Dal sonno della tristezza alla gioia dell’ascolto

Pubblicato in Preghiera missionaria
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ASCOLTA

Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".

Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell'uomo?". Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada?". E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: "Lasciate! Basta così!". E, toccandogli l'orecchio, lo guarì. (Lc 22,39-51)

RIFLETTI

La notte del Getsemani è tutt’altro che gioiosa. C’è piuttosto la confusione, il turbamento, l’intensità e la tristezza dell’Uomo – e dell’uomo di ogni tempo – condotto alla morte. Gesù è già in agonia (affronta un agone, una lotta) e si affida al Padre, mentre i discepoli, immagine dell’umanità incapace di vigilare nella prova, dormono nella tristezza. Un angelo – come nota solamente Luca – conforta Gesù, abbandonato da tutti gli amici.

 Il sonno dei discepoli è segno di una lontananza enorme dai sentimenti di Gesù. Non sono capaci di vegliare e così cadono in tentazione, perché pensano a loro stessi piuttosto che a Dio. Luca sembra giustificarli, dicendo che dormivano “per la tristezza” … ma sfidiamo chiunque ad essere capace di dormire quando si è tristi. Piuttosto potremmo dire che cedere alla tentazione della tristezza ci rende come addormentati.

 Gli stessi discepoli, tempo prima, erano svegli, ma agitati, sulla barca in tempesta mentre Gesù dormiva: una situazione all’opposto, in cui anche lì la loro mancanza di fede era segno di lontananza dall’abbandono fiducioso del Signore nelle mani del Padre. C’è un sonno negativo, che ci estrania dall’azione di Gesù e c’è un sonno buono, quello della fiducia (cfr. Lc 8,22-25). Il sonno dei discepoli è il mio, il nostro, quando siamo presi da noi stessi e ci “incartiamo” nei nostri pensieri e nella nostra tristezza.

 Il rumore della folla sconvolge quel terribile silenzio mentre la splendida tenerezza di un bacio diventa segno ipocrita del tradimento. I discepoli si armano per la lotta e uno di loro, Pietro, colpisce un servo staccandogli l’orecchio con una spada. A differenza degli altri evangelisti, Luca è l’unico che annota l’ultimo miracolo di Gesù. Tocca l’orecchio del servo e lo guarisce. Nel trambusto di quel momento e nel rimbombo assordante di un uomo che ha appena perso un orecchio, un gesto semplice restituisce il dono dell’ascolto. È come se Gesù volesse dire a Pietro e a noi che siamo sordi, perché presi dalla paura di perdere la vita. È come se Luca invitasse il suo lettore a mettersi in ascolto rinnovato, proprio mentre infuria la tempesta.

 Un tocco, un gesto semplice, fatto da un Uomo che sta per essere condotto alla morte e che distribuisce a piene mani la Vita. Forse è un invito, anche per noi, tentati di tagliare con la spada quanto ci è avverso, nella vita personale come in quella sociale, in famiglia o anche in comunità. Tagliare con la spada per farla finita con questo tempo di pandemia, che ci ha tolto tutto, non accorgendoci che eravamo già in una prova, dove, invece di essere svegli e di pregare, eravamo già da tempo addormentati e tristi, perché incapaci di ascoltare. Per questo abbiamo necessità di un gesto semplice: un tocco che guarisca il nostro orecchio. Chi ascolta Dio è nella gioia.

PREGA

1. Pensa alle tue tristezze, al tuo sonno, alle tue paure… e, nella tentazione di tagliare il mondo con la spada, prova a percepire il semplice tocco di Dio con la spada della sua Parola.

2. Metti per iscritto ciò che in questo momento ti rende triste e ciò che invece ti dà motivo di rinnovata gioia. Ripercorri le tue giornate e prova a riempirle del “tocco” di Dio. E dove trovi abitudine, fatica, tristezza e morte, fissa lo sguardo su quei segni semplici che ricevi e che doni e che danno luce a te e agli altri. Pensa in particolare a chi, in questa Quaresima, il Signore vorrà farti incontrare perché tu possa già ora prepararti ad ascoltarlo.

3. Chiedi il dono del DIGIUNO.  Non stanchiamoci di estirpare il male dalla nostra vita. Il digiuno corporale a cui ci chiama la Quaresima fortifichi il nostro spirito per il combattimento contro il peccato. Non stanchiamoci di chiedere perdono nel sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, sapendo che Dio mai si stanca di perdonare. Non stanchiamoci di combattere contro la concupiscenza, quella fragilità che spinge all’egoismo e ad ogni male, trovando nel corso dei secoli diverse vie attraverso le quali far precipitare l’uomo nel peccato (Papa Francesco, Messaggio Quaresima 2022).

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