Questi due grandi sacerdoti sono uniti inseparabilmente: lo furono nella vita e lo resteranno nel ricordo dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, come egregiamente scrisse il Padre Sales: «Come Dio volle uniti i due degni sacerdoti nell'opera grande da essi edificata, così essi sono e rimarranno uniti nella memoria e nell'affetto nostro».
Vorrei richiamare e approfondire brevemente quell'esempio mirabile e quel carisma forse unico, che Dio ha offerto a noi, Missionari e Missionarie della Consolata, nella amicizia e collaborazione dell'Allamano e del Camisassa, e vederci come un’eredità preziosa, il messaggio spirituale, quanto mai valido e attuale, che ci viene dato commemorandoli insieme. Si tratta di una ispirazione e modello di rapporti e di collaborazione, a livello sia di persone e membri nell'Istituto, sia dei due Istituti fra loro.
Amicizia e collaborazione: «ci siamo amati nel signore»
Com’è noto, l'Allamano e il Camisassa convissero e lavorarono insieme per quarantadue anni, dal 1880, quando Mons. Gastaldi, nomina il giovane sacerdote Allamano Rettore della Consolata (e il Camisassa, per volontà del nuovo Rettore ne divenne economo), fino alla morte del Camisassa (18-8-1922). Tutte le opere, cui l'Allamano mise mano - i restauri della Consolata, il rinnovo del Convitto e specialmente la fondazione dei due Istituti Missionari e l'inizio e organizzazione delle Missioni in Africa - ebbero anche l'appoggio entusiasta e totale del suo collaboratore.
Il Fondatore «...non si sarebbe deciso al grave passo (di fondare l'Istituto), se non si fosse trovato a fianco un uomo della tempra e dell’abilità del Camisassa» (P. Sales); ma questi non agì mai indipendentemente, non si attribuì mai nulla in proprio; fu sempre il braccio destro e come l'ombra dell’Allamano. dal quale partiva l'idea e al quale, in ogni caso, era riservata l’ultima parola e la decisione operativa.
Furono amici, furono diversi; e per questo poterono fare opere straordinarie. Con quale spirito e metodo? Quale fu il loro segreto di amicizia, di collaborazione, di successo? Il segreto va ricercato in questa confidenza del Padre Fondatore: «Se abbiamo fatto qualcosa di buono è appunto perché eravamo tanto diversi; ma ci siamo promessi di dirci la verità, e l'abbiamo sempre mantenuto; se fossimo uguali non avremmo visto i difetti l’uno dell'altro e avremo fatto molti sbagli di più». Quando morì il Camisassa, l'Allamano disse: «Erano 42 anni che eravamo insieme; eravamo una cosa sola; ci siamo sempre amati in Dio».
Pensando a questo mirabile esempio di amicizia e collaborazione, viene naturale auspicarlo su di noi oggi. Il carisma della nostra fondazione comporta questo dono divino, che è un impegno per noi: volersi e sapersi accettare nella diversità che siamo e abbiamo di carattere, di capacità e limiti, di funzioni e servizi; rispettarci e collaborare in una sincera amicizia, ma dicendoci sempre la verità; e amarci fedelmente e instancabilmente nel Signore.
Ecco il messaggio che la presente commemorazione indirizza ai membri dei nostri Istituti; e mi sembra così bello e importante, che ciascuno dovrebbe accoglierlo come un messaggio rivolto a sé personalmente e secondo esso orientare i rapporti con gli altri membri della Comunità e dell’Istituto. Allora la varietà e la diversità, che esiste fra persone e persone, fra funzione e funzione, fra Comunità e Comunità diventerà una complementarietà benefica e fruttuosa, come si operò nella collaborazione e nell’amicizia dell'Allamano e del Camisassa; e il nostro spirito di famiglia sarà una realtà evidente, una testimonianza sicura che viviamo secondo lo spirito della nostra fondazione.
Unione fra i due Istituti
Nella lettera con la quale il Padre Fondatore annunciava ai suoi Missionari e Missionarie la morte del Vicerettore, scrisse: «Le sue (del Camisassa) ultime parole, che disse suo testamento, furono di unione fra i Missionari e le Missionarie». Questa dichiarazione del nostro Padre esprime la seconda parte del messaggio di questa commemorazione del venerato Can. Camisassa: i due Istituti furono ispirati al Padre Fondatore, da lui ideati e voluti, per avere lo stesso scopo e lo stesso spirito, per lavorare e collaborare insieme nel rispetto della loro diversità, ma uniti nel Signore.
Si trattò, evidentemente, di un gesto simbolico, di grande importanza per il Camisassa e anche per noi. Con esso, anche sul letto di morte, il Vicerettore diede testimonianza di quella che era stata la principale preoccupazione sua e dell’Allamano: l’unione e la carità fraterna fra i Missionari e le Missionarie, figli e figlie dello stesso Padre e fondati per lo stesso fine.
L'omaggio che tributiamo oggi al Can. Camisassa, nel contesto e nella luce dell’Anno dedicato al ricordo del Padre Fondatore, possa aiutarci a comprendere e a vivere più generosamente l'esempio, il carisma e il messaggio che ci viene dalla sua vita. Poiché è, sostanzialmente, un impegno di amicizia, di unione e collaborazione fra Missionari e Missionarie, fra Istituto e Istituto, l’affidiamo soprattutto alla forza di amore e di comunione che l’Eucarestia alimenta in chi la celebra e la riceve. (in occasione della traslazione della sua salma, Da Casa Madre, Gennaio 1977, pp.4-5.15-18)
*Mario Bianchi è stato Superiore Generale dal 1969 fino al 1981