il cielo illuminato dalla luna che pareva bagnata dal nostro stesso stupore.

Re è diventata così la “nostra” casa, il cento degli affetti più cari, battezzata con tanti nomi quanti ne sono stati i frequentatori, e ognuno di questi rendeva la calda atmosfera di un sogno che si era fatto esperienza concreta, un luogo di comunione autentica.

Dai primi lavori che rendevano appena la casa abitabile per poter accogliere una quindicina di persone, nel tempo, grazie a Francesco che ancor più degli altri ha amato e si è preso cura di questo luogo, sono state apportate continue migliorie, tanto che, dopo mezzo secolo di frequentazione, le figlie di Francesco hanno fatta diventare “Re”  una ‘’reggia’’, perché Re meritava di continuare ad essere luogo di incontro Amicizia e Fraternità.

E così, noi due Franceschi, un po'sognatori, forti del profondo legame di amicizia che ci ha sempre uniti e continua ad unirci  - perché l’Amicizia come l’Amore non muore ma Risorge tutte le volte che il cuore si dilata nell’accogliere gioiosamente l’altro come fratello –  chissà se abbiamo fatto comprendere ad altri, con la testimonianza di un cammino di vita, che l’AMICIZIA vera è possibile e quando la si trova la si può conservare soltanto  donandola? Noi lo speriamo, vero Francesco!

La vera amicizia resiste al tempo, alla distanza e al silenzio. (Isabel Allende). Padre Francesco, amico di sempre e per sempre di Francesco.

Last modified on Saturday, 09 April 2022 11:42

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