Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati

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ASCOLTA

Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?».
Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». (Gv. 11,30-39)

RIFLETTI

La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.
(Erano andate senza troppo pensare, spinte dal desiderio di rendere quel supremo servizio al Maestro, ungerne il corpo, ma per strada si erano improvvisamente preoccupate: chi ci rotolerà il masso enorme?)
Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme, messa all’imboccatura dell’anima, che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo, che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione, del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuna con il suo sigillo di morte, chiusa in un mutismo che sembra invincibile.
Quella mattina il Risorto ha mostrato alle donne che è possibile il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la scoperta della parola che genera una primavera di rapporti nuovi. E che se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adoperasse per rimuovere il macigno dal sepolcro accanto, si ripeterebbe nuovamente il miracolo del terremoto che contrassegnò la prima Pasqua di Cristo. Festa dei macigni rotolati. Festa del terremoto.
Il Vangelo ci dice che i due accadimenti supremi della storia della salvezza, morte e risurrezione di Gesù, furono entrambi caratterizzati dal terremoto. Dunque non dal ristagno.
Fino a quando nelle nostre città la costruzione del Regno non sarà organizzata dagli amici del cambio, dagli appassionati della rivolta, dai poveri che si ribellano, dai condannati alle piccole croci quotidiane, da chi vi rimane schiacciato sotto, da chi è ingiustamente spogliato di tutto come Cristo, da chi viene abbeverato con l’aceto e il fiele di una vita insostenibile, avremo sempre aurore senza mattino. E i macigni continueranno ad ostruire i nostri sepolcri, lasciandoci privi di una memoria spiritualmente eversiva.
Voglio recuperare tutta la speranza che irrompe da quella creazione nuova che è il corpo resuscitato di Gesù e dirvi con gioia: coraggio, non temete.
Non c’è scetticismo che possa attenuare l’esplosione dell’annuncio: le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove!
(don Tonino Bello, Pietre di Scarto, La Meridiana pp. 9-11)

DOMANDE
Riconoscere i motivi delle proprie tristezze aiuta a venirne fuori. Beato è colui che trova almeno un amico a cui poter raccontare davvero tutto. Hai sperimentato un contesto di reale accettazione che ti consente di esser te stesso e venire allo scoperto?
Quando ci troviamo nelle angustie, sappiamo lamentarci con Dio prima che con gli altri?

PREGA

Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?».

Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio, in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.

Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

In me si abbatte l'anima mia; perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati.

Di giorno il Signore mi dona la sua grazia,
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
Dirò a Dio, mia difesa: «Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?».
Per l'insulto dei miei avversari sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: «Dov'è il tuo Dio?».

Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio. (Salmo 41)

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