XXVI Domenica - T. O. - Anno C

Pubblicato in Domenica Missionaria

Letture:
Am.6,1.4-7;
Sal.145;
1Tm.6,11-16;
Lc.16,19-31 –“C’era un uomo ricco…. e un mendicante, di nome Lazzaro..” 

 

Comunione:
Ricorda, Signore, la promessa fatta al tuo servo:
in essa mi hai dato speranza; nella mia miseria essa mi conforta.

 

Dobbiamo renderci consapevoli che in questo mondo esisteranno sempre i poveri, nelle tre forme basilari di povertà: spirituale, intellettuale, e materiale.

Povertà e ricchezza, poveri e ricchi, sono fatti antichi quanto il mondo, ed hanno sempre creato in ogni società un problema morale e reale, e una lucida denuncia dell’ingiustizia sociale!

La Chiesa guarda alla disuguaglianza fra gli uomini dal punto di vista della fraternità umana: figli e figlie dello stesso Padre Celeste che si aiutano vicendevolmente per arrivare in cielo.

Il ricco e il povero. 

a) Da un lato c’è un uomo definito semplicemente come “ricco”, senza altri attributi; non si dice che era “cattivo” né “avaro”, ma un uomo che non sembrava molto ospitale. Tuttavia concedeva al povero Lazzaro di stare spesso alla sua porta, nonostante la sua miseria e le sue piaghe. All’ingresso di certe case signorili a volte si trova un cartello:”Vietato l’ingresso agli accattoni”.

b) Dall’altro lato c’è Lazzaro, il cui nome significa “Dio aiuta”. Quest’ultimo non chiede nulla, neanche gli si negano gli avanzi che cadevano dalla tavola del quel ricco: è presente e basta.

Però tra i due si avverte una distanza invalicabile, un abisso di egoismo. Non si incontrano e non si conoscono.

La parabola è un commento a “guai a voi ricchi..., guai a voi che ora siete sazi.., guai a voi che ora ridete..”(Lc.6,24-25). L’uso dei beni infatti, ha impedito al ricco di accorgersi dell’uomo bisognoso che viveva accanto a lui: questo il suo errore.

Il nome.

Luca si è preoccupato di dare “un nome” al mendicante: Lazzaro, perché coloro che sono accolti nel seno di Abramo, avranno un nome imperituro. Però ha lasciato” innominato” il ricco, perché coloro che si credono importanti in questo mondo, e discendono nell’inferno saranno dimenticati presto! Nel Vangelo questo ricco signore invece, è soprannominato dalla tradizione come “epulone”, che significa che era l’incaricato dei banchetti.

Nel mondo civile, i ricchi, i cosiddetti “VIP”, hanno un nome, cognome e titoli. Sono conosciuti nei mass-media, nei giornali, TV”. Formano il 2% della popolazione, ma che gode della metà dei beni della terra (Card. Ravasi -21.9.2016). I “poveri” invece, che non sono rinomati dalla società gaudente, come il povero Lazzaro (che però ha un nome =“Dio aiuta”), avranno un nome imperituro e saranno accolti da Dio come “amici”.

La colpa.

Che colpa poteva avere il ricco per andare “nell’inferno tra i tormenti?”. Il Vangelo non parla di colpe sue, ma solo di questo: ”aveva ricevuto i suoi beni durante la vita”, se li ha goduti per sé; aveva spesa interamente la sua vita nella ricerca delle proprie soddisfazioni e non aveva pensato agli altri. Non si era accorto dell’uomo bisognoso che viveva accanto a lui.

“L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori”(I Tim.6,10).

Lazzaro invece non si è fidato dei beni di questo mondo, ma si è fidato di Dio solo. 

La parabola si conclude con un’appendice di sapore umano, cioè l’attenzione rivolta ai 5 fratelli del ricco, rimasti in vita a casa, ignari della sventura toccata al loro fratello.

Ma quei 5 fratelli conoscono la Legge e i Profeti, sanno come comportarsi. Se non ascoltano Mosè, non daranno retta nemmeno ad una apparizione di uno risuscitato dai morti. 

S. Ambrogio dice: ”Quando tu dai qualcosa al povero, tu non gli dai ciò che è tuo, ma gli restituisci semplicemente  ciò che è suo, perché i beni della terra sono di tutti”.

Conclusione

La condivisione è un dovere di noi cattolici: nell’aiuto materiale con offerte; nell’aiuto intellettuale con contatti sociali veritieri; e nell’aiuto spirituale con la preghiera e il buon esempio di vita cristiana.

Quanto lavoro di condivisione si può fare in ogni famiglia, in ogni ufficio o posto di lavoro e in ogni incontro sociale e forse occasionale!

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