RD Congo. Bukavu: “Siamo prigionieri nel nostro stesso Paese”

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L’avanzata delle milizie armate filo-ruandesi nell’Est del Congo, penetrate da Goma a Bukavu il 14 febbraio scorso, getta le comunità locali nel panico.

I ribelli del Movimento armato M23 non hanno ancora ufficializzato la loro presenza a Bukavu, sebbene alcuni civili, accusati di collaborare con i militari e con il governo, siano stati uccisi dentro e fuori la città.

«C’è molta paura, molta incertezza e confusione» in tutto il Sud Kivu. Bukavu è sotto choc. Questo ci racconta al telefono da Bukavu un testimone oculare che descrive il clima surreale di una città “congelata” e sotto assedio militare.

«Siamo prigionieri nel nostro stesso Paese», dice. «Tutto è fermo, tutto è sospeso – racconta -: le scuole sono chiuse, anche i negozi, le banche, le attività.

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A gennaio, a Bukavu, si sono tenute manifestazioni contro l'ingerenza straniera nel settore minerario. Foto: UN Radio Okapi

Siamo qui, in attesa, e proviamo molta angoscia». Spiega che «nella mattinata di sabato a Kadutu, uno dei quartieri più popolari della città, la gente affamata ha iniziato a saccheggiare i negozi».

Nessuno sa cosa succederà nel breve periodo nel capoluogo del Sud Kivu. Ma tutti sperano che i ribelli non proseguano oltre, verso la capitale.

«L’M23 è dentro la città di Bukavu ma non ha preso una posizione ufficiale e questa incertezza ci lascia molto perplessi», dice il cittadino congolese. «Nelle zone vicine ad un campo militare si sente sparare, ci sono colpi d’arma da fuoco… Si sentono ogni tanto colpi di proiettile», aggiunge.

La proxy war (una guerra per ‘procura’ che vede coinvolto il Ruanda nella conquista dell’Est del Congo ricco di minerali), rischia di allargarsi e di diventare un conflitto regionale che coinvolge anche il Burundi.

Questo, almeno, è il timore di chi ci vive. «Noi siamo molto preoccupati per i nostri amici e per la sorte di chi ha deciso di restare a Bukavu», ci spiega al telefono da Imola Lia Guglielmi, volontaria del gruppo Missioni Imola-Bukavu dell’Oratorio di San Giacomo.

L’associazione lavora da oltre 20 anni al fianco della Repubblica Democratica del Congo: «sono nostri fratelli – dice Lia – condividiamo con loro la fede cristiana, la preghiera e diversi progetti».

«Quello che facciamo da decenni è ricostruire il tessuto sociale distrutto dalle violenze, offrendo aiuti e possibilità di sviluppo che accrescono la dignità delle comunità», dice.

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Foto: Istituto di microcredito IMF Kitumaini a Bukavu nella RD Congo

Ad esempio, è stata avviata un’attività di microcredito con l’IMF Kitumaini, un istituto di microcredito in Congo, grazie alla partnership tra l’Oratorio imolese di San Giacomo e la comunità Les amis de Don Beppe di Bukavu.

L’obiettivo in questo caso è consentire alle donne vittime di violenza sessuale, allontanate dalle famiglie e dai mariti, di avviare delle piccole attività economiche in proprio che restituiscano loro dignità e vita.

Ma i progetti sono tanti e spaziano dalla scuola primaria di Kavumu, nelle campagne a 30 km da Bukavu, (la cui costruzione è iniziata nel 2016 e da sei anni permette a 300 bambini di studiare), all’aiuto concreto fornito agli agricoltori locali, con invio di attrezzature provenienti dalle aziende agricole del territorio di Imola.

«Lo facciamo senza interferire – spiega Lia Guglielmi – tutti i nostri progetti sono realizzati direttamente dai congolesi; noi ci rechiamo a Bukavu periodicamente e seguiamo le attività senza imporci».

Lia spiega che a preoccupare di più i volontari dell’Associazione Imola-Bukavu non è tanto il «fatto che i ribelli possano distruggere le nostre infrastrutture o chiudere le scuole, perché tutto si può ricostruire…

La nostra paura è che possano far del male alle persone. Sono i nostri amici, i nostri fratelli di Bukavu e in questo momento sono in pericolo. Pensiamo che parlare di loro e riportare l’attenzione su questo gemellaggio possa aiutare a non dimenticarci del Sud Kivu».

Da mesi la sorte di tutto l’Est del Paese è nelle mani dei militari congolesi da una parte (i quali non hanno opposto grande resistenza al momento dell’invasione dei ribelli), e dell’M23 finanziato e armato dal vicino Ruanda.

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In uno dei filmati che l’associazione ha ricevuto «si vedono i soldati delle opposte fazioni che entrano a Bukavu alla spicciolata, per preparare l’offensiva sulla città – spiega ancora la volontaria – le immagini sono registrate dai cittadini nascosti dietro alle finestre, e poi le diffondono agli amici e conoscenti per tenerci aggiornati sullo stato dei movimenti delle truppe».

Le istituzioni comunitarie, sebbene solo a livello di Parlamento europeo, iniziano a muoversi per mettere un freno all’impunità del Ruanda nel sostenere i ribelli dell’M23 in Congo.

Parlamento di Strasburgo chiede sospensione memorandum UE-Ruanda

La plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo il 13 febbraio scorso ha chiesto «alla Commissione europea e al Consiglio di sospendere il memorandum Ue-Ruanda sulle catene di valore sostenibili relative alle materie prime, finché il Ruanda non proverà di aver posto fine alla sua ingerenza e di aver smesso di esportare minerali estratti in zone della Rdc controllate dall’M23».

Gli eurodeputati chiedono anche «alla Commissione, agli Stati membri dell’Ue e alle istituzioni finanziarie internazionali di congelare il sostegno diretto al bilancio per il Ruanda fino a quando non consentirà l’accesso umanitario all’area di crisi e romperà tutti i legami con l’M23».

Caos nel capoluogo del Sud Kivu dopo l'ingresso del gruppo M23. Oltre 10.000 gli sfollati fuggiti attraverso il fiume Ruzisi verso il Burundi. Le vittime tra i civili, in tutto l’Est ammonterebbero già a circa 3mila persone.

Fonte: www.popoliemissione.it

Last modified on Wednesday, 19 February 2025 22:51

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