Il Vescovo di Manzini: è la crisi più grave che si ricordi, nessuno deve aspettarsi risposte rapide

Mons. José Luis Gerardo Ponce de León, IMC Mons. José Luis Gerardo Ponce de León, IMC
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 Il piccolo stato africano dello eSwatini, noto fino al 2018 come Swaziland, si trova in Africa meridionale, sul fianco orientale dei Monti Dragoni, e confina a est con il Mozambico e a nord, ovest e sud con il Sudafrica. Solitamente tranquilla, la monarchia è stata scossa nelle ultime settimane da proteste popolari senza precedenti, che hanno portato alla violenza, danneggiando persone e proprietà, lasciando morti e feriti.

Ci sono stati numerosi arresti da parte della polizia che ha represso le manifestazioni, mentre si moltiplicano gli appelli al dialogo per superare la crisi. Secondo le ultime notizie dei media, il re Maswati III ha nominato un nuovo primo ministro. La Chiesa cattolica è presente con una sola diocesi, suffraganea di Johannesburg, che ha una popolazione di 1.046.000 abitanti e 56.000 cattolici. Il vescovo dell'unica diocesi del paese, che ha sede a Manzini, Mons. José Luis Gerardo Ponce de León, IMC, ha concesso un'intervista all'Agenzia Fides ponendogli alcune domande sulla situazione e sulla realtà ecclesiale.

Eccellenza, quali sono le cause che hanno portato a questa crisi e quale speranza c'è per il futuro?
Credo che la risposta a questa domanda sia proprio quella che guiderà il futuro. Il Consiglio delle Chiese cristiane dello Swaziland, creato nel 1976 e di cui siamo fondatori insieme alle chiese anglicana e luterana, nel suo documento consegnato al primo ministro ha chiesto espressamente di riflettere su cosa ci ha portato a questa crisi. Alcuni possono scegliere di dare la colpa a un piccolo gruppo di persone (locali o straniere) per aver generato questa violenza, altri alla crisi sociale causata dalla Covid-19, altri al contrasto tra lo stile di vita della famiglia reale e quello del resto della popolazione, altri alla violenza della polizia o alla bastante generalizzata mancanza di libertà di opinione ... in realtà è precisamente la combinazione di tutte queste cause la detonante della crisi. Anche se sono vescovo di Manzini da sette anni e mezzo, che non è molto tempo, capisco che questa è la crisi più grave di cui si abbia memoria e nessuno deve aspettarsi risposte rapide.
La parola che come chiesa abbiano scelto per esprimere la via da seguire è "Dialogo". Il Consiglio delle Chiese cristiane, fin dall'inizio, ha incontrato diversi gruppi per capire come facilitare questo dialogo e quali sono le condizioni che lo rendono possibile. È arrivata anche una missione inviata dalla SADC (Southern African Development Community, comunità por lo sviluppo dell'Africa australe) ma finora non sappiamo quale sia il loro piano d'azione.

Può parlarci della realtà della Chiesa cattolica in eSwatini, del suo impegno e della sua dimensione missionaria?
I primi quattro missionari cattolici sono arrivati in Swaziland nel 1914. Siamo una piccola presenza di circa il 5% della popolazione con 17 parrocchie e più di 100 cappelle. Siamo noti per il nostro servizio sociale a questa nazione con 60 scuole, un ospedale, un ospizio, 7 cliniche; per il nostro impegno contro il traffico di esseri umani. Quando Papa Francesco ci ha invitato a celebrare un Mese Missionario Straordinario, nell'ottobre 2019, abbiamo scelto di realizzarlo durante tutto l'anno, per approfondire la dimensione missionaria della nostra Chiesa locale.
In preparazione al Sinodo del 2023 il papa Francesco ci ha invitato ad ascoltare tutti e questo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno ora. Vogliamo riflettere insieme su come essere Chiesa qui, in questo contesto, dove siamo l'unica diocesi cattolica di questa nazione.

Che ruolo può avere la Chiesa in questa crisi?
Il paese ha tre organizzazioni cristiane che riuniscono le Chiese cristiane: la Lega, la Conferenza e il Consiglio delle Chiese. Ancora prima che questa crisi iniziasse, il Consiglio delle Chiese dello Swaziland ha preso un appuntamento con il primo ministro per presentargli le nostre preoccupazioni: temevamo che la violenza sarebbe presto scoppiata.
Infatti, lo abbiamo incontrato il giorno dei disordini e abbiamo subito offerto la nostra opera mediatrice; come Consiglio, vogliamo rimanere un organismo indipendente, capace di ascoltare tutti per costruire ponti. Siamo grati a Papa Francesco che ha pregato per noi all'Angelus di domenica 4 luglio, prima di andare in sala operatoria. La nostra è una piccola nazione tra due grandi nazioni, il Sudafrica e il Mozambico, poco conosciuta. Abbiamo bisogno delle preghiere di tutti per poter discernere la volontà di Dio in questo momento di crisi nazionale.

Agenzia Fides, 17/07/2021

Last modified on Monday, 26 July 2021 12:15

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