Una lettura pastorale delle sette e dei vari nuovi gruppi religiosi

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Quali atteggiamenti e comportamenti nella pastorale?


1. Una visione panoramica


Una lettura pastorale delle sette e dei vari movimenti, a livello di Chiesa universale può essere fatta solamente rimanendo su un piano molto generico. Ha quindi dei limiti ma resta valida se è informata dalla prassi delle chiese locali. Una lettura a livello continentale-regionale ci permette di evidenziare alcuni fattori comuni grazie ad una comune base culturale e ad una comunanza nella religiosità popolare o primaria.

Emerge tuttavia un’impressione della realtà abbastanza generica, sia pure molto utile per comprendere elementi fondamentali della cultura e della religiosità vissuta in quella particolare regione. Nel nostro ministero pastorale dobbiamo essere coscienti e consapevoli della religiosità fondamentale o primaria. Questa, infatti, influisce molto sul modo di pensare, concepire, agire della gente della regione; sulle modalità del rispetto reciproco e sul come si ‘fa’ o ‘pratica’ il culto.

Il processo d’accettazione del ‘messaggio’ dal fuori si sviluppa in base alle condizioni del ricevente, al suo modo di comprendere con un particolare significato il ‘messaggio’ che viene cosi recepito. La cultura del ricevente determina il processo ermeneutico ed il modo in cui il messaggio è integrato. Nella tradizione Europea questa saggezza è conservata nel detto “quid quid recipitur per modum recipentis recipitur”. L’antropologia culturale e la fenomenologia della religione unitamente alle mie esperienze interculturali nel Pacifico ed in Asia mi hanno insegnato a seguire questo cammino di comprensione.

La lettura pastorale delle sette e dei nuovi movimenti deve essere fatta sulla base della cultura primaria o popolare di un popolo; senza escludere che tante culture di gruppi etnici condividano elementi fondamentali con quelle dei loro vicini. C’è sempre un legame fra culture vicine; una cultura arricchisce l’altra, grazie ad un costante scambio reciproco. Questo permette anche di raggruppare alcune culture di una regione, e di scoprirne le comunanze, senza negare le specificità che ogni cultura ha sviluppato ed apprezza con orgogliosità particolare.

1.1. Africa

Così si può parlare della religiosità degli Africani senza negare che sia vissuta ed espressa in mille forme diverse, secondo tradizioni e costumi sacri di ogni popolo. Anche in Africa non si costruisce una religione separatamente dalla dimensione sociale, economica e politica; perciò la vita comunitaria vincola tutti questi aspetti in un’esperienza olistica e inseparabile. I riti d’iniziazione che tutte le società africane praticano ci rivelano questa unità organica. Sono riti di grande importanza per assicurare la pienezza della vita. Essi esprimono il fondamento religioso-spirituale, politico, sociale ed economico della società e nello stesso tempo danno da parte loro non solamente una legittimazione ma soprattutto un impulso creativo al mantenimento e alla crescita della società in tutti questi aspettiI.

Il fenomeno delle Chiese Africane Indipendenti o delle Chiese degli Iniziati, che sono la parte della cristianità che cresce più rapidamente in alcune parti dell’Africa, è molto indicativo delle difficoltà e delle ambiguità del processo di cristianizzazione fatto dal Cristianesimo Europeo fra i popoli Africani. Perciò le chiese fondate dai missionari Europei devono studiare il fenomeno delle AIC (Chiese Africane Indipendenti) perché indicano le difficoltà e i problemi che gli Africani hanno con il cristianesimo Non- AfricanoII.

Secondo Becken:

- le AIC sono l’espressione di un movimento religioso. Compromettono un gran numero di comunità e sono la risposta africana al messaggio cristiano, una risposta che desidera adattare la vita della chiesa secondo forme africane e con guide africane.

- le AIC sono chiese di casa…

- le AIC sono severe in molte aree del comportamento etico… la loro fonte è la Bibbia, che interpretano letteralmente e che è la base della loro teologia…

- le AIC si dedicano ai bisogni che sono il risultato della rapida urbanizzazione e industrializzazione in Africa. Si interessano della disoccupazione e della separazione delle famiglie, prendono a cuore questioni sociali e di liberazione politica…

- … AIC hanno una forte espansione missionaria oltre i confini tribali e nazionali” III
Non sarà possibile che le AIC possano insegnare qualcosa alla Chiesa Cattolica e al suo ministero pastorale per il popolo di Dio in Africa?

1.2. Asia

La religiosità dei popoli dell’Estremo Oriente e dell’Asia Orientale ha comunanze che influiscono sull’atteggiamento ed il comportamento di questi popoli verso la religione, i loro culti e le celebrazioni religiose. Un culto non esclude l’altro. La religiosità popolare degli indi, musulmani e cristiani d’India, permette spesso la partecipazione a celebrazioni religiose e culturali di altre religioni.

La religiosità popolare dei Coreani è fortemente plasmato del sciamanismo asiatico tante comune e fortemente radicato nella vita della gente di questa regione d’Asia. Inoltre l’etica del confucianesimo ha lasciato un impresso forte sulla mentalità dei Coreani, che anche oggi influisce il loro comportamento e atteggiamenti nella vita familiare e sociale. Nessun altro paese in Asia ha abbracciato il cristianesimo – in forma del presbiteriana protestante di sfondo nordamericano e il Cattolicesimo di sfondo Occidentale – come un nuovo movimento religioso negli ultimi decenni dopo la guerra civile degli anni Cinquanta del ultimo secolo. La comunità cristiana nella popolazione si triplicato in solamente 30 anni. Il Cristiano Coreano che ha abbracciato la fede cristiana, non può negare suo legame alla pietà filiale confuciana e sua religiosità profondamente influenzato del Sciamanismo coreano. Questa realtà lascia una grande lavoro da fare per la riflessione teologica e pratica delle Chiese cristiane di Sud Corea. Senza una profonda conoscenza di questo fenomeno tutti gli operatori pastorali sono in pericoli di vivere una prassi ceca che non risponde alle profonde domande della gente di questo contesto culturale e religioso.

Al culmine della festa principale di un santuario della Madonna o del Bambino Gesù partecipano non solamente cattolici ma anche in gran numero indi, musulmani e cristiani protestanti. Come si può spiegare questo fenomeno e quali responsabilità ha la comunità che offre accoglienza ai membri di altre religioni? Cosi tutte le religioni principali possono accompagnare un Giapponese nelle sue varie fasi della vita. La religiosità in Asia è inclusiva! Che cosa significa questo per la nostra attitudine e comportamento pastorale verso gli Asiatici?IV

1.3. America

La cultura dei Nord Americani è fortemente influenzata dal messianismo dei Protestanti che fuggivano dall’Europa alla ricerca di Canaan. “Il fondamentalismo è uno sviluppo del ventesimo secolo dentro il Protestantismo evangelico Americano”.V Il biblicismo e l’individualismo sono le caratteristiche più notevoli del revivalism evangelico di questo fondamentalismo nordamericano. La cultura dominante non da’ tanto spazio alle altre correnti del cristianesimo, in particolare alla tradizione Cattolica ed Ortodossa, che si devono adattare e sottomettere a questa cultura dominante.

La religiosità popolare in America Latina, invece, è nutrita dalla religiosità tradizionale dei popoli indigeni e dal cattolicesimo popolare di Spagna e Portogallo tipico del tardo medioevo e dell’inizio dell’epoca moderna: una società feudale che ha trovato la sua forma nel barocco iberico coloniale. Il concilio di Trento (1542-1563) rafforzava soprattutto l’aspetto sacramentale e giuridico nella misura che servivano la società coloniale. Il catechismo serviva come una formula da memorizzare che garantisce l’ortodossia dei fedeli.

“Si possono ridurre tutti gli atti religiosi del cattolicesimo a 4 categorie:

I sacramenti: si parla di “costellazione sacramentale”. Il contatto con la Sacra Scrittura: lettura, preghiera ispirata, applicazione pratica dei suoi insegnamenti (“costellazione evangelica”). Gli atti di pietà: preghiera, culto verso i santi (“costellazione devozionale”). Le promesse: novena e altre devozioni per situazioni difficili (“costellazione protettiva”)VI”. Perciò il lazzarista colombiano Florencio Galindo parla di una deficienza dell’essenziale nel cattolicesimo Latinoamericano. “Questo cattolicesimo ha caratteristiche distintive e ben definite: scarsità d’evangelizzazione ed eccesso nella costellazione protettiva”.VII

Ci sono segni molto positivi del formarsi di una chiesa partecipativa in America Latina e in America del nord. La lettura della Bibbia è praticata non solo dai preti e non è più vista come un comportamento protestante. Il cattolico sta riconquistando il suo potere evangelizzatore.

1.4. L’Oceania

L’Oceania, il continente delle Isole, ha sperimentato una rapida cristianizzazione a partire dal 1797 a Tahiti, Polinesia. In due generazioni si è completata questa prima evangelizzazione della Polinesia. Dal 1836 è poi continuata in Melanesia e Micronesia. I primi missionari arrivarono sulle coste di Nuova Guinea, l’isola più grande del continente, nel 1871, e sugli altopiani o highlands nel 1932. L’anno dell’indipendenza, 1975, ha quasi coinciso con il compimento della prima evangelizzazione in Papua Nuova Guinea ed in tutta l’Oceania. Secondo le statistiche ufficiali sull’affiliazione religiosa dello stato indipendente di Papua Nuova Guinea i Cristiani sono oggi (2000) il 96%VIII. Tutta l’Oceania conta il 98% di Cristiani; ma le cosiddette “mainline” chiese dell’epoca della prima evangelizzazione dell’ottocento e del novecento hanno perso negli ultimi trenta anni sempre più membri ai nuovi gruppi religiosi a sfondo cristiano fondamentalista e contano oggi circa il 18% della popolazione delle isole PacificheIX.

Ma non si devono tirare conclusioni errate. La religiosità primaria della cultura melanesiana o polinesiana continua a nutrire la vita dei Cristiani battezzatiX. Un missionario luterano che studiava sia i nuovi movimenti religiosi sia i tradizionali movimenti in Nuova GuineaXI si è convinto che “il messaggio cristiano è stato capito da chi lo accoglie come un possibile sostituto per i miti tradizionali, o come un’alternativa; si crede che hanno la stessa funzione, lo stesso potere e anche la stessa efficacia che avevano i miti primitivi.”. Perciò

“La Chiesa non avrà realmente affrontato il problema della misconoscenza e della misinterpretazione del Vangelo, e come la Chiesa abbia fallito il segno nella sua predicazione, finché non intraprenda una seria valutazione teologica dei miti primitivi in Melanesia e scopra le domande fondamentali che i Melanesiani si chiedono attraverso questi miti”XII.

All’inizio rifiutavano la nuova religione, mentre nella seconda fase hanno cominciato ad aprirsi parzialmente ad essa, ma dal punto di vista della loro tipica comprensione della religiosità. Non comprendevano la religione come una cosa separata ma integrata nel tessuto della vita della comunità tribale.

La dimensione religiosa faceva parte integrale della visione olistica. Essa era intrecciata inseparabilmente con la dimensione sociale, politica ed economica della vita della genteXIII. Si può quindi capire la scelta fatta a favore della “religione” cristiana: una scelta di aggiunta del culto cristiano, molto potente, ma non contro i propri costumi e pratiche religiose.

Le delusioni provocate dalla mancata realizzazione delle attese che erano state parte della scelta di essere battezzati, hanno portato ad una crisi fra i missionari ed i popoli indigeni. Emersero numerosi nuovi gruppi religiosi, che inizialmente trovarono poca comprensione da parte delle Chiese cristiane fondate da missionari stranieri. Diversi antropologi occidentali per primi studiarono il nuovo fenomeno, più tardi a loro si unirono i teologi. John Strelan fu il primo teologo che poté studiare a fondo i nuovi movimenti religiosi. Il titolo del suo libro già rivela qual è la nozione chiave per capire l’attesa dei Melanesiani: “Ricerca per la salvezza”XIV.

Un importante passo avanti era fatto che permetteva ai ministri della chiesa di sviluppare una nuova attitudine pastorale e, da allora, anche un dialogo con gli aderenti ai nuovi gruppi religiosiXV.

Un articolo di ricerca di John Aranda Cabrino, pubblicato recentemente, descrive come egli abbia incontrato il “cargo movement” nella sua parrocchia in New Britain e come si sia sentito sfidato a capire il fenomeno di questo gruppo religioso Melanesiano tanto da convincersi a preparare delle schede per un dialogo con gli aderenti a questo movimento che sono nella sua parrocchiaXVI. Oggi i “Culti Cargo” condividono elementi essenziali: 1. Dipendenza da un mito che ha le sue radici nella tradizione storica che include il ritorno degli antenati 2. Credenza nel mito del “cargo”; 3. Credenza nella venuta di un redentore o messia, ecc.”XVII.

Una dimensione fondamentale che si trova nella cultura/religiosità melanesiana, è il messianismo. L’esegeta Belga Theo Aerts MSC ha verificato il parallelismo fra il messianismo nel cristianesimo primitivo e il messianismo melanesianoXVIII. Questa conoscenza ci aiuta nella lettura del fenomeno dei nuovi movimenti religiosi nel mondo melanesiano, dove varie forme dell’avventismo e messianismo predicato da missionari delle chiese protestanti – spesso del ramo anti- ecumenico - trova facile accesso. Soddisfano, infatti, in buona parte le aspettative presenti nella cultura indigena.

Il caso della Chiesa degli Avventisti del Settimo Giorno o Seventh Day Adventist, più conosciuto nel Pacifico sotto l’abbreviazione SDA, ci aiuta a capire lo sviluppo di un nuovo gruppo religioso a sfondo cristiano in una chiesa consolidata in Papua Nuova Guinea. I primi missionari arrivarono dall’ Australia già nel 1908 in British New Guinea e nel 1915 in British Salomon Islands. Le loro rigide regole di comportamento, in particolare il loro atteggiamento anti-alcoolico, e il loro forte spirito e credenza avventistico non hanno fermato una grande onda di nuovi membri negli ultimi tre decenni, tanto da causare una tremenda crescita dal 4.6% della popolazione al 10% nell’ultimo censimento del 2000.

Fino ad oggi le relazioni fra la Chiesa Cattolica e gli SDA sono molto rare. Nel 1995 ho avuto la possibilità di fare la conoscenza di un docente di storia della missione dell’ Università dei SDA per l’Oceania, che era vicina al nostro seminario Cattolico. Il nostro interesse comune nella storia delle missioni cristiane ci permise di aprire nuovi cammini di contatto e scambio. Il docente SDA veniva nel mio corso di Missiologia nell’Holy Spirit Seminary e io potevo presentare il sistema della missione Cattolica agli studenti della Pacific Adventist University con il risultato di diminuire le idee stereotipate sbagliate che si erano a lungo portate avanti.

1.5. Europa

L’Europa con le sue radici Ebraico-Cristiane, Ellenistiche e tribali – Germaniche, Celtiche e Slave – ha fatto un suo cammino particolare. Il cristianesimo è stato condizionato da queste radici. A sua volta, poi, la Chiesa Occidentale ha condizionato i popoli con la sua forma che ha trovato e sviluppato nella sua storia in Occidente. I due scismi - quello del 1054 e del 1520 - hanno dato vita a nuove forme di Cristianesimo, in particolare nell’Occidente, di tradizione della riforma.

All’inizio, in contrapposizione alla tradizione Romano Cattolica, le guerre religiose crearono come conseguenza l’illuminismo e, infine, il laicismo, che, insieme, al secolarismo promuove la privatizzazione della religione nello stile di vita della genteXIX. Fin dall’inizio il Protestantesimo promosse il soggettivismo religioso e la frammentazione del cristianesimo Occidentale, l’interpretazione individuale e soggettiva ha sostituito quella ecclesiale del magistero. Ma anche il Cattolicesimo promuove una spiritualità individualista sotto il tetto unificante della comunità ecclesiale vissuta soprattutto nella sua sacramentalità.

Ci sono indicatori che gli Europei contemporanei secolarizzati sono sempre di meno introdotti nella religiosità tradizionale di sfondo cristiano e di tradizione ecclesiale. Nello stesso tempo ci sono indicazioni di un certo rivival e ritorno della religione, ma spesso in forma della spread o patchwork religiosità. Le sette di sfondo cristiano ovviamente non attirano un gran numero di persone. I nuovi movimenti di tipo esoterico del new age invece sono molto in voga. I Culti trovano i loro seguaci in certi ambienti al margine della società. I paesi d’Europa orientale erano poco preparati all’invasione che sperimentarono dopo il crollo del muro di Berlino nel 1989. La chiesa di questi paesi non era abituata a fare una lettura pastorale del fenomeno delle sette o nuovi gruppi religiosi.

1.6. Conclusione

Alcune sette d’origine cristiana corrispondono ad un’aspettativa attuale delle culture primarie e si trova anche nel cristianesimo primitivo. La Chiesa cattolica ed altre chiese devono essere più attente a questa dimensione antropologico-religiosa. La liturgia dell’Avvento per es. ci dà la possibilità di rispondere a questo bisogno umano. Non si devono lasciare queste dimensioni ed elementi alle sette. D’altra parte non c’è bisogno di imitare le sette nella loro unilateralità di insistere esclusivamente su questi elementi.

E’ necessario avere un atteggiamento equilibrato e calmo.

2. Quali atteggiamenti e comportamenti?

Il rappresentante del consiglio per il dialogo interreligioso della curia Romana, Card. Francio Arinze, ci ha lasciato un consiglio molto saggio e equilibrato:

“La Chiesa, quindi, vede le persone che appartengono ai NMR (= Nuove Movimenti Religiosi) non come nemici da attaccare, ma come persone redente da Cristo, che ora sono in errore e con le quali la Chiesa vuole condividere la luce e l’amore di Cristo. Il fenomeno dei NMR è visto dalla Chiesa come un segno dei tempi. La Chiesa si sta sforzando di vedere «ciò lo Spirito dice alle Chiese» (Ap. 2, 7) attraverso questa situazione. Tali movimenti sono sfide per la Chiesa. La Chiesa, mentre è consapevole che i NMR investono soltanto una minoranza, non può astenersi dal porsi questioni come le seguenti: che cosa porta la gente a partecipare ai NMR? Quali sono i legittimi desideri della gente a cui questi movimenti promettono una risposta e ai quali la Chiesa dovrebbe andare incontro? Vi sono altre cause del sorgere e del diffondersi di questi movimenti? Che cosa vuole Dio che la Chiesa faccia in questa situazione?”XX

La pastorale deve saper rispondere ad ogni tipo di spirito settario, vale a dire ad “un atteggiamento intollerante unito ad un proselitismo aggressivo”XXI , all’interno e all’esterno della Chiesa. Lo spirito di comunione e di dialogo – due parole chiave del magistero del Concilio e dei Papi recenti - ci servono come pietra d’angolo nella costruzione di una comunità ecclesiale che traduca queste nozioni in prassi vissuta.

B. Borsato sottolinea il bisogno di “vivere la fede e la Chiesa in modo adulto”XXII.

“Se la Chiesa vuole essere messianica dovrà fare come Gesù, completare il suo messianismo impegnandosi nella solidarietà con gli uomini e nella loro liberazione. Il principale compito messianico sarà di insegnare agli uomini a vivere la giustizia e perseguirla con coraggio”XXIII.

La cura pastorale di parenti ed amici cattolici di una persona entrata a far parte di una setta richiede un atteggiamento e una consulenza sensibile per non rompere il rapporto e per lasciare le porte aperte. In alcuni casi i problemi della famiglia o una religiosità troppo rigida hanno causato la ‘conversione’. Tante famiglie che si sentono vittime delle sette aggressive, fondano gruppi o associazioni di auto-aiuto.

La pastorale deve essere pronta ad assistere, quando è richiesta da questi genitori. I giovani sono il gruppo più vulnerabile e più colpitoXXIV. L’assenza di una pastorale giovanile in tante parrocchie in Paesi secolarizzati crea situazioni difficili, perché mancano luoghi e spazi per i giovani nella chiesa. I giovani hanno bisogno di sperimentare la chiesa come comunità che offre prima di tutto la possibilità di fare un’esperienza religiosa autentica.

C’è un altro gruppo nella nostra società che non ha nessuna lobby: i “«senza legami», disoccupati, inattivi nella vita parrocchiale o nel lavoro parrocchiale volontario, provenienti da un ambiente familiare instabile o appartenenti a minoranze etniche, dimoranti in luoghi piuttosto lontani dall'influsso della chiesa, ecc.”XXV

Solamente una comunità parrocchiale che vive la sua vocazione diaconale è capace di raggiungere queste persone. É necessaria una pastorale d’evangelizzazione vissuta secondo EN n. 4:

Questa fedeltà a un messaggio, del quale noi siamo i servitori, e alle persone a cui noi dobbiamo trasmetterlo intatto e vivo, è l’asse centrale dell’evangelizzazioneXXVI.

Il professore salesiano E. Alberich ha sviluppato uno schema molto chiaro e convincente che attualizza l’ecclesiologia di comunione del Vaticano II. Lui parla dei «segni» evangelizzatori che sono “ancorati alla natura sacramentale della Chiesa in quanto segno e strumento del Regno di Dio… L’ideale del Regno si fa presente nel mondo in quattro forme fondamentali di visibilità ecclesiale:

- come Regno realizzato nell’amore e nel servizio fraterno (segno della diaconia);

- come Regno vissuto nella fraternità e nella comunione (segno della koinonia)

- come Regno proclamato nell’annuncio salvifico del Vangelo (segno della martyria);

- come Regno celebrato nei riti festivi e liberanti delle celebrazioni cristiane (segno della liturgia)”XXVII.

La forza di questo schema è che permette di scoprire le ricchezze e potenzialità di tutte le chiese a livello diocesano e parrocchiale. Nello stesso tempo indica un programma di formazione con lo scopo di sensibilizzare tutti i membri della comunità ecclesiale a vivere la loro vocazione battesimale e cresimale oppure sacerdotale e sperimentare di essere parte della chiesa nel servizio ecclesiale ad intra e ad extra della Chiesa.

Tanti lasciano la chiesa per una mancanza di credibilità sperimentata nella propria chiesa locale. La pastorale deve lasciarsi interrogare e avere il coraggio di superare approcci inadeguati alla vita della chiesa. Al centro di questi problemi si trova la necessità di riformulare la propria identità, come Chiesa e come esperienza di fede, all'interno di una società in trasformazione.

Le cause del successo delle sette tra i cattolici sono evidentemente molteplici e si possono individuare a vari livelli. Innanzi tutto vi sono i bisogni e le aspirazioni che un individuo ritiene di non poter soddisfare nella propria chiesa; poi, le tecniche di reclutamento e di formazione delle sette; e, infine, anche ragioni estranee all'appartenenza alla chiesa o ai nuovi gruppi: interessi economici, interessi o pressioni politiche, semplice curiosità, ecc. La pastorale deve essere consapevole di questa complessità e sapere che non sempre la chiesa ha causato il successo della setta.

Fra le carenze più evidenti si trova spesso la mancanza di aver sperimentato una comunità ecclesiale.

- La mancanza di aver ricevuto una formazione adeguata

- La mancanza di un approccio personale

- La mancanza di espressioni e forme inculturate nella chiesa che rende difficile comprendere il suo messaggio.

- La scarsità di preti e religiosi incaricati.

- Il clerocentrismo ed ecclesio-centrismo delle attività ecclesiali con uno stile autoritario a scapito di una collaborazione di tutti i cristiani nella missione della chiesa.

- La povera possibilità da parte dai laici di prendere corresponsabilità e leadership

- Dove le parrocchie sono troppo vaste e impersonali per sperimentare comunità fraterne

- La mancanza di Piccole Comunità Ecclesiali inserite nel quartiere dove si vive.

Vi sono alcuni punti deboli nel ministero pastorale e nella vita delle comunità cristiane che possono essere sfruttati, ma questi devono essere prima di tutto uno stimolo per avanzare il rinnovamento della pastorale della chiesa come ho indicato sopra per esempio o in altri modi adeguati e rilevanti per la comunità dei fedeli.

“La «sfida» delle sette o dei nuovi movimenti religiosi deve essere uno stimolo a rinnovarci in vista di una maggiore efficacia pastorale”.XXVIII Ma quale approccio ci serve in ambienti più o meno religiosi oppure secolarizzati in società tradizionali o in una società globalizzata? Mi pare sia necessaria una pastorale che abbia la persona al centro del suo interesse. In altre parole una pastorale di relazione che sa accogliere la gente in ogni fase della vita.
 
La meta principale deve essere chiaramente al centro dell’attività pastorale: condurre gli uomini e le donne d’oggi al mistero di Dio nella loro vita, una pastorale mistagogicaXXIX. Come popolo di Dio in cammino la Chiesa deve essere, per tutti i suoi membri, un luogo di formazione nei valori evangelici e del regno di Dio. Solamente cosi può vivere e attuare la sua missione di essere “il segno e lo strumento della comunione con Dio e della comunione e della riconciliazione tra gli uomini… Essendo una comunione, la chiesa deve rendere tangibile la partecipazione e la corresponsabilità ad ogni livello”XXX.

Qui la pastorale della comunità parrocchiale ha tanto da imparare dalle chiese protestanti e dalle nuove comunità religiose a sfondo cristiano. Osservando la passività dei cristiani nelle parrocchie cattoliche e il coinvolgimento dei cristiani nelle parrocchie dei Metodisti.

F. Lobinger, il direttore dell’Istituto pastorale della Conferenza Episcopale del Sudafrica, voleva cambiare questa situazione con una formazione dei laici e di tutta la comunità parrocchiale. Perciò Fritz Lobinger e Oswald Hirmer, due preti “Fidei Donum” svilupparono il metodo LUMKOXXXI , che oggi è conosciuto in tutti continenti. In Asia è conosciuto sotto il nome AsIPA: Asian Integral Pastoral Approach (Approccio Pastorale Integrale Asiatico). Questo approccio integra nel senso che cerca di raggiungere un equilibrio fra lo “spirituale” e il “sociale”, fra l’individuo e la comunità, fra il governo gerarchico e la corresponsabilità dei laici; per questa ragione è integrale nel suo approccio e nel suo contenuto. Grazie a quest’approccio che favorisce neighborhood communities [comunità nel quartiere con i vicini] che condividono regolarmente la parola di Dio fra di loro è aumentata la capacità dei cattolici non solamente di conoscere di più la Sacra Scrittura, ma soprattutto di testimoniarla e viverla nel mondo di oggi. Solamente la parrocchie che si lasciano nuovamente evangelizzare sono capaci di evangelizzare la gente che incontrano.

Questo sviluppo degli ultimi decenni – che si può testimoniare anche con tanti altri esempi - dimostra che la chiesa è in cammino per rispondere efficacemente sia nei suoi atteggiamenti sia nei comportamenti alle sfide delle nuove comunità religiose.


Paul Steffen è docente nella Facoltà di Missiologia Pontificia Università Urbaniana. Campo di specializzazione: La prassi della missione – Teologia pratica o Teologia pastorale in prospettiva missionaria.

Articolo tratto dal sito: www.sedos.org



I Cfr.AQUILAR M., Dios en Africa. Elementos para una antropologia de la religion, Editorial Verbo Divino, Estella 1997.


II Cfr. BECKEN H.J., African Independent Churches, in K. Müller et alii (eds.), Dictionary of Mission, Orbis Books, New York 1997, pp. 6-9.

III Idem, p. 7-8.

IV Per l’approfondimento del nostro tema raccomando di leggere: John Locke, S.J. The Call to a Renewed Church in Asia and the Challenges of Religious Fundamentalism, in FABC paper 92m, Hong Kong 2000.

V HOPPE L., Fundamentalism, in K. Müller et alii (eds.), Dictionary of Mission, Orbis Books, New York 1997, p. 167.

VI GALINDO F., El ‘Fenomeno de las sectas’ fundmentalistas. La conquista evangelica de America Latina, Editorial Verbo Divino, Estella 1994.

VII Idem, p. 112.

VIII CF. P. Steffen, Missionsbeginn in Neuguinea. Die Anfänge der Rheinischen, Neuendettelsauer und Steyler Missionsarbeit in Neuguinea, < Studia Instituti Missiologici SVD n. 61>, Steyler Verlag, Nettetal 1995; Id., Die katholischen Missionen in Deutsch-Neuguinea, in H. Hiery, Die deutsche Südsee. Ein Handbuch, Schöningh Verlag, Paderborn, 2. Auflage 2002, pp. 343-383; Id., >From Mission to Church. Assessment and Perspectives of the Catholic Church in Mainland New Guinea After Its First Hundred Years, in Steyler Missionswissenschaftliches Institut (ed.), Divine Word Missionaries in Papua New Guinea 1896-1996, Steyler Verlag, Nettetal 1996, pp. 231-258, simultanea-mente pubblicato in: Verbum SVD 37 (1996)1-2, 231-258.

IX Secondo Martin Ernst le cause dello sviluppo e della crescita numerica delle “sette” nella regione del Pacifico sono molteplici e possono essere rintracciate nella generale espansione a carattere ideologico dei valori culturali provenienti dai paesi occidentali e industrializzati. Molto importante, in ogni caso, è il processo di permanente cambio sociale e i collegati sintomi di crisi che sono responsabili del forte movimento di individui – spesso giovani che si spostano dalle proprie regioni rurali verso i centri Urbani – dentro uno o l’altro dei nuove comunità che promettono salvezza Cfr. M. Ernst, The Role of Social Change in the Rise and Development of New Religious Groups in the Pacific Islands, LIT Verlag, Hamburg 1996.

X Cfr. John G. Strelan, New Challenges. Traditional and New religious Movements, in Wagner H. – H. Reiner (eds.), The Lutheran Church in Papua New Guinea. The First Hundred Years 1886- 1986, Lutheran Publishing House, Adelaide revised 1987, 469-495.

XI Cfr. anche Flannery W. (ed.), Religious Movements in Melanesia Today(3), Melanesian Institute, Goroka 1984.

XII Strelan, New Challenges…. p. 488 – L’autore crede che “Il Vangelo non è mai predicato in un vacuo religioso o culturale. Coloro che ascoltano il vangelo hanno già una cultura e una religione propria; e quando ascoltano il vangelo, procedono ad interpretarlo alla luce delle loro credenze religiose e dei loro valori culturali, presupposizioni, e visione del mondo. Valutano il Vangelo in termini della sua utilità nel far fronte ai bisogni presenti e alle speranze e aspirazioni per il futuro – sia per questa vita e, magari, per la vita futura. Ibid. p. 470.

XIII Cfr. H. Janssen, Creative Deities and the Role of Religion in New Britain, in Janssen H. et alii, Carl Laufer Missionar und Ethnologe uaf Neu- Guinea, Herder, Freiburg 1975, pp. 19-39.

XIV STRELAN J., Search for Salvation, Lutheran Publishing House, Adelaide 1977.

XV Especially the research and publications of the Melanesian Institute in ‘Point Series’ and in the review ‘Catalyst’ express progress made in the field of developing an adequate understanding and praxis towards the New Religious movements in Melanesia.

XVI CABRIDO J.A., Sketches for a Dialogue with the Pomio Kivung: A Cargo Cult in the Merai Sub-Parish, in Catalyst 36 (2006) 2, 109-144. – Fr. Cabrido himself comes from the Philippines.

XVII Ibid., p. 110. – "4. sentimento etnocentrico o nazionalista…; 5. tendenza verso sincretismo e/o revival del paganesimo; 6. la loro ricerca per una soluzione, spesso un rituale segreto, per mezzo del quale si aspettano cambiamenti in forma di accadimenti automatici. Componenti secondari delle caratteristiche includono : 7. il ruolo prominente di un leader carismatico; 8. l’attenzione a ripristinare il controllo economico e politico natio” etc., idem., p. 110

XVIII Cfr. Theo Aerts, “The Birth of a religious Movement: A Comparison of Melanesian Cargo Cults and Early Christianity”, Verbum SVD 20 (1979) 4, 323-344. Ristampata recentemente nel Sedos Bulletin 38 (2006 ) No. 7/8, 239-241(Part II) e No. 9/10, 284-295. (Part I); vedi anche: Id., Traditional Religion in Melanesia, University of Papua New Guinea Press, Port Moresby 1998; id., Christianity in Melanesia, University of Papua New Guinea Press, Port Moresby 1998.

XIX Cf. P. Steffen, "Ministero pastorale in un contesto secolarizzato", in Redemptoris Missio XXI (2005) 2, 90-99

XX Francis card. Arinze, La sfida delle sette o nuovi movimenti religiosi: un approccio pastorale. Relazione generale al Concistoro Straordinario del 1991, in http://www.cesnur.org/2004/arinze.htm

XXI Segretariato per l’Unione dei Cristiani – Segretariato per in Non Cristiani – Segretariato per i Non Credenti – Pontificio Consiglio per la Cultura, Il Fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: Sfida pastorale (7.05.86), in: Enchiridion Vaticanum 10, EDB, Bologna 1989, 252-281, qui p. 253.

XXII Cfr. BORSATO B., Le sfide alla pastorale d’oggi. Vivere la fede e la Chiesa in modo adulto, EDB, Bologna 1994.

XXIII Ibid., p. 156.

XXIV Questo fatto è anche menzionato nel documento dei dicasteri della curia romana vedi: Il Fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: Sfida pastorale (7.05.86), in: Enchiridion Vaticanum 10, EDB, Bologna 1989, p. 255.

XXV Fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: Sfida pastorale (7.05.86), in: Enchiridion Vaticanum 10, EDB, Bologna 1989, 255-256.

XXVI “This fidelity both to a message whose servants we are and to the people to whom we must transmit it living and intact is the central axis of evangelization.” – “Cette fidélité à un message dont nous sommes les serviteurs, et aux personnes à qui nous devons le transmettre intact et vivant, est l’axe central de l’évangélisation.”

XXVII E. Alberich, La Catechesi oggi, Elledici, Leumann (To) 2001, p. 44. L’edizione inglese è aggiornata e allargata: E. Alberich – J. Vallabaraj, Communicating a faith that transforms. A handbook of fundamental Catechetics, Kristu Jyoti Publications, Bangalore 2004; l’edizione francese include la aggiunta bibliografia inglese e francese e due nuovi capitoli di H. Derroite sul catecumenato e il legame fra catechesi e famiglia; vedi E. Alberich avec la collaboration de H. Derroitte et J. Vallabaraj, Les Fondamentaux de la Catéchèse, Novalis – Lumen vitae, Montréal – Bruxelles, 2006.

XXVIII Il Fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: Sfida pastorale (7.05.86), in: Enchiridion Vaticanum 10, EDB, Bologna 1989, p. 271; Cf. anche Francis card. Arinze, La sfida delle sette o nuovi movimenti religiosi: un approccio pastorale. Relazione generale al Concistoro Straordinario del 1991, in http://www.cesnur.org/2004/arinze.htm

XXIX Il termine è usato e elaborato fra K. Rahner e P. Zulehner, vedi ZULEHNER P., Ci provieni con la grazia. A colloquio con Karl Rahner per una teologia della pastorale, Città Nuova, Roma 1987 (originale tedesco: ZULEHNER, “Denn du kommst unserem Tun mit deiner Gnade voraus”. Zur Theologie der Seelsorge heute. Paul Zulehner im Gespräch mit Karl Rahner, Patmos Verlag, Düsseldorf 1984, pp. 40-120.

XXX 422 Comprendere e assimilare il concilio, in Il Fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: Sfida pastorale (7.05.86), in: Enchiridion Vaticanum 10, EDB, Bologna 1989, p. 272. – Il documento fa qui un riassunto del Sinodo straordinario dei vescovi di 1985, p. 272.

XXXI Ambedue sono diventati vescovi nel Sudafrica. Vedi LOBINGER F., Towards Non-dominating Leadership. Aims and Methods of the Lumko Series, Lumko Institute, Delmenville, South Africa; PRIOR A. – F. LOBINGER, Developing Shared Ministry. Awareness programmes for Introducing Community Ministries,2nd revised edition, Lumko, Delmenville 1983; PRIOR A, Towards a Community Church. The Way Ahead for Today’s Parish, Second edition, Lumko Institute, Delmenville, South Africa 1997.


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