San Giuseppe per i Missionari della Consolata

Foto e testo: celebrazione di San Giuseppe dei Missionari e Missionarie della Consolata Foto e testo: celebrazione di San Giuseppe dei Missionari e Missionarie della Consolata Tutte le foto Sozzi JA
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Vi propongo S. Giuseppe in particolare come modello di fedeltà e di vita interiore. Egli non ha fatto miracoli, non ha predicato, eppure fu così santo perché fu umile e fedele alle piccole cose. Fedeltà alle piccole cose, questo è il segreto delle comunità. La grazia che gli ho domandato per voi è di avere una fedeltà ferrea, fedeltà dal mattino alla sera, senza perdersi d’animo (...) Questa deve essere in voi una devozione “incarnata”. Dopo nostro Signore e la Madonna viene S. Giuseppe, senza cercare altri. (Così vi voglio, n. 190)

Questa pagina, che raccoglie riflessioni del Fondatore a proposito di San Giuseppe, è scritta con un linguaggio semplice ma contiene molti spunti, vorrei sottolinearne due che mi sembrano utili per illuminare la nostra vita missionaria.

Di Giuseppe la prima cosa che possiamo dire è che non parla niente, non si ricorda nel vangelo una frase detta da lui, ma dice comunque tante. Possiamo imbatterci in una infinità di libri su di lui ma nel vangelo non si ricorda nemmeno una sua parola. Eppure, come ricorda un sacerdote, “di Giuseppe non sappiamo come parlava ma sappiamo bene come pensava, cosa sognava e cosa faceva, e questo non è poco”.

Una prima immagine che possiamo prendere per la nostra vita, come ci ricorda anche il Fondatore, è la fedeltà alle piccole cose. Nella vita non ci capita tutti i giorni di fare grandi scelte o fare gesti forti, ma nella vita siamo chiamati al tran tran quotidiano e magari a ripetere tante cose, per tanto tempo e per tanti anni. Il Fondatore ci invita a valorizzare queste piccole cose perché il segreto sta nel modo come le affrontiamo. Far bene le piccole cose, con amore ed entusiasmo, è pur sempre fare qualcosa di grande. Quindi in questo tempo nel quale siamo alla ricerca di scelte coraggiose ed opzioni radicali non dimentichiamo che tutto questo, anche il martirio come la donazione della vita, nascono dalle scelte quotidiane, dal coraggio di accettare il quotidiano. Quante volte sogniamo qualcosa di diverso che non abbiamo e non ci accorgiamo dei fratelli e delle sorelle, delle circostanze e del lavoro che abbiamo lì. Giuseppe ci insegna la fedeltà a queste cose.

Un altro elemento che mi sembra forte nella persona di Giuseppe è la sua forza davanti alle sofferenze e alle crisi della vita che anche lui ha dovuto affrontare. Giuseppe si è trovato in notti oscure e di sofferenza. Immaginate la crisi quando scopre che la sua sposa è incinta e che lui, secondo la legge, avrebbe dovuto denunciarla per farla lapidare. Deve aver vissuto una crisi profonda con la volontà di Dio che gli chiedeva qualcosa di umanamente difficile da accettare e con la sua legge che gli stava chiedendo qualcosa che non avrebbe voluto fare. La storia di Giuseppe non comincia come una favola ma è sofferenza, sacrificio, lotta, combattimento. Assieme a Maria si trova a vivere un progetto che cambia tutti i loro progetti.

Questo mi fa pensare alla sofferenza nella missione: le incomprensioni e le difficoltà che oggi non ci fanno vivere bene il nostro carisma; lo scoprirci in qualche occasione inadeguati, in affanno e in ritardo su tante cose; l’impedimento di non capire sempre bene questo mondo, la nostra comunità, quello a cui siamo chiamati. La sofferenza anche di vivere l’eucaristia nei momenti più complicati quando abbiamo a che fare con situazioni pesanti e dure.

Eppure Giuseppe era un uomo giusto che ha sognato le cose di Dio e ha saputo viverle e metterle in pratica. Anche questo elemento fa parte della nostra vita. In tanti anni di servizio all’Istituto ho trovato missionari entusiasti ma anche missionari amareggiati e delusi, e queste sono le crisi profonde che dobbiamo affrontare con la forza, il coraggio e l’onestà di Giuseppe. Giuseppe non è un santo facile, ha dovuto affrontare l’oscurità e la sofferenza ma l’ha fatto con la gioia del dono totale di se al Signore.

Anche noi cerchiamo allora di essere uomini giusti e, come Giuseppe, disposti a fare i sogni di Dio e la sua volontà. Chiediamo il coraggio, anche nei momenti difficili, di andare avanti nella missione sapendo che stiamo vivendo qualcosa che è molto più grande di noi.

* Padre Stefano Camerlengo è Superiore Generale dei Missionari della Consolata

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