Parlare col cuore. Una comunicazione gentile e profetica

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Messaggio di Papa Francesco per la 57ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

Dopo aver riflettuto, negli anni scorsi, sui verbi “andare e vedere” e “ascoltare” come condizione per una buona comunicazione, vorrei con questo Messaggio per la 57ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali soffermarmi sul “parlare con il cuore”. È il cuore che ci ha mosso ad andare, vedere e ascoltare ed è il cuore che ci muove a una comunicazione aperta e accogliente. Dopo esserci allenati nell’ascolto, che richiede attesa e pazienza, nonché la rinuncia ad affermare in modo pregiudiziale il nostro punto di vista, possiamo entrare nella dinamica del dialogo e della condivisione, che è appunto quella del comunicare cordialmente. Una volta ascoltato l’altro con cuore puro, riusciremo anche a parlare seguendo la verità nell'amore (cfr Ef 4,15). Non dobbiamo temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo senza carità, senza cuore. Perché «il programma del cristiano – come scrisse Benedetto XVI – è “un cuore che vede”». Un cuore che con il suo palpito rivela la verità del nostro essere e che per questo va ascoltato. Questo porta chi ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, al punto da arrivare a sentire nel proprio cuore anche il palpito dell’altro. Allora può avvenire il miracolo dell’incontro, che ci fa guardare gli uni gli altri con compassione, accogliendo le reciproche fragilità con rispetto, anziché giudicare per sentito dire e seminare discordia e divisioni.

Solo ascoltando e parlando con il cuore puro possiamo vedere oltre l’apparenza e superare il rumore indistinto che, anche nel campo dell’informazione, non ci aiuta a discernere nella complessità del mondo in cui viviamo. L’appello a parlare con il cuore interpella radicalmente il nostro tempo, così propenso all’indifferenza e all’indignazione, a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica e strumentalizza la verità.

Comunicare cordialmente

Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e ne custodisce la libertà, senza violarla. Possiamo vedere questo stile nel misterioso Viandante che dialoga con i discepoli diretti a Emmaus dopo la tragedia consumatasi sul Golgota. Ad essi Gesù risorto parla con il cuore, accompagnando con rispetto il cammino del loro dolore, proponendosi e non imponendosi, aprendo loro con amore la mente alla comprensione del senso più profondo dell’accaduto. Essi infatti possono esclamare con gioia che il cuore ardeva loro nel petto mentre Lui conversava lungo il cammino e spiegava loro le Scritture (cfr Lc 24,32).

In un periodo storico segnato da polarizzazioni e contrapposizioni – da cui purtroppo anche la comunità ecclesiale non è immune – l’impegno per una comunicazione “dal cuore e dalle braccia aperte” non riguarda esclusivamente gli operatori dell’informazione, ma è responsabilità di ciascuno. Tutti siamo chiamati a cercare e a dire la verità e a farlo con carità. 

La comunicazione da cuore a cuore: “Basta amare bene per dire bene”

Uno degli esempi più luminosi e ancora oggi affascinanti del “parlare con il cuore” è rappresentato da San Francesco di Sales, Dottore della Chiesa, a cui ho recentemente dedicato la Lettera Apostolica Totum amoris est, a 400 anni dalla sua morte. Francesco di Sales fu vescovo di Ginevra all’inizio del XVII secolo, in anni difficili, contrassegnati da dispute accese con i calvinisti. Il suo atteggiamento mite, la sua umanità, la disposizione a dialogare pazientemente con tutti e specialmente con chi lo contrastava lo resero un testimone straordinario dell’amore misericordioso di Dio. Una delle sue affermazioni più celebri, «il cuore parla al cuore», ha ispirato generazioni di fedeli, tra cui San John Henry Newman che la scelse come motto, Cor ad cor loquitur. «Basta amare bene per dire bene», era uno dei suoi convincimenti. 

È a partire da questo “criterio dell’amore” che, attraverso i suoi scritti e la sua testimonianza di vita, il santo vescovo di Ginevra ci ricorda che “siamo ciò che comunichiamo”. Lezione oggi controcorrente in un tempo nel quale, come sperimentiamo in particolare nei social network, la comunicazione viene sovente strumentalizzata affinché il mondo ci veda come noi desidereremmo essere e non per quello che siamo. 

Parlare con il cuore nel processo sinodale

Come ho avuto modo di sottolineare, «anche nella Chiesa c’è tanto bisogno di ascoltare e di ascoltarci. È il dono più prezioso e generativo che possiamo offrire gli uni agli altri». Da un ascolto senza pregiudizi, attento e disponibile, nasce un parlare secondo lo stile di Dio, nutrito di vicinanza, compassione e tenerezza.  Sogno una comunicazione ecclesiale che sappia lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, gentile e al contempo profetica, che sappia trovare nuove forme e modalità per il meraviglioso annuncio che è chiamata a portare nel terzo millennio. Una comunicazione che metta al centro la relazione con Dio e con il prossimo, specialmente il più bisognoso, e che sappia accendere il fuoco della fede piuttosto che preservare le ceneri di un’identità autoreferenziale. Una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità dalla carità.

Disarmare gli animi promuovendo un linguaggio di pace

Parlare con il cuore è oggi quanto mai necessario per promuovere una cultura di pace laddove c’è la guerra; per aprire sentieri che permettano il dialogo e la riconciliazione laddove imperversano l’odio e l’inimicizia. Nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo è urgente affermare una comunicazione non ostile. bbiamo bisogno di comunicatori disponibili a dialogare, coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuori. Si rimane atterriti nell’ascoltare con quanta facilità vengono pronunciate parole che invocano la distruzione di popoli e territori. Parole che purtroppo si tramutano spesso in azioni belliche di efferata violenza. Ecco perché va rifiutata ogni retorica bellicistica, così come ogni forma propagandistica che manipola la verità, deturpandola per finalità ideologiche. Va invece promossa, a tutti i livelli, una comunicazione che aiuti a creare le condizioni per risolvere le controversie tra i popoli.

Il Signore Gesù, Parola pura che sgorga dal cuore del Padre, ci aiuti a rendere la nostra comunicazione libera, pulita e cordiale.
Il Signore Gesù, Parola che si è fatta carne, ci aiuti a metterci in ascolto del palpito dei cuori, per riscoprirci fratelli e sorelle, e disarmare l’ostilità che divide.
Il Signore Gesù, Parola di verità e di amore, ci aiuti a dire la verità nella carità, per sentirci custodi gli uni degli altri.

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