I missionari della Consolata hanno, nelle comunità indigene di Maturuca, una leadership storica che è stata fondamentale per il riconoscimento dell’area indigena. Questa piccola città, uno dei centri del territorio indigeno del nord di Roraima, il più settentrionale degli Stati brasiliani, narra la storia di un cammino difficile di emancipazione delle comunità indigena, un cammino solido, consistente ma con anche qualche preoccupante segno di fragilità.
Dall'esterno, la debolezza istituzionale delle comunità indigene è "evidente", ma sul campo la questione è diversa. Hanno la proprietà legale della terra e un sistema di amministrazione semplice e funzionale nella quale si manifesta la organizzazione comunitaria di questo popolo proprietario di un territorio immenso e bellissimo. Il punto debole è la dipendenza dallo Stato e dalle organizzazioni internazionali per molti dei suoi progetti, ma questo è un problema comune a tutte le aree rurali dell'America Latina.
A differenza di molti altri, le comunità indigene brasiliane hanno un chiaro nemico politico: Jair Bolsonaro e il suo movimento: la BBC ha riassunto la sua opposizione nel fatto che rifiuta di delimitare nuove terre indigene, promuove l'estrazione mineraria e l'espansione dell'agroalimentare su quelle terre, parla di "integrazione" dei loro popoli nella società brasiliana, contrariamente a quanto dice la Costituzione, e ha nominato persone contrarie ai loro interessi o con poca esperienza a capo degli organismi che li servono.
Proprio come negli Stati Uniti con Donald Trump, un linguaggio aggressivo e spudorato viene utilizzato per presentare come necessarie e persino "cristiane" le aggressioni più dure contro le minoranze in difficoltà.
I Macuxí fanno parte della famiglia dei Carib e il territorio dove sono diffusi tocca tre nazioni: il Brasile, il Venezuela e la Guyana: in Venezuela sono pochi, in Guyana sono molto più importanti e hanno persino un vicepresidente, in Roraima sono il gruppo etnico indigeno più numerosoe grazie al loro numero cercano di resistere agli attacchi di coloro che li vorrebbero cancellare. La storica decisione presa dagli indigeni accompagnati anche dai missionari "ou vai ou racha" ("o nuotiamo o affondiamo") li portò a dichiarare già nel 1977 che non si potevano bere alcolici nei territori senza il permesso della comunità. Così si spezzò la catena che permetteva ai proprietari terrieri di pagare il lavoro degli indigeni con liquori che erano lo strumento perfetto per tenerli in schiavitù. Erano 16 i leader indigeni che avevano preso in mano con forza la difesa delle loro terre: oggi la maggior parte di loro è stata assassinata ma hanno dato vita a un'unità e a una lotta che non si è conclusa e che si insegna in tutte le scuole del loro territorio.
Quattro giovani di Manuparú mostrano sorridenti i loro appunti sulla lingua macuxí al padre James Murimi
Oggi esistono 4 regioni, Serras, Surumú, Baixo Cotingo e Raposa, che costituiscono il territorio Macuxí Raposa Serra do Sol. Si tratta di 1,7 milioni di ettari riconquistati ai grandi proprietari terrieri che li avevano avuti in concessione da un potere federale che per anni aveva favorito l'esproprio e la colonizzazione delle terre indigena.
Grazie all'invito del responsabile dell'Area Missionaria, padre James Murimi Njimia IMC, siamo arrivati a questo immenso territorio, per una esperienza di evangelizzazione, un missionario laico della Consolata e un laico della pastorale afro, entrambi originari della città di Cali, in Colombia.
Una delle prime cose che hanno richiamato la nostra attenzione sono stati i bambini: sono molti e ti si avvicinano con uno sguardo serio e curioso al tempo, con caute domande e una giocosità collettiva dirompente. La loro bellezza è lontana dalla superficialità delle città; la loro è una storia fatta di lotte per la terra, la cultura e la difesa della natura che ha bisogno della saggezza degli anziani come della forza della gioventù.
Soprattutto le donne più anziane fanno in modo di mantenere vive le tradizioni con canti, danze e preghiere. I più giovani sanno che "el pueblo unido jamás será vencido” per cui l’impegno non po’ affievolirsi.
L'unità, l'ospitalità e la spiritualità si esprimono nella maloka, dove tutti si rivolgono a Dio in giri e danze fatte attorno all'asse principale di questo edificio circolare.
Nella loro quotidianità si va a letto presto la sera per poi alzarsi molto prima dell’alba per lavorare tutto ciò che serve per l'orto o il bestiame.
Nella comunità la vigilanza è attenta, ci sono sempre degli occhi da qualche parte: i gommoni dei garimpeiros (cercatori illegali d’oro), i veicoli governativi e gli altri visitatori sono osservati da lontano. Anche se non c’è energia elettrica le notizie viaggiano di bocca in bocca più velocemente di quanto si possa immaginare. Minerali come l'oro e il petrolio, e persino i terreni meglio posizionati lungo i fiumi, possono iniziare a essere rubati in modo disordinato, se la gente non è vigile.
Per muoversi in questo immenso territorio sono necessarie ore di viaggio in pick-up lungo strade dissestate; il territorio è pieno di igarapés, i piccoli corsi d'acqua che si presentano come profondi fossati, difficili da attraversare anche quando non piove; ci sono ponti di legno, ma non sono sufficienti; nella stagione delle piogge la circolazione è ancora più difficile: una strada leggermente in salita diventa viscida e un ostacolo insuperabile. le strade, che si dividono costantemente e spesso si mimetizzano con il terreno: se non le si conosce, si può finire a chilometri di distanza da dove si voleva andare. Viaggiare significa imparare a proteggersi dalla polvere nella stagione secca, e dalla pioggia e dal fango nella stagione umida.
L'ambiente naturale è costituito da grandi distese con poca erba e piccoli arbusti nelle zone pianeggianti e da una folta vegetazione e pietre giganti nelle prossimità delle montagne. Anche la popolazione è molto dispersa: ci sono piccoli villaggi di non più di 200 o 300 abitanti, separati da ore di macchina uno dall’altro. Non è facile visitarli con frequenza, quando il missionario raggiunge la comunità l’accoglienza è squisita: cibo, canti e danze eseguiti con strumenti e abiti tradizionali. Le autorità salutano uno per uno coloro che riconoscono come amici e alleati. Ogni persona che parla con un nuovo arrivato spiega la storia della comunità e semplici cose sulla sua propria lingua.
Mamma indigena macuxí a Manuparú
Il portoghese regna nelle conversazioni di bambini e giovani, ma tra gli ultratrentenni il Macuxí è vivo e vegeto: i missionari e le autorità hanno deciso di fare lo sforzo di conversare nella propria lingua, almeno una volta alla settimana, con insegnanti scelti tra gli stessi adulti e in classi in cui è assicurata la presenza di bambini e ragazzi. Un bambino che parla Macuxí con naturalezza è un tesoro raro nelle comunità, quasi sempre frutto della dedizione di una nonna.
Le piccole comunità sono anche di aiuto nella conservazione delle tradizioni e una garanzia per la vita tranquilla. Quando i villaggi diventano più grandi i tuxauas, i leader della comunità, fanno più fatica a tenere unita la gente che comincia ad acquisire i vizi tipici delle popolazioni urbane: iniziano le divisioni religiose; la tentazione di intossicarsi con l'alcol diventa più forte; la spiritualità tradizionale che ha sempre sostenuto lo stile di vita degli indigeni comincia a traballare.
La cosa positiva è che i popoli indigeni, come gli altri popoli brasiliani, hanno ancora tempo: le elezioni di ottobre sono ormai prossime e il “bolsonarismo” sembrerebbe già sconfitto dai suoi stessi eccessi. Missionari, catechisti, coordinatori, tuxauas, uomini e donne, che veglieranno affinché le conquiste delle lotte passate non vadano perse. Si sta scoprendo come essenziale promuovere spazi di comunicazione tra i popoli indigeni e la maggioranza degli abitanti delle aree urbane e anche sostenere nuova solidarietà con altri popoli lontani che favorisca collaborazioni più ampie capaci di “vincere” il male con il bene (Rm 12,21). Anche la presenza di Laici Missionari come la nostra, potrebbe essere un passo significativo per stabilire ponti con altre esperienze significative di servizio e di impegno famigliare e sociale.
* Rodrigo Alonso Daza Jiménez, Comunicazione della Pastorale Afro Cali.