La più bella apparizione

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Condividiamo l'omelia di padre Orlando Hoyos durante la Messa celebrata presso la Casa Generalizia dei Missionari della Consolata a Roma l'undici aprile, martedì dell'ottava di Pasqua. Come portare la Pasqua di Gesù sui sentieri della storia per mezzo della missione.

All'udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. (Atti 2,37-38)

Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo» (Gv 20,11.15)

Nella PRIMA LETTURA molti di coloro che ascoltavano il discorso di Pietro il giorno di Pentecoste si lasciarono convincere dalla sua testimonianza e domandavano: “che cosa dobbiamo fare?”. La risposta di Pietro è molto chiara: convertirsi, abbandonare il cammino anteriore, sbagliato, proprio di una “generazione perversa”; credere in Gesù; ricevere il battesimo che darà il perdono dei peccati e il dono dello Spirito Santo.

In questi giorni, i nostri vescovi Colombiani che sono venuti a Roma per la visita “ad limina” e per quello hanno dovuto riempire un sacco di documenti per informare i dicasteri. Loro sembrano particolarmente interessati alla statistica di sacramenti: quanti battesimi, quanti matrimoni ecc... come nei tempi da guinness dei primati di San Francesco Saverio, o di San Pietro Claver ed altri famosi missionari. Anche fra di noi questo aveva un valore. Per esempio il padre Bruno del Piero prometteva a Monsignor Cuniberti, all’inizio di un viaggio missionario in mezzo alle foreste del Caquetá dalla durata di un mese, che sarebbe tornato con almeno 100 battesimi celebrati e scritti nel libro della parrocchia.

A questo punto potremmo domandarci, noi che siamo stati parroci, se veramente abbiamo evangelizzato seguendo le tappe che indica il vangelo di Luca esposte da Pietro o si piuttosto abbiamo avuto troppa fretta di mostrare risultati. 

“Mostrare risultati” non è sempre una buona cosa, per esempio in Colombia questo esigeva il governo ai militari: i risultati in quel caso era il numero di guerriglieri, i “nemici della patria”, eliminati o fuori combattimento. Si premiavano le persone con incentivi come denaro, vacanze o un viaggio in Israele dove è operativo un contingente colombiano. Cosa facevano allora i militari? Prendevano dei contadini, li ammazzavano, li vestivano ed armavano con uniformi e armi della guerrilla e li conteggiavano come morti in combattimento. Quando si rivelò la verità, questi furono chiamati “falsi positivi”.

Nelle nostre missioni potrebbe occorrere qualcosa di simile all’ora di presentare risultati alla Chiesa istituzionale: invece dovremmo muoverci nella direzione di una chiesa meno proselitista e più disposta ad evangelizzare, soprattutto con l'esempio: abbiamo le esperienze della missione tra i Yanomami in Brasile o nella Mongolia. Ieri a Nepi, nella casa delle Suore Missionarie della Consolata, abbiamo ascoltato testimonianza molto interessanti che vanno in questa direzione da missionarie che lavorano in Usbechistan e Kirghizistan.

Nel VANGELO, Maria Maddalena, che non sa che Gesù è risorto, vuole avere almeno il corpo di Gesù, per non rimanere nell’incertezza. Anche in Colombia molte mamme e famiglie non hanno pace finché non ricuperano i corpi di famigliari uccisi dalla guerriglia o dall’esercito. Poter dare cristiana sepoltura a un congiunto è una cosa che si chiede con insistenza alla commissione di giustizia e pace, si tratta di un piccolo ma significativo sollievo alla loro sofferenza. 

Invece Maria Maddalena riceve in esclusiva un premio molto più grande e vede Gesù Risuscitato ancora prima degli apostoli. È lei che va a raccontare la buona notizia e si converte dunque in apostolo degli apostoli.

Per noi oggi l’augurio è di non essere meno di Maria in questa nuova Pasqua che il Signore ci ha permesso di celebrare: questa Pasqua ci interpella e provoca; vuole riempirci di energia e di allegria. Nel nostro stile di vita si dovrà notare che crediamo veramente nella Pasqua del Signore: che lui e risorto, che ha perdonato i peccati, che abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo e apparteniamo alla sua comunità che e la Chiesa.

Aiutati dalla fede sicuramente comprendiamo che il Signore ci ha chiamati per nome quando ci ha chiamato alla vita cristiana, religiosa e sacerdotale come abbiamo sentito nelle biografie di ognuno di noi in questi giorni. La sua chiamata ha toccato la nostra anima come era successo a coloro che ascoltavano Pietro il giorno di Pentecoste. Il nostro annuncio missionario solo sarà convincente se sgorga dall’esperienza del nostro incontro personale con Gesù. 

Nell’eucaristia che celebriamo abbiamo ogni giorno un incontro pasquale con il Risorto che condivide con noi il pane come fece con i discepoli dopo la resurrezione.  Questa è oggi la più bella apparizione che non ci fa invidiare né gli apostoli ne i discepoli di Emaus ne Maria Maddalena.

 

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