ASCOLTA
Consolate, consolate il mio popolo dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati".
Una voce grida: "Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato". Una voce dice: "Grida", e io rispondo: "Che cosa dovrò gridare?".
Ogni uomo è come l'erba e tutta la sua grazia è come un fiore del campo. Secca l'erba, il fiore appassisce quando soffia su di essi il vento del Signore. Veramente il popolo è come l'erba. Secca l'erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura per sempre.
Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: "Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri" (Isaia 40,1-11)
RIFLETTI
Nella prospettiva cristiana, la vera consolazione è sempre quella che viene da Dio, per mezzo degli uomini, o direttamente da Lui; tanto è vero che Gesù, nel racconto giovanneo dell’Ultima cena (14, 16), promette ai suoi discepoli la venuta del Paraclito, il Consolatore, che è lo Spirito Santo.
Nel Nuovo testamento il verbo greco della consolazione è parakalein, usato nel senso di incoraggiare, esortare, sostenere, confortare i sofferenti.
Nella lingua ebraica dell’Antico Testamento, il radicale usato per esprimere l’azione di consolare è NHM. Esso significa far respirare, portare sollievo,far tirare il fiato in una situazione di dolore, di paura (cfr Gen 50,21). E’ usato più di 60 volte, e dà origine anche a nomi propri, come Menahem, Naum e Capharnaum. La forma nominale è “Tanhum” che significa “consolazione”, aiutare cioè una persona depressa, oppressa, schiacciata da non poter più tirare il fiato, a respirare nuovamente.
Il capitolo 40 del libro di Isaia costituisce il prologo al «libro della consolazione» (cap. 40-55), attribuito al Secondo Isaia, profeta operante al tempo dell’esilio in Babilonia (550-539 a.C). Il secondo Isaia sente e vede un popolo scoraggiato, indebolito, che ha bisogno di essere consolato e spronato, di credere ancora che Adonai non lo ha abbandonato ed è ancora al suo fianco.
La sua profezia è consolazione:«Consolate, consolate…» (Is 40,1).Non si tratta semplicemente di pronunciare parole di conforto, ma di operare affinché il destinatario della consolazione venga sollevato e liberato dalla situazione difficile in cui versa. Il contenuto di questo messaggio-azione consiste nel convincere Gerusalemme che la sua tribolazione è finita e la strada del ritorno è aperta. L’azione concreta per realizzare la consolazione è «Preparate la via».
È Dio stesso che annuncia la fine della schiavitù: « Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù.
Il ruolo del profeta è quello di annunciare la consolazione. Il tempo della schiavitù è finito, è finita la punizione ed è arrivata l’ora del ritorno. Israele ha superato ogni sofferenza e tribolazione e questa sofferenza ha come ricompensa la consolazione: arriva la consolazione di Dio (cfr. Is 49,13-16).
Nel deserto preparate la via al Signore. Inizia il nuovo esodo e il riferimento al «deserto», oltre che una precisa indicazione delle steppe siriane che avrebbero dovuto attraversare i deportati in Babilonia, vuol essere soprattutto un rimando all’esperienza del primo Esodo, con tutti i prodigi che lo avevano accompagnato.
Il Signore Dio viene con potenza. È il grande «Avvento» del Dio che «salva» nella sua terra: è una venuta di riconciliazione e di amore! Con il popolo che ritorna dall’esilio anche Gerusalemme rifiorisce. Dio stesso consolerà Sion sarà il suo Menahem. Il suo amore si rivelerà come l’amore di un pastore buono: "Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri" (Is 40,11).
PREGA
“Noi esseri umani abbiamo sempre bisogno
di consolazione, anzi di un’infinita consolazione.
Abbiamo sempre bisogno di essere consolati,
confortati nella nostra sofferenza
strutturale, nella nostra fragilità, nella precaria
giornata terrena.
Non abbiamo bisogno di molto altro,
ma solo di infinita consolazione:
tutto perciò dovrebbe essere finalizzato
a questo scopo: il lavoro, la sapienza,
ogni forma di compassione e di amore,
siano modi per consolare, per dire
all’essere umano: tu hai un grande valore,
non temere, non sei solo, e questa scarpata
ripida e dolorosa ti sta portando
sempre più prossimo alla gioia, a tutto ciò
cui aneli, spesso senza nemmeno saperlo”.
(Marco Guzzi, Darsi pace).