Cari amici, se non avete mai conosciuto un uomo paziente, oggi ve ne presento uno. Non è altri che il Beato Giuseppe Allamano. Se i santi sono noti per avere diverse qualità fondamentali che identificano il loro essere, io, solo di recente, ho scoperto questo aspetto particolare nel Fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata: la pazienza.
Se volete, potete anche chiamarlo il “santo della pazienza”; questa è un dono speciale di Dio fatto di comprensione e speranza: la comprensione aiuta a capire che le prove fanno parte della vita; la speranza ci spinge verso un domani migliore.
In realtà, la pazienza è molto importante nella vita, perché a volte la salvezza è solo una questione di tempi. Esistono situazioni in cui le soluzioni appaiono a chi ha la pazienza di aspettare il momento giusto e per questo si dice che “perdere la pazienza è perdere la battaglia”.
Le prove di pazienza di Giuseppe Allamano sono iniziate in tenera età: fin da giovane era spesso malato. Molte volte è stato costretto ad abbandonare la scuola per motivi di salute ma ogni volta, dopo essersi recuperato, ha ripreso fedelmente il suo sogno di diventare sacerdote. Quei momenti difficili, che avrebbero potuto facilmente porre fine alla sua aspirazione, sono diventati invece momenti di attesa della direzione del Signore.
Anche dopo aver terminato la formazione ed essere diventato sacerdote, l’Allamano ha dimostrato, in qualsiasi cosa facesse, la sua capacità di mettere le cose nelle mani di Dio e di aspettare. Lui avrebbe preferito essere viceparroco in una parrocchia lontana, ma quando gli fu chiesto di andare in seminario, accettò immediatamente. La sua attesa è stata premiata con la nomina a rettore del santuario della Consolata, una posizione di gran lunga migliore a quella che aveva sognato e che poi gli facilitò la realizzazione del suo sogno missionario. In ogni caso, anche il fatto di non essere riuscito a diventare ciò che aveva desiderato all'inizio è stata una lezione: la pazienza non significa che alla fine Dio debba fare ciò che noi desideriamo; siamo noi a dover essere aperti alla volontà di Dio.
La prova della pazienza del padre Allamano non finì lì. Quando iniziò a pensare di fondare l'Istituto Missionario, il suo progetto iniziale prevedeva farlo nel 1891 ma poi il suo sforzo per avviare l'Istituto Missionario incontrò una serie di ostacoli che richiesero l'esercizio della pazienza per dieci anni.
Innanzitutto, la morte del cardinale Alimonda, arcivescovo di Torino, seguita dalla morte del cardinale Simeoni, all'epoca prefetto di Propaganda Fide. Poi, come se non bastasse, il cardinale Miecislao Ledochowski, che subentrò al cardinale Simeoni nella direzione di Propaganda Fide, respinse l'idea dell’Allamano, dicendo che c'erano già troppi istituti missionari in Italia a quel tempo. A questo si aggiunse anche un’altra morte: quella del nuovo vescovo di Torino Davide Riccardi che aveva assunto la guida della diocesi dopo la morte del cardinale Alimonda.
Quando la speranza di essere finalmente un fondatore cominciava a germogliare di nuovo nel cuore dell’Allamano –dopo la nomina di Mons. Richelmy, suo amico, come vescovo di Torino– nel 1900 lui si ammalò a tal punto che tutti credettero che stesse per morire. Solo dopo quell'ultima prova riuscì a fondare l'Istituto dei Missionari della Consolata, di cui oggi siamo tanto orgogliosi. Senza accorgersene, però, erano già passati dieci anni. Ci vorranno altri dieci anni per concretizzare l'esistenza delle Suore Missionarie della Consolata.
Fondato l'Istituto missionario, l’Allamano dovette pazientemente plasmarlo da Torino, poiché la sua salute non gli permetteva di recarsi in Africa. Questa divenne una lezione di pazienza con sé stesso perché doveva organizzare le cose dal suo piccolo ufficio nel Santuario della Consolata: animare i benefattori che condividevano il suo sogno e incoraggiare i missionari in Africa divennero i suoi doveri quotidiani verso l'Istituto. L’impegno di far crescere il giovane Istituto richiedeva pazienza e fede e quando nel 1926 Giuseppe Allamano lasciò il mondo per andare in cielo il Signore gli aveva mostrato i frutti di quella sua pazienza: l'Istituto, che era cominciato con quattro persone che erano partite per l’Africa, era ormai una famiglia missionaria e religiosa riconosciuta nella Chiesa e le Suore della Consolata avevano da tempo sostituito le Suore del Cottolengo che avevano inizialmente accompagnato i Missionari della Consolata.
Certo della sua santità, le due Istituti da lui fondati hanno avviato la sua causa di beatificazione nel 1944 e il processo informativo, durato sette anni, si concluse nel 1951. Poi, per qualche motivo, il processo apostolico non iniziò immediatamente e si dovette aspettare fino al 1955 e furono necessari ben 35 anni per concluderlo, nel 1990, con la sua beatificazione.
Come dice il proverbio, “tutto arriva al momento giusto” e purtroppo non siamo noi a decidere quando è il momento giusto. Lo stesso successe dopo la sua beatificazione: sono stati necessari altri 29 anni prima di poter avviare il processo di canonizzazione. Oggi, dopo altri cinque anni, siamo arrivati al coronamento di quella che è stata una grande lezione di pazienza: il prossimo 20 ottobre il Beato Giuseppe Allamano sarà santo.
Attraverso la preghiera e l'intercessione del nostro Fondatore, anche noi possiamo diventare persone pazienti, tolleranti e indulgenti. Amen.
* Padre Jonah M. Makau, IMC, frequenta il corso in Cause dei Santi, a Roma.