In Occidente siamo abituati a vedere la storia come una lunga linea retta che va dal punto A, il passato, a un punto B, il futuro. Diritta, senza interruzioni, scientifica, misurabile.
Esiste invece una circolarità della storia che ha molto a che vedere con il sentire e la coscienza di ciascuno, con l'esperienza personale che, sappiamo molto bene, è fatta di rallentamenti, dietro-front, capovolgimenti di fronte, deviazioni ... e si alimenta di sentimenti, passioni e percezioni che non sempre riescono a tradursi in una conoscenza limpida, concreta.
Quanto è lungo un giorno? Perché certe giornate sembrano essere tutte uguali, affondate nella routine, quando altre, al contrario, appaiono molto movimentate, al limite dello stressante... quando, a ben vedere, sono scandite da un'agenda tutto sommato abbastanza simile?
In fondo, noi missionari viviamo questa circolarità della vita, così ben espressa da un'aforisma di Thomas S. Eliot che mi piace sovente ricordare:
Non smetteremo di esplorare.
E alla fine di tutto il nostro andare,
ritorneremo al punto di partenza
e lo conosceremo per la prima volta.
Ogni istante della nostra vita è sorgente di continue soste e ripartenze.
La storia della salvezza parrebbe rappresentabile con un'interrotta linea retta, che va dal momento originario della creazione alla fine dei tempi, alla redenzione. Tuttavia, la redenzione non è in realtà la ri-creazione dell'armonia degli inizi, prima del peccato? Tutta la storia della salvezza non è in fin dei conti la storia di un grande, eterno ritorno?
Come nella citazione di Eliot, Dio non ha mai cessato di "esplorare". Il suo andare si è sviluppato nel corso del tempo; la sua Parola si è mossa, non ha mai cessato di viaggiare in direzione degli esseri umani, colui e colei che dovevano essere incaricati della custodia di tutto quanto creato.
La liturgia del Natale, riassunta meravigliosamente dal Prologo del Vangelo di Giovanni (letto per ben tre volte in meno di due settimane) ci parla del grande viaggio di Dio verso l'uomo. Dio si abbassa fino a raggiungere la sua creatura dove questa si trova. Assumendone l'umanità, ne visita gli anfratti abitati, le pieghe dell'esistenza, ne esplora gli angoli bui... fino al punto più basso, senza mai lasciarsi sfiorare dal peccato.
Nel Natale la storia di Dio e la storia dell'uomo si toccano, si abbracciano... a volte si allontanano perché l'uomo si ritrae, non accetta, non comprende l'avvicinarsi di Dio, ne ha paura e si nega.
"Venne nel Mondo, eppure i suoi non l'hanno riconosciuto" ... nonostante fosse la luce, capace di rischiarare le tenebre di esistenze buie.
L'insistenza di Dio diventa annuncio, testimonianza, testardaggine che solo l'amore può giustificare. La passione di Dio per l'uomo diventa la ragione della passione che l'uomo infligge a Dio... fino alla croce.
La croce, è punto di arrivo, ma anche di partenza, di risalita. Dio vuole prendere l'uomo per mano, ricondurlo alla sua gloria ... ma prima deve liberarlo dalle sue miserie, ripulirlo dalle scorie del suo peccato, condurlo fuori dai sotterranei della storia in cui si è introdotto e da cui non riesce ad uscire, per portarlo alla libertà, alla felicità che solo deriva dall'incontro con Dio.