Sir 35,15-17.20-22; Sal 33; 2Tm 4,6-8.16-18; Lc 18,9-14
Se la domenica scorsa abbiamo ascoltato un invito a pregare con insistenza e perseveranza, questa Trentesima Domenica del Tempo Ordinario, la Parola di Dio ci ricorda le disposizioni interiori necessarie per pregare bene ed essere esauditi: essere pieni di umiltà, misericordia, bontà e di comprensione.
Non trascura la supplica dell'orfano
La prima lettura (Sir 35,15-17.20-22) ci invita a correggere l'immagine che abbiamo di Dio. Ci ricorda che “il Signore non fa differenza tra gli uomini”: Egli ascolta la preghiera e il lamento del povero, dell'oppresso, della vedova e dell'orfano. Egli ascolta le suppliche dei disprezzati e rende giustizia alle vittime dei potenti. Forse le voci degli umili non significano nulla per i grandi del mondo, ma attraversano le nuvole e arrivano dritte al cuore di Dio. Pensiamo a tutte le vittime di tutte le guerre. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a tanta sofferenza. Più tardi, Gesù proclamerà che il Vangelo è la buona novella annunciata ai poveri. E preciserà che si riconosce in chi ha fame, in chi è senza vestiti, in chi è straniero o prigioniero. Attraverso di loro, è lui che accogliamo o che rifiutiamo.
O Dio, abbi pietà di me peccatore
Il Vangelo (Lc 18,9-14) è proprio lì per mettere in risalto la preghiera del povero. Gesù ci racconta una parabola per trasmettere un messaggio della massima importanza. Ci presenta un fariseo e un pubblicano. Entrambi salgono al tempio per pregare. Praticano la stessa religione, ma non stanno insieme. Il fariseo presenta a Dio un bilancio impressionante: non ha commesso alcun peccato, digiuna, fa l'elemosina. Tutto ciò di cui è orgoglioso è senza dubbio vero. Del resto, non è questo che Gesù gli rimprovera. Il problema di quest'uomo è il suo orgoglio. È convinto di essere giusto, ma prova solo disprezzo per gli altri. Non si accontenta di lodarsi da solo. Allo stesso tempo, esamina la coscienza del pubblicano. Non ha capito che per essere esauditi dobbiamo essere pieni di bontà e comprensione verso gli altri, anche se sono peccatori. Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini.
A debita distanza abbiamo il pubblicano. È un uomo disprezzato e persino odiato da tutti. Ha stretto un patto con l'occupante romano. Inoltre, ha estorto denaro alla popolazione. Si dichiara peccatore e si riconosce colpevole. È caduto nel baratro. L'unica cosa che può fare è implorare il perdono di Dio nei suoi confronti: «Dio mio, abbi pietà di me peccatore».
Raccontandoci questa parabola, Cristo ci annuncia una buona notizia: ci dice che Dio è Amore. E questo amore arriva fino al perdono. Tutto questo ci viene offerto gratuitamente e senza alcun merito da parte nostra. Chi si crede superiore agli altri non ha capito nulla. Come possiamo rivolgerci a Dio se proviamo solo disprezzo per coloro che ci circondano? Se realizziamo qualcosa di buono, non è grazie ai nostri meriti, ma all'azione del Signore in noi. Egli si aspetta che veniamo a lui a mani vuote per riempirle del suo amore. Non dimentichiamo che ha dato la sua vita e versato il suo sangue per noi e per la moltitudine, compresi i pubblicani. È venuto a cercare e a salvare coloro che erano perduti. Conta su di noi per amarli e portarli nelle nostre preghiere.
Celebrando questa Eucaristia, veniamo a nutrirci della Parola di Dio e del suo Corpo. Il Signore si dona a noi per noi, viene a riempirci di forza per annunciare il Vangelo. Questa forza è la grazia del battesimo continuamente vivificata dall'Eucaristia. Lo preghiamo affinché tutti gli uomini possano ascoltare e accogliere questa Buona Novella che tu sei venuto a portare al mondo.
* Mons. Osório Citora Afonso, IMC, è vescovo della Diocesi di Quelimane e segretario della Conferenza Episcopale del Mozambico (CEM).










