Domenica della Divina Misericordia
At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11.12-13.17-19; Gv 20,19-31
La liturgia della seconda domenica di Pasqua ci parla dei frutti della resurrezione: la pace, la gioia, la comunione e l’amore. Mentre Luca, negli Atti degli Apostoli, descrive la comunione, la fraternità che caratterizzava la prima comunità dei battezzati, nella pagina del Vangelo, Gesù comunica la sua pace ai discepoli: “Pace a voi!”. La resurrezione di Gesù è fonte di gioia, di comunione fraterna e di pace.
Pace a voi!
Il brano del Vangelo continua con l’esperienza del primo giorno della settimana. Non è più “al mattino” ma “la sera di quel giorno”. Giovanni, nella sua indicazione cronologica - il primo giorno della settimana -, insiste che l'esperienza dell’apparizione di Gesù ai discepoli viene dopo l’esperienza della tomba vuota che ha segnato un nuovo inizio, una nuova creazione e una nuova era della storia. “Il primo giorno” ci richiama in modo significativo, la settimana della creazione dove Dio compie il suo primo atto creativo.
Giovanni presenta dunque "il primo giorno" come quello che apre il tempo nuovo, che trova il suo fondamento principale nell'esperienza della risurrezione e dei frutti di detta resurrezione: amore, comunione fraterna e pace. Questo Gesù, Dio salva, Emmanuele, Dio con noi, è entrato nella storia dell’umanità e si è messo dalla parte dell’uomo fino a “dare la sua vita” per abbattere ogni muro di divisione e fare dei due popoli un popolo solo in lui, per creare “pace”, “fraternità’”, attorno a lui che è il signore di tutti.
In quello stesso giorno, gli apostoli erano chiusi in casa per la paura e Gesù venne, stette e disse. Gesù colui che cerca sempre nuove strade per raggiungerci e fare comunione con gli uomini viene all’incontro dei discepoli. Giovanni sottolinea che Gesù non solo venne ma stette che è un verbo della resurrezione: si trova solo negli ultimi due capitoli del vangelo di Giovanni. Sta chi ha compiuto un viaggio, si può fermare, e gioisce di questo fermarsi: Gesù risorto sta, non in un egoistico divano, con tutti i comfort, ma in mezzo ai suoi. Stare in mezzo è spesso identificato come stare al centro dell’attenzione. In mezzo a loro dirige un saluto: il suo saluto è “pace a voi” e lo ripeterà varie volte nel brano. Gli ebrei erano soliti salutarsi scambiandosi la pace ma nei brani delle apparizioni la pace, shalom, è molto più che un saluto. Indica tutto quello che concorre alla pienezza, alla felicità delle persone e Gesù può fare questo invito alla felicità perché lui è il responsabile di questa felicità.
Gesù dona la pace che è quella serenità dello spirito che permette poi di capirci, di fare luce nei nostri rapporti, di comprendere e di vedere il sole più che le ombre, di distinguere tra il Signore e un fantasma, tra il volto umano di una persona da abbracciare e l’ombra di un possibile nemico da evitare. I discepoli erano rimasti soli, sconfortati dalla morte del loro maestro, arrabbiati per il loro mancato progetto umano, ma proprio ciò che manca a questa comunità di discepoli sconvolta è ciò che Gesù dona. La pace per la comunità dei credenti è un dono di Dio attraverso il Risorto. Proprio ciò che manca ancora oggi per l’umanità. Gesù mostra le mani bucate e il costato trafitto, che sono il prezzo della pace che Egli ha donato e anche il costo del riscatto dell’umanità. Tutti segni del suo amore.
Gesù non si limita ad augurare la pace ma la dona come aveva detto durante l’ultima cena: “vi lascio la pace, vi do la mia pace”. La sua pace è totalità di verità, giustizia e amore, frutto di una piena comunione con Dio. Come possiamo vedere, la pace è dono di Dio e che è frutto della resurrezione.
Il discepolo missionario come aveva detto il defunto Papa Francesco è colui che sa “passare dal dio mondano al Dio cristiano, dall’avidità che ci portiamo dentro alla carità che ci fa liberi, dall’attesa di una pace portata con la forza all’impegno di testimoniare concretamente la pace di Gesù”.
* Mons. Osório Citora Afonso, IMC, è vescovo ausiliare dell’Archidiocesi di Maputo e segretario della Conferenza Episcopale del Mozambico (CEM).