Catechesi Giubileo 2025. L'amore di Dio è gratuito

Pellegrini si recano alla Porta Santa della Basilica di San Pietro a Roma Pellegrini si recano alla Porta Santa della Basilica di San Pietro a Roma Foto: Jaime C. Patias
Pubblicato in Missione Oggi

È stata pubblicata dalla Sala Stampa della Santa Sede la catechesi di Papa Francesco preparata per l'udienza generale che si sarebbe dovuta svolgere il 9 aprile, annullata data la convalescenza del Pontefice a Casa Santa Marta.

Di seguito il testo dedicato all’incontro di Gesù con l’uomo ricco (Mc 10,21) che chiede che cosa deve fare per avere in eredità la vita eterna. Il Pontefice sottolinea che “l’amore di Gesù è gratuito: esattamente il contrario della logica del merito”. È la quarta catechesi, nell'ambito del ciclo giubilare "Gesù Cristo nostra speranza”, su “La vita di Gesù. Gli incontri".

Cari fratelli e sorelle,

oggi ci soffermiamo su un altro degli incontri di Gesù narrati dai Vangeli. Questa volta però la persona incontrata non ha nome. L’evangelista Marco la presenta semplicemente come «un tale» (10,17). Si tratta di un uomo che fin da giovane ha osservato i comandamenti, ma che, malgrado questo, non ha ancora trovato il senso della sua vita. Lo sta cercando. Forse è uno che non si è deciso fino in fondo, nonostante l’apparenza di persona impegnata. Al di là, infatti, delle cose che facciamo, dei sacrifici o dei successi, ciò che veramente conta per essere felici è quello che portiamo nel cuore.

Se una nave deve salpare e lasciare il porto per navigare in mare aperto, può anche essere una nave meravigliosa, con un equipaggio d’eccezione, ma se non tira su le zavorre e le ancore che la tengono ferma, non riuscirà mai a partire. Quest’uomo si è costruito una nave di lusso, ma è rimasto nel porto!

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Il Papa Francesco nell'Aula Paolo VI durante il Giubileo del Mondo della Comunicazione, il 25 gennaio 2025. Foto: Jaime C. Patias

Mentre Gesù va per la strada, questo tale gli corre incontro, si inginocchia davanti a Lui e gli chiede: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» (v. 17). Notiamo i verbi: “che cosa devo fare per avere la vita eterna”. Poiché l’osservanza della Legge non gli ha dato la felicità e la sicurezza di essere salvato, si rivolge al maestro Gesù. Quello che colpisce è che quest’uomo non conosce il vocabolario della gratuità! Tutto sembra dovuto. Tutto è un dovere. La vita eterna è per lui un’eredità, qualcosa che si ottiene per diritto, attraverso una meticolosa osservanza degli impegni. Ma in una vita vissuta così, anche certamente a fin di bene, quale spazio può avere l’amore? Come sempre, Gesù va al di là dell’apparenza. Se da un lato quest’uomo mette davanti a Gesù

il suo bel curriculum, Gesù va oltre e guarda dentro. Il verbo che usa Marco è molto significativo: «guardandolo dentro» (v. 21). Proprio perché Gesù guarda dentro ognuno di noi, ci ama come siamo veramente. Cosa avrà visto infatti dentro questa persona? Cosa vede Gesù quando guarda dentro di noi e ci ama, nonostante le nostre distrazioni e i nostri peccati? Vede la nostra fragilità, ma anche il nostro desiderio di essere amati così come siamo.

Guardandolo dentro – dice il Vangelo – «lo amò» (v. 21). Gesù ama quest’uomo prima ancora di avergli rivolto l’invito a seguirlo. Lo ama così com’è. L’amore di Gesù è gratuito: esattamente il contrario della logica del merito che assillava questa persona. Siamo veramente felici quando ci rendiamo conto di essere amati così, gratuitamente, per grazia. E questo vale anche nelle relazioni tra noi: fin quando cerchiamo di comprare l’amore o di elemosinare l’affetto, quelle relazioni non ci faranno mai sentire felici.

La proposta che Gesù fa a quest’uomo è di cambiare il suo modo di vivere e di relazionarsi con Dio. Gesù, infatti, riconosce che dentro di lui, come in tutti noi, c’è una mancanza. È il desiderio che portiamo nel cuore di essere voluti bene. C’è una ferita che ci appartiene come esseri umani, la ferita attraverso cui può passare l’amore. 

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Udienza generale in Piazza San Pietro. Foto: Vatican Media

Per colmare questa mancanza non bisogna “comprare” riconoscimenti, affetto, considerazione; occorre invece “vendere” tutto quello che ci appesantisce, per rendere più libero il nostro cuore. Non serve continuare a prendere per noi stessi, ma piuttosto dare ai poveri, mettere a disposizione, condividere. Infine, Gesù invita quest’uomo a non rimanere da solo. Lo invita a seguirlo, a stare dentro un legame, a vivere una relazione. Solo così, infatti, sarà possibile uscire dall’anonimato. Possiamo ascoltare il nostro nome solo all’interno di una relazione, nella quale qualcuno ci chiama. Se restiamo da soli, non sentiremo mai pronunciare il nostro nome e continueremo a restare dei “tali”, anonimi.

Forse oggi, proprio perché viviamo in una cultura dell’autosufficienza e dell’individualismo, ci scopriamo più infelici, perché non sentiamo più pronunciare il nostro nome da qualcuno che ci vuole bene gratuitamente.

Quest’uomo non accoglie l’invito di Gesù e rimane da solo, perché le zavorre della sua vita lo trattengono nel porto. La tristezza è il segno che non è riuscito a partire. A volte pensiamo che siano ricchezze e invece sono solo pesi che ci stanno bloccando. La speranza è che questa persona, come ognuno di noi, prima o poi possa cambiare e decidere di prendere il largo.

Sorelle e fratelli, affidiamo al Cuore di Gesù tutte le persone tristi e indecise, perché possano sentire lo sguardo d’amore del Signore, che si commuove guardando con tenerezza dentro di noi.

* Ufficio per la Comunicazione con informazioni di Sala Stampa della Santa Sede.

Ultima modifica il Venerdì, 11 Aprile 2025 08:07

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