“Aiutaci a salvare un rifugiato in Marocco”

Padre Francesco Giuliani, Dom Cristóbal Romero, arcivescovo di Rabat, Madiou Kombassa (giovane migrante), padre Patrick Mandondo e padre Edwin Osaleh Padre Francesco Giuliani, Dom Cristóbal Romero, arcivescovo di Rabat, Madiou Kombassa (giovane migrante), padre Patrick Mandondo e padre Edwin Osaleh Foto: DR
Pubblicato in Missione Oggi

I missionari raccolgono 300.000 euro all'anno per sostenere i rifugiati

Con la fine del 2025 alle porte, si avvicina al termine il progetto annuale dei missionari della Consolata in Portogallo, intitolato “Aiutaci a salvare un rifugiato in Marocco”. L'obiettivo è raccogliere fondi per il sostegno dei rifugiati a Oujda, nel Nord Africa, in una missione ideata e voluta dal gruppo di padri e laici di Malaga (Spagna) appartenente alla Regione IMC Europa .

Il missionario della Consolata, padre Edwin Osaleh è coinvolto in questa missione. “Da gennaio ad agosto abbiamo accolto tra i 40 e gli 80 migranti al giorno, provenienti dalla Guinea-Conakry (60%), dal Sudan (25%) e da altri paesi come Mali, Ciad, Costa d'Avorio, Liberia e Sierra Leone. La nostra missione ha aiutato più di 3.326 migranti, il 98% dei quali erano musulmani. I cristiani rappresentavano solo l'1%. Abbiamo accolto anche migranti provenienti dall'Algeria, dall'Afghanistan, dall'Egitto e dalla Tunisia”, racconta padre Edwin.

L'assistenza ai rifugiati comporta spese per “acqua, elettricità, internet, vitto giornaliero per circa 70-100 persone, nonché costi per ospedali, cliniche, radiografie, interventi chirurgici, medicinali e materiale medico”, poiché durante il viaggio di fuga molti migranti sono vittime di violenze, si ammalano e soffrono di malnutrizione. I minori in detenzione prolungata sono “iscritti alle scuole pubbliche e hanno bisogno di materiale scolastico, tasse scolastiche e libri”. Per dare alloggio a queste persone, c'è anche bisogno di “materassi, coperte, prodotti per l'igiene, lavatrici, prodotti per la pulizia e utensili da cucina”, spiega il missionario.

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La missione tra i migranti aiuta a ricucire cicatrici. Vite che recuperano una dignità. Foto: IMC Marocco

Lo spazio che accoglie queste persone è il Centro di Accoglienza Migranti di Oujda (AMO). I membri del team di accoglienza includono tre missionari della Consolata, due suore spagnole e una volontaria francese. Fanno parte del gruppo anche sette dipendenti, tra cui due medici, tutti retribuiti per il lavoro che svolgono. In questa struttura viene anche offerta la possibilità di rimpatrio volontario a coloro che lo desiderano.

Padre Edwin fa appello alla solidarietà. “Chiediamo la collaborazione di tutti coloro che desiderano aiutarci, affinché i giovani, le donne e i bambini nel loro difficile percorso migratorio possano trovare un luogo sicuro dove fermarsi lungo il cammino per ricaricare le energie, condividere e riflettere sulla loro situazione. La spesa annuale totale è di circa 300.000 euro. Nonostante tutte le difficoltà economiche, ringraziamo di cuore tutti coloro che ci sostengono, rendendo possibile sfamare gli affamati, curare i malati, proteggere le vittime della tratta di esseri umani ed educare i giovani”.

Dalla fine del 2020, i missionari della Consolata sono presenti nella parrocchia di Saint Louis a Oujda, diocesi di Rabat, Marocco. Si tratta di una città a pochi chilometri dal confine algerino è un importante luogo di transito per i migranti. L’attraversamento del confine algerino per giungere a Oujda è spesso un’esperienza difficile che lascia i migranti fisicamente e psicologicamente esausti, spesso senza risorse e senza più i loro effetti personali, a volte feriti.

* Juliana Batista è giornalista della rivista Fatima Missionaria in Portogallo.

Ultima modifica il Martedì, 04 Novembre 2025 17:21

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