Seconda domenica del Tempo Ordinario. Anno C. Hai tenuto da parte il vino buono finora

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Is 62,1-5;
Sal 95;
1Cor 12,4-11;
Gv 2,1-11.

La liturgia della Parola, nel parlare del disegno dell’alleanza tra Dio ed il suo popolo, ci fa sostare su due pagine bibliche ricchissime d’insegnamento sulla suddetta alleanza. 

Nella prima Lettura Dio, attraverso la profezia d'Isaia, rinnova l'alleanza-matrimoniale con il popolo d'Israele e a seguito di tale rinnovamento, Israele non verrà più chiamata “abbandonata” ma sarà chiamata la gioia di Dio: mia gioia. Nel racconto del Vangelo, Giovanni presenta il primo dei “segni”: le nozze di Cana, simbolo nuziale dell’incontro tra Dio e l’umanità. Gesù dà il nuovo vino, il vino dell’amore per stabilire la nuova Alleanza poiché il vino è simbolo dell’amore felice tra uomo e donna, tra l’umanità e Dio. Il racconto si colloca nell’ambito della tradizione profetica: Gesù moltiplica il vino, come Elia la farina e l’ olio per la vedova di Serepta, come Eliseo  l’olio per una vedova e i pani per il popolo. 

 Sarai chiamata la gioia di Dio

 Gerusalemme è la città simbolo di Israele e il suo  popolo è caratterizzato per l’infedeltà all’alleanza con Dio. Ma Dio il cui amore è fedele vuole restaurare la sua relazione di amore con il suo popolo dandogli una nuova vita, con un matrimonio nuovo, immacolato e totalmente purificato. Questa nuova vita viene rappresentata dal cambiamento di nome che sta ad indicare una svolta nella vita di una persona.

Israele sarà chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Non più l’abbandonata, persona lasciata senza cure, protezione e amore; ma verrà chiamata piuttosto “la mia gioia”, “il mio compiacimento”. Ci fa ricordare Dio quando disse a Gesù: in te ho posto il mio compiacimento. Non si tratta solo del cambio di nome ma anche di relazione: un nuovo rapporto d’amore tra Dio e il suo popolo. Infatti, la sua terra non sarà più detta devastata ma sposata e avrà un nuovo sposo. È ben chiaro che lo sposo è Dio come è scritto: “come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te”. Siamo dunque chiamati ad accettare questa nuova relazione con Dio e non ci dobbiamo far  trascinare dagli altri dei, ma dobbiamo sostenere la nuova relazione con Dio che è sempre fedele e misericordioso, è Lui che afferma: “ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore”, (Os 2,21-22). La nuova relazione viene coronata con il vino nuovo.

 Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora

 L’Evangelista Giovanni è l’unico che fece iniziare la sua carriera di rabbi a  Gesù inaugurando il suo ministero pubblico  con le nozze a Cana, un piccolo villaggio della Galilea. Cana, in ebraico, significa creare oppure fondare. È in Cana dunque che Gesù opera il suo primo segno cioè il primo miracolo che è il fondamento della nuova creazione e della nuova fondazione. A Cana, con il nuovo e buon vino, si realizza la fondazione della nuova alleanza.

Il centro del racconto non è dunque un semplice matrimonio, dove non compare la sposa e solo di passaggio, ma un espediente per conoscere più a fondo Gesù, per rispondere alla domanda che attraversa tutto il quarto Vangelo: chi è Gesù?

Alle nozze, Maria si accorge della mancanza del vino, quello che, secondo la tradizione profetica, indica un elemento tipico del banchetto messianico. Nelle nozze manca l'essenziale; manca quello che rappresenta l'abbondanza del banchetto e la gioia della festa. Tutto sta per finire. Tutto è triste. Maria va da Gesù e lo informa “ non hanno più vino”. Gesù, nella sua risposta, sembra indifferente alla mancanza del vino: “Donna, che vuoi da me?”. Immediatamente, Gesù aggiunge “non è ancora giunta la mia ora”, però “Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Maria è obbediente al Figlio e chiede che la sua parola sia ascoltata e realizzata, infatti, i servitori furono davvero obbediente al Maestro. Su sua richiesta i servitori riempirono d'acqua le anfore e le portarono a Gesù, appena assaggiato, non era più acqua ma vino: un vino nuovo e buono.

Nella nuova relazione tra Dio e il suo popolo si deve ascoltare Maria che continua a dire “non hanno più vino”. Maria è una presenza silenziosa ma significativa; una presenza osservante che nota ogni singola mancanza. Maria si accorge della necessità della gente e interviene presso il figlio. Maria è obbediente e raccomanda l'ascolto e l’obbedienza: “qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Infatti, i servitori ubbidiscono. Se si obbedisce a Gesù, ci sarà un nuovo vino, una nuova e vera felicità, nella nuova alleanza, nella nuova relazione tra Dio e il suo popolo.  

L’intervento di Gesù che muta l’acqua in vino “ fu il principio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cominciarono a credere in lui”  (Gv 2,11)

Dunque anche per Papa Francesco, in queste nozze Gesù lega a sé i suoi discepoli con una Alleanza nuova e definitiva. A Cana i discepoli di Gesù diventano la sua famiglia e a Cana nasce la fede della Chiesa. A quelle nozze tutti noi siamo invitati, perché il vino nuovo non verrà più a mancare.

Il discepolo missionario si sente invitato “a riscoprire che Gesù non si presenta a noi come un giudice pronto a condannare le nostre colpe, né come un comandante che ci impone di seguire ciecamente i suoi ordini; si manifesta come Sposo dell’umanità: come Colui che risponde alle attese e alle promesse di gioia che abitano nel cuore di ognuno di noi”. 

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