Le sorprese del Vangelo nella savana keniota

"In missione si riscopre l’importanza dello stare col diverso" "In missione si riscopre l’importanza dello stare col diverso" Daniel Lorunguiya

I missionari della Consolata di Olbia, che da un anno e mezzo guidano l’Ufficio Missionario della nostra diocesi di Tempio-Ampurias, situata nel nord-est della Sardegna (Italia), hanno promosso un viaggio missionario in Kenya e, in particolare, in alcuni villaggi situati nella diocesi di Maralal, nel nord del Paese, dal 12 luglio al 1º agosto.

Il gruppo di otto persone provenienti dalle diocesi di Tempio e di Ozieri era guidato da padre Daniel Lorunguya, missionario della Consolata originario proprio di Baragoi, villaggio visitato durante il viaggio.

La missione inizia già nel momento in cui si lascia la propria casa e si rinuncia alle proprie comodità, affrontando incertezze, cambi repentini di programma e variazioni nei voli aerei. Non si parte con l’idea di “salvare l’Africa”, già salvata da Cristo, unico Redentore, ma col desiderio di vivere un’esperienza nuova di Chiesa, toccando con mano la sua universalità.

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Padre Daniel Lorunguya, missionario della Consolata originario di Baragoi, Kenya

I primi giorni il gruppo ha visitato la megalopoli di Nairobi, ospiti della casa regionale dei missionari della Consolata, riconoscendone le grandi contraddizioni: grattacieli e traffico sfrenato accanto a baraccopoli e povertà estrema. Tra le tante azioni di cura delle fragilità, i missionari operano a Nairobi nel campo dell’accoglienza degli orfani e bambini abbandonati, ma sono anche un prezioso punto di riferimento spirituale per tutta l’Africa orientale con la l’attività di accoglienza per gruppi nella grande struttura del Resurrection Garden, una vera e propria oasi di fede e di silenzio nel chiasso assordante della capitale.

Diocesi di Maralal

Poi il gruppo si è spostato nella città di Maralal, capoluogo della Contea di Samburu, distante circa 350 chilometri da Nairobi in direzione del lago Turkana e seguendo il solco della Rift Valley.

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Il gruppo è accolto a Maralal da mons. Virgilio Pante, IMC, vescovo emerito

Nel centro Pastorale diocesano, dedicato a San Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata si è potuto gustare il clima di gratitudine verso i primi missionari arrivati negli anni ’50 nel nord del Kenia. Il vescovo emerito e fondatore della diocesi di Maralal, mons. Virgilio Pante, IMC, ha raccontato con passione gli inizi dell’attività missionaria nelle terre del Samburu, testimoniando come lo Spirito Santo abbia accompagnato i primi passi dell’evangelizzazione prendendosi cura prima di tutto dell’educazione, dell’istruzione e della salute: non si può comunicare il Vangelo prima di aver instaurato una relazione di fiducia e i missionari, arrivando con le suore, si sono da subito interessati di costruire scuole e ospedali, visitare i villaggi lontani dai grossi centri e seguire le popolazioni nel processo di crescita culturale, professionale (agricoltura, allevamento, cucina, igiene, alfabetizzazione, sartoria,…) e umana (relazionale, superamento delle discordie tra le etnie, stile di vita ospitale e aperto a nuove conoscenze). Solo dopo hanno iniziato a costruire le Chiese.

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Baragoi: le piccole comunità cristiane

Da Maralal si è partiti per Baragoi, 104 km a nord. In questo centro di 25.000 abitanti provenienti dal popolo Turkana e Samburu e qualche presenza somala, kikuyu e meru le lotte tra le principali etnie sembrano aver trovato un momento di pace anche grazie alla paziente opera di evangelizzazione dei missionari. Infatti, l’educazione si è diffusa all’interno delle comunità e alcuni sono divenuti artigiani, altri leader dei villaggi, della contea e anche rappresentanti al Governo nazionale.

Come in tutta la presenza cattolica in Africa, anche nel Samburu, le comunità cristiane sono organizzate in Small Cristian Communities, le comunità di base che corrispondono ad un quartiere o ad un villaggio coordinato da un catechista che opera da referente presso la parrocchia principale e segue l’attività pastorale come la catechesi (una volta alla settimana nelle scuole oppure in preparazione ai sacramenti), la liturgia quotidiana della Parola di Dio, le liturgie funebri, i battesimi (se è urgente e il parroco non può essere presente), la visita e la comunione agli ammalati, l’aiuto ai bisognosi, e tengono ben acceso lo spirito di appartenenza alla comunità ecclesiale. Le messe domenicali in parrocchia o nelle cappelle dei villaggi diventano perciò una vera festa di comunità, animate da preghiere, danze e canti che esprimono bene il senso di Chiesa, corpo di Cristo che vive la gioia dell’incontro col Signore e con i fratelli.

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Sono state visitate scuole con alunni Samburu e altre con alunni Turkana.

Interessante il loro stile di accoglienza sorridente e affettuosa. È stata anche l’occasione per offrire in dono degli strumenti scolastici quali quaderni, penne e matite, oltre a magliette e bandierine con il logo della nostra Isola e, in una delle due scuole, persino dei tablet che agevolano molto lo studio personale degli studenti, offrendo anche la possibilità di entrare in contatto con i coetanei sardi.

Missione di Wamba

Oltre a Baragoi, una settimana è stata dedicata alla città di Wamba, 25.000 abitanti a 106 km a est di Maralal, in piena savana. Sono stati visitate le strutture di accoglienza come l’Huruma home (casa della misericordia) per bambini disabili fisici e mentali abbandonati dalle famiglie, e il Kindfund Rescuing Children, che ospita bambini e ragazzi orfani e spesso affetti da HIV. Si è entrati in contatto con gruppi di giovani e anche di adulti, come il gruppo della Divina Misericordia (Divine Mercy) che oltre alla preghiera si occupa della visita di anziani e ammalati.

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Al rientro, dopo aver dedicato una giornata alla savana e ai suoi meravigliosi animali custoditi nel parco nazionale del Samburu, il gruppo ha fatto tappa a Nanyuki, dove da 37 anni lavora don Franco Crabu, sacerdote Fidei Donum dell’arcidiocesi di Cagliari. Dialogare con lui si è rivelato molto utile per avere una sintesi del viaggio che stava per concludersi.

Cosa trasmette un viaggio missionario come questo?

20250919Missio8Ora, in sintesi, c’è da chiedersi: cosa trasmette un viaggio missionario come questo?

A livello personale è utile riconoscere: incontro con la povertà vera ma dignitosa. In luoghi come Baragoi o Wamba, si incontrano persone che, pur vivendo in condizioni materiali estremamente difficili, mostrano una forza, una serenità, una gioia e una fede che spiazzano; la semplicità dei legami. Le relazioni sono genuine, immediate, profonde. I bambini ti abbracciano senza conoscerti. Gli adulti ti guardano negli occhi con rispetto e interesse.

Diversamente da ciò che si pensa di andare a fare (aiutare, donare, risolvere, salvare, istruire, guarire), ci si sente accolti per ciò che si è, non per ciò che si ha; il valore del tempo e della presenza. In missione si riscopre l’importanza dello stare col diverso, senza fretta e lasciandosi sorprendere e arricchire. Non si corre dietro all’orologio, ma si vive nel presente. Spesso si sente in swahili (la lingua più parlata in Africa): “haraka haraka haina baraka, pole pole, ndio mwendo” (la fretta non porta benedizioni! piano, piano, si va avanti). Questo può cambiare radicalmente il nostro modo di vivere anche al ritorno; la fede vissuta con intensità e semplicità. Le celebrazioni, i canti, le preghiere condivise con le comunità locali trasmettono una un senso di appartenenza vivo e profondo, anche in mezzo alla fatica. Vedere persone che affidano tutto a Dio, senza riserve;

lo sguardo di Dio nei poveri. Si dice che gli africani non sorridono per la felicità, ma per la speranza che domani sia meglio di oggi. Spesso la povertà non è solo economica, ma anche l’impossibilità di accudire le persone che Dio mette nelle mani. Nei volti dei bambini, delle mamme, dei malati, si è toccato il mistero di Cristo crocifisso e risorto. È una vera esperienza di incontro con Dio nei fratelli e nelle sorelle; la chiamata a una fede incarnata. Dopo un’esperienza missionaria così, non si può più vivere la fede in modo astratto. Si è spinti a testimoniarla nella concretezza, nella carità, nell’impegno quotidiano. È nel terreno della nostra storia che la missione continua. W la Missione!

* Elisabetta Muzzetto e Andrea Eretta, Ufficio Missionario della diocesi di Tempio-Ampurias.

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Last modified on Friday, 19 September 2025 22:50

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