Vita cristiana in Marocco

Padre Renato sulla porta della sua parrocchia di Casablanca. Padre Renato sulla porta della sua parrocchia di Casablanca. Foto Zilio.
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Da qualche mese i Missionari della Consolata lavorano nella città di Oujda, prossima alla frontiera occidentale del Marocco con l’Algeria. Il loro impegno è farsi prossimi ai migranti subsahariani che arrivano in gran numero percorrendo la rotta che vorrebbero terminare in Europa; farsi prossimi significa salute, educazione, riposo, accoglienza e, spesso, anche vita cristiana. All’altro estremo del paese affacciata sull’oceano, è la molto più nota città di Casablanca... ma anche là essere chiesa significa affrontare gli stessi problemi e le stesse emergenze. Precisamente da Casablanca, per mezzo del padre Francesco IMC, ci giunge l’interessante testimonianza di padre Renato Zilio, missionario scalabriniano... che ha lavorato per molti anni scrutando anche le opportunità di fede che la migrazione offre. 

Notre Dame de Lourdes

Sono p. Renato Zilio, missionario scalabriniano e da poco meno di tre mesi mi trovo alla parrocchia Notre Dame de Lourdes di Casablanca. 

Una chiesa immensa, vetrate magnifiche da cattedrale francese, una grotta di Lourdes di fronte, a grandezza naturale. Alla domenica la chiesa si riempie di... qualche europeo e centinaia di cristiani da tutta l'Africa dell'ovest: Benin, Togo, Guinea, Senegal, Burkina, residenti a Casablanca. Ma notte e giorno, come un flusso continuo, arriva un'umanità in cammino: giovani migranti subsahariani. Hanno in testa un sogno: l'Europa. A volte, adolescenti, hanno rubato in casa i soldi ai genitori, mettendosi in viaggio per una vera, inimmaginabile via crucis tra  Mali, Niger, Algeria e Marocco. Così triste, dura e umiliante che su questo spesso non aprono bocca! Come un macigno, che pesa nell'anima, impossibile da sollevare. Vivo con altri 3 preti: Antoine francese, Roger, Centrafrica, André camerunese. Inoltre, con noi vivono in canonica 11 giovani migranti musulmani subsahariani (i 2 miei vicini di camera hanno la tubercolosi), altri 9 in un abitato adiacente. Sono da proteggere e, appena possono, ripartono. Alcuni sono malati, altri feriti. A metà giugno é venuto il servizio sanitario locale per controllare tutti quelli che abitano qui, se siamo contagiati dalla tubercolosi. 

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La comunità cattolica degli studenti subsahariani di Oujda è in festa. 5 di loro hanno ricevuto la cresima dal cardinale di Rabat Cristóbal López Romero. Foto Giuliani.

I giovani subsahariani

Altri giovani migranti subsahariani arrivano notte e giorno alla parrocchia, a piedi, allontanati dalla frontiera, a centinaia di km da qui...  Vicino alla stazione di Casablanca ce ne sono centinaia, stendendosi di notte su un pezzo di cartone. Il lunedì e venerdì, nella mattinata, li vedi arrivare qui a frotte per la colazione, a volte grattandosi dappertutto per le punture di insetti notturni. Prepariamo velocemente le lunghe "baguettes" francesi con sardine, margarina e caffelatte. Le altre mattine vengono alla nostra Caritas per vestiti, consulenze, medicinali. Spesso c’è da accompagnarli all'ospedale per ore e ore, pagando loro ogni esame e visita. L'altro giorno ho accompagnato Mamadou, della Guinea, con il bacino fratturato, perché caduto alla frontiera. Siamo entrati in pronto soccorso alle 10 del mattino  e tornati a casa alle 11 di notte; abbiamo pagato radiografie, ecografia e scanner ma la fortuna è stata che l’ospedale ha fatto l’intervento gratuitamente. Do sempre il mio passaporto come prestanome, perché loro sono spesso privi di ogni documento. Nei prossimi giorni avró altri da accompagnare, non risparmiando né tempo, né denaro... 

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Migranti subsahariani a Rabat. Foto Zilio.

Curare, confortare, proteggere

"È compito della Chiesa, in nome del suo vangelo, umanizzare questa emigrazione,... curare, confortare, proteggere! " ci ripete spesso per incoraggiarci père Antoine, il parroco, vicario generale della Diocesi. Nel suo ufficio con quattro materassini ospita altrettanti giovani migranti musulmani. Una dozzina di bravi giovani subsahariani siamo riusciti quest'anno a dirottarli alla scuola dei mestieri Don Bosco di Kenitra, con una borsa di studio, per restare in Marocco. Altri ad iscriverli gratuitamente all'Istituto Cervantes per lo spagnolo, o all'Institut Francais... chissà, per costruire un futuro qui. "L emigrazione é come l'erba cattiva, sospira Alhassane, 18 anni, piú la tagli, più resiste!" Poi, ti confessa che da noi in parrocchia vive "come in un'oasi, fuori é l 'inferno!" Ed é ció che lo aspetta, per davvero. Perché si  intestardisce ad arrivare in Europa, costi quel che costi... sperando nella "chance" come la chiamano loro. Un colpo di fortuna. Chi si é spezzato una gamba spesso alla barriera di 7 metri della Spagna, spera di guarire presto, per ritentare la sorte. Abbiamo ora il progetto di offrire almeno una doccia calda, un kit sanitario, un buon pasto a tutti quelli che sbarcano qui in parrocchia, di notte o di giorno...

Allora, se qualche briciola della vostra tavola - un aiuto anche piccolo, - fosse per noi, sarà per noi un'immensa gioia. Con questa umanità, fatta di giovani pieni di speranza e di disperazione, vi diciamo un grazie di cuore e anche una preghiera. Sí, alla nostra grotta di Lourdes, a Casablanca. Dove pure i musulmani vengono a pregare, accendendovi una candela. La fede, infatti, é una luce per tutti. Soprattutto per chi sa aiutare l'altro a vivere. O a sopravvivere... 

* Renato Zilio, missionario scalabriniano. A PROPOSITO DEI SUOI SCRITTI E IL SUO LAVORO

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